Il Capogruppo consiliare è pubblico ufficiale.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - SENTENZA 9 gennaio 2013, n.1053 - Pres. Agrò – est. Paoloni
Ritenuto in fatto
1. Nel quadro delle indagini preliminari promosse nei confronti di F..F. , presidente del gruppo consiliare del Partito della Libertà presso la Regione Lazio, il g.i.p. del Tribunale di Roma ha emesso, su richiesta del procedente p.m., ordinanza in data 1.10.2012 con cui ha applicato al F. la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di peculato continuato, commesso dal (omissis) , perché con ripetute operazioni bancarie di diverso tipo si appropriava di somme di denaro per un complessivo ammontare di Euro 1.357.418,00, che sottraeva dai conti bancari intestati al g.c. PdL affidati alla sua gestione, trasferendole - 'per finalità estranee a quelle indicate. nell'art. 3 bis della L.R. 15.3.1973 n. 6' - su propri conti personali (italiani ed esteri) ovvero utilizzandole a proprio profitto.
1.1. Le appropriazioni di denaro, per le quali il g.i.p. ha ritenuto il F. raggiunto da convergenti e gravi indizi di colpevolezza per l'ascritto reato di peculato continuato riguardano le sole giacenze presenti su uno dei due conti bancari Unicredit intestati al gruppo consiliare regionale del PdL. Quelle del conto n. (omissis), sul quale sono affluiti i contribuiti previsti dall'art. 3 bis L.R. 6/1973 per il funzionamento del gruppo consiliare. L'accusa non riguarda le somme accreditate sul secondo conto corrente (n. (omissis)), sul quale sono confluiti i finanziamenti erogati a ciascun consigliere per curare i rapporti con il proprio collegio elettorale previsti dall'art. 8 L.R. 14/1998. La verificata movimentazione del conto (omissis) e degli speculari flussi di denaro pervenuti sui numerosi conti correnti personali del F. , nazionali ed esteri, rende palese, per il g.i.p., l'ingiustificata condotta appropriativa attuata dall'indagato.
1.2. Dal conto 401372093 sono stati disposti nel biennio 2010-2012 634 bonifici nazionali (per 2,7 milioni di Euro), 64 dei quali - per l'importo di Euro 755.046,00 - sono stati effettuati a favore di più conti bancari del F. , che l'indagato nella sua veste di presidente del gruppo consiliare non aveva titolo per fare propri.
Somme in tutta evidenza utilizzate per motivi privati del F. .
Dallo stesso conto, depositario dei finanziamenti ex art. 3 bis L.R. 6/1973, risultano effettuati nel medesimo periodo 59 bonifici all'estero, 54 dei quali per il globale importo di Euro 339.442 disposti a favore di conti spagnoli intestati a F. . L'ordinanza cautelare rileva che in un sol giorno (2.7.2012) F. ha effettuato 13 bonifici (6 nazionali e 7 esteri) per Euro 100.567,00.
L'ulteriore incessante movimentazione del conto del g.c. PdL (omissis) è avvenuta mediante assegni, carte di credito/debito, prelevamenti allo sportello o con bancomat, pagamenti con bancomat. Le indagini hanno portato in luce 'un utilizzo incontrollato di tali strumenti finanziari', molte delle spese così eseguite non trovando alcuna corrispondente giustificazione contabile. Nel biennio in esame sono stati emessi sul citato conto 130 assegni per un valore di Euro 369.149,00; sono state utilizzate carte di credito per un valore di Euro 184.400,00; sono stati accertati prelievi di contante per Euro 148.154,00. Molte operazioni di acquisto di beni (in supermercati, in esercizi commerciali, in negozi di elettronica, ecc.) non presentano alcuna attinenza con le finalità delle erogazioni regionali inerenti al funzionamento, pur latamente inteso, del gruppo consiliare del PdL.
