DÀ DELL'IGNORANTE AL DIFENSORE AVVERSARIO: FUORI DAGLI SCRITTI DIFENSIVI LE FRASI SCONVENIENTI.Cassazione, sez. III, 27 giugno 2011, n. 14112
DÀ DELL'IGNORANTE AL DIFENSORE AVVERSARIO: FUORI DAGLI SCRITTI DIFENSIVI LE FRASI SCONVENIENTI
Cassazione, sez. III, 27 giugno 2011, n. 14112
In tema di cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti contenute in scritti difensivi, l'apprezzamento circa l'effettivo rapporto tra queste e l'oggetto della causa è rimesso alla valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.
Cassazione, sez. III, 27 giugno 2011, n. 14112
(Pres. Trifone – Rel. Spagna Musso)
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 26 febbraio 2001 e 5 marzo 2001 M.J. e la P. srl convenivano in giudizio la E & C. Costruzioni srl, Ma.An. e Ma.Ga. di fronte al Tribunale di Cagliari ed assumevano che: in data 20 ottobre alla Società attrice era stato notificato un atto di pignoramento eseguito ad istanza della Smart srl presso il terzo E & C Costruzioni srl, per il soddisfacimento del credito suddetto; che il terzo aveva precedentemente consegnato al proprio difensore Ma.An. due assegni bancari per complessive £ 70.548.284 perché fossero rimessi alla sua creditrice P. srl a saldo di un credito intimato con atto di precetto notificato in data 2 settembre 2000; che tali assegni erano stati poi ritirati e sostituiti da altri di importo al netto della somma di L. 20.000.000 colpita dal pignoramento della Smart srl.
Le attrici deducevano una violazione dell'obbligo di riservatezza in quanto l'avvocato Ma.An. , difensore della E & C Costruzioni srl, aveva rivelato alla collega di studio avvocato Ma.Ga. , difensore della Smart srl, l'esistenza del credito della stessa Società nei confronti della P. srl, dandole così modo di procedere al pignoramento.
Le attrici, pertanto, chiedevano una pronuncia di accertamento della illiceità della condotta dei convenuti e di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e del danno non patrimoniale conseguente alla illiceità penale del fatto.
L'adito Tribunale, con sentenza in data 10.5.2005 rigettava la domanda.
A seguito dell'appello della E & C Costruzioni e dei Ma. , costituitesi le parti intimate, la Corte d'Appello di Cagliari, con la decisione in esame in data 28.10.2008, in accoglimento del gravame, così statuiva: "dispone la cancellazione dagli scritti difensivi a firma di M.J. delle seguenti espressioni -strategia per frodare - operazione diretta e procurarsi il pagamento della somma di L. 20.000.000 ed - è tale l'ignoranza -; dichiara cessata la materia del contendere in relazione all'appello incidentale originariamente proposto da M.J. e dalla P. srl contro la medesima Sentenza e poi formalmente rinunciato.
Affermava in particolare la Corte territoriale che "la prima espressione deve indubbiamente essere qualificata come alquanto sconveniente e, come tale, deve essere cancellata dagli scritti difensivi. Tuttavia non si può ritenere che essa abbia una vera e propria valenza offensiva, in quanto si sostanzia in una mera illazione volta unicamente ad illustrare un comportamento di controparte ritenuto non corretto e, di conseguenza, manca del tutto il requisito fondamentale dell'intento dispregiativo gratuito. Anche la seconda frase deve essere qualificata come sconveniente, seppure di gravità minore della prima, e deve essere egualmente cancellata dagli scritti difensivi ... indubbiamente è più grave il caso dell'ultima affermazione che si sostanzia in una critica pesante all'operato professionale della controparte.....".
Ricorre per cassazione la P. con quattro motivi; resistono con controricorso la E & C Costruzioni srl in liquidazione, Ma.Ga. e Ma.An.. I resistenti hanno altresì depositato memoria.
Motivi della decisione
Col primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 89 c.p.c., nel punto in cui la sentenza impugnata, pur ritenendo le frasi offensive, le ha ritenute riguardanti l'oggetto della controversia.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 91 c.p.c., nel punto in cui la sentenza impugnata afferma che "la rinuncia dell'appello incidentale condizionato integra nella specie una rinuncia all'azione, senza addurre alcuna motivazione, quando nella premessa aveva disquisito circa l'ammissibilità in appello sia della rinuncia agli atti che all'azione", così disponendo la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell'art. 183 c.p.c., in quanto la Corte d'Appello avrebbe inoltre dovuto pronunciarsi sulla novità della domanda anche in relazione all'accoglimento del terzo motivo di appello a seguito del quale ha disposto la condanna dei rinuncianti alla metà delle spese.
Con il quarto motivo si denuncia difetto di motivazione. Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.
Quanto al primo motivo si osserva che, come del resto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. 15503/2002), in tema di cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti contenute in scritti difensivi, l'apprezzamento circa l'effettivo rapporto tra queste e l'oggetto della causa è rimesso alla valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità.
Anche il secondo motivo è infondato: la condanna alle spese della vicenda in questione, non violando il principio di divieto di condanna solo in caso di accoglimento della domanda, oltre a costituire una facoltà discrezionale del giudice, è in linea con quanto statuito da questa Corte (tra le altre, n. 23840/2008). Ne deriva che in caso di rinuncia all'appello incidentale, pur se condizionato, ben poteva essere il rinunziante condannato alle spese di primo grado.
Inammissibili sono il terzo e l'ultimo motivo, rispettivamente per difetto di autosufficienza, e per mancanza del relativo quesito.
In relazione a quest'ultimo punto, deve confermarsi (in merito, tra le altre, Cass. 8897/2008) che, allorché nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso,, l'onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall'art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all'illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessive Euro 2.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessorie come per legge.
05-07-2011 00:00
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