Lavori di pubblica utilita'. L'imputato che patteggia non ha l'onere di individuare preventivamente la modalità di espiazione in concreto, salvo il calcolo della durata finale, del lavoro sostitutivo di pubblica utilità.
Modalità della sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità, Cassazione n.4927/2012: «Ai sensi, invece, del comma 9-bis dell'art. 186 C. d. S. non è richiesta alcuna istanza dell'imputato, come si è già detto: è sufficiente la sua non opposizione. Non assume perciò rilievo che, l'imputato possa, di sua iniziativa, sollecitare e richiedere quel beneficio: ciò che rileva è la cornice normativa nella quale tale istanza si inserisce nell'ambito dell'istituto di riferimento, come delineato dal legislatore, ed il corollario che ne scaturisce: anche in tal caso la legge non pone affatto obblighi di sorta in capo all'imputato, come quelli indicati nella sentenza impugnata, non postula affatto una situazione diversa (cui far conseguire obblighi diversi) da quella ipotizzata di “non opposizione”, quella istanza, in definitiva, solo di tale necessario e sufficiente presupposto dando conto.
E già tanto da ragione della illegittimità del divisamento espresso dalla sentenza impugnata: se non è necessaria una esplicita richiesta dell'imputato, ma è sufficiente solo la sua non opposizione, resa ancor più evidente dalla sollecitata istanza in tal senso, non è dato scorgere il perché o il per come l'imputato medesimo debba essere gravato dell'obbligo di indicare “l'ente presso cui si intenda svolgere l'attività, il consenso di tale ente, il piano di lavoro concordato unitamente al calendario delle giornate lavorative necessarie a coprire l'entità della pena sostituita, ecc.”, in un momento (ben diverso da quello di cui all'art. 33 D. Lgs.vo n. 274/2000, concernente il giudice di pace, sopra evocato), peraltro, in cui, come giustamente rileva il ricorrente, neppure si sa quale pena il giudice si determinerà ad irrogare. Una volta che egli abbia manifestato la “non opposizione” addirittura chiedendo quel beneficio, la legge non gli impone alcun obbligo determinativo delle modalità di esecuzione dello stesso, che non può che spettare solo a chi, nella mera non opposizione del destinatario, quel beneficio si determini a disporre.
Per altro verso, se si assume, quale argomentazione assorbente e di chiusura, che il Tribunale di Saluzzo “non aveva ancora stipulato alcuna convenzione in tal senso”, neppure si vede come e perché l'imputato avrebbe dovuto adempiere a quegli obblighi senza neppure riuscire ad individuare con chi doveva stipularli.
Non ignora il collegio un diverso ed isolato orientamento altra volta espresso da questa Suprema Corte (Sez. IV, 7.7.2011, n. 31145), ma le considerazioni sin qui svolte portano a rivedere quell'orientamento.
3.4 Il provvedimento impugnato si limita ad annotare che “al momento della sentenza il Tribunale di Saluzzo non aveva ancora stipulato alcuna convenzione in tal senso”. Sembra di capire: al momento della sentenza di primo grado, ma nulla dice se tale situazione permaneva al momento in cui venne resa la decisione ora impugnata.
Il D. M. sopra richiamato è, come s'è detto, del 26 marzo 2001. La Corte territoriale non si fa carico di chiarire se a distanza di oltre dieci anni (la sua sentenza è del 29 aprile 2011) siano comprovatamente rimasti del tutto inadempienti non solo il tribunale di Saluzzo (per due lustri), ma, ed ancor prima, anche il Ministero della giustizia, che ai sensi di quel D.M. è il soggetto che stipula le convenzioni, il Presidente del Tribunale agendo solo su sua delega.
Ed a seguire l'orientamento espresso nel provvedimento impugnato, andrebbe pure spiegato perché così ipotizzati ed eclatanti ritardi imputabili esclusivamente alle pubbliche istituzioni, ove comprovatamente e motivatamente sussistenti, debbano poi ricadere sull'imputato, che solo per questi altrui inadempimenti si veda negato il beneficio in questione, in un generale contesto interpretativo costituzionalmente orientato.
Né, infine, ha valutato la sentenza impugnata se difficoltà determinative di quelle modalità di esecuzione fossero poi comunque diversamente affrancagli, anche eventualmente in sede di esecuzione.
4.0 Torna opportuno da ultimo chiarire che la disposizione introdotta dal comma 9-bis dell'art. 186 C. d. S. è certamente norma più favorevole per l'imputato: tra l'altro, a parte la evidente minore afflittività della sanzione, l'utile espletamento del lavoro di pubblica utilità comporta non solo l'avvenuta espiazione della pena, ma anche l'estinzione del reato, la riduzione a metà della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, la revoca della confisca del veicolo: deve, perciò, trovare applicazione il disposto dell'art. 2, 4 comma, c.p.. La suindicata novella legislativa del 2010 ha tuttavia inasprito il trattamento sanzionatorio relativo ad alcune fattispecie di reato (come quella di cui all'art. 186, 2 c., lett. c)), di talché deve essere individuata la legge nel complesso ed in concreto più favorevole, ed una volta questa individuata vanno applicate tutte e solo le disposizioni che a questa si riferiscono, non potendo applicarsi diverse disposizioni proprie di ciascun testo normativo nella successione di leggi, sì da determinare una terza legge composta da parziali disposizioni delle due che si sono susseguite, quella precedente e quella successiva.
Nel caso di specie tale questione non viene in rilievo perché in riferimento al reato contestato, riconducibile al disposto dell'art. 186, 2 c, lett. b), la novella legislativa non ha introdotto inasprimenti sanzionatori».
02-06-2012 00:00
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