Alle descritte ingenti somme 'uscite' dal conto bancario si sommano ulteriori esborsi tra i quali il g.i.p. segnala ratei mensili dell'importo di Euro 2.896,00 dal maggio 2011 fino al 2.7.2012 relativi all'acquisto rateale di un veicolo BMW X5 del valore di oltre 80.000 Euro effettuato da F. , in qualità di presidente del g.c. PdL, e destinato a suo esclusivo uso personale, benché già disponesse - per la carica di capogruppo - di servizio di trasporto con vettura e autista. Acquisto seguito dalla singolare condotta del F. che il 25.7.2012, il giorno seguente la sua rimozione dalla carica di presidente del gruppo, ha intestato a se stesso l'autovettura, comparendo nell'atto di compravendita in duplice veste di venditore (presidente del g.c. PdL) e di privato acquirente. Analogo contegno tenuto da F. anche con un veicolo Smart acquistato con denaro del gruppo PdL, utilizzato a titolo personale dalla sola segretaria particolare del F. e che questi intesta a se stesso all'atto della cessazione dalla carica di capogruppo.
Parimenti l'analisi frazionata dei flussi di denaro transitati sui conti bancari personali del F. ha dato modo alla G.d.F. di constatare come - se non vi fosse stato un drenaggio (id est appropriazione) di oltre 240.000 Euro dal conto del gruppo consiliare ai conti dell'indagato - costui non avrebbe avuto la provvista disponibile per l'emissione di assegni circolari per 100.000 Euro destinati all'acquisto della casa di (omissis) e per versare (oltre al prezzo indicato nell'atto notarile) ulteriori 200.000,00 Euro alla parte venditrice, né per l'emissione di altro assegno circolare per Euro 33.500,00 con cui ha acquistato a titolo personale una vettura Jeep Wrangler.
2. Nell'ambito delle descritte indagini il g.i.p. romano ha adottato, su richiesta del p.m., il decreto in data 3.10.2012 indicato in epigrafe con cui, ritenuti sussisterne i presupposti di legge (fumus commissi delicti, pericolo di protrazione o aggravamento degli effetti del reato di peculato), ha sottoposto a sequestro preventivo:
a) le somme di denaro depositate su sette conti correnti bancari intestati (o cointestati) a F..F. ;
b) le somme di denaro depositate su due conti bancari spagnoli intestati allo stesso F. ;
c) l'immobile di San Felice al Circeo acquistato dal F. , sino alla concorrenza del valore di Euro 300.000,00, corrispondente alle somme utilizzate per l'acquisto e considerate provenienti da indebita sottrazione dal citato conto (omissis) intestato al gruppo consiliare regionale PdL gestito dall'indagato;
d) le tre autovetture (BMW X5, Mercedes Smart, Jeep Wrangler) acquistate dal F. , servendosi del denaro del gruppo consiliare.
2.1. Richiamando la regola interpretativa per cui in tema di sequestro preventivo la verifica delle condizioni legittimanti la misura cautelare reale non può mai tradursi in un anticipato giudizio della questione di merito concernente la responsabilità dei soggetti indagati, dovendo limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale senza indulgere in valutazioni sulla sussistenza e gravità degli indizi di colpevolezza, il g.i.p. del Tribunale non ha potuto non riportarsi alle considerazioni esposte nel provvedimento applicativo della misura cautelare personale al F. con peculiare riguardo all'inquadrabilità della sua condotta di appropriazione delle somme previste dall'art. 3 bis L.R. 6/1973 nella contestata fattispecie del peculato.
2.2. Passata in rassegna la normativa regionale regolante i gruppi consiliari sul piano organizzativo e sul piano dei contribuiti loro erogati per consentirne il funzionamento, il g.i.p. ha affermato che i gruppi consiliari debbono senz'altro considerarsi dotati di natura pubblica e che il loro presidente è un pubblico ufficiale. I gruppi, previsti dallo Statuto della Regione Lazio (art. 31 L.R. statutaria 11.11.2004 n. 1) e dal relativo Regolamento (artt. 12, 12 bis e 13), svolgono funzioni di carattere pubblico, collaborando all'organizzazione dei lavori del Consiglio regionale e partecipando alla formazione delle commissioni consiliari. L'impiego delle risorse finanziarie attribuite da leggi regionali ai gruppi per l'espletamento delle loro funzioni è sottoposto al vaglio del Comitato regionale di controllo contabile. Sicché i gruppi consiliari possono qualificarsi come 'strutture interne agli organi assembleati, disciplinate da norme di diritto pubblico, che contribuiscono e partecipano all'esercizio della funzione legislativa'. Situazione oggettiva cui non fanno velo i rapporti di esclusiva natura politica intercorrenti tra i gruppi consiliari e i partiti politici di riferimento.
