La marijuana non e' un medicinale. L'uso come profumatore di ambienti nuoce gravemente alla salute.
Corte di Giustizia UE, Quarta Sezione, sentenza 10 luglio 2014, cause riunite C-358/13 e C-181/14
«Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Ambito di applicazione – Interpretazione della nozione di “medicinale” – Portata del criterio attinente all'idoneità a modificare le funzioni fisiologiche – Prodotto a base di piante aromatiche e di cannabinoidi – Esclusione»
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione della nozione di «medicinale» di cui all'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 (GU L 136, pag. 34; in prosieguo: la «direttiva 2001/83»).
2 Tali domande sono state proposte nell'ambito di procedimenti penali a carico, rispettivamente, di D. e G., nei confronti dei quali era mosso l'addebito di aver venduto miscele di piante aromatiche contenenti, in particolare, cannabinoidi sintetici, che, all'epoca dei fatti della controversia principale, non rientravano nell'ambito di applicazione della legge tedesca sugli stupefacenti (Betäubungsmittelgesetz; in prosieguo: il «BtMG»).
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
La direttiva 2001/83
3 Il considerando 7 della direttiva 2001/83 così recita:
«I concetti di nocività e di effetto terapeutico possono essere esaminati solo in relazione reciproca e hanno soltanto un significato relativo, da valutare in base al grado di sviluppo della scienza e tenendo conto della destinazione del medicinale; i documenti e le informazioni da presentare a corredo della domanda d'autorizzazione all'immissione in commercio devono dimostrare che il beneficio connesso all'efficacia del medicinale prevale sui rischi potenziali».
4 L'articolo 1, punto 2, della citata direttiva precisa che, ai fini della medesima, si deve intendere per:
«medicinale:
a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; o
b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica».
5 L'articolo 4, paragrafo 4, di tale direttiva così dispone:
«La presente direttiva non osta all'applicazione delle legislazioni nazionali che vietano o limitano la vendita, la fornitura o l'uso di medicinali a fini contraccettivi o abortivi. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle legislazioni nazionali in questione».
La direttiva 2004/27
6 Il considerando 3 della direttiva 2004/27 così recita:
«Occorre (...) ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali che presentano differenze sui principi essenziali per promuovere il funzionamento del mercato interno, fatto salvo l'obiettivo di realizzare un livello elevato di protezione della salute umana».
La legislazione tedesca
7 La legge sul commercio dei medicinali (Gesetz über den Verkehr mit Arzneimitteln) costituisce la trasposizione della direttiva 2001/83 nel diritto tedesco. Secondo le indicazioni del giudice del rinvio, ai procedimenti principali è applicabile la versione di tale legge risultante dall'articolo 1 delle legge che modifica la normativa relativa ai medicinali e altre disposizioni (Gesetz zur Änderung arzneimittelrechtlicher und anderer Vorschriften), du 17 luglio 2009 (BGBl. 2009 I, pag. 1990; in prosieguo: l'«AMG»). L'articolo 2 dell'AMG prevede quanto segue:
«(1) I medicinali sono sostanze o preparati:
1. destinati ad uso interno o esterno sul corpo umano o degli animali e destinati, in quanto mezzi che presentano determinate caratteristiche, a guarire, attenuare o prevenire malattie o affezioni patologiche umane o degli animali, oppure
2. che possono essere utilizzati sull'uomo o sugli animali con uso interno o esterno o essere somministrati all'uomo o agli animali, allo scopo
a) di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero
b) di stabilire una diagnosi medica.
(...)».
8 L'articolo 4, paragrafo 17, dell'AMG è formulato nei termini seguenti:
«È considerata immissione sul mercato la detenzione ai fini della vendita o di altra cessione, l'esposizione ai fini della vendita, la vendita e la cessione a terzi».
9 L'articolo 5, paragrafo 1, dell'AMG così dispone:
«È vietato immettere sul mercato o utilizzare sull'uomo medicinali dubbi».
