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Sentenza

Condizioni di salute del condannato pericoloso e compatibilità con il regime inframurario
Condizioni di salute del condannato pericoloso e compatibilità con il regime inframurario
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08/06/2023) 11-09-2023, n. 37086


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano - Presidente -

Dott. SIANI Vincenzo - rel. Consigliere -

Dott. LIUNI Teresa - Consigliere -

Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere -

Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso l'ordinanza del 27/04/2021 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI;

udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;

lette le conclusioni del PG, ASSUNTA COCOMELLO, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 27 aprile 2021, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha rigettato l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena per ragioni di salute ex art. 147 c.p., anche nella forma della detenzione domiciliare, L. 26 luglio 1975, n. 354, e succ. modd., ex art. 47-ter, comma 1-ter, (Ord. pen.), avanzata da A.A., detenuto nella Casa circondariale di Avellino, e ha contestualmente ratificato i due provvedimenti di rigetto dell'istanza di ottenimento del differimento in via provvisoria emessi dal Magistrato di sorveglianza di Avellino il 22 giugno 2020 e il 4 dicembre 2020.

Il Tribunale ha osservato, sulla scorta della relazione del Servizio sanitario della Casa circondariale di Avellino, che A.A. soffre prevalentemente di cefalea emicranica cronica resistente alla terapia, spondiloartrosi della colonna vertebrale, con discopatia multiple, episodi di cervicalgia e lombosciatalgia recidivante, mentre la visita psichiatrica aveva fatto emergere che la persistente cefalea emicranica si associa alla sensibilità aumentata alla luce e ai rumori.

Valutato questo complesso di patologie e considerati tutti i fattori inerenti alle modalità di cura e assistenza assicurate dall'Amministrazione penitenziaria, nonchè delibata la pericolosità sociale annessa alla persona di A.A., i giudici di sorveglianza hanno concluso nel senso della sicura compatibilità attuale delle sue condizioni di salute con il regime inframurario.

2. Avverso questa ordinanza ha proposto ricorso il difensore di A.A. che ha chiesto l'annullamento del provvedimento sulla scorta di un unico, articolato motivo con cui denuncia la violazione degli artt. 11 e 47-ter Ord. pen. e art. 147 c.p. e il vizio di motivazione apparente, contraddittoria e manifestamente illogica, in relazione all'art. 27 Cost. e all'art. 3 CEDU. Il Tribunale, secondo la difesa, ha fornito una valutazione meramente apparente delle patologie che gravano A.A., pur avendole definite invalidanti, e non ha considerato che esse esponevano il detenuto a continui contatti con i presidi sanitari; nulla risulta osservato circa il fatto che fin dal 2019 l'Amministrazione non era stata in grado di eseguire le prescrizioni dei sanitari circa la necessità di collocare il detenuto in cella singola, in ambiente adeguato e al riparo da stimolazioni sonore e luminose, con l'uso di materasso ortopedico e busto steccato; in tal senso e nelle condizioni date, il regime carcerario per A.A. può risolversi in un trattamento contrario al senso di umanità.

Da parte del ricorrente si propone, inoltre, la cronistoria delle visite mediche a cui egli è stato sottoposto dal 2019 in poi e si lamenta che, rispetto a tale iter, punteggiato dalle indicazioni dei Dott. B.B. e C.C., la carenza di motivazione del provvedimento impugnato è tale da aver violato l'art. 125 c.p.p.; peraltro, l'Amministrazione, nelle more, non aveva collocato il detenuto in cella singola; ancora, non era stato approfondito il carattere sociale annesso anche normativamente, secondo la L. 14 luglio 2020, n. 81, alla cefalea primaria cronica, tale da poter determinare, vieppiù se associata ad altre patologie, gravi menomazioni invalidanti, rispetto a cui le prescrizioni dei sanitari non potevano essere valutate alla stregua di semplici consigli.