Sulla base di tale natura pubblicistica dei gruppi consiliari si innesta la coerente qualifica di pubblico ufficiale attribuibile al capo-gruppo, che ne esprime la volontà e la rappresentanza in più sedi e forme (Conferenza dei Capigruppo: art. 31 co. 2 Statuto) e in rapporto di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio regionale.
Non essendovi dubbio che la disponibilità delle risorse finanziarie assegnate dalla Regione al g.c. PdL, la cui illecita appropriazione è ascritta al F. , unica persona autorizzata ad operare sui due conti bancari intestati al gruppo, è connessa in rapporto di diretta causalità funzionale alla qualità di presidente del gruppo rivestita da F. , la condotta appropriativa da questi realizzata deve ricondursi necessariamente alla fattispecie del peculato, integrata appunto dall'appropriazione di denaro altrui di cui il pubblico ufficiale abbia giuridica disponibilità in ragione del suo ufficio.
2.3. Quanto alle esigenze di carattere socialpreventivo sottese, ai sensi dell'art. 321 co. 1 c.p.p., al disposto sequestro, il g.i.p. ha rilevato, per un verso, che le modalità stesse dei fatti di appropriazione pecuniaria attribuibili al F. denotano il rischio di aggravamento delle conseguenze degli innumerevoli episodi di peculato accertati, ove non si sottragga al prevenuto la libera disponibilità delle somme formate dai contribuiti regionali versati al gruppo consiliare da lui presieduto ('il periculum in mora emerge alla luce delle azioni di spoglio e dissipazione delle risorse economiche distratte ed oggetto di peculato'). Per altro verso il g.i.p. ha evidenziato come, nel caso di specie, ricorrano altresì - ai sensi del combinato disposto degli artt. 321 co. 2 c.p.p. e 322 ter c.p. - i presupposti per la successiva confisca delle somme di denaro sequestrate al F. in riferimento al titolo del contestato reato e alla derivazione delle somme di cui egli si è appropriato dei contributi regionali in favore del gruppo consiliare, costituendo le stesse profitto del reato. Evenienza rispetto alla quale, per altro, l'ammissibilità del sequestro preventivo - osserva il g.i.p. - non è subordinata, come chiarito dalla S.C. (Cass. S.U., 24.5.2004 n. 29951, Focarelli, rv. 228166; Cass. Sez. 3, 16.10.2007 n. 4100/08, Ippolito, rv. 238554), all'accertamento di possibili situazioni di pericolo indotte dalla disponibilità del denaro sequestrato previste dall'art. 321 co. 1 c.p.p..
3. Con il ministero dei difensori l'indagato ha proposto ricorso diretto per cassazione (art. 325 co. 2 c.p.p.), avverso l'illustrato decreto di sequestro preventivo.
L'atto di impugnazione prospetta un unico articolato vizio di legittimità per violazione di legge connessa all'erronea applicazione dell'art. 314 c.p., per avere il g.i.p. impropriamente inquadrato i fatti di appropriazione di somme di denaro contestati al F. nella fattispecie del peculato, nonostante la natura di associazione privata riconoscibile al gruppo consiliare del PdL quale 'proiezione dell'omologo partito politico'.
3.1. Le ingenti somme erogate su deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale al gruppo consiliare del PdL trovano causa nella previsione normativa dell'art. 3 bis L.R. 6/1973, che delinea le 'finalizzazioni' di tali contributi finanziari siccome tutte afferenti alle attività dei gruppi consiliari svolte come espressione del partito politico di provenienza. Ulteriori 'somme extra', sempre allo stesso titolo di cui al citato art. 3 bis L.R. 6/73, sono state versate ai gruppi con riguardo a consiglieri che rivestono particolari ruoli come il F. , che era presidente del gruppo consiliare e presidente della commissione bilancio.
