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Sentenza

Pene pecuniarie e insolvibilità.
Pene pecuniarie e insolvibilità.
Corte di Cassazione Sezione 1 Penale Sentenza 20 ottobre 2025  n. 34279

Data udienza 17 ottobre 2025

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta da

Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente

Dott. CAPPUCCIO Daniele - Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria - Consigliere

Dott. GRIECO Teresa - Consigliere

Dott. TORIELLO Michele - Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ga.Al., nato in M il (Omissis),

avverso l'ordinanza del 31/12/2024 del Magistrato di sorveglianza di Padova.

Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Michele Toriello;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto annullarsi con rinvio il provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 668 del 30 ottobre 2019, irrevocabile il 23 novembre 2019, Ga.Al. otteneva ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. l'applicazione della pena di mesi 11 di reclusione ed Euro 250.000 di multa per il reato di cui all'art. 291 bis D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43.

Il 4 luglio 2024 il condannato chiedeva, tramite il suo difensore, la conversione della pena pecuniaria nei lavori di pubblica utilità, rappresentando che le modeste condizioni economiche non gli consentivano di pagare quell'elevatissimo importo.

Con ordinanza del 31 dicembre 2024 il Magistrato di sorveglianza di Padova dichiarava l'istanza inammissibile, ritenendo che l'art. 102 della legge n. 689 del 1981, nel testo vigente ratione temporis - applicabile al caso di specie, attesa la natura processuale delle modifiche che, dopo l'irrevocabilità della sentenza, sono state introdotte sul punto dalla ed. riforma Cartabia -, consentiva di convertire le sole pene pecuniarie non superiori ad Euro 516.

2. Il difensore di fiducia del Ga., Avv. Gi.Ti., ha impugnato l'ordinanza in oggetto, articolando un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge: deduce che va riconosciuta natura sostanziale alle modifiche introdotte in materia dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, avendo esse introdotto "una vera e propria trasformazione della natura della pena e della concreta incidenza di quest'ultima sulla libertà personale del condannato", sicché le stesse, prevedendo condizioni di maggior favore per il condannato, avrebbero dovuto trovare applicazione nel caso di specie.

3. Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto accogliersi il ricorso, con conseguente annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, ritenendo fondate le doglianze del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.

2. Prima che entrasse in vigore la cd. riforma Cartabia, la legge n. 689 del 1981 prevedeva all'art. 102 che "Le pene della multa e dell'ammenda non eseguite per insolvibilità del condannato si convertono nella libertà controllata per un periodo massimo, rispettivamente, di un anno e di sei mesi. Nel caso in cui la pena pecuniaria da convertire non sia superiore ad un milione, la stessa può essere convertita, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo (..)", e, all'art. 103, che "Quando le pene pecuniarie debbono essere convertite per insolvibilità del condannato la durata complessiva della libertà controllata non può superare un anno e sei mesi, se la pena convertita è quella della multa, e nove mesi, se la pena convertita è quella dell'ammenda. La durata complessiva del lavoro sostitutivo non può superare in ogni caso i sessanta giorni".

L'attuale testo delle due disposizioni prevede all'art. 102 che "Il mancato pagamento della multa o dell'ammenda entro il termine di cui all'articolo 660 del codice di procedura penale indicato nell'ordine di esecuzione ne comporta la conversione nella semilibertà sostitutiva. Il ragguaglio si esegue a norma dell'articolo 135 del codice penale. In ogni caso la semilibertà sostitutiva non può avere durata superiore a quattro anni, se la pena convertita è quella della multa, e durata superiore a due anni, se la pena convertita è quella dell'ammenda", e all'art. 103 che "Quando le condizioni economiche e patrimoniali del condannato al momento dell'esecuzione rendono impossibile il pagamento della multa o dell'ammenda entro il termine di cui all'articolo 660 del codice di procedura penale indicato nell'ordine di esecuzione, la pena pecuniaria è convertita nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo ovvero, se il condannato si oppone, nella detenzione domiciliare sostitutiva. Il ragguaglio si esegue in ogni caso a norma dell'articolo 135 del codice penale e un giorno di lavoro di pubblica utilità sostitutivo consiste nella prestazione di due ore di lavoro. In ogni caso il lavoro di pubblica utilità sostitutivo e la detenzione domiciliare sostitutiva non possono avere durata superiore a due anni, se la pena convertita è la multa, e durata superiore a un anno, se la pena convertita è l'ammenda (..)".

