DIRITTO PENALE - Maltrattamenti e lesioni ai danni della sorella disabile e credibilità della p.o. (Cp, articoli 81 cpv., 133, 572 comma 2, 582, 585 e 612-bis; Legge 5 febbraio 1992 n. 104, articolo 36)
Tuttavia, nel caso in cui la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell’imputato, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi.
Riconosciuta l’aggravante di cui all’art. 36 della L. 5 febbraio 1992, n. 104 trattandosi di reati commessi in danno di persona portatrice di handicap.
Tribunale Vicenza, sentenza 30 giugno 2025 n. 485 – Pres. Lagrasta
IL TRIBUNALE DI VICENZA
- Sezione Penale -
composto dai Signori:
Dott. Filippo Lagrasta - Presidente
Dott.ssa Veronica Salvadori - Giudice
Dott.ssa Alessia Russo - Giudice
alla pubblica udienza del 31/03/2025 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la
seguente
SENTENZA
(art. 544, 3 comma c.p.p.)
nel procedimento a carico di:
M.A. nato a V. il (...) residente a C. in via S. P. al n. 13
Detenuto PAC - sottoposto a misura PQC - rinunciante a comparire
Sottoposto alla misura del divieto di avvicinamento il 5.3.24
con difensore di fiducia avvocato …del foro di Vicenza
PARTE CIVILE: M.S. nata a V. il (...) assistita dall'avv. …del Foro di Vicenza
Imputato
CAPO A) delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. 572 comma 2, 612bis c.p. e art. 36 L. n. 104 del 1992 perché,
con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, con condotte reiterate, maltrattava S.M.
(sorella con la quale di fatto conviveva) mediante percosse e minacce; la percuoteva con schiaffi,
pugni, calci utilizzando per colpirla anche una stampella (cagionandole, da ultimo, le lesioni
personali indicate al capo che segue); minacciava di percuoterla qualora non avesse aderito alle sue
richieste di comprargli le sigarette o sostanze alcoliche; minacciava - dopo averla sentita pronunciare
al telefono con la sorella la parola "carabinieri" - dicendole "se chiami i Carabinieri ti riempio di
botte...ti spacco la testa" e, ancora, dopo essere stato di fatto allontanato dall'abitazione molestava e
minacciava S.M. stazionando nei pressi dello stabile condominiale, trascorrendo la notte nel giardino
posto sul retro dell'edificio.
Con tali condotte, oltre a rendere penosa la convivenza con la persona offesa, la costringeva a
cambiare le proprie abitudini di vita per timore di imbattersi nel fratello e di essere nuovamente da
lui percossa (in particolare era costretta ad allontanarsi dall'abitazione per paura di incontrare
nuovamente il fratello alloggiando, prima, in strutture ricettizie private, poi, in una casa protetta) e,
ancora, al fine di sottrarsi alle continue minacce e richieste telefoniche di denaro era costretta a
cambiare numero di cellulare al fine di non essere più rintracciabile dal M..
Fatto aggravato in quanto commesso ai danni di persona affetta da disturbo della personalità di
livello intellettivo limitato, disabile ex art. 3 L. n. 104 del 1992.
In Caldogno (VI) da settembre 2023 e con condotta ancora in atto.
CAPO B) delitto p. e p. dagli artt. 582 e 585 co. 1 in relazione all'art. 577 comma 2 c.p. e art. 36 L. n.
104 del 1992 perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, colpiva la sorella
S.M. con lui convivente con schiaffi, calci e pugni e percuotendola anche mediante una stampella e,
in tal modo, le cagionava lesioni personali consistite in "algia al volto" da cui derivava una malattia
giudicata guaribile in giorni 2 (come risulta dal verbale del pronto soccorso dell'Ospedale di Vicenza
del 21.01.2024) con l'aggravante di aver commesso il reato in danno della sorella convivente, in
occasione della commissione del delitto di cui all'art. 572 c.p. ed ai danni di persona disabile ex art.
3 L. n. 104 del 1992
In Caldogno (VI) 21.01.2024.
Svolgimento del processo
1. Con decreto emesso dal G.U.P. presso il Tribunale di Vicenza in data 6 maggio 2024, M.A. veniva
tratto a giudizio con rito ordinario per rispondere dei reati di cui agli artt. 572, 582-585, 612 bis cod.
pen., commessi ai danni della sorella, M.S., come contestati in imputazione.