Alla luce di una giurisprudenza riveniente da tutte le massime magistrature italiane, che ha affermato la natura privatistica dei gruppi consiliari in quanto proiezioni dei partiti politici, le contribuzioni in esame appartengono ad un soggetto privato composto da persone tutte operanti come privati. Con l'ovvia conseguenza che non è possibile evocare la fattispecie del peculato, postulante la qualità di pubblico ufficiale e la disponibilità del denaro per ragione dell'ufficio.
3.2. Decidendo un regolamento preventivo di giurisdizione, le S.U. Civili della S.C. con decisione del 19.2.2004 n. 3335 hanno evidenziato che, dovendosi distinguere i due piani dell'attività dei gruppi parlamentari a seconda che svolgano una ausiliaria funzione parlamentare ovvero si raccordino ai partiti politici di riferimento, tale seconda attività del gruppo assembleare si inscrive nell'ambito di una soggettività privata che assimila il gruppo al partito politico come associazione privata non riconosciuta. Nel caso di specie gli episodi di apprensione e spendita dei fondi erogati dalla Regione ai gruppi consiliari riguardano il loro funzionamento in chiave esponenziale dei partiti di origine ed escludono la configurabilità del reato di peculato, consentendo al più di ravvisare l'appropriazione indebita eventualmente aggravata.
La 'chiarezza diagnositica' della pronuncia delle S.U. Civili è alla base della sentenza n. 337/2005 con cui la Corte Costituzionale ha 'implicitamente' escluso la praticabilità del controllo contabile della Corte dei Conti sulle spese dei gruppi consiliari dell'assemblea regionale siciliana. Né può essere, infine, misconosciuto il rilevante peso ermeneutico della decisione con cui il Consiglio di Stato (Sez. 4, 28.10.1992 n. 932) ha affermato che i gruppi consiliari regionali non sono organi in senso tecnico - giuridico del Consiglio regionale, ma 'formazioni assodative a carattere politico e temporaneo' operanti come 'proiezioni dei partiti politici' e il cui apparato organizzativo interno è affatto distinto dalle strutture burocratiche e organizzative del Consiglio regionale e della Regione.
3.3. Erronea deve ritenersi l'impostazione del g.i.p. disponente la misura cautelare reale secondo cui l'entrata di denaro pubblico nelle casse dei gruppi consiliari non potrebbe mai mutare la propria natura in disponibilità pecuniaria privata. Non è così, giacché - in una casistica assimilabile - dottrina e giurisprudenza non hanno mai dubitato che il denaro entrato nelle casse dei partiti politici attraverso il finanziamento pubblico, divenendo proprietà del partito, divenga anche denaro privato. Ebbene i gruppi consiliari, che sono una ramificazione dei partiti politici, riproducono la stessa situazione giuridica. Non è un caso, del resto, che la citata sentenza n. 337/2005 della Corte Costituzionale, richiamando le prospettazioni di una delle parti del conflitto di attribuzione rimesso al suo giudizio (la Regione Sicilia contro la Corte dei Corti), evochi una importante decisione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (20.12.1989 n. 639), con cui si chiarisce che ai fini della legittimazione del controllo contabile della Corte dei Conti non è sufficiente stabilire la natura pubblica delle risorse finanziare trasferite al soggetto o ente passibile di potenziale controllo, occorrendo a tal fine verificare che le risorse siano indirizzate a funzioni pubbliche o a fornitura di servizi pubblici, poiché in caso contrario si verte in una forma comune di contribuzione per il perseguimento di fini propri dell'ente.
