Trapani. Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina nei confronti del figlio minore
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-10-2020) 02-11-2020, n. 30463
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano - Presidente -
Dott. RICCIARELLI Massimo - rel. Consigliere -
Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -
Dott. AMOROSO Riccardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.L.D., nata il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/09/2019 della Corte di appello di Palermo;
esaminati gli atti, letto il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere, Massimo Ricciarelli;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Molino Pietro, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. Antonino Lastoria in sost. Avv. Giacomo Frazzitta, che si è riportato al ricorso, chiedendone l'accoglimento.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 16/9/2019 la Corte di appello di Palermo ha confermato quella del Tribunale di Trapani in data 28/5/2018, con cui è stata riconosciuta la penale responsabilità di N.L.D. in relazione ai reati di cui agli artt. 571 e 582 c.p. in danno del figlio minore S.D.. 2. Ha proposto ricorso la N. tramite il suo difensore.
2.1.Con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all'art. 238 c.p.p..
Indebitamente erano state ritenute utilizzabili le dichiarazioni rese dalla ricorrente nell'ambito di procedimento dinanzi al Tribunale per i Minorenni, in assenza dei presupposti stabiliti dall'art. 238 c.p.p. e a fronte dell'opposizione della difesa.
2.2. Con il secondo motivo deduce mancata acquisizione di prova decisiva, rappresentata da perizia tecnica infantile.
Erroneamente la Corte aveva eluso il tema della verifica di una possibile sindrome di alienazione parentale affliggente il minore S.D., anche alla luce di quanto riferito dal medico Dott. A..
2.3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'art. 192, comma 3, c.p.p..
La Corte non aveva debitamente valutato l'attendibilità della persona offesa, costituitasi parte civile, a fronte di quanto dichiarato dalla Dott.ssa B. e dell'interruzione dei percorsi di recupero, avendo lo S. palesato la finalità di ottenere l'affidamento dei figli, evitando di dover versare l'assegno di mantenimento. La Corte non aveva operato alcun vaglio a riscontro delle lesioni subite dal minore.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è inammissibile.
Deve richiamarsi il principio consolidato secondo cui "In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l'inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato" (Sez. U. n. 23868 del 23/4/2009, Fruci, Rv. 243416).
Nel caso di specie il ricorrente ha prospettato l'inutilizzabilità delle dichiarazioni confessorie rese dalla ricorrente dinanzi al Tribunale dei Minorenni, ma solo genericamente ne ha prospettato l'incidenza sulla motivazione, senza considerare che la Corte, pur avendo ritenuto utilizzabili quelle dichiarazioni, ha tuttavia espressamente sottolineato a pag. 4 che il compendio probatorio "consentirebbe egualmente in questa sorta di prova di resistenza interna di confermare la pronuncia condannatoria".
Ed in effetti la Corte ha di seguito posto in evidenza gli elementi che, a prescindere da quelle dichiarazioni, consentivano di pervenire al medesimo risultato, facendo riferimento, oltre che a dichiarazioni della persona offesa e del minore, a dichiarazioni degli assistenti sociali e a provvedimenti emessi dal Tribunale dei Minorenni, rappresentativi anche della situazione che forma oggetto del processo.
Se dunque la Corte non ha correttamente individuato la ragione della dedotta inutilizzabilità, richiamando una sentenza della Corte di cassazione che faceva riferimento al diverso tema delle garanzie riferite a dichiarazioni autoindizianti, che non possono essere estese al di fuori dei confini applicativi del processo penale, sino ad inficiare l'utilizzabilità di atti raccolti dinanzi al giudice civile" (Sez. 6, n. 24653 del 1/4/2014, M., Rv. 259458), il tema risulta in concreto irrilevante, dovendosi aver riguardo alla complessiva motivazione e dunque alla non dimostrata incidenza decisiva delle dichiarazioni confessorie sulla valutazione che ha condotto la Corte a confermare la condanna della ricorrente.
2. Il secondo e il terzo motivo risultano in parte manifestamente infondati e nel loro complesso genericamente formulati.
Ed invero il tema della necessità di una perizia non può essere valutato in funzione dell'omessa acquisizione di una prova decisiva, essendo pacifico che l'accertamento peritale non possa costituire prova di tal natura (Sez. U. n. 39746 del 23/7/2017, A., Rv. 270936; Sez. 3, n. 23202 del 5/4/2018, V., Rv. 273152).
Piuttosto avrebbe dovuto verificarsi l'incidenza dell'accertamento richiesto sulla tenuta della motivazione, nel caso di specie in relazione all'attendibilità del minore, nei confronti del quale era stata richiesta la perizia di tipo personologico: sennonchè il tema è stato dedotto in modo aspecifico, attraverso il richiamo frammentario di un passaggio delle dichiarazioni del Dott. A., non idoneo a far comprendere l'effettiva rilevanza della verifica ai fini della valutazione delle dichiarazioni del minore, anche a fronte della pluralità di elementi posti a fondamento del giudizio di penale responsabilità, comprensivi della certificazione medica, delle fotografie ritraenti le lesioni subite dal minore, delle dichiarazioni della sorella di S.G., di quelle degli assistenti sociali.
Analoghi rilievi devono formularsi anche con riguardo al terzo motivo, nel quale in modo parimenti generico è stata prospettata l'inattendibilità del padre del minore, cioè di S.G., in relazione ad un frammentario passaggio delle dichiarazioni della Dott.ssa B., ma in assenza di qualsivoglia analisi della relativa decisività del tema e a fronte dell'apodittico assunto che lo S. intendesse ottenere l'affidamento del minore per non versare l'assegno di mantenimento.
3. In definitiva va ribadita l'inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell'inammissibilità, a quello della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020
21-11-2020 06:57
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