Alla prima udienza del 1 luglio 2024 - assente l'imputato - la persona offesa, per il tramite del proprio
difensore e procuratore speciale, si costituiva parte civile. Seguiva poi un rinvio, a prescrizione
sospesa, su istanza della difesa dell'imputato.
Il successivo 19 luglio 2024, dichiarato aperto il dibattimento, le parti prestavano il consenso ex art.
493, comma 3, c.p.p. all'acquisizione di tutti gli atti di indagine.
Il dibattimento proseguiva all'udienza del 17 febbraio 2025, nella quale l'imputato, personalmente
comparso, rilasciava spontanee dichiarazioni. Conclusa l'istruttoria e svolta la discussione delle
parti, che concludevano come da verbale, veniva disposto un rinvio per eventuali repliche.
All'ultima udienza del 31 marzo 2025, in assenza di repliche delle parti, il Tribunale pronunciava la
sentenza, di cui alla presente motivazione, mediante lettura del dispositivo, riservandosi il termine
di novanta giorni per il deposito della motivazione.
Nel corso del giudizio all'imputato veniva applicata la misura cautelare del divieto di dimora e
dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, poi sospeso in ragione della sopravvenuta
incarcerazione per altro titolo in data 16 dicembre 2024.
Motivi della decisione
2. All'esito del giudizio risulta provata la penale responsabilità dell'imputato per i soli reati di
maltrattamenti e lesioni personali, imponendosi invece una pronuncia assolutoria in ordine al reato
di atti persecutori.
Costituiscono fonti di prova della decisione gli atti di indagine - acquisiti con il consenso delle parti
- e, in particolare, la denuncia sporta congiuntamente dalla persona offesa, M.S., e dalla sorella, M.S.,
in data 21 gennaio 2024, le sommarie informazioni rese da M.M. nella medesima data, la denuncia
sporta dall'avv. (...) nella qualità di amministratore di sostegno della persona offesa e depositata in
data 7 febbraio 2024, oltre alle annotazioni relative agli interventi compiuti dalla polizia giudiziaria.
Rileva, infine, quale prova documentale il certificato medico rilasciato alla persona offesa dal Pronto
Soccorso dell'Ospedale di Vicenza in data 21 gennaio 2024.
Dalle citate fonti di prova emerge quanto segue.
2.1. Il presente procedimento trae origine dalla denuncia sporta in data 21 gennaio 2024 presso la T.
di D. (V.) da M.S..
Questa premetteva di essere sorella di M.S., persona affetta da handicap intellettivo, e di volere
presentare denuncia nei confronti del fratello M.A., poiché quest'ultimo aveva manifestato agiti
aggressivi nei confronti della sorella disabile.
La denunciante raccontava che S. viveva assieme alla madre, U.M.A., in un appartamento sito a R.
di C. (V.) e che da alcuni mesi si era trasferito nell'abitazione anche il fratello A., soggetto senza fissa
dimora e affetto da gravi problemi di tossicodipendenza.
Proseguiva affermando che la sera prima della denuncia la madre era stata ricoverata in ospedale
per un malore e, pertanto, verso le due di notte aveva chiamato la sorella S. per aggiornarla sulle sue
condizioni di salute. Poiché nel corso della telefonata quest'ultima aveva manifestato timore di
rimanere in casa da sola con il fratello, l'aveva rassicurata dicendole di chiamare i carabinieri qualora
si fosse sentita in pericolo.
La denunciante riferiva poi di essersi recata la mattina successiva, verso le ore 9:30, dalla zia U.A. e
di avervi trovato la sorella S., la quale, presentando una piccola tumefazione all'altezza dell'occhio
destro, le aveva confidato di essere stata picchiata verso le tre di notte dal fratello: costui, infatti,
sentendo che nel corso della telefonata erano stati menzionati i carabinieri, era andato in
escandescenze e, entrato nella camera da letto di lei, l'aveva aggredita con pugni, sberle e calci,
tirandola anche per i capelli e le orecchie, utilizzando persino la stampella che aveva uso per
problemi di deambulazione. M., mentre la picchiava, le aveva anche intimato ripetutamente di non
nominare più il termine "carabinieri", minacciandola di malmenarla ancora in caso contrario. S.,
temendo ripercussioni peggiori, non aveva nemmeno tentato di difendersi.
