Misure cautelari. Appello. La Cassazione puo' verificare solo l'esistenza, nella decisione impugnata, di una motivazione adeguata e non manifestamente illogica, idonea a dimostrare la perduranza delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p.. Nessuna obiezione sul merito puo' essere dedotta.
Cassazione penale sez. II Data:02/07/2014 ( ud. 02/07/2014 ,dep.10/07/2014 )
Numero 30254
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENTILE Mario - Presidente -
Dott. IANNELLI Enzo - Consigliere -
Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere -
Dott. DAVIGO P. - rel. Consigliere -
Dott. ALMA Marco Mari - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.G., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 17/02/2014 del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dr. Romano Giulio, che ha concluso chiedendo il rigetto del
ricorso;
udito per l'imputato l'avv. Falsitta Giacomo, che ha concluso
chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 17.1.2014 il G.I.P. del Tribunale di Trapani rigettò la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata ad A.G. per rapina aggravata, poi condannato in primo grado.
2. Avverso tale provvedimento l'imputato propose appello, ma il Tribunale di Palermo, con ordinanza 17.2.2014, rigettò l'impugnazione proposta.
3. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura cautelare. Il Tribunale ha rilevato che l'assenza di fatti nuovi non consentirebbe la sostituzione della misura della custodia in carcere con altra meno afflittiva, trascurando che, ai sensi dell'art. 299 c.p.p., i fatti possono essere anche nuovi. Veniva lamentata nell'appello la disparità di trattamento rispetto a coimputati subito scarcerati ( M. e D.). Non è stato valutato che, secondo la denunzia della persona offesa, fra coloro che la aggredirono vi sarebbero stati stranieri, con riflessi sulla pericolosità. Sul punto il Tribunale si è limitato a rilevare che non si conoscono i relativi procedimenti. Il Tribunale non avrebbe indicato gli elementi che concretamente consentono di concludere per una prognosi negativa sull'imputato e sull'adeguatezza della misura, anche alla luce della risalenza nel tempo dei precedenti penali.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
Il Tribunale ha rilevato che le esigenze, per come evidenziate dalle modalità del reato ed ai precedenti dell'imputato, non apparivano affievolite ed erano fronteggiabili solo con la custodia cautelare in carcere.
Quanto alla dedotta disparità di trattamento il Tribunale ha rilevato che, pur nono conoscendo i relativi procedimenti, la disparità dedotta rispetto ad altri imputati scarcerati poteva essere giustificata dal diverso e meno grave ruolo.
Le deduzioni svolte nel ricorso, a fronte di tale motivazione, si risolvono in una censura di merito non consentita in questa sede.
Infatti il principio in virtù del quale, in tema di misure cautelari, il sindacato della cassazione circa la mancanza dei requisiti di cui agli artt. 273 e 274 c.p.p. è limitato alla verifica dell'adempimento, da parte del giudice di merito, degli obblighi impostigli dall'art. 292 c.p.p., opera anche nell'ipotesi che oggetto del ricorso sia il provvedimento di rigetto dell'appello avverso l'ordinanza del G.I.P. reiettiva dell'istanza di revoca della misura cautelare. E invero il controllo di legittimità deve anche in tal caso limitarsi alla verifica dell'esistenza, nella decisione impugnata, di una motivazione adeguata e non manifestamente illogica, idonea a dimostrare la perduranza delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p., sul presupposto implicito che non siano venute meno nel frattempo le condizioni di applicabilità della predetta misura cautelare (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3944 del 13/10/1993 dep. 22/10/1993 Rv. 195228).
Nella motivazione dell'ordinanza impugnata non vi è alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
3. Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, - che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2014
08-08-2014 14:16
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