Un tributarista e appartenenti alla Guardia di Finanza chiedono la somma di 96.000 euro per risolvere asseriti problemi giudiziari. Appartenenza dell'indagato ai servizi segreti. AISI. Misura cautelare in carcere. Confermata dalla Cassazione.
Cassazione penale sez. V Data:06/05/2014 ( ud. 06/05/2014 , dep.07/07/2014 )
Numero: 29614
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente -
Dott. FUMO Maurizio - Consigliere -
Dott. ZAZA Carlo - rel. Consigliere -
Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere -
Dott. CAPUTO Angelo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1. O.P., nato a (OMISSIS);
2. D.M.A., nato a (OMISSIS);
3. N.M., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 14/02/2014 della Sezione per le impugnazioni
cautelari del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale dott. PRATOLA Gianluigi che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
udito per l'indagato O. l'avv. Tognozzi Gianluca e per gli
indagati D.M. e N. l'avv. Mario De Caprio, che hanno
concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, in parziale riforma dell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma del 27/01/2014, veniva confermata la sussistenza di gravi indizi nei confronti di O.P., D.M.A. e N. M. per i delitti di cui agli artt. 476 e 319 cod. pen. ipotizzati come commessi in (OMISSIS) dall' O. quale tributarista e dal D.M., dal N. e da B.D. quali appartenenti alla Guardia di Finanza di (OMISSIS), l' O. e il D.M. agendo quali istigatori e gli altri materialmente operando nella formazione di falsi verbali di audizione di C. F. e M.R. in ordine alla gestione di società riferibili al C. e, per il M., dell'Ospedale di (OMISSIS), al fine di indurre nei predetti il timore di problemi giudiziari e di far apparire l' O. come persona in grado di risolverli, e corrispondendo l' O. al D.M., al N. ed al B., per il compimento di tale attività, la somma di Euro 96.000. Veniva altresì confermata l'applicazione nei confronti dell' O. della misura cautelare della custodia in carcere.
L'ordinanza sottoposta a riesame era invece riformata con la sostituzione, nei confronti del D.M. e del N., della predetta misura con quella degli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con persone diverse da quelle conviventi.
Gli indagati ricorrono sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sul rigetto dell'eccezione di inefficacia della misura a seguito della retrodatazione dell'inizio del decorso del relativo termine al momento dell'esecuzione di una precedente ordinanza cautelare emessa il 31/10/2013, il ricorrente O. deduce violazione di legge nell'esclusione di una connessione qualificata fra i fatti oggetto delle due ordinanze, e della conseguente rilevanza della mera desumibilità degli elementi posti a fondamento del provvedimento successivo prima del rinvio a giudizio per i fatti di cui al procedimento antecedente, laddove i fatti dovevano invece ritenersi connessi per continuazione ai sensi dell'art. 12 c.p.p., lett. B. Lamenta altresì contraddittorietà delle difformi conclusioni del Tribunale rispetto ad altro passaggio della stessa ordinanza nella quale si affermava che i fatti oggetto del procedimento non costituivano episodi isolati, ma erano espressione di un sistema professionalmente attuato dagli indagati.
2. Sulla sussistenza delle esigenze cautelari, tutti i ricorrenti deducono violazione di legge e mancanza di motivazione, con particolare riguardo per il D.M. ed il N. all'impossibilità per gli stessi di reiterare i reati in quanto privati delle armi, dei tesserini e delle divise, e per l' O. alla mancata valutazione della personalità dell'indagato ed all'attualità dell'esigenza rispetto all'esistenza di un precedente stato di custodia.
3. Sull'adeguatezza della misura applicata, tutti i ricorrenti deducono mancanza di motivazione in ordine alla possibilità di fronteggiare le esigenze cautelari con misure diverse; lamentandosi inoltre, nel ricorso proposto dall' O., illogicità della motivazione sulla ritenuta esistenza del pericolo di inquinamento probatorio in base alla possibilità che gli indagati concordino le loro versioni nel corso delle indagini ancora in corso ed alla necessità di completare il vaglio della documentazione sequestrata, laddove gli indagati sono stati già più volte interrogati e i documenti non possono essere alterati, e contraddittorietà della ritenuta falsità della circostanza dell'appartenenza dell'indagato ai servizi segreti con una dichiarazione in atti della AISI che viceversa la conferma.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi proposti dall' O. sul rigetto dell'eccezione di inefficacia della misura, a seguito della retrodatazione dell'inizio del decorso del relativo termine, sono inammissibili.
