In materia di provvedimenti de libertate la Corte di Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all'adeguatezza delle misure poiché sia nell'uno che nell'altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito.
Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 40295 Anno 2023
Presidente: ROCCHI GIACOMO
Relatore: MONACO MARCO MARIA
Data Udienza: 20/06/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.R. nato a .......
avverso l'ordinanza del 13/01/2023 del TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;
sentite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. MARIAEMANUELA GUERRA per
l'inammissibilità del ricorso;
udito l'avv. STEFANO SORRENTINO del foro di TORRE ANNUNZIATA che, in
difesa di S.R. che conclude per l'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame, con ordinanza del
13/1/2023, ha confermato l'ordinanza con la quale in data 21/11/2022 il Giudice
per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha applicato la misura
della custodia cautelare in carcere nei confronti di S.R. in relazione al
reato di cui agli artt. 110, 61 quater e 416 bis cod. pen.
2. Il ricorrente è sottoposto a indagini per il reato di concorso esterno in
associazione a delinquere di tipo mafioso perché, per il tramite della moglie,
avrebbe procurato due telefoni cellulari a U.B. affinché questo
continuasse a esercitare il proprio ruolo direttivo comunicando quotidianamente
con gli altri esponenti del sodalizio criminoso e impartendo le disposizioni alla
cosca di riferimento al fine di meglio gestire gli affari e risolvere eventuali
contrasti, anche con esponenti di altre consorterie.
3. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'indagato che, a
mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. con
riferimento all'asserita consegna dei telefoni cellulari a U.B. Nel
primo motivo la difesa evidenzia che la conclusione del Tribunale sarebbe errata
in quanto il giudice del riesame non avrebbe tenuto in alcun conto il fatto che
U.B.aveva, già prima di qualsivoglia intervento del S., la
disponibilità di mezzi di comunicazione a lui fatti pervenire dal cognato P..
3.2. Violazione di legge ed erronea applicazione degli artt. 110 e 416 bis
cod. pen. in relazione alla ritenuta sussistenza di un contributo concreto,
specifico, consapevole e volontario alla conservazione e al rafforzamento
dell'associazione.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110, 416
bis e 418 cod. pen. con riferimento alla qualificazione giuridica attribuita ai fatti.
4. In data 8 giugno 2023 sono pervenuti, ex art. 311 cod. proc. pen. dei
motivi aggiunti nei quali l'avv. Stefano Sorrentino, riprendendo il primo motivo
del ricorso originario, evidenzia che il Tribunale, pure sollecitato sul punto
specifico con la memoria depositata, non si sarebbe confrontato con l'argomento
secondo il quale U.B., come risulta in atti, aveva la disponibilità di
mezzi di comunicazione prima e a prescindere dell'intervento del ricorrente che,
pertanto, non potrebbe essere ritenuto responsabile del reato contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato
1. Nei tre motivi di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di
motivazione in ordine sia alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
quanto alla consegna dei cellulari da parte del ricorrente a U.B. sia
in relazione alla possibilità di considerare che l'eventuale contributo fornito fosse
tale da integrare il concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso
che, da ultimo, circa la qualificazione giuridica attribuita al fatto, che
rientrerebbe, al più, nell'ipotesi di cui all'art. 418 cod. pen.
Le doglianze sono complessivamente infondate.
1.1. In materia di provvedimenti de libertate la Corte di Cassazione non ha
alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende
indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle
condizioni soggettive dell'indagato in relazione alle esigenze cautelari ed
all'adeguatezza delle misure poiché sia nell'uno che nell'altro caso si tratta di
apprezzamenti propri del giudice di merito.
Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all'esame del contenuto
dell'atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno
determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica
attribuita ai fatti e, dall'altro, l'assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. un., n. 11 del
22/3/2000, Audino, Rv 215828; Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, Barhoumi, Rv.
279495 - 02; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976; Sez. 4, n.
18807 del 23/3/2017, Cusmano, Rv 269885).
Da quanto sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la scelta e
la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali del giudice di
merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente
motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi alla
decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta
o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di
insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, anche con riferimento alla corretta
qualificazione giuridica attribuita ai fatti, o di assenza di esigenze cautelari è
ammissibile solo se la censura riporta l'indicazione precisa e puntuale di
specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l'indicazione puntuale di manifeste
illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni della logica ed i
principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che
attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito. (cfr.
Sez. 3, n. 40873 del 21.10.2010, Merja, Rv 248698).
Il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento
impugnato deve essere volto a verificare che quest'ultima: a) sia "effettiva",
ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a
base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", perché
sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti
errori nell'applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente
"contraddittoria", ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d)
non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in
termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del
ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il
profilo logico (cfr. Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv 251516; Sez. 4,
n. 22500 del 3/5/2007, Terranova, Rv 237012).