10 L'articolo 95 dell'AMG così dispone:
«(1) È punita con pena detentiva di tre anni o con pena pecuniaria la persona che
1. in violazione dell'articolo 5, paragrafo 1, immette sul mercato un medicinale o lo utilizza sull'uomo».
I procedimenti principali e la questione pregiudiziale
La causa C‑358/13
11 Il sig. D. vendeva nel suo negozio, avente l'insegna «G. – Alles rund um Hanf», in particolare, bustine di piante aromatiche alle quali erano stati aggiunti cannabinoidi sintetici. Tali bustine non contenevano né una determinata quantità di sostanza attiva, né indicazioni relative alla sostanza o istruzioni sul dosaggio. In generale, esse presentavano l'indicazione che si trattava di profumatori per ambienti e che il contenuto non era idoneo al consumo.
12 Dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che il sig. D. era a conoscenza del fatto che i suoi clienti utilizzavano le miscele vendute in tali sacchetti come sostituti della marijuana.
13 Il consumo di detti cannabinoidi sintetici provocava in generale uno stato di ebbrezza che poteva andare dall'esaltazione alle allucinazioni. Esso poteva altresì comportare nausee, rilevanti attacchi di vomito, episodi di tachicardia e di disorientamento, deliri, e addirittura arresti cardiocircolatori.
14 I suddetti cannabinoidi sintetici erano stati sottoposti a test dall'industria farmaceutica nell'ambito di studi pre-sperimentali. Le serie di test sono state interrotte fin dalla prima fase farmacologica sperimentale, poiché non si erano potuti ottenere gli effetti attesi da tali sostanze sulla salute ed erano prevedibili rilevanti effetti secondari per l'efficacia psicoattiva di tali sostanze.
15 All'epoca dei fatti del procedimento principale i cannabinoidi sintetici non rientravano nell'ambito di applicazione del BtMG. Essi erano tuttavia classificati nella categoria dei farmaci dubbi ai sensi dell'AMG per i loro effetti nocivi sulla salute.
16 Il sig. D. è stato condannato dal Landgericht Lüneburg (tribunale del Land di Lüneburg) ad un anno e nove mesi di detenzione con sospensione della pena. Detto tribunale ha ritenuto che, vendendo le miscele di piante aromatiche di cui al procedimento principale, egli avesse immesso sul mercato medicinali dubbi ai sensi degli articoli 5, paragrafo 1, e 4, paragrafo 17, del'AMG, e avesse con ciò commesso un reato ai sensi dell'articolo 95, paragrafo 1, punto 1, di detta legge.
17 Il sig. D. ha adito il giudice del rinvio con un ricorso in «Revision». Egli contesta, in particolare, la valutazione degli elementi di prova effettuata dal Landgericht Lüneburg, nonché l'affermazione secondo la quale sarebbe stato a conoscenza dei preoccupanti effetti prodotti dai cannabinoidi sintetici.
18 Il giudice del rinvio ritiene che la risoluzione della controversia di cui è investito dipenda dalla questione di stabilire se i prodotti venduti dal sig. D. possano essere considerati «medicinali», ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83, di cui l'articolo 2, paragrafo 1, dell'AMG costituisce la trasposizione nel diritto tedesco.
La causa C‑181/14
19 Il sig. G ha ordinato e venduto – in un primo tempo da solo, nel periodo tra il maggio 2010 e il maggio 2011, attraverso un sito di commercio elettronico, successivamente con un'altra persona, a seguito della chiusura di quest'ultimo sito, nel corso dei mesi ottobre-novembre 2012 – bustine di piante aromatiche, simili a quelle descritte nell'ambito della causa C‑358/13, anch'esse contenenti cannabinoidi sintetici.