Posto che le censure si incentrano sulla dedotta esistenza di una connessione qualificata fra i fatti di cui all'ordinanza in esame e quelli oggetto di un precedente provvedimento cautelare del 31/10/2013, il ricorso è assolutamente generico con riguardo al contenuto di quest'ultimo provvedimento ed all'indicazione dei fatti per i quali lo stesso veniva emesso; il che impedisce di valutare la ravvisabilità della connessione, dedotta sotto il profilo della continuazione nell'ambito di un medesimo disegno criminoso. Il vago riferimento del ricorrente all'inserimento dei fatti nella stessa vicenda, in cui i medesimi soggetti agenti dapprima concordavano le finte audizioni dei testi e poi concorrevano nella redazione dei falsi verbali e nel pagamento dei pubblici ufficiali per tale illecita attività, non consente di ricondurre la prospettiva del ricorso al richiamo del provvedimento impugnato all'arresto degli indagato per il reato di sequestro di persona in danno dei padri camilliani P. e M.; e comunque le osservazioni del Tribunale sul carattere sistematico delle condotte, per le quali veniva applicata la misura in esame, non implicano il riconoscimento della continuazione con tale episodio, citato solo come occasione dalla quale scaturivano, con il sequestro di documentazione, le indagini per i fatti qui considerati, manifestamente infondata essendo pertanto la dedotta censura di contraddittorietà della motivazione. Non senza considerare, da ultimo, che il ricorso presenta ulteriori connotazioni di genericità nella mancanza di qualsiasi specificazione sugli effetti della richiesta retrodatazione in termini di superamento dei termini di efficacia della misura.
2. Sono altresì inammissibili i motivi proposti sulla sussistenza delle esigenze cautelari.
I ricorrenti D.M. e N. ripropongono genericamente il tema dell'impossibilità di reiterazione dei reati, da parte degli indagati, a seguito della privazione delle armi, dei tesserini e delle divise, trascurando le considerazioni del provvedimento impugnato sia in ordine alla capacità di coinvolgere altri pubblici ufficiali nel sistema criminoso, evidenziata da riferimenti in tal senso in una conversazione intercettata fra l' O. e il D. M., che alla concorrente ravvisabilità del pericolo di inquinamento delle fonti probatorie. Tali riferimenti rendono altrettanto generiche le doglianze del ricorrente O. sull'asserita mancanza di una specifica motivazione in ordine alla personalità dell'indagato, viceversa emergente, a prescindere dal giudizio di gravità dei fatti per i quali si procede, dalla tendenza ad estendere l'ambito dei soggetti coinvolti nell'attività delittuosa, e sull'attualità dell'esigenza cautelare rispetto al precedente stato di detenzione dell'indagato, evidentemente irrilevante rispetto all'autonoma valutazione dei presupposti applicativi della misura nel presente procedimento.
3. Sono infine inammissibili i motivi proposti sull'adeguatezza della misura applicata.
Le censure di carenza motivazionale, proposte da tutti i ricorrenti in ordine alla possibilità di affrontare le esigenze cautelari con misure diverse, sono generiche laddove il Tribunale osservava come dette esigenze, per quanto detto non limitate al pericolo di reiterazione del reato, ma comprendenti anche il pericolo di inquinamento delle fonti di prova, imponessero un completo isolamento degli indagati, non consentito da misure diverse. Generiche sono altresì le doglianze proposte a questi fini dal ricorrente O. sulla sussistenza dell'esigenza cautelare probatoria, che si riducono a conclusioni meramente assertive sull'esaurimento degli interrogatori degli indagati e sul completamento dell'esame dell'acquisizione della documentazione rilevante e ad un riferimento, la cui rilevanza non viene meglio precisata, all'appartenenza dell'indagato ai servizi segreti.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, valutata l'entità della vicenda processuale, appare equo determinare in Euro 1.000.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2014
16-08-2014 15:30
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