Stupefacenti: la pena accessoria del ritiro della patente ha natura facoltativa e non obbligatoria, ove disposto serve specifica motivazione del giudice.
Cassazione penale sez. II
Data udienza: 26 settembre 2012
Numero: n. 37703
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COSENTINO Giuseppe M - Presidente -
Dott. GENTILE Domenico - Consigliere -
Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere -
Dott. DAVIGO Piercamill - Consigliere -
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.E., nato a (OMISSIS);
N.G., nato ad (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli, sezione 5A
penale, in data 22.3.2011;
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Dr.
Piercamillo Davigo;
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, Dr.ssa
Fodaroni Giuseppina, il quale ha concluso chiedendo che la sentenza
impugnata sia annullata con rinvio limitatamente ad A. per
la recidiva, divieto di espatrio e sospensione patente, rigetto nel
resto e che il ricorso di N. sia rigettato.
(Torna su ) Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22.3.2011 la Corte d'appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza 13.2.2010 del G.U.P. del Tribunale di Napoli, fra l'altro, ridusse le pene per:
A.E. ad anni 7 mesi 4 di reclusione, previa esclusione delle aggravanti, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e la diminuente per il rito abbreviato, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo A) e di cui all'art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo F) unificati sotto il vincolo della continuazione;
L.A. (previa assoluzione dal reato associativo) ad anni 6 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e la diminuente per il rito, per il reato continuato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo Q);
N.G. ad anni 8 di reclusione, previa esclusione delle aggravanti, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e la diminuente per il rito abbreviato, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo A) e di cui all'art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo D) unificati in continuazione.
2. Ricorrono per cassazione i difensori degli imputati sopra indicati.
Il difensore di A.E. deduce:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al rigetto dell'eccezione di nullità della sentenza di primo grado per mancanza della motivazione, dal momento che si era limitata a richiamare le ordinanze cautelari; la Corte territoriale ha citato giurisprudenza che consente al giudice d'appello di integrare la motivazione mancante, ma non avrebbe operato tale integrazione; la Corte non avrebbe evidenziato le ragioni di infondatezza delle doglianze articolate da pag. 2 a pag. 8 dei motivi di appello (a cui il ricorso rimanda); in particolare l'ordinanza cautelare era trasfusa nella sentenza di primo grado sicchè la motivazione sarebbe apparente e mancante e ciò integrerebbe una nullità; peraltro sarebbe un errore di diritto equiparare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per un'ordinanza di custodia cautelare con la prova oltre il dubbio ragionevole richiesta per I l'affermazione di responsabilità;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità in ordine alla sussistenza dell'associazione e dei reati fine, alla partecipazione dell'imputato all'associazione, peraltro desunta dalla sussistenza del solo reato fine di cui al capo F); sarebbe infondata l'asserzione della sentenza impugnata secondo cui nei motivi di appello non si sarebbe dato puntualmente conto delle specifiche argomentazioni logiche a base dell'impugnazione rispetto alla motivazione del giudicante di primo grado; ciò sarebbe smentito dal raffronto fra la sentenza di primo grado ed i motivi di appello; quanto alla ritenuta partecipazione di A. la motivazione sarebbe contraddittoria e manifestamente illogica in quanto la Corte territoriale avrebbe indebitamente esteso ad A. le intercettazioni riguardanti N., senza peraltro motivare sull'elemento soggettivo del reato e difettando il rapporto continuativo di fornitura e la continuativa disponibilità di A.; erroneamente sarebbe stata tralasciata la posizione di Na., per il quale all'udienza preliminare fu pronunziata sentenza di non luogo a procedere, passata in giudicato e pronunziata allo stato degli atti, come il giudizio abbreviato; la posizione di Na. sarebbe sovrapponibile a quella del ricorrente;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo F) poichè si ritiene la responsabilità per tale reato in ragione della ritenuta partecipazione all'associazione (potendo altrimenti gli acquisti essere riferiti ad uso personale) e viceversa;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 74 c.p.p., comma 6; la motivazione è illogica avendo escluso l'attenuante in ragione della non configurabilità dell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (pur in assenza di dati quantitativi), con il mero richiamo al contesto associativo, senza considerare che proprio tale attenuante rende compatibile l'associazione con l'ipotesi di cui al citato D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5;
5. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata qualificazione del fatto di cui al capo A) quale concorso esterno ed alla esclusione dell'ipotesi di cui all'art. 114 c.p.;
6. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'ipotesi di messa in vendita di stupefacente da parte di N., così da escludere la responsabilità del ricorrente;
mancherebbe graficamente la motivazione a fronte dei motivi di appello, a cui il ricorso rinvia;
7. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della continuazione anzichè a frazioni di un'unica condotta, richiamando i motivi di appello;
8. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla esclusione dell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5; mancherebbe graficamente la motivazione;
9. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta recidiva sia perchè nella sentenza di primo grado vi era contrasto fra dispositivo (che riteneva la recidiva) e motivazione (che la escludeva), sia perchè, con un unico precedente, avrebbe potuto essere esclusa;
10. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuati generiche;
11. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata revoca delle pene accessorie del divieto di espatrio e del ritiro della patente di guida.