La sorella le aveva, inoltre, raccontato che dopo l'aggressione si era di nuovo coricata a letto ma, non
riuscendo a dormire a causa del dolore, aveva deciso di alzarsi e di uscire dall'appartamento per
contattare il C.A. di V.: sennonché, mentre stava iniziando a parlare con un operatore, il fratello era
intervenuto, chiudendo immediatamente la conversazione. A quel punto S. era tornata nuovamente
in camera, ma il fratello l'aveva seguita e aggredita di nuovo con sberle, pugni e calci, minacciandola
al contempo con frasi del tipo "Se chiami i carabinieri, ti riempio di botte, ti spacco la testa" e
privandola del suo telefono cellulare.
Terminata la seconda aggressione, M. era rientrato nella propria stanza e solo alle successive 7:30 del
mattino le aveva restituito il telefono: dopo circa un'ora S. era uscita dall'appartamento con il proprio
motorino per recarsi dalla zia.
2.2. Terminata l'esposizione preliminare dei fatti, veniva sentita M.S., presente al momento della
formalizzazione della denuncia, la quale confermava quanto riferito dalla sorella, aggiungendo
ulteriori particolari in ordine alle condotte tenute dal fratello.
La persona offesa confermava, anzitutto, che la convivenza con A. era ripresa nel settembre del 2023,
essendo egli senza fissa dimora, e che i rapporti con lui non erano sempre sereni, soprattutto a causa
del suo problema di tossicodipendenza, che lo rendeva particolarmente aggressivo nei momenti di
astinenza.
Spiegava che anche prima del 21 gennaio era stata reiteratamente minacciata e picchiata dal fratello,
che l'aveva aggredita sia con le mani che con calci e persino con la stampella a lui in uso: di regola,
le condotte violente nascevano da futili ragioni, quali il diniego all'acquisto di alcol o di sigarette,
motivo per cui aveva iniziato, per paura, ad accondiscendere a ogni sua richiesta.
La persona offesa precisava di non avere mai parlato di questi fatti né alle sorelle né alla sua
amministratrice di sostegno, alla quale aveva chiesto genericamente consiglio in merito alle
iniziative da assumere per farlo uscire di casa. Di tali violenze aveva accennato solo all'assistente
sociale del Comune, T.B., che le aveva consigliato di denunciarlo: tuttavia, non aveva mai pensato
seriamente di rivolgersi alle forze dell'ordine sia perché era molto impaurita dalle sue minacce sia
perché la sua priorità era solo di allontanarlo da casa, per porre fine alla convivenza divenuta
insostenibile e per liberare la stanza da lui occupata in modo assumere una badante per la madre.
Quest'ultima, del resto, tendeva a proteggere il figlio e a minimizzare le sue condotte.
Quanto alla propria situazione personale, la donna raccontava di essere seguita dal C.S.M. di
Vicenza da almeno vent'anni e di avere un'occupazione parttime come operaia presso una impresa
di M. (V.).
2.3. Nella medesima giornata veniva sentita anche M.M., la quale confermava quanto già riferito
dalla sorella S..
Spiegava, infatti, di avere ricevuto, assieme a quest'ultima, le confidenze di S., la quale aveva
raccontato loro che il fratello durante la notte l'aveva picchiata e le aveva sottratto il telefono per
impedirle di contattare le forze dell'ordine e il C.A..
La stessa confermava di avere visto in tale occasione la sorella con un livido all'occhio.
2.4. Quanto alle predette lesioni è stato acquisito in dibattimento il referto medico, con prognosi di
due giorni, rilasciato il 21 gennaio 2024 dall'Ospedale di Vicenza a M.S., in cui si attesta che la
paziente giungeva in Pronto Soccorso "per un trauma cranico semplice, ecchimosi in zigomo destro.
Riferisce ieri è stata colpita con pugni e con una stampella dal fratello, non è stata la prima volta".
2.5. Dall'annotazione del 29 gennaio 2024 redatta dai carabinieri della T. di D. (V.) emerge che, a
seguito della denuncia sporta, M.S. era stata presa in carico dalle due sorelle, le quali dopo un iniziale
periodo avevano però manifestato delle difficoltà a occuparsi di lei.