20 In assenza, all'epoca dei fatti di cui al procedimento principale, di disposizioni espresse del BtMG riguardanti tali sostanze, i giudici nazionali hanno applicato la normativa relativa ai medicinali, in quanto dette sostanze erano state classificate nella categoria dei medicinali dubbi, ai sensi dell'AMG, per gli effetti nocivi che provocavano sulla salute.
21 Il Landgericht Itzehoe (tribunale del Land di Itzehoe) ha pertanto condannato il sig. G. ad una pena detentiva di quattro anni e sei mesi e al versamento di una pena pecuniaria di EUR 200 000 per immissione intenzionale sul mercato, in 87 occasioni, di medicinali dubbi.
22 Il sig. G. ha adito il giudice del rinvio con un ricorso in «Revision».
23 Tale giudice ritiene che la risoluzione della controversia di cui è investito dipenda dalla questione di stabilire se i prodotti venduti dal sig. G. possano essere considerati «medicinali», ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83, di cui l'articolo 2, paragrafo 1, dell'AMG costituisce la trasposizione nel diritto tedesco.
24 Il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, in ciascuna di tali cause, la seguente questione pregiudiziale:
«Se l'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83 (…) debba essere interpretato nel senso che sostanze o associazioni di sostanze ai sensi di tale disposizione, atte unicamente ad incidere sulle funzioni fisiologiche - quindi senza ripristinarle o correggerle - debbano essere considerate quali medicinali solamente qualora apportino un beneficio terapeutico o, comunque, producano effetti positivi sulle funzioni fisiologiche. Se, dunque, non rientrino nella definizione di medicinale di cui alla direttiva [2001/83] le sostanze o associazioni di sostanze consumate solamente per i loro effetti psicoattivi – produttivi di uno stato euforico – e che comportino comunque effetti dannosi per la salute».
Procedimento dinanzi alla Corte
25 Con decisione della Corte in data 6 maggio 2014, le cause C‑358/13 e C‑181/14 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.
Sulla questione pregiudiziale
26 Con la questione posta il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di medicinale che compare all'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83 debba essere interpretata nel senso che da essa sono escluse le sostanze, come quelle controverse nei procedimenti principali, che producono effetti limitantisi ad una mera modifica delle funzioni fisiologiche, senza comportarne un miglioramento, e che sono consumate unicamente al fine di provocare uno stato di ebbrezza e in ciò sono nocive per la salute umana.
27 L'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83 contiene due definizioni diverse della nozione di medicinali. Così, in primo luogo, l'articolo 1, punto 2, lettera a), della direttiva 2001/83 stabilisce che per medicinale si intende «ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane». In secondo luogo, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, lettera b), della stessa direttiva costituisce un medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull'uomo o somministrata all'uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un'azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica».
28 Da giurisprudenza costante risulta che un prodotto è un medicinale se rientra nell'una o nell'altra delle due predette definizioni (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, C‑211/03, C‑299/03 e da C‑316/03 a C‑318/03, EU:C:2005:370, punto 49).
29 Pur se le due predette disposizioni della direttiva 2001/83 sono separate dal termine «o», esse non possono essere considerate estranee l'una rispetto all'altra (v. in tal senso, sentenza Upjohn, C‑112/89, EU:C:1991:147, punto 18) e, pertanto, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, devono essere lette congiuntamente. Ciò presuppone che i diversi elementi di tali disposizioni non possano essere oggetto, gli uni rispetto agli altri, di una lettura contraddittoria.
30 La questione posta dal giudice del rinvio verte più in particolare sulla definizione fornita dall'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83 e, segnatamente, sull'espressione «modificare funzioni fisiologiche» utilizzata da tale disposizione.
31 In proposito, va certamente rilevato che secondo il suo significato usuale nel linguaggio corrente, il termine «modificare» lascia intendere un'indifferenza quanto alla natura benefica o nociva degli effetti prodotti.
32 Nondimeno, secondo giurisprudenza costante, ai fini dell'interpretazione di una disposizione di diritto dell'Unione si deve tenere conto non solo dei suoi termini, ma anche del contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze Merck, C‑292/82, EU:C:1983:335, punto 12, e Brain Products, C‑219/11, EU:C:2012:742, punto 13).