In materia cautelare, pertanto, il ricorso per cassazione è ammissibile
soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la
manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della
logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che
riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 2, n. 27866 del
17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Cusmano,
Rv 269885; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv 241997; Sez. 6, n.
11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv 252178).
L'insussistenza (ovvero la sussistenza) dei gravi indizi di colpevolezza (art.
273 c.p.p.) e delle esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.) è, quindi, rilevabile in
cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o
nella manifesta illogicità della motivazione secondo la logica ed i principi di
diritto, rimanendo "all'interno" del provvedimento impugnato ed il controllo di
legittimità non può riguardare la ricostruzione dei fatti (cfr. Sez. 5, n. 22066 del
06/07/2020, Barhoumi, Rv. 279495 - 02; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, cit.;
Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv 255460).
1.2. La prima censura è manifestamente infondata.
Il Tribunale, con lo specifico riferimento agli elementi emersi, anche
rinviando alla ricostruzione dell'episodio effettuato nell'ordinanza genetica, ha
dato adeguato e coerente conto del percorso logico seguito e delle ragioni poste
a fondamento della conclusione in ordine alla riferibilità della condotta materiale,
l'avere introdotto in carcere dei microtelefoni da consegnare a B.,
al ricorrente.
La motivazione così resa sul punto, fondata su di un'articolata lettura delle
conversazioni intercorse tra l'indagato e la moglie e tra lo stesso e M.S.
Rojas, così anche di alcune conversazioni riferibili a U.B., risulta
esente da manifesti vizi logici così che non è consentito in questa sede, in
assenza di travisamenti, procedere a una nuova e diversa lettura delle stesse,
quella che la difesa sollecita attraverso i propri motivi di ricorso.
1.3. Le doglianze oggetto del secondo e del terzo motivo sono infondate.
Il giudice del riesame ha evidenziato gli elementi dai quali emerge la piena
consapevolezza del ricorrente circa la posizione apicale rivestita da Umberto
B.e della volontà che aveva, dando la propria disponibilità e fornendo un
contributo, di accreditarsi e di avere così dei vantaggi.
Sotto tale profilo, come correttamente indicato nel provvedimento
impugnato, assumono significativo rilievo sia la conoscenza che il ricorrente
aveva ed ha delle logiche criminali, sia gli specifici riferimenti che lo stesso fa al
"amico mio", e allo "ndranghetista", descritto a S.R. come persona di
assoluto rilievo, soggetto apicale (tanto da poter "mandare qualcuno" a risolvere
i problemi che derivavano da una rapina commessa da non meglio precisati
calabresi).
A fronte di tali elementi, infatti, la conclusione cui sono pervenuti i giudici
della cautela per cui il ricorrente con la sua condotta ha consentito le
comunicazione tra il capo e il clan risulta, quanto meno allo stato, adeguata e
conforme alla giurisprudenza di legittimità per la quale "assume il ruolo di
concorrente "esterno" colui che, pur non inserito stabilmente nella struttura
organizzativa del sodalizio, fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole
e volontario contributo, di natura materiale o morale, sempre che questo esplichi
una effettiva rilevanza causale nella conservazione o nel rafforzamento delle
capacità operative dell'associazione, e sia diretto alla realizzazione, anche
parziale, del programma criminoso della medesima" (cfr. in una situazione
analoga Sez. 6, Sentenza n. 49820 del 05/12/2013, Billizzi, Rv. 258137 - 01; da
ultimo Sez. 1, n. 31447 del 21/1/2023, Saraceno n.m. e Sez. 2, n. 18132 del
13/04/2016, Trematerra, Rv. 266907 - 01, citata anche dal Tribunale; Sez. 1, n.
49067 del 10/07/2015, Impastato, Rv. 265423 - 01).
Nessun rilievo, d'altro canto, assume la considerazione che Umberto
B. potesse avere o aveva avuto altre modalità di approvvigionamento di
cellulari in quanto tale possibilità non esclude l'efficacia del contributo comunque
fornito dal ricorrente.
1.4. La consapevolezza che il ricorrente aveva che la sua condotta
consentiva a B. di mantenere materialmente i contatti con gli associati e di
continuare a gestire gli affari illeciti del clan, infine, come correttamente
evidenziato dal Tribunale, esclude che i fatti possano essere qualificati ai sensi
dell'art. 418 cod. pen. come invocato dalla difesa nell'ultimo motivo, ciò in
quanto tale fattispecie si applica al diverso caso in cui il contributo e l'assistenza
sia diretta al singolo e non a quella in cui, come nel caso di specie, garantendo
all'associato una continuità di gestione si fornisce un contributo causale all'intera
associazione (cfr. Sez. 2, 30942 del 24/5/2012, De Cristofaro, n.m.; Sez. 5, n.
6929 del 22/12/2000, dep. 2001, Cangialosi, Rv. 219246 - 01).
2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 co 1-ter
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20 giugno 2023
11-01-2024 12:38
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