Ministro, durante riunione tra parlamentari, offende compagno di partito: è applicabile l'immunità parlamentare?
Cassazione penale, sezione V, sentenza 7 gennaio 2021, n. 309
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZAZA Carlo - Presidente -
Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere -
Dott. SCARLINI Enrico V. S. - rel. Consigliere -
Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere -
Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI BARI;
dalla parte civile P.M., nato a (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
L.B., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 25/06/2019 del GIUDICE DI PACE di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SENATORE VINCENZO che ha concluso chiedendo l'annullamento del procedimento impugnato.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 25 giugno 2019, il Giudice di pace di Bari dichiarava, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., non doversi procedere nei confronti di L.B. per il delitto ascrittole ai sensi dell'art. 595 c.p., per avere offeso la reputazione di P.M., nel corso di un incontro fra appartenenti al movimento politico 5 Stelle, affermando che la sua azione era caratterizzata da "infamia, menzogna ed insulto" e che si dovrebbero vergognare tutti coloro che "si relazionavano con una gentaglia del genere".
Espressioni proferite in (OMISSIS).
Il giudice dichiarava l'improcedibilità dell'azione affermando doversi applicare il disposto dell'art. 68 Cost., posto che tali espressioni erano state proferite dalla L., all'epoca Ministro della Repubblica, e comunque parlamentare, in un discorso pubblico inerente al suo ufficio.
2. Propongono ricorso sia la persona offesa costituitasi parte civile, a mezzo del suo difensore, sia il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari.
2.1. La parte civile articola due motivi.
2.1.1. Con il primo deduce la violazione di legge in ordine alla ritenuta improcedibilità.
L'imputata, nell'occasione per cui è processo, non aveva espresso alcuna opinione politica ma si era limitata ad offendere gli aderenti ad una fazione politica, del medesimo movimento, diversa da quella a cui lei stessa apparteneva.
Aveva usato espressioni ingiuriose che non trovavano giustificazione neppure in un più ampio contesto (Corte Cost. n. 59/2018). E non erano riproduttive di un'opinione già espressa in sede parlamentare.
Erano pertanto del tutto assenti i requisiti previsti dalla giurisprudenza di legittimità per l'applicazione dell'art. 68 Cost., che prevede l'insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare.
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla non rilevata intempestività del richiamo, da parte dell'imputata, della guarentigia fornitale dalla norma costituzionale, in quanto dalla medesima invocata solo dopo l'apertura del dibattimento.
Una eccezione, di tardività, che era stata, questa sì, immediatamente eccepita.
2.2. La pubblica accusa articola il proprio ricorso in due motivi.
2.2.1. Con il primo lamenta la violazione di legge, non rinvenendosi alcun nesso fra le opinioni espresse e il concreto esercizio, da parte dell'imputata, delle funzioni di senatrice.
Le frasi erano state proferite nel corso di un incontro di partito e costituivano un mero insulto e non l'espressione di un'opinione politica.
2.2.2. Con il secondo motivo lamenta l'omessa motivazione del Giudice di pace sul punto più sopra individuato, la correlazione delle frasi con la funzione, di parlamentare, svolta dall'imputata.
3. Con memoria dell'11 novembre 2020, il difensore dell'imputata chiedeva il rigetto di entrambi i ricorsi (anche con ulteriore nota in pari data), assumendo sia l'infondatezza della eccezione di tardività della questione posta dalla prevenuta ai sensi dell'art. 68 Cost., non essendo la stessa oggetto delle preclusioni previste dall'art. 491 c.p.p., e potendosi, al contrario, sollevare in ogni stato e grado del processo, sia l'infondatezza delle ulteriori ragioni di ricorso, dovendosi considerare che le opinioni, espresse dall'imputata e riportate nel manifesto d'accusa, erano connesse a quanto dichiarato dalla senatrice medesima in Aula in tema di rispetto del regolamento del movimento politico a cui tutti i presenti facevano riferimento, il Movimento 5 Stelle, avendo sollecitato, anche in tale riunione, tutti gli attivisti presenti a osservarne i dettati.
In particolare, con le espressioni riportate in imputazione, aveva reagito ad un'accusa che le era stata ingiustamente mossa e parte delle medesime poi "l'infamia, la menzogna e l'insulto" - non erano state neppure rivolte alla persona offesa ma costituivano il suo commento al coinvolgimento nella polemica politica del figlio dell'imputata stessa, di appena nove mesi.
4. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Senatore Vincenzo, ha chiesto l'annullamento del provvedimento impugnato, condividendo le argomentazioni dei ricorsi.
5. Il difensore della parte civile ricorrente, ribadendo le ragioni spese nel gravame, concludeva chiedendo la condanna dell'imputata per il delitto ascrittole con le conseguenti statuizioni civili.