Il quadro è completato dall'art. 660 cod. proc. pen., il cui terzo comma prescrive che "L'ordine di esecuzione contiene altresì l'intimazione al condannato a pena pecuniaria di provvedere al pagamento entro il termine di novanta giorni dalla notifica e l'avviso che, in mancanza, la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria sostitutiva, nella semilibertà sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell'articolo 71 della legge 24 novembre 1981, n. 689".

Il nuovo assetto normativo distingue, dunque, il caso dell'insolvenza, disciplinato dall'art. 102 della legge n. 689 del 1981, da quello della insolvibilità, disciplinato dall'articolo successivo: ed invero, nel caso in cui il mancato pagamento entro i termini di cui all'art. 660 cod. proc. pen. è colpevole, perché non giustificato dallo stato di insolvibilità del condannato, la pena pecuniaria è convertita nella semilibertà sostitutiva, ai sensi dell'art. 102 della legge di depenalizzazione; quando, invece, l'inadempimento è incolpevole, perché determinato dalle disagiate condizioni economiche e patrimoniali del condannato al momento dell'esecuzione, la pena pecuniaria è convertita nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo ovvero, se il condannato si oppone, nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi del successivo art. 103.

3. Ciò posto, si deve rilevare, per un verso, che l'istanza formulata dal condannato al magistrato di sorveglianza rappresentava l'impossibilità di provvedere al pagamento della pena della multa, in considerazione del suo elevatissimo importo e dei modesti redditi del Ga., documentati tramite la produzione del contratto di lavoro e delle buste paga, e, per altro verso, che non risulta dagli atti che il pubblico ministero si sia adoperato nei termini indicati dall'art. 660, comma 7, cod. proc. pen. ("Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell'ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689").

Il caso di specie esula, dunque, dall'ambito di applicazione dell'art. 102 della legge di depenalizzazione, venendo in rilievo un'istanza con la quale il condannato rappresentava e documentava al magistrato di sorveglianza la propria insolvibilità, ossia l'incapacità economica di far fronte al pagamento.

La richiesta avrebbe dovuto, pertanto, essere scrutinata ai sensi dell'art. 103 della legge n. 689 del 1981, che, come si è visto, nella sua attuale formulazione consente la conversione nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo della multa che il condannato non sia in condizioni di pagare.

Rimane da osservare che non ha alcun rilievo la circostanza che la sentenza della cui esecuzione si discute sia diventata irrevocabile prima dell'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia: in più occasioni questa Corte ha riconosciuto natura sostanziale alle norme in tema di pene sostitutive, poiché queste ultime, per il loro carattere afflittivo, per la loro convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua, per lo stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono, hanno natura di vere e proprie pene e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita; le disposizioni che le contemplano sono, pertanto, soggette, in caso di successioni di leggi nel tempo, alla disciplina di cui all'art. 2, comma quarto, cod. pen. (cfr. Sez. U, n. 11397 del 25/10/1995, Siciliano, Rv. 202870 - 01, e, in relazione alle modifiche introdotte dalla cd. riforma Cartabia, ex plurimis, Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, Tronco, Rv. 287354 - 01 e Sez. 5, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 - 01).

4. L'ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullata, con rinvio al magistrato di sorveglianza di Padova, perché provveda a nuovo giudizio, emendando il vizio rilevato, nella piena libertà delle proprie valutazioni di merito.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Magistrato di sorveglianza di Padova.

Così è deciso, 17 ottobre 2025.

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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