Iscrivere il figlio a scuola dichiarando falsamente che l'altro coniuge è d'accordo: è reato
Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09/07/2020) 11-09-2020, n. 25943
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente -
Dott. ZAZA Carlo - Consigliere -
Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere -
Dott. SCORDAMAGLIA Irene - rel. Consigliere -
Dott. BORRELLI Paola - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
V.F., nato a (OMISSIS);
A.R., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/06/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LOY MARIA FRANCESCA.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato il verdetto di condanna pronunciato dal Tribunale di Avellino, in data 17 giugno 2014, nei confronti di V.F. e di A.R., imputati del delitto di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p., art. 611 c.p., commi 1 e 2, per avere, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, minacciato I.G. per costringere lui e la moglie a ritrattare le dichiarazioni rese a carico dell' A. in altro procedimento penale.
2. Ricorrono entrambi gli imputati con distinti atti di impugnazione. 2.1. V. articola tre motivi.
- Denuncia la violazione dell'art. 192 c.p.p. e artt. 43, 110 e 611 c.p. e vizio di motivazione in punto di verifica dell'attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese e di sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato. Assume, al riguardo, che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che le predette dichiarazioni fossero riscontrate da elementi desunti da altre prove dichiarative (segnatamente dalle testimonianze del Maresciallo G. e del nonno della M.) e che fosse sufficiente, ai fini della prova, del suo concorso nel reato (d'interesse della sola A.) il fatto che egli fosse legato alla correa da una relazione sentimentale.
- Eccepisce l'erronea qualificazione giuridica del fatto, suscettibile di essere sussunto - non essendosi concretizzata la condotta, cui la minaccia posta in essere era finalizzata, nella ritrattazione delle dichiarazioni in precedenza rese dalle parti offese - nel meno grave delitto di intralcio alla giustizia, di cui all'art. 377, comma 3, in relazione all'art. 371-bis c.p..
- Deduce violazione dell'art. 99 c.p. e vizio di mancanza di motivazione in punto di diniego dell'esclusione della recidiva, per non essere state indicate, nella sentenza impugnata, le ragioni per le quali il reato oggetto di accertamento sarebbe stato espressione della maggiore capacità a delinquere acquisita dall'imputato per effetto della pregressa carriera criminale.
2.2. A. articola due motivi.
- Denuncia violazione dell'art. 192 c.p.p. e art. 611 c.p. e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale non adeguatamente giustificato le ragioni per le quali aveva ritenuto credibili le persone offese e non congruamente lumeggiato il profilo della volontarietà della sua condotta, invero non diretta ad intimidire lo I. e la consorte.
- Denuncia, altresì, violazione degli artt. 81 cpv., 629 e 611 c.p., in relazione al diniego del riconoscimento del vincolo della continuazione tra le condotte di estorsione contestante nel procedimento originario e quelle oggetto di accertamento nel presente processo, avendolo il giudice censurato giustificato con l'evidenziare "genericamente aspetti e contesti che in parte non sono assolutamente ostativi al riconoscimento dell'unicità del disegno criminoso e che in ogni caso andavano illustrati con più puntuali e concreti riferimenti".
3. Ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-ter, come convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Maria Francesca Loy, ha rassegnato per iscritto le proprie conclusioni, chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata ai soli fini della rideterminazione della pena.
Motivi della decisione
I ricorsi sono inammissibili.