La persona offesa, che aveva rifiutato anche l'inserimento in una casa protetta per non perdere il
lavoro, era stata allora collocata, grazie all'intervento dei servizi sociali del comune di residenza,
presso alcuni b&b del territorio, con necessità però di trovare di volta in volta strutture diverse, in
quanto la donna, proprio a causa della patologia di salute da cui era affetta, si rivelava problematica.
2.5. Seguiva una annotazione dei Carabinieri di Thiene (VI), datata 4 febbraio 2024, relativa a un
intervento compiuto presso l'abitazione familiare, sita a R. di C. (V.) in via S. P. n. 13, a seguito della
segnalazione da parte dei residenti in ordine alla presenza di un senzatetto: giunti sul posto gli
operanti riscontravano effettivamente la presenza di un uomo, identificato in M.A., che dormiva sul
retro del condominio, rannicchiato su una sedia, con indosso due giubbotti, e recante con sé vari
effetti personali, tra cui una boccetta di metadone e delle stampelle.
In occasione di tale intervento l'uomo lamentava di essere tossicodipendente, senza fissa dimora e
di non potere più rientrare in casa, in quanto la sorella aveva cambiato la serratura dell'abitazione
(sullo stato di tossicodipendenza di M., v. anche annotazione della Tenenza di Dueville del 7 marzo
2024 in cui si dà atto che l'uomo era seguito da tempo dal S.E.R.D. dell'U.7 P.).
2.6. Il successivo 7 febbraio 2024 l'avv. (...), amministratore di sostegno della persona offesa,
depositava presso la Procura della Repubblica una "memoria a precisazione della denuncia querela"
(v. all. 1 contenente decreto di nomina ad amministratore di sostegno e relativo verbale di
giuramento).
In esso si precisava che U.A., madre dei fratelli M., era deceduta in data 1 febbraio 2024 (v. certificato
di morte di cui all'all. 3) e che M.S., dopo le dimissioni a seguito del ricovero subito per le lesioni
riportate, non era potuta rientrare nella propria abitazione, della quale era proprietaria esclusiva, in
quanto occupata illegittimamente dal fratello, vedendosi costretta a soggiornare in alcune strutture
alberghiere della zona.
Tale situazione - lamentava l'avv. (...) - stava minando il già precario equilibrio psicofisico della
donna.
Alla memoria veniva inoltre allegata una e-mail, inviatale il 5 febbraio 2024 dalla dott.ssa G.M.,
assistente sociale 1 CSM, nella quale rappresentava che M.A. dopo il cambio della serratura era
riuscito comunque a fare ingresso nell'appartamento, rompendo un vetro della finestra e che inoltre
aveva continuato a importunare la sorella, chiamandola al telefono, rivolgendole minacce e pressanti
richieste di denaro (v. all. 5 alla memoria).
2.7. All'udienza dibattimentale del 17 febbraio 2025 M.A. rendeva spontanee dichiarazioni,
ammettendo in primo luogo di avere colpito la sorella alla testa la notte del 21 gennaio 2024 con
l'utilizzo di un telefono e non della stampella. Confermava, inoltre, di averle sottratto il telefono,
poiché temeva che la stessa potesse contattare le forze dell'ordine, restituendoglielo solo la mattina
seguente.
Dichiarava di essere dispiaciuto per l'accaduto, anche in ragione dell'affetto che lo lega alla sorella,
e forniva giustificazione delle proprie condotte spiegando che quel periodo per lui era stato
particolarmente difficile.
3. Così ricostruite le risultanze istruttorie, è provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale
responsabilità dell'imputato in ordine ai reati di maltrattamenti e lesioni personali al medesimo
contestati.
La principale fonte di prova è rappresentata dalle dichiarazioni rese in fase di indagini da M.S., le
quali meritano, per le ragioni di seguito esplicitate, di essere pienamente valorizzate ai fini della
ricostruzione dei fatti oggetto del presente giudizio.
Come è noto, secondo l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, le dichiarazioni
della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell'affermazione di penale
responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità
soggettiva e dell'attendibilità intrinseca del racconto. Tuttavia, nel caso in cui la persona offesa si sia
anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui
soddisfazione discenda dal riconoscimento della responsabilità dell'imputato, può essere opportuno
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (cfr. ex multis Cass., Sez. V, n. 19290 del
13/2/2020 e Cass., S.U., n. 41461 del 19/7/2012).
