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Sentenza

Cassazione, II Sezione penale. Sentenza 23023/10.Legittimo impedimento dell'imputato: Il giudice che non crede al certificato medico prodotto deve motivare sul tipo di malattia.
Cassazione, II Sezione penale. Sentenza 23023/10.Legittimo impedimento dell'imputato: Il giudice che non crede al certificato medico prodotto deve motivare sul tipo di malattia.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
      SEZIONE SECONDA PENALE                        
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. BARDOVAGNI Paolo        -  Presidente   -                      
Dott. PAGANO     Filiber -  rel. Consigliere  -                      
Dott. CAMMINO    Matilde      -  Consigliere  -                      
Dott. DAVIGO     Piercamillo  -  Consigliere  -                      
Dott.  BRONZINI  Giuseppe     -  Consigliere  -                      
ha pronunciato la seguente:                                          
sentenza                                        
sul  ricorso  proposto avverso la sentenza emessa il 29  maggio  2008 
dalla Corte di appello di Napoli nell'interesse di: 
       S.C. n. (OMISSIS); 
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Matilde Cammino; 
udita  la requisitoria del Pubblico Ministero, sost. Proc. Gen. Dott. 
FEBBRARO Giuseppe, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio essendo 
il reato estinto per prescrizione. 
                 
FATTO 
Con sentenza in data 29 maggio 2008 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa il 22 marzo 2006 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, con la quale S. C. era stato dichiarato colpevole del reato di ricettazione di quattrocento paia di scarpe di provenienza furtiva, reato accertato in (OMISSIS) in epoca prossima al (OMISSIS), ed era stato condannato, con la recidiva reiterata specifica, alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa.
Avverso la predetta sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
Con il ricorso si deduce:
1) la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento all'art. 420 ter c.p.p., avendo la Corte di appello rigettato all'udienza del 29 maggio 2009 la richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato, nel cui interesse era stato presentato un certificato medico con l'indicazione di uno stato febbrile con temperatura superiore a 39, con la motivazione che l'iperpiressia riferita al giorno precedente l'udienza sarebbe stata superabile con normali antipiretici, che la bronchite nel certificato medico era attestata come cronica e che non era specificato il luogo di degenza per cui sarebbe stato impossibile effettuare controlli;
non sempre tuttavia, secondo il difensore, la febbre svanisce con i normali presidi terapeutici nell'arco di ventiquattro ore e sarebbe stato comunque possibile effettuare una visita di controllo presso il domicilio dell'imputato;
2) la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento all'art. 192 c.p.p., e, in particolare, alla sussistenza dell'elemento psicologico, essendosi i giudici di appello limitati a definire immotivatamente puerile e grottesco il tentativo di giustificazione dell'imputato il quale aveva sostenuto di aver acquistato le scarpe da tali G. e A., non meglio individuati;
3) la carenza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'ipotesi attenuata prevista dall'art. 648 c.p., comma 2, nonostante la modestia del fatto e lo scarso valore commerciale dei beni di provenienza illecita;
4) la mancanza di motivazione (con riferimento agli artt. 133 e 62 bis c.p.) in ordine alla pena, ritenuta dal ricorrente eccessiva.
Il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente.
Il certificato medico sottoposto all'esame della Corte di appello di Napoli nel corso dell'udienza del 29 maggio 2008 attestava che l'imputato era "affetto da bronchite cronica ostruttiva con iperpiressia (febbre superiore a 39)" e necessitava di riposo per almeno quattro giorni.
La Corte territoriale, rilevato che lo stato febbrile si riferiva alla giornata precedente a quella dell'udienza, affermava che l'iperpiressia era superabile con normali antipiretici e rilevava inoltre che la bronchite era attestata come cronica e che l'espletamento di un controllo era impedito dalla mancata indicazione del luogo di degenza.
In un caso analogo (riguardante la valutazione di un certificato medico attestante una temperatura superiore a 39, che faceva riferimento al giorno precedente a quello dell'udienza e in cui non era indicato il domicilio per l'eventuale visita di controllo) le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 27 settembre 2005 n. 36635, Gagliardi) hanno tuttavia ritenuto che fosse del tutto priva di plausibilità e pretestuosa l'affermazione che non integri un impedimento assoluto a comparire lo stato febbrile con temperatura superiore ai 39 gradi, perchè i normali presidi terapeutici non sempre riducono la temperatura corporea in ventiquattro ore, ed hanno aggiunto che, in mancanza di indicazioni contrarie, la visita di controllo può essere disposta nel domicilio dell'imputato.
Le Sezioni Unite hanno quindi affermato il principio, già peraltro radicato nella giurisprudenza della Corte (Cass. sez. 2^ 5 marzo 2004 n. 228637, Valentini; sez. 6^ 17 marzo 2004 n. 228475, Marfurt), secondo il quale il giudice, nel disattendere un certificato medico diretto a far valere il legittimo impedimento a comparire dell'imputato, deve attenersi alla natura dell'infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l'assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza del male da cui si afferma colpito l'imputato. Nel caso di specie deve ritenersi che la valutazione negativa dell'impedimento certificato sia avvenuta sulla base di un'apodittica affermazione circa l'efficacia dei normali antipiretici, anche nel caso di elevata temperatura corporea, nell'arco di ventiquattro ore. La mancata indicazione del luogo di degenza non avrebbe, del resto, impedito - considerati anche la natura dello stato patologico certificato e il tenore della prescrizione medica - di effettuare la visita di controllo nel domicilio dell'imputato per verificare se l'elevata temperatura febbrile fosse persistente.
La sentenza impugnata, tenuto anche conto che il reato non risulta estinto per prescrizione (dovendosi tener conto, sulla base della disciplina introdotta dalla L. n. 251 del 2005, della recidiva reiterata specifica, degli atti interruttivi e del rilevante periodo complessivo di sospensione determinato da rinvii per astensione dei difensori dalle udienze), va pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
                                                                                                                                                                      P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010
Avv. Antonino Sugamele

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