3.4. È in linea con la giurisprudenza appena menzionata la decisione della S.C. (Sez. 6,12.5.2003 n. 33069, Tretter) che ha affrontato un caso analogo a quello del F. . Il caso del presidente di un gruppo consiliare della Provincia di Trento raggiunto dall'accusa di peculato per essersi appropriato i contribuiti versati dalla Provincia per l'esplicazione dei compiti del gruppo consiliare, utilizzandoli per spese di propaganda politica o di rappresentanza. Nell'analisi della estensione dei 'compiti' del gruppo consiliare, favoriti dai contributi del Consiglio provinciale di Trento, la Cassazione ha messo in luce, quale unico dato certo, che i gruppi consiliari rappresentano 'una sorta di interfaccia o cerniera fra i consiglieri regionali e provinciali (e quindi l'organizzazione dei pubblici poteri) e la società e i cittadini (che attraverso i partiti politici e i gruppi sono rappresentati nei consigli) '. In tale quadro la decisione ha precisato che la larga nozione di 'compiti', includendo le 'funzioni' del gruppo consiliare che trovano espressione in seno all'attività assembleare del Consiglio dell'ente provinciale, comprende anche attività 'esterne' al contesto consiliare e attinenti 'più propriamente al mondo della politica', che non possono che assumere valenze privatistiche.
3.4. Con motivi nuovi presentati nell'odierna udienza i difensori del F. hanno ampliato la prospettiva oltre l'addotta riconducibilità della sua condotta nell'area dell'art. 646 c.p., delineando un'ulteriore ipotesi classificatoria alternativa dei fatti oggetto di indagine, che attiene all'eventuale applicabilità dell'art. 316 bis c.p. (malversazione ai danni della Regione). Muovendo dalla duplice natura dei gruppi consiliari regionali (organi dell'assemblea in rapporto alle funzioni del Consiglio, entità privatistiche in quanto espressione dei partiti di provenienza), deve rilevarsi che l'assetto organizzativo interno del gruppo consiliare del PdL vale a renderlo senz'altro 'estraneo' alla organizzazione della pubblica amministrazione. Esclusa per le ragioni esposte nel ricorso principale la configurabilità del peculato, il paradigma normativo dell'art. 316 bis c.p. appare attagliarsi, ancor più e meglio dell'appropriazione indebita ex art. 646 c.p., ai fatti ascritti al F. .
Considerato in diritto
1. Il ricorso immediato per cassazione proposto nell'interesse del F. deve essere respinto per infondatezza dei delineati motivi di censura. Corretto e aderente alle emergenze processuali è l'inquadramento nella fattispecie del peculato dei fatti di appropriazione delle somme versate al gruppo consiliare di cui egli era presidente.
1.1. La diversa tesi sostenuta dai difensori del F. si impernia sulle connotazioni esclusivamente privatistiche dell'entità gruppo consiliare e suppone che questa finisca per impedire la configurabilità dell'art. 314 c.p.. Disposizione incriminatrice in cui ricadono per intero, invece, i singoli episodi di appropriazione di denaro derivante dai contribuiti erogati dal Consiglio regionale al gruppo consiliare del PdL posti in essere dal ricorrente nel suo ruolo di presidente di tale gruppo.
1.2. L'impugnazione in esame costituisce puntuale riproduzione dei motivi di censura prospettati dal F. avverso la decisione con cui il Tribunale distrettuale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame dell'ordinanza coercitiva in data 1.10.2012 del g.i.p. del Tribunale di Roma, che ha applicato all'indagato la misura cautelare personale della custodia in carcere. Motivi di censura incentrati sulla tematica della qualificazione giuridica dei fatti illeciti contestati al ricorrente, che andrebbero ricondotti nell'area del reato di appropriazione indebita e non già in quella del reato di peculato. Questo stesso collegio di legittimità ha già diffusamente affrontato le questioni riprese dal presente ricorso, rigettando il ricorso del F. avverso l'ordinanza con cui i giudici del riesame cautelare hanno confermato la misura cautelare inframurale applicatagli.
A tale decisione (Cass. Sez. 6, 3.12.2012 n. 49974) è, quindi, necessario e sufficiente operare integrale rinvio, limitando l'attuale analisi alla sintetica esposizione delle ragioni dimostrative dell'infondatezza della tesi difensiva dell'indagato in punto di qualificazione giuridica dei fatti di appropriazione pecuniaria ascrittigli.
2. La tesi delineata con il ricorso (appropriazione indebita e non peculato) nasce dall'errore prospettico indotto dalla ritenuta centralità dell'esatta individuazione della natura giuridica (pubblica, privata, ancipite) dei gruppi politici consiliari regionali e degli analoghi gruppi formati in seno al Parlamento nazionale e ai Consigli provinciali. Problematica, a lungo dibattuta in dottrina e in giurisprudenza ancor oggi non risolta in una definitiva reductio ad unum, che non assume valenze dirimenti rispetto al tema decisivo che attinge la posizione processuale cautelare di F..F. .