Nel caso di specie la persona offesa è risultata del tutto credibile, così come deve giudicarsi
pienamente attendibile la sua versione dei fatti.
3.1. Quanto al primo profilo si osserva che M.S. davanti ai carabinieri ha reso una dichiarazione
pacata e spontanea e, inoltre, non sono emersi elementi dai quali ritenere che costei avesse motivo
di accusare falsamente il fratello.
Inoltre, il giudizio di credibilità risulta rafforzato dalla genesi della denuncia, che è stata presentata,
formalmente, da M.S., che, venuta a conoscenza delle violenze perpetrate a danno della sorella
disabile, ha ritenuto di portare la vicenda all'attenzione delle forze dell'ordine. La denuncia, quindi,
è stata sporta dopo svariati mesi dall'inizio della convivenza e solo a seguito dell'intervento della
sorella, circostanza che comprova dunque l'assoluta genuinità e spontaneità delle accuse. La persona
offesa, inoltre, nel rendere tali dichiarazioni, è parsa assolutamente pacata e priva di acrimonia nei
confronti del fratello, manifestando anche preoccupazione per la sua condizione e il suo stato di
salute.
M.S. ha poi ripercorso i mesi di convivenza in modo dettagliato e logico, dando conto delle variazioni
d'umore del fratello, del suo stato di tossicodipendenza e delle modalità con cui veniva da lui
picchiata, cosicché il suo racconto risulta anche intrinsecamente attendibile.
Deve rilevarsi, peraltro, che la particolare condizione patologica della persona offesa, affetta da
"disturbo della personalità in livello intellettivo limitato" (v. sul punto provvedimento di nomina
dell'amministratore di sostegno) non risulta avere inciso sulla capacità della stessa di testimoniare:
invero, dalla lettura del verbale si evince come la stessa sia dotata di capacità di comprensione delle
domande e di adeguamento delle risposte, oltre a una sufficiente memoria circa i fatti oggetto di
deposizione e a una piena coscienza di riferirne con verità e completezza (sul punto, cfr. Cass., Sez.
2, n. 45074 del 14/09/2023 e Cass. Sez. 1, n. 6969 del 12/09/2017); trattasi, del resto, di persona dotata
di una propria autonomia, come dimostrato dal suo impiego come operaia e dal fatto che guida da
sola il motorino.
3.2. L'episodio di percosse del 21 gennaio 2024 trova riscontro diretto e inequivocabile nel referto di
pronto soccorso attestante la presenza di una ecchimosi all'altezza dello zigomo.
La sorella M.S. ha poi fornito, rispetto all'episodio in questione, un racconto compatibile con quello
reso da S., laddove ha confermato di averla contattata alle due di notte e di avere menzionato i
carabinieri.
Del resto, lo stesso imputato in dibattimento ha ammesso di avere picchiato la sorella disabile la
notte del 21 gennaio 2024.
Quanto agli episodi precedenti non sussistono elementi che confermino direttamente i fatti, ma vi
sono rispetto al racconto della persona svariati riscontri indiretti o comunque riferibili a circostanze
di contorno.
Sul punto vanno menzionate le annotazioni di polizia giudiziaria in precedenza richiamate in ordine
alle condizioni di tossicodipendenza di M.A. e all'uso da parte dello stesso di una stampella, oggetto
con il quale la vittima lamentava di essere stata talvolta picchiata.
Anche il comportamento da lui assunto dopo l'allontanamento dalla casa familiare, come descritto
dagli operanti di polizia giudiziaria, dall'avv. (...) e dalle comunicazioni degli assistenti sociali
denotano una forma di aggressività del tutto coerente e compatibile con le condotte maltrattanti
tenute in costanza di convivenza.
In tale quadro probatorio la versione fornita dall'imputato, che ha negato i maltrattamenti ai danni
della sorella, è alquanto generica e priva di qualsivoglia riscontro e quindi inidonea a suscitare un
ragionevole dubbio sulla sua responsabilità.
4. In punto di diritto, i fatti così descritti integrano il reato di maltrattamenti di cui al capo a).
4.1. L'istruttoria svolta, infatti, ha portato ad accertare come la persona offesa, costretta suo malgrado
a convivere con il fratello tossicodipendente, sia stata destinataria di atti di violenza fisica e minacce,
dovendo altresì sottostare, per paura delle reazioni scomposte e fisicamente aggressive del fratello,
a tutte le sue richieste.