Da parte della difesa si stigmatizzano anche il tempo eccessivo trascorso per lo svolgimento dei necessari accertamenti, le anomalie nella somministrazione dei farmaci, la carenza della fornitura di supporti, tranne la sedia ergonomica, anche per la patologia relativa all'ernia lombare - sicchè A.A. ormai zoppicava, non contenendo l'infiammazione erniale, e non riposava bene per carenza del busto steccato e del materasso ortopedico - nonchè la cadenza ritardata dell'attività di monitoraggio: da ciò si evince il carattere parziale e inattendibile della valutazione di compatibilità con l'ambiente inframurario della condizione del detenuto, da correlarsi pure a I generale scadimento fisico in cui questi è venuto a trovarsi, essendo mancata la verifica se l'attuale detenzione del medesimo non comporti una sofferenza e un'afflizione di intensità tale da eccedere il livello scaturente dalla legittima esecuzione della pena.

L'insieme dei suddetti elementi ha integrato, per il ricorrente, un quadro erroneamente obliterato dal Tribunale nel compimento della sua valutazione.

Infine, si sottolinea che pure in ordine alla pericolosità sociale del detenuto la motivazione fornita dai giudici di sorveglianza è inadeguata, non avendo chiarito come la dedotta pericolosità potesse considerarsi attuale, viste le patologie gravanti il soggetto, e in qual modo essa potesse determinare il concreto rischio di ricadute nel reato.

3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, essendo risultato corretti la valutazione delle patologie e il bilanciamento con la pericolosità del detenuto compiuto del Tribunale.

4. A.A. ha rassegnato in data 15 maggio 2023 una memoria redatta personalmente, con documentazione allegata, per significare la sua attuale situazione detentiva.
Motivi della decisione

1. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto.

2. Va, in premessa, segnalata l'inammissibilità della memoria del 15 aprile 2023 redatta personalmente dal ricorrente A.A..

Deve, sul punto, considerarsi che, nel giudizio innanzi alla Corte di cassazione, le memorie difensive non possono essere sottoscritte dalla parte personalmente, in quanto, secondo quanto letteralmente stabilisce l'art. 613 c.p.p., comma 1, come interpolato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 63, anche tali atti vanno redatti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione (in tal senso già Sez. 6, n. 31560 del 03/04/2019, Scelsi, Rv. 2767132 - 01).

3. Per ciò che concerne l'oggetto del ricorso, si constata,, a completamento di quanto rilevato in parte narrativa, che il Tribunale di sorveglianza, per esprimere la sua valutazione in relazione al riferito quadro patologico, anche in ordine alla cefalea emicranica cronica, ha tenuto conto dell'esito delle già compiute analisi di approfondimento strumentale (risonanza magnetica e angioRMN), le quali non avevano evidenziato patologie degne di nota, in assenza di aree di alterato segnale del tessuto nervoso intrassiale.

Risulta altresì puntualizzato che le successive visite specialistiche avevano fatto emergere, in ambito ortopedico, la grossolana ernia distale L5-S1, con neuropatie periferiche e zoppia alla deambulazione, e, in ambito oculistico, la riferita fotofobia, con la conseguente prescrizione di occhiali fotocromatici.

Il Tribunale ha pure aggiunto che altri controlli clinici e strumentali erano stati prescritti per il monitoraggio della salute del detenuto e ha conclusivamente preso atto che la relazione aggiornata al 19.04.2021 aveva attestato che le condizioni di salute del medesimo erano discrete e non era affatto emersa una prognosi infausta quoad vitam, in quanto le rilevate patologie, per quanto invalidanti, non determinavano rischi in tal senso, nè pericoli di lesioni permanenti, trattandosi di malattie per lo più croniche.

Nemmeno è dato evincere, secondo il ponderato giudizio del Tribunale, l'impraticabilità in ambito carcerario delle cure adeguate da somministrare a A.A., essendo, al contrario, questo detenuto costantemente monitorato.

I giudici di sorveglianza, per altro verso, hanno specificato che, sotto il profilo della pericolosità sociale del detenuto - da tenere in conto, ai sensi dell'art. 147 c.p., nel bilanciamento a farsi - non può non considerarsi che le informazioni di polizia avevano segnalato che il detenuto si era reso autore di numerosi e allarmanti reati, sintomatici di una spiccata pericolosità sociale, ed era ritenuto affiliato al clan D.D.-E.E., coinvolto nell'operazione (Omissis).

