Manda sms al padre alla presenza dei Carabinieri che volevano perquisire casa. Lui prende la droga e la getta dal balcone.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 gennaio – 3 marzo 2017, n. 10545
Presidente Paoloni – Relatore Di Stefano
Motivi della decisione
Con ordinanza del 1 luglio 2016 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato la misura degli arresti domiciliari applicata a P.S. per il possesso di circa 18 g di cocaina e circa 280 g di marijuana destinati allo spaccio.
Più in particolare, esponeva il Tribunale che la sostanza era riferibile al figlio del ricorrente e, in occasione dell'intervento delle forze dell'ordine presso il domicilio comune dei due, il P.S. tentava di disfarsi della droga gettandola dal balcone ma era chiaramente visto dai carabinieri che recuperavano la sostanza.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale confermava la esistenza del rischio di recidiva sulla scorta dei dati indicativi del collegamento con ambienti di criminalità organizzata nonché "non essendo state individuate le fonti di approvvigionamento dello stupefacente sulla base del sicuro collegamento dei P. con ambienti di criminalità specifica del settore, in corso di individuazione. La rimessa in libertà del ricorrente potrebbe portare nocumento alle indagini...".
P. ricorre contro tale decisione.
Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione sviluppando argomenti in ordine al fatto che, in assenza della prova di un accordo pregresso con il figlio, la condotta di impedire la scoperta da parte delle forze dell'ordine dello stupefacente - pacificamente appartenente al figlio - andava correttamente configurata come favoreggiamento personale.
Con il secondo motivo contesta la applicazione della ipotesi di cui al comma 1 dell'articolo 73 legge droga e non quella del comma 5.
Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione nella valutazione delle esigenze cautelari, in assenza di elementi concreti che dimostrassero la affermata esistenza di legami con la criminalità organizzata del ricorrente ed in tema di assenza di opportunità della misura rispetto alla condizione di ultrasettantenne.
Il ricorso è fondato limitatamente al terzo motivo sulle esigenze cautelari.
Quanto al primo motivo, il Tribunale ha argomentato sul fatto che, avendo la polizia giudiziaria dato atto che la condotta del ricorrente era successiva ad uno "scampanellio" in "codice" da parte del figlio che era stato accompagnato alla porta di casa dai carabinieri che intendevano effettuare una perquisizione, ed avendo il ricorrente prontamente individuato stupefacente e bilancino di cui disfarsi, evidentemente vi era un pregresso accordo sul da farsi in caso di intervento della polizia giudiziaria. Tale accordo ha consentito al Tribunale di ricostruire il concorso nella detenzione dello stupefacente, e non soltanto la predisposizione di una condotta di favoreggiamento, proprio in applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità invocata dal medesimo ricorrente.
Quanto al secondo motivo, il Tribunale ha svolto argomentazioni non illogiche in tema di qualificazione del fatto escludendo la fattispecie di minor gravità, non residuando valutazioni di pertinenza del giudice di legittimità.
Quanto al terzo motivo, l'ordinanza innanzitutto è del tutto apodittica nell'indicare le esigenze cautelari riferite all'inquinamento probatorio. Difatti, tali esigenze andrebbero riferite al reato per cui si procede (la detenzione della droga in sequestro) per il quale, invece, è del tutto evidente come non vi siano particolari ed ulteriori esigenze probatorie. Né, peraltro, in alcun modo risulta la collocazione del fatto in un più ampio contesto di indagini sul traffico di stupefacenti. Quindi, quali siano le indagini a farsi, e sulle quali il ricorrente possa influire, né è detto né, comunque, si intuisce.
Poi, e soprattutto, delle "situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova" e delle "circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento" che giustificano il paventare tale pericolo, nell'ordinanza non vi è neanche il solo inizio di motivazione.
Per quanto riguarda le esigenze di prevenzione e rischio di recidiva, il Tribunale ha svolto argomentazioni in tema di esigenze cautelari che non riguardano il ricorrente: nell'ordinanza, difatti, si dà atto di come il traffico di stupefacenti sia attività riferibile al figlio e solo indirettamente attribuisce anche al ricorrente i contatti con la criminalità organizzata, ma sul punto non indica alcun elemento concreto. Né utilizza altri parametri per ritenere la negativa personalità del ricorrente che vadano oltre la condotta di ausilio ai traffici illeciti del figlio; tale ausilio, del resto, nella stessa descrizione del Tribunale, non va oltre l'occultamento della sostanza all'arrivo delle forze dell'ordine. Sulla scorta di tali elementi, risulta priva di effettiva valutazione la autonoma capacità criminale del ricorrente, necessaria per poter fondare il rischio di recidiva.
Si impone quindi l'annullamento con rinvio per nuovo esame in punto di esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
07-03-2017 15:19
Richiedi una Consulenza