Motivi della decisione
I ricorsi proposti dalla persona offesa e della pubblica accusa sono fondati nei limiti che si indicheranno.
1. Va, innanzitutto, precisato come sia manifestamente infondata la censura proposta dalla parte civile sulla tardività della eccezione di insindacabilità delle opinioni espresse dall'imputata, parlamentare della Repubblica.
L'invocato art. 491 c.p.p., che elenca una serie di eccezioni che debbono essere proposte prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, non contempla affatto il caso di specie, riguardando le sole questioni di competenza, per territorio e per connessione (fra quelle che possono considerarsi latamente analoghe a quella sollevata dall'imputata, perchè anch'esse riferibili alla possibilità, da parte del giudice adito, di giudicare sul contestato reato), mentre, invece, già l'art. 21 c.p.p., comma 1, consente di eccepire la questione di competenza per materia - di maggior rilievo perchè destinata a preservare la distribuzione degli affari non più "orizzontalmente", ma "verticalmente", fra giudici diversamente costituiti - in ogni stato e grado del giudizio (salve le indicate eccezioni).
E' però ben chiaro che la questione della insindacabilità delle opinioni espresse dal membro del Parlamento, ai sensi dell'art. 68 Cost., non costituisce certo una questione di incompetenza del giudice adito - che presiede alla corretta individuazione dello stesso, per materia e per territorio o per connessione - nel caso di specie, poi, incontestata (non vi è eccezione infatti sulla competenza a decidere l'odierna imputazione proprio del giudice procedente, il Giudice di pace di Bari), ma configura un'eccezione alla giurisdizione dell'intera autorità giudiziaria, così concretando, appunto, il suo "difetto di giurisdizione" che, come tale, ai sensi dell'art. 20 c.p.p., "è rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento".
Nessuna tardività allora per l'eccezione sollevata dall'imputata, nel corso del primo giudizio, ai sensi dell'art. 68 Cost..
2. Sono, invece, fondati il primo motivo di ricorso della parte civile ed i due motivi di ricorso della pubblica accusa, spesi sulla congruità ed adeguatezza della motivazione del Giudice di pace sulla concreta insindacabilità delle opinioni espresse dall'imputata nell'occasione per cui è processo.
Questa Corte ha, infatti, rilevato come l'immunità parlamentare ex art. 68 Cost., comma 1, essendo limitata agli atti e alle dichiarazioni che presentano un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio dell'attività parlamentare, opera, quanto alle dichiarazioni rese "extra moenia", soltanto quando queste presentino una sostanziale coincidenza di contenuti con quelle rese in sede parlamentare e siano cronologicamente successive alle dichiarazioni cosiddette "interne", di modo che anche le dichiarazioni rese in forma o in sede "non tipica" debbano ritenersi espressione dell'esercizio della funzione parlamentare, mentre non è a tal fine sufficiente nè la comunanza di argomento, nè la natura politica del contesto nel quale le dichiarazioni sono state pronunciate (da ultimo Sez. 5, n. 32862 del 07/05/2019, Borghezio, Rv. 276857 ed ancor prima Sez. 5, Sentenza n. 22716 del 04/05/2010, Marengo, Rv. 247968 e Sez. 5, n. 21320 del 06/05/2014, Gasparri, Rv. 259878).
Una verifica che il giudice è chiamato a fare e che, nella sentenza impugnata, è del tutto mancata, avendo, il giudicante, apoditticamente affermato che: "Preliminarmente ai sensi dell'art. 68 Cost., i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e le frasi della L., Ministro dello Stato Italiano, sono state dette durante una sua uscita pubblica ovvero durante un discoro pubblico mentre esercitava le sue funzioni e pertanto il fatto non costituisce reato", omettendo così, del tutto, di accertare, nel caso concreto, il ricordato nesso fra la funzione e le dichiarazioni.
La sentenza impugnata va pertanto annullata.
3. Deve, poi, ricordarsi come il sindacato di questa Corte sia limitato a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo nella sentenza impugnata - apparato che, si è visto, nel caso di specie difetta totalmente - ma non è nei suoi poteri autonomamente riconsiderare il fatto (e, qui, interamente accertarlo) per verificare, come sollecitato dalla difesa dell'imputata, la sussistenza del nesso fra le dichiarazioni oggetto dell'imputazione e le funzioni di parlamentare ricoperte dalla medesima, o, al contrario, come richiesto dal difensore della parte civile, pervenire, verificata l'assenza del cennato nesso, alla condanna dell'imputata.
Tutte questioni che dovranno, invece, essere proposte in sede propria, davanti ai giudici del merito.
Giudici che provvederanno anche alla liquidazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Bari.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021
30-01-2021 19:04
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