Tema che investe - da un lato - la qualificabilità o meno come pubblico ufficiale dell'indagato quando egli agisce in veste di presidente del suo gruppo consiliare regionale e gestisce, unico soggetto a ciò legittimato, le contribuzioni provenienti dal bilancio regionale per il funzionamento del gruppo. E investe, d'altro lato, la verifica delle modalità con cui la gestione di tali fondi finanziari si è in concreto manifestata ad opera del presidente del gruppo consiliare.
Analisi i cui esiti, alla luce delle emergenze delle indagini trasposte nel provvedimento di sequestro, conducono senza incertezze ad inquadrare la condotta gestoria del F. nell'alveo dell'ipotesi del peculato.
3. Sulla base della normativa vigente (art. 314 c.p. come novellato nel 1990), gli elementi costitutivi che strutturano la fattispecie del peculato sono rappresentati in sequenza: 1) dalla qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio del soggetto agente (ciò che connota il peculato come un reato proprio); 2) dal possesso da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio del denaro o altra cosa mobile 'altrui'; 3) dalla possibilità per il soggetto agente di compiere atti dispositivi sull'altrui denaro o cosa mobile derivante da ragioni connesse all'ufficio o al servizio pubblici da lui svolti; 4) da atti di appropriazione di tale denaro o altra cosa mobile.
I descritti elementi costitutivi dell'illecita condotta di peculato sono tutti ravvisabili nelle molteplici attività di gestione finanziaria dei fondi erogati al gruppo consiliare del PdL compiute dal capogruppo consiliare F. . Di tal che non residuano margini argomentativi per ipotesi criminose diverse o alternative, quali quelle dell'appropriazione indebita o (come si sostiene nei motivi nuovi di ricorso) della malversazione ai danni della Regione ex art. 316 bis c.p..
3.1. Precisato che le patenti anomalie delle azioni finanziarie compiute dall'indagato in ragione della sua veste di presidente del gruppo consiliare regionale del PdL non sono disconosciute dalla difesa del ricorrente, non è revocabile in dubbio che il F. ha ricoperto, in veste di presidente del gruppo consiliare del PdL nella Regione Lazio, la qualità di pubblico ufficiale.
L'attività che in ragione del suo ruolo svolge il presidente di un gruppo consiliare regionale lo colloca in una posizione di particolare incidenza funzionale ed organizzativa nella vita del Consiglio regionale. Il capo del gruppo politico consiliare, infatti, concorre - partecipando alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi - alla organizzazione e calendarizzazione dei lavori dell'assemblea, alla organizzazione delle altre attività consiliari propedeutiche a quelle direttamente legiferanti, alla indicazione dei membri del proprio gruppo di riferimento che compongono le commissioni operanti nel Consiglio regionale. Una serie di facoltà e di poteri, dunque, il cui esercizio esalta la rilevanza della figura del presidente del gruppo, rendendolo diretto partecipe di una peculiare modalità progettuale ed attuativa della funzione legislativa regionale, che lo qualifica senza alcuna incertezza come pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 co. 1 c.p.. Qualifica che, a prescindere dalla natura giuridica che voglia riconoscersi ai gruppi consiliari, si coniuga ad una disciplina per certo di diritto pubblico dell'azione del gruppo consiliare in seno al Consiglio regionale e alla stessa rilevanza pubblica che in questo specifico contesto operativo assumono i presidenti dei vari gruppi consiliari.
