No della Cassazione alla ricostruzione dei fatti nel giudizio di legittimità ovvero ad una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. Ricorso inammissibile.
Cassazione Penale Sent. Sez. 2 Num. 18414 Anno 2024 Presidente: RAGO GEPPINO Relatore: FLORIT FRANCESCO Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.S. nato a E. il .......
avverso l'ordinanza del 07/11/2023 del TRIB. LIBERTA' di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO FLORIT;
lette le conclusioni del PG MARIAEMANUELA GUERRA che ha chiesto la inammissibilità del
ricorso
ricorso deciso con contraddittorio scritto ex ari. 23 co.8 d.l. 157/2020
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnato provvedimento il Tribunale di Palermo, quale giudice del riesame, ha
confermato l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Palermo con cui è stata
applicata all'indagato la misura cautelare massima in relazione all'imputazione provvisoria per
la partecipazione all'associazione mafiosa denominata Cosa Nostra nel territorio della
Provincia di Trapani.
2. La difesa di S.C. ha presentato ricorso per Cassazione fondato su un primo motivo
che deduce tutti i vizi di motivazione ex art.606 lett. e) c.p.p. (mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità) con riferimento all'art.273, commi 1 e 1-bis dello stesso codice.
Con il secondo ed il terzo motivo (pure essi incentrati su vizi motivazionali, ma riferiti,
rispettivamente all'articolo 274 ed all'art.275 c.p.p.) si deduce critica in ordine alla sussistenza
delle esigenze cautelari ed alla scelta della misura massima.
3. Con memoria inviata per PEC il Sostituto Procuratore generale Mariaemanuela Guerra ha
chiesto l'inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. lI ricorso va dichiarato inammissibile perché fondato su motivi manifestamente infondati
(art.606 comma 3 c.p.p.).
Il primo di essi è diretto esclusivamente alla rilettura degli elementi fattuali posti dai giudici
alla base della decisione assunta, senza giungere a formulare una critica di legittimità alla
motivazione del provvedimento.
Ciò è palese dalla stessa rubrica dei motivo che, evocando promiscuamente e
confusamente tutte le categorie della illegittimità motivazionale (dalla mancanza alla
contraddittorietà alla manifesta illogicità) elencate nell'art. 606 lett. e) c.p.p., rivela in realtà la
propria natura di critica di merito, non consentita in questa sede. In altre parole, con la
censura svolte il ricorrente contesta, sotto vari profili, l'approdo decisionale cui sono pervenuti
i giudici di merito nell'affermarne la sussistenza del quadro indiziario, sottoponendo alla Corte
di legittimità una serie di argomentazioni che, esulando dal giudizio di legittimità, si risolvono
nella proposizione di diverse e rinnovate chiavi di lettura del compendio probatorio. Ciò non è
consentito poiché attiene al merito, mentre la funzione di questa Corte è assicurare la
nomofilachia, cioè promuovere l'uniforme interpretazione del diritto, non formulare l'ennesimo
giudizio sul fatto.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di impugnazione delle
misure cautelari personali il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la
violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando
propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017,
Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, Di lasi, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194
del 8/3/2012, Lupo, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997),
spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell'adeguatezza della motivazione sugli
elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della
logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di
cassazione (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. J, n. 11 del 22/3/2000,
Audino, Rv. 215828).
