Nel calcolo della pena il Giudice che utilizza il massimo della pena per il calcolo di quanto irrogare deve dare contezza esplicativa con motivazione adeguata.-
SENTENZA Sul ricorso proposto da: - R. M., n. in Marocco avverso la sentenza della Corte d'appello di ROMA in data 24/02/2016;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P. Fimiani, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni del difensore, Avv. B.G. Naso, anche in so- stituzione dell'Avv. A. Campilongo, che ha chiesto accogliersi il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 24.02.2016, depositata in data 1.04.2016, la Corte d'appello di Roma, decidendo in sede di rinvio disposto dalla Sez. IV di questa Corte, in parziale riforma della sentenza emessa in data 1.03.2013 dal GIP/tribunale di Roma, appellata dal R., rideterminava la pena inflitta in anni 2, mesi 8 e gg. 10 di reclusione ed euro 12.600,00 di multa, confermando nel resto l'appellata sentenza che lo aveva riconosciuto colpevole del delitto di illecita detenzione di sostanze stupefacenti del tipo marijuana nonché del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in relazione a fatti contestati come commessi in data 9.11.2011. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo di difensore di fiducia iscritto all'albo speciale ex art. 613 c.p.p., deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce il ricorrente, con tale unico motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. b) ed e) c.p.p. per violazione degli artt. 125, co. 3, c.p.p. e 111, co. 6, Cost. in quanto la sentenza sarebbe affetta dal vizio di apparenza e/o inesistenza della motivazione nonché mancante o insufficiente quanto alla quantificazione della pena base in misura pari al massimo edittale, in relazione agli artt. 132 e 133, c.p. e 27, co. 3, Cost.
Si duole il ricorrente, in sintesi, del fatto che i giudici di appello si sarebbero limitati a richiamare i criteri enunciati dalla Corte d'appello, nella sentenza oggetto di annullamento, ritenendo equo irrogare all'imputato una sanzione che assumeva come pena base quella di 6 anni di reclusione ed euro 27.000,00 di multa, pari al massimo della pena, che, a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche e dell'applicazione della continuazione, considerata la diminuente del rito richiesto, fissava la pena finale in quella sopra indicata;
si sostiene, in definitiva, che l'applicazione di una pena base pari al massimo edittale avrebbe imposto una motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi indicati dall'art. 133 c.p., tenendo conto della funzione retributiva, rieducativa e preventiva della pena, nella specie mancante essendosi limitata la Corte territoriale a richiamare i criteri indicati dalla sentenza annullata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. il ricorso è fondato.Ed invero, la Corte d'appello non specifica le ragioni per le quali ha ritenuto di dover determinare la pena base in misura pari al massimo edittale, così venendo meno allo stringente dovere motivazionale impostole. È pacifico infatti nella giurisprudenza di questa Corte che l'irrogazione della pena in una misura prossima al massimo edittale rende necessaria una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, non essendo sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (v., in termini: Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013 - dep. 26/06/2013, Pasquali, Rv. 258356). Né, peraltro, appare soddisfare detto onere motivazionale il semplice richiamo ai criteri utilizzati dalla stessa Corte d'appello con la precedente sentenza annullata laddove si consideri il dato oggettivo per cui in detta sentenza i giudici di appello, nell'accogliere le doglianze difensiva, avevano a loro volta rideterminato il tratta- mento sanzionatorio individuando la pena base per il reato di cui all'art. 73, co. 1 bis, d.p.r. n. 309 del 1990 nel minimo edittale previsto dal T.U. Stup. all'epoca del fatto per il delitto, che non differenziava tra droghe leggere (contestazione ascritta al reo) e quelle pesanti; il richiamo quindi ai criteri indicati con la sentenza annullata del 31.10.2013 appare quindi illogico, atteso che proprio quel giudice aveva ritenuto di dover individuare la pena base nel minimo edittale, laddove, diversa- mente, il giudice del rinvio assume quale pena base quella massima per il delitto di cui all'art. 73, co. 4, T.U. Stup.
4. L'impugnata sentenza dev'essere pertanto annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma per nuovo giudizio.
5. In applicazione del decreto del Primo Presidente della S.C. di Cassazione n. 84 del 2016, la presente motivazione è redatta in forma semplificata, trattandosi di ricorso che riveste le caratteristiche indicate nel predetto provvedimento Presidenziale, ossia ricorso che, ad avviso del Collegio, non richiede l'esercizio della fun- zione di nomofilachia o che solleva questioni giuridiche la cui soluzione comporta l'applicazione di principi giuridici già affermati dalla Corte e condivisi da questo Collegio, o attiene alla soluzione di questioni semplici o prospetta motivi manife- stamente fondati, infondati o non consentiti. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Roma. Motivazione semplificata. Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 30 novembre 2017
16-12-2017 21:14
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