3.2. Dimostrata la qualifica di pubblico ufficiale, quale partecipe della funzione legislativa regionale, del ricorrente F. , l'ulteriore passaggio valutativo è offerto dall'analisi delle cause fondanti la disponibilità giuridica da parte dello stesso F. delle somme di denaro appartenenti al gruppo consiliare, che egli - secondo l'ipotesi di accusa - ha sottratto, impropriandosene, a proprio personale vantaggio. Il F. , nella sua posizione di rappresentante e capogruppo del PdL, ha esercitato poteri di organizzazione del gruppo e di gestione diretta delle sue fonti finanziarie, essendo l'unico componente dell'aggregato consiliare autorizzato ad operare sui due soli conti correnti bancari intestati al gruppo, su uno soltanto dei quali sono affluite le erogazioni previste dall'art. 3 bis L.R. 6/1973. È evidente, quindi, che i poteri di amministrazione finanziaria del F. e la disponibilità giuridica delle somme di denaro pervenute al gruppo PdL a titolo di contributi previsti dall'art. 3 bis L.R. 6/1973 abbiano trovato esclusiva e assorbente causa nella qualità di presidente del gruppo consiliare da lui rivestita. È solo per effetto di tale carica che il F. è venuto a trovarsi in possesso (giuridica disponibilità) delle erogazioni regionali, sul cui corretto impiego egli era altresì chiamato a vigilare, ma che – invece - ha ritenuto di fare in gran parte proprie, con criteri di persistente sistematicità per ben due anni e per motivi soltanto privati.
È ben palese, allora, che il F. ha potuto disporre, nei modi penalmente rilevanti che gli sono contestati, delle somme di denaro formate dalle contribuzioni regionali pubbliche di pertinenza del suo gruppo soltanto in virtù dell'esercizio della sua pubblica funzione di presidente del gruppo consiliare regionale del PdL ('per ragione del suo ufficio', come recita l'art. 314 co. 1 c.p.).
Nella complessiva condotta dell'indagato e nei suoi singoli segmenti ricorrono, per ciò, tutti i presupposti o le condizioni di esistenza della fattispecie del peculato.
4. Ai fini del perfezionamento del reato di peculato diventano ininfluenti due coordinate evenienze.
È ininfluente, in primo luogo, la qualità del soggetto giuridico cui appartiene il denaro in possesso del pubblico ufficiale che se ne appropria, essendo sufficiente la sola 'altruità' del denaro sul quale il pubblico ufficiale ha il potere - per ragioni del suo ufficio - di compiere atti dispositivi ed essendo irrilevante che il proprietario del denaro sia un soggetto pubblico o un soggetto privato. Con l'ulteriore ovvia conseguenza logica, nel caso di specie, della insignificanza decisoria della soluzione che si intenda fornire al quesito sulla natura pubblicistica o privatistica dei gruppi consiliari regionali.
È priva di influenza, poi, l'analisi dei coefficienti di discrezionalità riconoscibili al soggetto politico agente nella individuazione delle causali delle singole operazioni di spendita del predetto denaro, allorquando la condotta di personale appropriazione di questo stesso soggetto risulti conclamata ed inequivoca. Come deve costatarsi per i fatti appropriativi attuati dal F. alla luce dei dati conoscitivi offerti dall'ordinanza cautelare e, in particolare, dalle ammissioni dello stesso F. , che non ha mai ipotizzato che i tanti bonifici in favore dei suoi conti privati, i tanti prelievi di denaro contante, i tanti acquisti e pagamenti personali (soggiorni turistici, viaggi all'estero, acquisto di una vettura jeep, ecc.) siano stati finalizzati al buon 'funzionamento' del suo gruppo consiliare.
4.1. È frutto dello stesso errore prospettico segnalato all'inizio della presente analisi la lettura della decisione di legittimità (Cass. Sez. 6, 12.5.2003 n. 33069, Tretter, rv. 226531) richiamata nel ricorso, secondo cui l'attività di un gruppo consiliare estranea alla diretta partecipazione ai lavori dell'assemblea dell'ente pubblico territoriale sarebbe sempre scandita da nessi di collegamento funzionale con la vita e le esigenze del gruppo come proiezione del partito politico dei cui progetti e interessi è portatore.
Diversamente da quanto si suppone nel ricorso la sentenza Tretter non si pone l'obiettivo di dare una risposta al quesito sulla vera e/o persistente, in tutte le situazioni, natura giuridica (pubblica o privata) del gruppo consiliare presente in una assemblea provinciale. La sentenza si pone, invece, il problema di definire limiti e portata del vincolo di destinazione impresso ai contributi erogati dall'ente Provincia al gruppo consiliare. Limiti in relazione ai quali divenga possibile tracciare con criteri di massima approssimazione, compatibili con il principio di determinatezza delle condotte penalmente rilevanti, la pertinenzialità dell'avvenuto impiego (spendita) da parte del gruppo (e per esso del suo presidente) dei contributi provinciali agli scopi e obiettivi che di essi contributi costituiscono causa.
