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Sentenza

E' legittima l'assoluzione dal reato di danneggiamento della padrona di un cane che, con le proprie deiezioni abbia sporcato la biancheria del vicino, stesa ad asciugare nel sottostante balcone
E' legittima l'assoluzione dal reato di danneggiamento della padrona di un cane che, con le proprie deiezioni abbia sporcato la biancheria del vicino, stesa ad asciugare nel sottostante balcone
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-02-2018) 26-03-2018, n. 13970

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde - Presidente -

Dott. IASILLO Adriano - Consigliere -

Dott. IMPERIALI Luciano - Consigliere -

Dott. DE SANTIS Anna Maria - rel. Consigliere -

Dott. BELTRANI Sergio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI SALERNO;

avverso la sentenza resa dal Giudice di Pace di Eboli in data 20/10/2016;

nei confronti di:

E.A., n. a (OMISSIS);

- visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

- Udita nell'udienza pubblica del 2/2/2018 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Anna Maria De Santis;

Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Pratola Gianluigi, che ha concluso per l'annullamento con rinvio;

Udito il difensore dell'imputato, Avv. Andrea Medaglia, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1.Con l'impugnata sentenza il Giudice di Pace di Eboli assolveva E.A. dal reato di danneggiamento, consistito nel non aver impedito che le deiezioni del proprio cane sporcassero la biancheria stesa ad asciugare nel sottostante balcone, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato per effetto dell'abrogazione disposta con D.Lgs. n. 7 del 2016.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Salerno, deducendo la violazione dell'art. 521 c.p.p. e l'erronea applicazione degli artt. 635 e 639 c.p..

Sostiene il ricorrente che il giudice ha abdicato ai poteri di verifica dell'esatta qualificazione giuridica del fatto, omettendo di rilevare che lo stesso doveva essere sussunto nella previsione di cui all'art. 639 c.p. (fattispecie tuttora vigente) piuttosto che in quella di danneggiamento semplice, con conseguente perdurante illiceità penale della condotta.

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Questa Corte ha precisato che, poichè l'"abolitio criminis" espunge dall'ordinamento la norma incriminatrice penale, ogni giudice che sia formalmente investito della cognizione sulla fattispecie oggetto di abrogazione ha il compito di dichiarare, ex art. 129 c.p.p., comma 1, che il fatto non è previsto dalla legge come reato, in ossequio al precetto di cui all'art. 2 c.p., comma 2, per il quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato. Infatti, una volta venuto meno l'oggetto sostanziale del rapporto processuale penale tale declaratoria è necessariamente pregiudiziale rispetto ad ogni altro accertamento che implichi, invece, la formale permanenza di una "res judicanda" (Sez. 6, n. 356 del 15/12/1999, El Quaret, Rv. 215285). Sulla scorta del medesimo principio si è affermato che la mancanza di una condizione di procedibilità osta a qualsiasi altra indagine in fatto, imponendo al giudice di dichiarare immediatamente e preliminarmente l'improcedibilità (Sez. 2, n. 45160 del 22/10/2015, Gioia, Rv. 265098) e che l'obbligo sancito dall'art. 129 c.p.p. impedisce la proponibilità di una questione di legittimità costituzionale, pur se questa è finalizzata a conseguire un più vantaggioso epilogo assolutorio (Sez. 1, n. 19915 del 17/12/2013, P.C. in proc. Gabetti e altro, Rv. 260688), ovvero l'approfondimento del "thema decidendum" e la modifica della qualificazione giuridica del fatto (Sez. 6, n. 16386 del 29/01/2013, Tarantino, Rv. 254705).

4.Pertanto, la rilevata espunzione dal sistema penale della fattispecie incriminatrice ex art. 635 c.p., comma 1, imponeva al giudice l'immediato epilogo decisorio, risultando preclusi gli accertamenti in fatto invocati dal ricorrente e intesi alla riqualificazione dell'addebito in ragione della sopravvenuta giuridica inesistenza dell'originaria regiudicanda.

A tanto consegue l'inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2018
Avv. Antonino Sugamele

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