Il difensore di N.G. deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato associativo nonostante il ridotto arco temporale degli acquisti e la mancanza di prova che la droga acquista da N. presso O.S. fosse la stessa che questi acquistava da Y..
Quanto all'elemento soggettivo mancherebbe la prova, dal contenuto delle intercettazioni, della consapevolezza in capo all'imputato dell'esistenza di un'associazione, Le intercettazioni, secondo quanto dedotto dalla difesa, dimostrerebbero il contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che peraltro non indica le specifiche conversazioni poste a base del convincimento.
La posizione di L.A., altro ricorrente, fu definita da questa Corte con sentenza 15.3.2012.
(Torna su ) Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. è infondato.
La Corte territoriale ha rigettato l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado per mancanza della motivazione, rilevando che la sentenza di primo grado non si era limitata a richiamare le ordinanze cautelari (pag. 7 sentenza impugnata) e che, in ogni caso la Corte d'appello può integrare la motivazione mancante.
Del resto neppure la mancanza assoluta di motivazione della sentenza rientra tra i casi, tassativamente previsti dall'art. 604 c.p.p., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante. (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 26075 in data 8.6.2011 dep. 4.7.2011 rv 250513. Fattispecie in tema di omessa redazione della motivazione, con la pronuncia del solo dispositivo di condanna).
Neppure è vero che il richiamo alle ordinanze di custodia cautelare determini l'apparenza della motivazione. Da un lato si tratta di motivazione per relationem, con richiamo ad atti noti al ricorrente, dall'altro si versa in ipotesi di giudizio abbreviato, nel quale sono utilizzabili gli atti delle indagini preliminari posti a base delle ordinanze di custodia cautelare, sicchè il richiamo a tali ordinanze era pertinente.
D'altra parte il rinvio alla motivazione di un altro provvedimento giudiziario, riguarda la parte descrittiva dei fatti e non solo quella valutativa dello stesso, sicchè non ha fondamento la doglianza relativa alla differenza fra gravi indizi richiesti per disporre la custodia e prove necessarie al superamento del dubbio ragionevole.
Infine non è vero che la Corte d'appello non abbia integrato la motivazione, posto che (alle pagine 20 e seguenti) la sentenza di secondo grado, nel disattendere le doglianze svolte con i motivi di gravame ha trattato della sussistenza dell'associazione, della partecipazione di A., della commissione del reato fine, anche richiamando una intercettazione telefonica (n. 199 del 21.9.2007), così disattendendo i motivi di appello.
4. Il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. ed il ricorso proposto nell'interesse di N.G. sono infondati.
Come si è detto, trattando del primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A., la Corte territoriale ha richiamato l'intercettazione n. 199 del 21.9.2007 tra A. e N., ritenendo che il riferimento a "figuracce", con riferimento alla qualità dello stupefacente, escludesse la destinazione ad uso personale (p. 21 e 22 sentenza impugnata).
Peraltro nessuna indebita estensione ad A. delle intercettazioni di N. vi è stata, posto che tali intercettazioni, ritenute tali da provare l'esistenza dell'associazione erano agli atti del procedimento.
Il giudice d'appello ha ritenuto la esistenza del sodalizio in ragione della stabilità dei rapporti fra acquirenti e venditori (richiamando giurisprudenza di legittimità) e che la delimitazione temporale invocata dai difensori era solo conseguente all'arresto di O.S., da cui N. si riforniva (p. 11 sentenza impugnata).
Nel riferimento alla stabilità dei rapporti di fornitura è implicita anche la motivazione sulla consapevolezza in capo ai ricorrenti dell'esistenza della struttura associativa.
Per quanto riguarda infine il proscioglimento di Na. va ricordato che a rilevare sono gli elementi di prova a carico di un imputato e non il raffronto rispetto alla posizione di altro imputato, che si assume simile, ma del cui esame questa Corte non solo non è investita, ma che non potrebbe essere un parametro di riferimento, dovendo tale parametro essere individuato nella non manifesta illogicità della motivazione e non in una supposta disparità di trattamento.
Infatti l'eventuale erronea assoluzione di un coimputato non potrebbe comunque determinare l'assoluzione di altri imputati laddove gli stessi fossero raggiunti da prove adeguate.
Quanto alla doglianza svolta nell'interesse di N., secondo la quale le intercettazioni dimostrerebbero il contrario di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, va ricordato che è possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile. (Cass. Sez. 2A sent. n. 38915 del 17.10.2007 dep. 19.10.2007 rv 237994).