Problematica affatto diversa, dunque, da quella prefigurata dalla vicenda del F. , nella quale non viene in alcun modo in discussione, come più volte chiarito, la eventuale finalizzazione di segno latamente 'politico' delle accertate indebite spese e autoassegnazioni del denaro del gruppo consiliare regionale presieduto dal ricorrente indagato e da costui realizzate, come ha sostanzialmente ammesso.
4.2. Quand'anche si supponga che le finalità 'sociali' (di raccordo con la società civile) che pure permeano le contribuzioni regionali ai gruppi politici consiliari a norma dell'art. 3 bis L.R. 6/1973 siano perseguibili anche mediante iniziative di segno strettamente politico-partitico non direttamente collegate alle attività pubblicistiche del Consiglio regionale cui partecipano i gruppi consiliari, è ben chiaro che nel caso del F. di siffatte ipotizzabili iniziative non vi è traccia alcuna, tutte le spendite del denaro formato dai contributi regionali e i trasferimenti di esso sui conti correnti privati dell'indagato essendo privi di qualsiasi giustificazione anche solo larvatamente politica o partitica. Di tal che, pur ammettendo che le erogazioni ex art. 3 bis L.R. 6/1973 includano o consentano una mediata destinazione ad attività politiche di partito non immediatamente collegabili ai profili c.d. pubblicistici dell'operare dei gruppi consiliari, i contegni appropriativi realizzati nell'arco di due anni dal F. in attuazione di un unitario progetto antigiuridico, giammai potrebbero rendere recessiva la qualificazione di peculato ad essi attribuita. Alla oggettiva 'altruità' del denaro sottratto dal F. al gruppo consiliare che ne è proprietario, avvalendosi della disponibilità giuridica di tale denaro in forza della pubblica funzione di presidente del gruppo consiliare, si giustappongono atti dispositivi bancari e negoziali che, in totale assenza di spiegazioni diverse dal privato scopo di arricchimento perseguito dal pubblico ufficiale, non possono che ricadere nel perimetro del reato di cui all'art. 314 c.p..
Con il che appare palese come, ai fini del thema decidendum incentrato sulla corretta qualificazione giuridica dell'illecito contegno del ricorrente, appaia inconferente e non determinante la collaterale problematica definitoria della natura giuridica dei gruppi consiliari.
4.3. Destituita di pregio è, infine, la tesi alternativa prospettata con i motivi nuovi di ricorso, con cui si ipotizza la eventuale ravvisabilità nella condotta dell'indagato della ipotesi della malversazione ai danni dell'ente Regione.
Il reato di cui all'art. 316 bis c.p. punisce la condotta di chiunque, 'estraneo alla pubblica amministrazione', avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni, o finanziamenti destinati a favorire la realizzazione di opere o di attività di pubblico interesse, non li destini a tale finalità. Nella posizione del ricorrente F. difetta il presupposto soggettivo delimitante la fattispecie (l'estraneità alla pubblica amministrazione), perché il F. nella sua qualità di consigliere regionale non è estraneo all'amministrazione pubblica (essendo lui stesso un pubblico amministratore per carica elettiva) e, per quanto detto, esercita una pubblica funzione che lo istituisce, tra l'altro, come partecipe diretto della procedura di controllo del vincolo di destinazione dei contribuiti erogati al gruppo consiliare dall'ente regionale, imponendogli un obbligo di rendicontazione da estrinsecare attraverso una dettagliata relazione a sua firma sull'impiego dei fondi assegnati al gruppo da sottoporre al vaglio del Comitato di controllo contabile della Regione (cfr. Cass. Sez. 6, 29.9.2005 n. 41178, P.G. in proc. Maliardo, rv. 233479).
Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali dell'odierno giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
09-02-2013 12:11
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