33 Orbene, secondo il considerando 3 della direttiva, nell'ambito del ravvicinamento delle normative nazionali, è necessario garantire un elevato livello di protezione della salute umana. Occorre pertanto intendere tutta la direttiva 2001/83 e, in particolare, il suo articolo 1, punto 2, alla luce di tale obiettivo. Orbene, quest'ultimo non rispecchia una mera neutralità dell'azione sulla salute umana, ma implica un effetto benefico su quest'ultima.
34 Va in proposito rilevato che la definizione contenuta all'articolo 1, punto 2, lettera a), della direttiva 2001/83 fa riferimento a «proprietà curative o profilattiche delle malattie umane», termini che lasciano intendere inequivocabilmente l'esistenza di un effetto benefico per la salute umana.
35 L'articolo 1, punto 2, lettera b), di tale direttiva rinvia del pari a termini che implicano l'esistenza di un effetto benefico, giacché si riferisce, alla fine, ad una «diagnosi medica» e una diagnosi siffatta ha lo scopo di scoprire eventuali malattie per sottoporle per tempo ad un trattamento.
36 Neppure le espressioni «ripristinare» e «correggere» le funzioni fisiologiche, che compaiono nella definizione di medicinale di cui all'articolo 1, punto 2, lettera b), della predetta direttiva possono sfuggire a tale interpretazione. Detti termini, infatti, devono essere intesi nel senso che rispecchiano la volontà del legislatore di sottolineare l'effetto benefico che si reputa debbano avere le sostanze interessate sul funzionamento dell'organismo umano e, di conseguenza – che sia in modo immediato o mediato – sulla salute umana, anche in assenza di una malattia (v. a tal proposito, sentenza Upjohn, EU:C:1991:147, punto 19).
37 Al fine di garantire, conformemente al punto 29 della presente sentenza, la coerenza nell'interpretazione globale da dare alle due definizioni che compaiono all'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83 e di evitare un'interpretazione contraddittoria dei loro diversi elementi, il termine «modificare», collocato successivamente ai termini «ripristinare» e «correggere» nell'ambito della medesima parte della frase, va inteso in un senso che non può derogare alle considerazioni teleologiche enunciate al punto precedente della presente sentenza. Il termine «modificare» deve pertanto essere interpretato nel senso che in esso rientrano le sostanze idonee a produrre un effetto benefico sul funzionamento dell'organismo umano e, di conseguenza, sulla salute umana.
38 Dalle considerazioni che precedono consegue che la nozione di «medicinale» di cui all'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83, deve essere interpretata nel senso che da essa sono escluse le sostanze i cui effetti si limitano ad una mera modifica delle funzioni fisiologiche, senza che esse siano idonee a provocare effetti benefici, immediati o mediati, sulla salute umana.
39 Detta conclusione non può essere rimessa in discussione dall'argomento secondo cui, in sostanza, siffatta interpretazione sarebbe contraria alla volontà del legislatore che ha designato come medicinali, all'articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2001/83, prodotti «a fini contraccettivi o abortivi», benché questi ultimi modifichino le funzioni fisiologiche senza essere idonei a provocare un effetto benefico sulla salute umana.
40 Deve essere, infatti, constatato, da un lato, che i prodotti «a fini contraccettivi o abortivi» fruiscono di un regime specifico rispetto alla direttiva 2001/83, in quanto gli Stati membri sono autorizzati, da tale articolo 4, paragrafo 4, ad applicare a detti prodotti le loro legislazioni restrittive.
41 La situazione di siffatti prodotti rispetto alla direttiva 2001/83 non è pertanto in alcun modo equiparabile a quella dei medicinali che rientrano nell'ambito del regime generale previsto da tale direttiva.