Sussiste, inoltre, il carattere dell'abitualità, trattandosi di una stabile connotazione del rapporto
familiare, caratterizzato, per l'appunto, dalla prevaricazione di M. ai danni della sorella, la cui
capacità di opporsi era seriamente compromessa anche dalle sue condizioni di disabilità intellettiva.
4.2. Risulta parimenti provato l'elemento psicologico del reato.
La Suprema Corte ha chiarito che il delitto di cui all'art. 572 c.p. non richiede l'intenzione e la volontà
di sottoporre la persona offesa in modo continuo ed abituale ad una serie di sofferenze fisiche e
morali, ma soltanto la consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria (v. Cass. Sez.
III, n. 1508 del 16/10/2018).
A tal proposito le condotte perpetrate, espressive di un certo grado di aggressività e prepotenza,
conducono a ritenere pienamente sussistente la consapevolezza e la volontà, da parte di M., di
sottoporre la sorella ad un regime di vita caratterizzato da vessazioni e soprusi sistematici,
esacerbato dallo stato di tossicodipendenza dell'uomo.
Per quanto esposto, si impone una pronuncia di condanna dell'imputato per il delitto di
maltrattamenti in famiglia a lui contestato.
5. Quanto al reato di cui al capo b), è certo che M. in occasione dell'ultimo episodio del 21 gennaio
2024 abbia picchiato la sorella, cagionandole le lesioni indicate nel referto in atti.
5.1. La riconducibilità di tali lesioni all'imputato si desume pacificamente dalla narrazione della
persona offesa, dai riscontri contenuti negli stessi certificati e dalle dichiarazioni ammissive dello
stesso M..
5.2. È poi indubbio, alla luce della natura delle lesioni descritte e delle modalità di causazione delle
stesse, che egli abbia agito con piena coscienza e volontà, cosicché risulta integrato anche l'elemento
soggettivo della fattispecie.
Per quanto esposto, dunque, sussiste la penale responsabilità di M. anche per le lesioni di cui al capo
b).
6. Si impone, invece, una sentenza di assoluzione in ordine al reato di atti persecutori contestato sub
capo a).
La prova delle condotte moleste emerge in via esclusiva dalla e-mail inviata dall'assistente sociale
che aveva in carico la persona offesa, allegata alla memoria trasmessa alla Procura della Repubblica
dall'avv. (...).
Nessun ulteriore accertamento sul punto è stato però compiuto: infatti, né l'amministratore di
sostegno né l'assistente sociale sono state sentite in fase di indagini; nemmeno la persona offesa è
stata sentita a sommarie informazioni in merito alle asserite chiamate ricevute dal fratello dopo la
cessazione della convivenza.
La prova in ordine alla sussistenza del reato di cui all'art. 612 bis c.p. è dunque del tutto carente:
pertanto si impone in relazione a tale contestazione una sentenza di assoluzione, quantomeno con
formula assolutoria, perché il fatto non sussiste.
7. In punto di pena, giova premettere che i reati di maltrattamenti e lesioni contestati sono
espressione della medesima matrice cognitivo-volitiva in quanto commessi ai danni della medesima
persona offesa e nel medesimo contesto spaziotemporale. Essi, pertanto, risultano fra loro unificati
dalla sussistenza del medesimo disegno criminoso, con conseguente applicazione della disciplina di
favore di cui all'art. 81, secondo comma, c.p.: la violazione più grave va individuata, tenuto conto
della pena edittale prevista dalla legge, nella fattispecie di cui all'art. 572 c.p.
I criteri di cui all'art. 133 c.p., globalmente considerati, conducono a discostarsi dal minimo edittale,
tenuto conto della durata e delle modalità della condotta maltrattante, del danno cagionato alla
persona offesa e del comportamento successivo tenuto dall'imputato, sostanziatosi nell'iniziale
rifiuto di abbandonare l'abitazione, da lui illegittimamente occupata, e nel rientravi mediante atti di
danneggiamento.
Sussiste poi l'aggravante di cui all'art. 36 L. n. 104 del 1992, poiché dall'istruttoria svolta è emerso in
modo inequivocabile come M.S. fosse affetta da disturbo della personalità in livello intellettivo
limitato, condizione patologica rientrante nella nozione di minorazione psichica descritta dalla
norma.