2. Nel caso di specie, non sussistono manifeste illogicità o incongruenze della motivazione
del riesame giacché la ricostruzione propugnata nell'ordinanza del Tribunale è fondata su una
corretta lettura del materiale intercettivo, da cui traspare l'interessenza dell'indagato nella
struttura dell'associazione criminale, con un ruolo che, se non di assoluto vertice, potrebbe
essere definito di 'quadro', essendo del tutto immerso nelle logiche della consorteria non solo
sul lato della condivisione ma anche della promozione delle stesse. Sintomatico di tale
atteggiamento sono le intercettazioni del 21 e 22 agosto 2020 di colloqui intercorsi con
G. M. (soggetto pure intraneo, già condannato per reato associativo) nel corso
dei quali l'odierno ricorrente spiega le logiche associative in relazione al comportamento di un
nuovo adepto nei confronti dei vertici ed interloquisce in ordine alle modalità attraverso le
quali deve essere condotta la attività estorsiva sul territorio. E se è pur vero, in relazione a
quest'ultimo scambio, che il ruolo preponderante dell'argomentare è assunto dal M., ciò
non di meno la evidente consapevolezza e conoscenza del tema nonché la condivisione
dell'opinione espressa dall'interlocutore che con il ricorrente si confessa per veder confermate
le proprie frustrazioni nei confronti di una azione estorsiva non sufficientemente efficacie da
parte della consorteria malavitosa, dimostrano l'elevatissimo grado di condivisione delle sorti
associative giacché un associato (M.) mai si `aprirebbe' ad un estraneo.
Altrettanto congrue appaiono le letture fornite dal tribunale di ulteriori compendi
intercettivi, relativi alla fornitura della macchina `pulita' al B. ed al pagamento del
corrispettivo per il servizio nonché all'intervento richiesto per il pagamento di un debito.
Occorre evidenziare che il materiale analizzato era già stato oggetto di esame da parte
del giudice per le indagini preliminari e che pertanto il risultato ermeneutico confluisce in una
'doppia conforme' che, seppure limitatamente alla fase propria della cautela, non può essere
superata con la riproposizione in questa sede di tesi già escluse in precedenza.
Ed al proposito non va dimenticato il canone interpretativo risalente (Sez. U., n. 22471 del
26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01) ma consolidato secondo il quale in tema di
intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai
soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa
alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di
esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità.
3. Gli ultimi due motivi possono essere trattati unitariamente attenendo alla sussistenza
del periculum ed all'applicazione concreta della misura.
Come noto, per i reati inclusi nel catalogo di cui all'articolo 51, comma 3- bis, cod. proc.
pen. l'articolo 275 c.p.p., relativo ai "criteri di scelta delle misure», al comma 3 stabilisce che
«quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi
3-bis ... del presente codice ... è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano
acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al
caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure». La
giurisprudenza della Corte ha chiarito che la norma in questione introduce un «giudizio
semplificato» quanto alle esigenze cautelari in relazione a tali reati, determinando
un'inversione dell'onere dalla prova: si presumono la sussistenza, l'idoneità e la
proporzionalità della misura custodiale «a meno che», in concreto, non si rinvengano
elementi, da indicare in modo chiaro e preciso, che facciano ritenere sufficienti misure di
minor rigore (Sez. 3, n. 14248 del 14/01/2021, Dalla Santa, n.m.; Sez. 3^, n. 30629 del
22/09/2020, Rinaldi, n.m.; Sez. 6, n. 12669 del 2/03/2016, Mamone, RV. 266784: «la
presunzione di esistenza di ragioni cautelari viene vanificata solo qualora sia dimostrata
l'inattualità di situazioni di pericolo cautelare»; Sez. 3, n. 15463 del 22/2/2023, Di Pasquale,
n. m.).
Nel caso specifico, il Tribunale del riesame, reiterando valutazioni già espresse dal G.i.p.,
ha fatto discendere le esigenze cautelari dalla ritenuta partecipazione dell'imputato alla
consorteria mafiosa, reato che di per sé è connotato da perduranza e persistenza, essendo
noto che, per le logiche di 'appartenenza' dell'ambiente malavitoso, governato da rigide
regole di ingresso e di uscita, il ruolo associativo non può essere 'svestito' liberamente. In tal
senso, il tempo silente non è sufficiente a far elidere l'intraneità né fa cessare le esigenze
cautelari.
4. Per le predette ragioni il ricorso è inammissibile. All'inammissibilità consegue, ai sensi
dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro
tremila, così equitativamente fissata.
All'inammissibilità del ricorso consegue altresì la trasmissione di copia del presente
provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario di custodia del ricorrente per l'inserimento
nella cartella personale del detenuto ex art. 94 commi 1 bis e 1 ter disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 6 marzo 2024
Il Presidente
18-05-2024 12:42
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