42 D'altro lato, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, per stabilire se un prodotto rientri nella definizione di «medicinale» ai sensi della direttiva 2001/83, le autorità nazionali, che agiscono sotto il controllo del giudice, devono decidere caso per caso, tenendo conto di tutte le caratteristiche del prodotto, in particolare, della composizione, delle proprietà farmacologiche, immunologiche o metaboliche quali possono essere stabilite allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, delle modalità d'uso, dell'ampiezza della sua diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori e dei rischi che possono derivare dalla sua utilizzazione (sentenze Upjohn, EU:C:1991:147, punto 23, e BIOS Naturprodukte C‑27/08, EU:C:2009:278, punto 18).
43 Orbene, si deve constatare che all'articolo 4, paragrafo 4, di tale direttiva il legislatore ha designato come medicinali non prodotti precisi, ma, genericamente, tutta una categoria di prodotti.
44 Siffatta designazione ad opera del legislatore non può essere confusa con la qualificazione, caso per caso, di un prodotto concreto, effettuata dalle autorità nazionali in forza dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83 e conformemente ai criteri menzionati al punto 42 della presente sentenza.
45 Alla luce delle considerazioni che precedono, non è giustificato tener conto, nel determinare il contenuto degli elementi intrinsechi alle definizioni generali della nozione di «medicinale» di cui all'articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83 e, in particolare, del termine «modificare», di talune caratteristiche proprie di una categoria di prodotti che godono di uno status particolare rispetto a tale direttiva, quale quella menzionata all'articolo 4, paragrafo 4, della stessa direttiva.
46 Dalla seconda parte della questione posta risulta peraltro che le sostanze controverse nel procedimento principale sono consumate a fini non terapeutici, ma meramente ricreativi, e che esse sono in ciò nocive per la salute umana.
47 Considerati l'obiettivo menzionato al punto 33 della presente sentenza, la necessità di un'interpretazione coerente della nozione di medicinale, alla quale si riferisce il punto 29 di questa sentenza, nonché quella di mettere in relazione l'eventuale nocività di un prodotto esaminato con il suo effetto terapeutico, menzionata al considerando 7 della direttiva 2001/83, sostanze siffatte non possono essere qualificate come medicinali.
48 Infine, la circostanza che, come risulta dalla decisione di rinvio, una conclusione come quella cui è pervenuta la Corte al punto precedente della presente sentenza avrebbe la conseguenza di far sfuggire la commercializzazione delle sostanze di cui trattasi nei procedimenti principali a qualsiasi repressione penale non è atta a rimettere in discussione tale conclusione.
49 In proposito è sufficiente constatare che l'obiettivo diretto a punire l'immissione sul mercato di sostanze nocive, quali quelle controverse nei procedimenti principali, non può avere rilevanza né sulla definizione della nozione di «medicinale» contenuta nella direttiva 2001/83, né sull'eventuale qualificazione di dette sostanze come medicinali in base a tale definizione.
50 Da tutte le considerazioni che precedono risulta che si deve rispondere alla questione posta dichiarando che l'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che in esso non rientrano le sostanze, quali quelle controverse nei procedimenti principali, che producono effetti limitantisi alla mera modifica delle funzioni fisiologiche, senza che siano idonee a provocare effetti benefici, immediati o mediati, sulla salute umana, e che vengono consumate unicamente al fine di provocare uno stato di ebbrezza e, in ciò, sono nocive per la salute umana.
Sulle spese
51 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi,
la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
L'articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, deve essere interpretato nel senso che in esso non rientrano le sostanze, quali quelle controverse nei procedimenti principali, che producono effetti limitantisi alla mera modifica delle funzioni fisiologiche, senza che siano idonee a provocare effetti benefici, immediati o mediati, sulla salute umana, e che vengono consumate unicamente al fine di provocare uno stato di ebbrezza e, in ciò, sono nocive per la salute umana.
(fonte: http://curia.europa.eu)
10-07-2014 22:35
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