Devono essere riconosciute però le circostanze attenuanti generiche, tenuto conto della condotta
processuale dell'imputato, come mediata dalla difesa, che ha acconsentito all'acquisizione di tutti gli
atti di indagine, così soddisfacendo le esigenze di economia processuale; M. inoltre ha ammesso
parzialmente gli addebiti, dimostrando resipiscenza per le condotte da lui poste in essere.
Tali aggravanti devono essere poste in giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti - con
applicazione della riduzione di pena in misura pari al terzo - tenuto conto delle peculiarità della
vicenda e della particolare condizione di disagio sociale caratterizzante la vita dell'imputato.
La pena così determinata deve essere aumentata di un mese di reclusione per la continuazione con
il reato di lesioni personali: l'entità dell'aumento tiene conto del carattere minimale della lesione,
giudicata guaribile dai sanitari in soli due giorni.
In conclusione, appare congrua la pena finale di anni due e mesi nove di reclusione, così determinata:
pena-base anni quattro di reclusione per il reato più grave, ridotta per il riconoscimento delle
circostanze attenuanti di cui all'art. 62-bis c.p. ad anni due e mesi otto di reclusione, aumentata per
la continuazione con il reato di cui al capo b) ad anni due e mesi nove di reclusione.
8. Con riferimento al danno subìto dalla parte civile costituita, si osserva quanto segue.
Le dichiarazioni rese in sede di denuncia da M.S. denotano la sussistenza di un danno di natura non
patrimoniale, sub specie di danno morale, rilevante sotto il profilo di un patema d'animo cagionato
dalle vessazioni perpetrate dall'imputato: la persona offesa infatti, ha spiegato di essere rimasta
molto impaurita dalle condotte illecite perpetrate dal fratello a suo danno e tale condizione di
prostrazione è stata confermata anche dall'amministratore di sostegno e dall'assistente sociale, che
hanno dimostrato preoccupazione per le conseguenze di tale vicenda sul precario equilibrio
psicofisico della persona offesa.
In ordine alla quantificazione del danno in questione, gli elementi raccolti nel corso dell'istruttoria
dibattimentale consentono di pervenire a una determinazione in via equitativa: nello specifico,
considerati l'arco temporale in cui si sono estrinsecate le condotte maltrattanti, la loro frequenza e
caratteristiche e lo stato di disabilità della vittima si ritiene congrua la somma di 5.000 euro.
L'accoglimento della richiesta risarcitoria comporta, ai sensi dell'art. 541 c.p.p., la condanna
dell'imputato al pagamento delle spese di costituzione sostenute dalle parti civili che, in ragione
della complessità del procedimento e dell'impegno che la sua trattazione ha comportato, appare
congruo liquidare in Euro 1.764, a titolo di onorario, oltre alle spese generali al 15%, IVA e CPA,
come per legge, che vanno versate a favore dello Stato in ragione dell'ammissione della parte civile
al gratuito patrocinio.
Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali.
L'attuale carico di lavoro e la complessità delle questioni trattate impone l'individuazione di un
termine non inferiore a novanta giorni per il deposito della motivazione.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.,
dichiara M.A. responsabile del reato di cui all'art. 572 c.p., contestatogli sub capo a) e del reato di cui
al capo b), ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione e, riconosciute le circostanze attenuanti
generiche in giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, lo condanna alla pena di 2 anni e
mesi 9 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'art. 530, comma 2, c.p.p.,
assolve M.A. dal reato di cui all'art. 612-bis c.p., contestatogli sub capo a), perché il fatto non sussiste.
Visti gli artt. 538 ss. c.p.p.,
condanna M.A. al risarcimento del danno alla parte civile costituita, M.S., che liquida in Euro 5.000,
oltre interessi come per legge. Condanna l'imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute
dalla parte civile costituita che si liquidano in 1.764 euro, oltre IVA e CPA (15%), se dovute, come
per legge, disponendone il pagamento a favore dello Stato.
Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p.,
indica in novanta giorni il termine per il deposito della motivazione.
Conclusione
Così deciso in Vicenza, il 31 marzo 2025.
Depositata in Cancelleria il 30 giugno 2025.
06-09-2025 07:14
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