4. In ordine alla descritta situazione, come esaminata ed esposta dal giudice del merito, si muove dal principio di diritto secondo cui, anche in tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell'art. 147 c.p., comma 1, n. 2), è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, ossia tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, e che poi si operi un bilanciamento tra l'interesse del condannato a essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività, così che nella relativa sintesi siano osservati i principi costituzionali della conformità della pena al senso di umanità e della sua costante funzionalizzazione al fine rieducativo, nel rispetto del diritto alla salute del condannato, tenuto sempre conto che l'art. 147 c.p., u.c., stabilisce che il differimento non può essere adottato o, se è stato adottato, va revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.

Pertanto, quando sia formulata l'istanza di rinvio dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato risultino o meno compatibili con la finalità rieducativa della pena stessa e, dunque, con la concreta prospettiva di reinserimento sociale ad essa consentanea.

Si può, in tal senso, addivenire all'accoglimento dell'istanza solo allorquando, effettuata la ponderazione degli elementi caratterizzanti la concreta situazione e tenuto conto della natura dell'infermità e di un'eventuale prognosi infausta quoad vitam, si stabilisca che l'espiazione della pena in quelle condizioni sarebbe contraria al senso di umanità per le sproporzionate sofferenze che ne deriverebbero, oppure sarebbe ormai priva di significato rieducativo a causa della fattuale impossibilità di dare una qualsivoglia apprezzabile prospettiva futura agli effetti della sanzione detentiva sul condannato, avendo riguardo anche agli stati morbosi o al generale scadimento fisico in grado talmente avanzato da determinare una situazione di esistenza al di sotto di una soglia di dignità, da rispettarsi pure nella condizione di restrizione carceraria (v., fra le altre, Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020, dep. 2021, Furnari, Rv. 280352 - 01; Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile, Rv. 276413 - 01; Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406 - 01; Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132 - 01).

E', d'altro canto, conseguente con tali coordinate l'ulteriore specificazione secondo cui il giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l'incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, ritenga di non accogliere l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve basarsi su dati tecnici concreti disponendo gli accertamenti medici necessari e, all'occorrenza, nominando un perito (Sez. 1, n. 39798 del 16/05/2019, Dimarco, Rv. 276948 01; Sez. 1, n. 54448 del 29/11/2016, Morelli, Rv. 269200 - 01).

Il giudice - chiamato a decidere sul differimento dell'esecuzione della pena o anche sull'applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute - deve, dunque, effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest'ultimo con riguardo sia all'astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza della possibilità di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al predetto, valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico (Sez. 1, n, 37062 del 09/04/2018, Acampa, Rv. 273699 - 01), sempre operando la verifica inerente alla compatibilità o meno delle condizioni di salute rilevate con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato, comparativamente con la sua pericolosità sociale (Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cinà, Rv. 274879 - 01).

5. Nel quadro delineato, il complessivo motivo svolto dal ricorrente non si rivela fondato, in quanto il Tribunale ha operato con motivazione adeguata e coerente il riferito giudizio stimando determinante il rilievo che il - certamente serio - quadro patologico che caratterizza l'attuale condizione di A.A., si risolve in un complesso morboso, di carattere cronico, tale da poter essere trattato con terapie e controlli svolti all'interno della struttura carceraria, in base alla richiamata valutazione di fatto che ha tratto le considerazioni medico-legali essenziali dalla più recente relazione sanitaria analizzata, non obliterate le osservazioni, anche di natura tecnica, svolte dalla difesa.

5.1. Essendosi basato sui dati tecnici concreti e aggiornati scaturenti dall'ultima relazione sanitaria, dopo aver verificato le prospettazioni difensive, le quali non hanno introdotto effettivi elementi di novità clinica, ma appaiono essere state dirette principalmente a criticare la gestione penitenziaria della fase terapeutica e ci controllo, e aver acclarato l'emersione di una situazione clinica stabilizzata in cui ha considerato assicurati anche i necessari monitoraggi - il Tribunale ha, con scelta chiara e non viziata da evidenti mende di natura logica, stimato adeguata la base conoscitiva sulla quale ha compiutamente argomentato, non essendo risultata necessaria la disposizione di altri accertamenti medici, anche di natura peritale, in tal senso non divaricando la sua opzione dai principi di diritto sopra richiamati.