1. Il primo motivo di ciascun ricorso deduce vizi non consentiti nel giudizio di legittimità.
1.1. La Corte di appello ha concordato con la ricostruzione del fatto effettuata dal primo giudice, evidenziando come le dichiarazioni accusatorie rese dalle persone offese, oltre ad essere credibili ed attendibili, perchè non animate da ragioni di astio o di tornaconto economico e perchè connotate da equilibrio e pacatezza, risultassero riscontrate - ancorchè ciò non fosse necessario ai fini della loro considerazione come prove - dagli elementi di conferma tratti dalle dichiarazioni di un ufficiale di Polizia giudiziaria (intervenuto nel mentre gli accadimenti erano in via di svolgimento, tanto da sequestrare i verbali delle deposizioni accusatorie rese dai coniugi I. nei confronti della A., esibiti dagli imputati) e dal nonno di M.J.. Il Collegio di merito ha escluso, altresì, che sull'apprezzamento delle dichiarazioni delle persone offese potesse negativamente incidere la circostanza che il V. e la A. avessero al seguito la figlia minore, nel momento in cui i comportamenti intimidatori erano stati posti in essere, perchè l'imputata non si era fatta scrupolo di utilizzare minori per portare a termine i propri intenti estorsivi (come accaduto nella vicenda Ma., in cui si era servita delle figlie di quest'ultimo). La Corte territoriale ha, infine, individuato la prova del dolo di concorso del V. nell'intimidazione dei coniugi I., perpetrata dalla A. al fine di indurli alla ritrattazione delle dichiarazioni accusatorie rese nei suoi confronti, nella circostanza che egli, essendo legato alla A. da una relazione sentimentale, si fosse recato presso il negozio delle parti offese ed ivi si fosse trattenuto, mentre aveva luogo l'alterco e venivano esibiti i verbali delle precedenti dichiarazioni, per dare manforte alla compagna.
1.2. Al cospetto delle riportate argomentazioni, che non appaiono nè apodittiche, in quanto richiamano specifiche emergenze probatorie, nè manifestamente illogiche, i rilievi di entrambi gli imputati - denuncianti sostanzialmente il vizio di motivazione pur con l'enunciare la violazione di regole probatorie - si traducono in un'implicita richiesta di revisione del materiale probatorio e di alternativa rivalutazione di esso, in assenza, peraltro, della puntuale deduzione del vizio di travisamento di specifici atti processuali. Ne viene che, con il diritto vivente, occorre ribadire che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944) e che, comunque, l'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento. (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
2. Il secondo motivo del ricorso di V. non è sostenuto dal necessario interesse.
Va, in proposito, evidenziato che sia per il delitto di cui all'art. 611 c.p. che per il delitto di cui al combinato disposto dell'art. 371-bis c.p. e art. 377 c.p., comma 3, non è prevista una pena edittale fissa nel minimo, di modo che il ricorrente avrebbe dovuto lumeggiare quale fosse il proprio interesse, concreto ed attuale, ad ottenere una riqualificazione giuridica del fatto.
3. Il motivo con il quale V. lamenta l'omessa motivazione del diniego di esclusione della recidiva, reiterata, specifica ed infraquinquennale, contestatagli, è generico; non si confronta, infatti, con il passaggio argomentativo in cui il giudice censurato ha spiegato che il surplus di pericolosità da lui espresso, con il commettere il nuovo reato, era desumibile:" dalla presenza a (suo) carico... di precedenti anche specifici", suscettibili di denotare una sua elevata propensione criminale.
4. Il motivo con il quale l' A. si duole del mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le condotte di estorsione contestante nel procedimento originario e quelle oggetto di accertamento nel presente processo è declinato mediante copiosi, quanto astratti, richiami alle massime di orientamento in materia, senza alcuna specifica indicazione di concreti elementi fattuali idonei a decisivamente sovvertire la conclusione rassegnata dal Collegio di merito - giuridicamente ineccepibile alla stregua del principio di diritto per cui il beneficio ex art. 81 cpv. c.p. (anche in executivis), può essere accordato ove sia ravvisata una preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, confluenti nell'ambito di una previsione originaria unitaria riconducibile all'ideazione complessiva iniziale e a una sia pur generica volontà (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074; Sez. 1, n. 4019 del 04/07/1995, Colombrita, Rv. 202202) -, secondo la quale, nel momento in cui ella metteva in atto le condotte estorsive nei confronti di Ma.Pa., non poteva prevedere di dovere minacciare i coniugi I. per far ritrattare loro le dichiarazioni a suo carico rilasciate alla P.G..
5. Per le ragioni indicate, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili; ciò comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condannai ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020
08-10-2020 20:52
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