Infine in relazione al fatto che la Corte d'appello non avrebbe indicato specificamente le intercettazioni poste a fondamento della decisione è sufficiente ricordare che tale indicazione è desumibile dal richiamo alla sentenza di primo grado.
5. Il terzo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E., secondo il quale la responsabilità per il reato di cui al capo F) sarebbe stata desunta dalla ritenuta partecipazione all'associazione, è manifestamente infondato.
La Corte d'appello ha richiamato la conversazione con N. (n. 199 del 21.9.2007) da cui ha desunto la fornitura di stupefacente al fine di ulteriore distribuzione e quindi escluso la posizione di mero acquirente di A. (p. 22 sentenza impugnata.
6. Il quarto motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. relativo al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 74 c.p.p., comma 6 è infondato, essendo stata esclusa correttamente (per le ragioni che saranno di seguito precisate) la riconducibilità dei reati fine all'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
7. ti quinto motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. è infondato.
Nel motivare la partecipazione all'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la Corte d'appello ha implicitamente escluso il concorso esterno nel reato associativo. Ha poi espressamente escluso che nella condotta di A. fosse apprezzabile un contributo di minima entità (p. 22 sentenza impugnata).
8. Il sesto motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
La già più volte richiamata intercettazione n. 199 del 21.9.2007, ad avviso dei giudici di merito, fa riferimento a fatti accaduti e non soltanto ipotizzati come futuri.
9. Il settimo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E., con il quale ci si duole della ritenuta sussistenza della continuazione anzichè a frazioni di un'unica condotta, a tacere della genericità conseguente al mero richiamo ai motivi di appello, è infondato. Infatti la Corte territoriale ha richiamato il lasso temporale intercorso fra le condotte per escludere che si trattasse di un unico reato.
10. L'ottavo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. relativo alla esclusione dell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, è infondato.
La Corte di merito ha comunque richiamato per A. la gravità dei fatti (p. 22 sentenza impugnata).
Questa Corte (ed il Collegio condivide l'assunto) ha chiarito che, in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5), il giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l'azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all'oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell'attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di "lieve entità". (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 38879 del 29.9.2005 dep. 21.10.2005 rv 232428. Da queste premesse, la Corte ha ritenuto corretto e non manifestamente illogico il ragionamento del giudice di merito che aveva escluso la concedibilità dell'attenuante sul rilievo della gravità della condotta incriminata, trattandosi di detenzione per la vendita di sostanze diverse per tipologia - nella specie, cocaina, eroina e morfina - tale da dimostrare "che l'attività di spaccio era diretta ad un cospicuo e variegato numero di consumatori").
11. Il nono motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E., con il quale ci si duole della ritenuta recidiva, è infondato.
La Corte d'appello ha motivato la decisione di ritenere la recidiva in ragione del contesto associativo, così valutando tali elementi come indice della personalità.
12. Il decimo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A. E. è manifestamente infondato e proposto al di fuori del casi consentiti.
Infatti, in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell'ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell'equivalenza allorchè il giudice, nell'esercizio del potere discrezionale previsto dall'art. 69 c.p., l'abbia ritenuta la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena in concreto irrogata.
(Cass. Sez. 6, Sentenza n. 6866 del 25.11.2009 dep. 19.2.2010 rv 246134. Fattispecie in cui il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la contestata recidiva è stato ritenuto implicitamente confermato dal giudice di secondo grado, nel dare atto della congruità della pena inflitta dal giudice di prime cure).
13. L'undicesimo motivo di ricorso proposto nell'interesse di A.E. relativo alla mancata revoca delle pene accessorie del divieto di espatrio e del ritiro della patente di guida, è fondato.
La Corte d'appello ha affermato che le pene accessorie conseguono ex lege alla condanna, ma questa Corte ha chiarito che, in materia di stupefacenti, la pena accessoria del ritiro della patente di guida (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 85) ha natura facoltativa e non obbligatoria, la cui irrogazione, in quanto discrezionale, richiede una specifica motivazione da parte del giudice. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16285 del 18/12/2008 Ud. (dep. 17/04/2009) Rv. 243398).
Lo stesso vale in relazione alla pena accessoria del divieto di espatrio.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, limitatamente a tale punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.
Essendo l'annullamento limitato a tale punto e dovendo il ricorso essere rigettato nel resto, divengono irrevocabili l'affermazione di responsabilità di A.E., la pena principale e le altre pene accessorie a lui inflitte.
Il ricorso di N. deve essere rigettato per le ragioni esposte.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alle pene accessorie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 85 inflitte ad A.E., con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto. Rigetta nel resto il ricorso di A.E. e dichiara irrevocabili le altre statuizioni relative al predetto.
Rigetta il ricorso di N.G. e condanna tale ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2012
13-10-2012 17:34
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