La valutazione finale è stata, d'altro canto, formulata dai giudici di sorveglianza dopo aver ponderato anche i persistenti fattori di controindicazione alla collocazione extramuraria di A.A., stanti le note non favorevoli - inerenti alla sua pericolosità tratte dai concreti indicatori citati.

In definitiva, mentre il quadro delle patologie che il Tribunale di sorveglianza ha analizzate traendole dalla più recente relazione sanitaria, anche con riferimento alla cefalea cronica e alle affezioni di natura articolare, ha sortito una meditata valutazione di sicura compatibilità dello stesso con la detenzione carceraria, le carenze denunciate dal ricorrente non ineriscono, alfine, alla contestazione di tale compatibilità, ma prospettano ritardi e carenze di ordine gestionale nella cura e nei controlli, limitazioni peraltro dedotte in modo non autosufficiente.

Pertanto, non sono stati addotti in modo comprovato elementi di natura clinica tali da mettere in crisi gli esiti della relazione sanitaria, correttamente ponderati nel provvedimento in verifica.

5.2. In tal senso, il giudizio del Tribunale, espresso tenendo motivato conto delle concrete potenzialità della struttura interna al luogo di detenzione, non può considerarsi incongruo o illogico, nemmeno quanto alla verifica inerente alla misura umanitaria della detenzione domiciliare a tempo prestabilito.

Muovendo dal concetto secondo cui l'insussistenza delle condizioni richieste per la concessione del rinvio facoltativo od obbligatorio dell'esecuzione della pena preclude, di massima, l'applicabilità della detenzione domiciliare per un periodo di tempo determinato previsto dall'art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., in quanto tale istituto è privo di un ambito applicativo autonomo, potendo - la relativa misura - essere riconosciuta, in via surrogatoria, a condizione che ricorrano i presupposti legittimanti il differimento della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p., e pur tenendo conto della specificazione in base alla quale, se, in costanza di gravi infermità, il condannato presenti margini di pericolosità sociale che, nel bilanciamento tra le esigenze del condannato stesso e quelle della difesa sociale, facciano ritenere necessario un residuo e più tenue controllo da parte dello Stato, può essere disposta, in luogo del differimento facoltativo della pena, la detenzione domiciliare per il termine di durata stabilito e prorogabile (v le indicazioni provenienti dai diversi angoli prospettici da cui si sono poste Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021, Cecchi Gori, Rv. 281225 - 01; Sez. 1, n. 31845 del 15/03/2019, Salvo, non mass.; Sez. 1, n. 25841 del 29/04/2015, Coku, Rv. 263971 - 01; Sez. 1, n. 4750 del 14/01/2011, Tinelli, Rv. 249794 - 01), deve concludersi che il Tribunale ha, in modo adeguato e coerente, scartato anche la concreta possibilità dell'applicazione dell'istituto surrogatorio di cui all'art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. pen., stante la persistente compatibilità delle condizioni fisiche del detenuto con il regime inframurario.

5.3. Questa compatibilità - va aggiunto - è stata positivamente valutata in concreto e con argomentazioni adeguate, a fronte delle quali la dedotta carenza nella fornitura di supporti di ausilio e nell'effettuazione dei controlli, è stata motivatamente esclusa dal Tribunale che ha verificato la stabilizzazione a livelli non allarmanti delle attuali condizioni di salute del detenuto, enumerando anche gli esami anche strumentali finalizzati al monitoraggio in itinere delle condizioni stesse, senza rilevare - contrariamente a quanto ha prospettato la difesa alcuna situazione di inadeguatezza su tale versante da parte della struttura penitenziaria ove A.A. si trova ristretto; ciò, sull'assodato presupposto che proprio la stessa programmazione degli ulteriori esami in funzione di monitoraggio rende chiaro che il Tribunale ha valutato le condizioni di salute del detenuto allo stato attuale, impregiudicata la loro verifica all'esito e secondo l'esito dei controlli programmati.

6. Per le esposte ragioni la complessiva doglianza si risolve in censure prive di fondamento, in quanto resistite dall'approdo raggiunto dal Tribunale con risposte adeguate ed esenti da vizi logici: ne deriva il rigetto dell'impugnazione.

Consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2023
Avv. Antonino Sugamele

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