Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Richiesta di archiviazione del procedimento penale: quali sono i poteri del GIP?
Richiesta di archiviazione del procedimento penale: quali sono i poteri del GIP?
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 41104/19; depositata il 7 ottobre
SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI BRINDISI nei confronti di: C.R. nato a T. il  S. A. nato a B. il      L. A.nato a B. M.T. nato a BRINDISI il 14/08/1983 avverso il decreto del 05/02/2019 del GIP TRIBUNALE di BRINDISI udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SARACO; letta la requisitoria del procuratore generale, nella persona di Perla Lori, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto 1. Con decreto 05/02/2019, il G.i.p. del Tribunale di Brindisi ha disposto l'archiviazione del procedimento penale iscritto a carico di R.C., A.S., A.L. e T.M. per il reato di invasione di un'area pubblica. 1.1. In particolare, il PM inoltrava la richiesta di archiviazione in ragione della particolare tenuità del fatto, mentre il G.i.p. disponeva l'archiviazione (non per la particolare tenuità del fatto, ma) con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 2. Il PM presso il Tribunale di Brindisi deduce la violazione dell'art. 411, comma 1 bis, cod.proc.pen., ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen., la «violazione dell'art. 630, cod.proc.pen. Si sostiene che l'ultima parte dell'art. 411, comma 1 bis, cod.proc.pen. «indica chiaramente le determinazioni che il G.I.P. può adottare qualora non accolga la richiesta del PM di archiviazione per "tenuità del fatto", e cioè deve restituire "gli atti al PM, eventualmente provvedendo ai sensi dell'art. 409, commi 4 e 5". Quindi, il G.I.P. può disporre eventualmente nuove indagini o imporre l'imputazione ovvero, qualora semplicemente non condivida la richiesta del PM perché non ravvisi altre e diverse ragioni di archiviazione del procedimento, restituire gli atti al PM per le sue determinazioni, ma non può direttamente archiviare il procedimento». Aggiunge che la procedura seguita dal G.i.p. lede anche le ragioni della persona offesa che, senza poter interloquire e senza potersi avvalere delle prerogative di cui agli artt. 408 ss., cod.proc.pen., subisce una decisione che presuppone la totale insussistenza del fatto. 3. Con requisitoria scritta del 29 luglio 2019, il Procuratore generale, nella persona di Perla Lori, ha concluso per il rigetto del ricorso. In particolare il Procuratore generale, dopo avere illustrato i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di archiviazione, di dinamiche processuali nei rapporti tra Pubblico ministero e G.i.p. nell'ambito della richiesta di archiviazione, con specifico riguardo alle ipotesi in cui tale richiesta sia avanzata per la particolare tenuità del fatto, così conclude: «la procedura seguita non appare corretta, in quanto il Pubblico ministero avrebbe dovuto essere investito delle determinazioni del Giudice, con la restituzione degli atti, che l'art. 411 comma 1 bis c.p.p. sembra disporre in tutti i casi (dato il richiamo alle 'eventuali' ipotesi di cui all'art. 409, commi 4 e 5 c.p.p.), tuttavia si ritiene sussistente anche nella fattispecie il potere-dovere del Giudice di verificare e 
dichiarare l'esistenza delle cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. Conseguentemente, si ritiene che nel caso di specie il provvedimento di restituzione degli atti al Pubblico Ministero rappresentava la naturale conseguenza della valutazione giurisdizionale di impossibilità di accoglimento immediato della richiesta di archiviazione, ma si ravvisa uno spazio valutativo che rientra nel potere del G.I.P. anche a fronte della richiesta formulata ex art. 131 bis c.p., in relazione al quale non appare configurabile l'abnormità del provvedimento impugnato». Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Il tema sollecitato dal ricorso attiene alla riconoscibilità del carattere abnorme al provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, chiamato a decidere su una richiesta di archiviazione ex art. 131 bis, cod.pen., si determini a disporre l'archiviazione per un causa diversa rispetto a quella indicata dal Pubblico ministero ove, più a monte della configurabilità della particolare tenuità del fatto, riconosca l'infondatezza della notitia criminis perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il quesito ha sostanzialmente ad oggetto la delimitazione dei poteri di controllo attribuiti al giudice per le indagini preliminari sull'operato del pubblico ministero per assicurare il rispetto del principio costituzionale della obbligatorietà dell'azione penale ex art. 112 Cost. e, in particolare, chiede se la sfera di valutazione del giudice per le indagini preliminari sia limitata a un semplice esame della richiesta finale del pubblico ministero, ovvero sia estesa al complesso degli atti procedimentali rimessi al giudice dall'organo requirente. La questione così sintetizzata è stata oggetto di plurime pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione a Sezioni Unite. La Corte Costituzionale, con numerose sentenze (v. Corte Cost. sentenze n. 88 del 1991, n, 478 del 1993, n. 263 del 1991, n. 417 del 1991, n. 34 del 1994, n. 176 del 1999, n. 349 del 2002). ha affermato che il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale esige che nulla sia sottratto al controllo di legalità del giudice, che investe l'intera vicenda processuale e riguarda l'integralità dei risultati delle indagini, senza la possibilità di imporre limiti devolutivi in relazione alla domanda del p.m. Il solco così tracciato dalla Corte costituzionale è stato seguito dalle Sezioni Unite che hanno affermato che rientra tra i poteri del G.i.p. quello di effettuare un controllo completo sulle indagini svolte dal pubblico ministero e che il G.i.p. non può limitarsi ad un semplice esame della richiesta finale del p.m., ma deve esercitare il suo controllo sul complesso degli atti procedimentali rimessigli dallo stesso p.m. (Sentenze: n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581, n. 4319 del 28/11/2013, L. Rv. 257786, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv 231163). Più in particolare è stato osservato che «con la richiesta di archiviazione, il P.M. deve trasmettere "il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari" (art. 408, comma 1, c.p.p.). Ciò vuol dire che al G.i.p. è rimessa la cognizione della richiesta del P.M., non interclusa in sé, bensì in relazione a tutta l'attività svolta dall'organo inquirente; ciò vuol dire ancora che il controllo giudiziale sull'esercizio dell'azione penale deve avvenire attraverso il vaglio e l'apprezzamento di tutte le risultanze delle indagini preliminari» (Rv 231163, in motivazione). 1.2. I principi ora enunciati conducono nel senso di escludere che il provvedimento del G.i.p. oggetto dell'odierna impugnazione sia abnorme, non potendosi affermare che esso non sia inquadrabile nella struttura procedimentale prevista dall'ordinamento, ovvero che determini una stasi processuale non altrimenti superabile, per come richiesto per potersi ritenere configurata l'abnormità. Al contrario esso è l'espressione e il risultato del potere di controllo demandato al G.i.p. che, investito della richiesta di archiviazione, ha il dovere di vagliare e apprezzare tutti i requisiti necessari al suo accoglimento attraverso il vaglio delle risultanze delle indagini preliminari. La richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto posta al suo vaglio, infatti, si presenta peculiare rispetto alle altre figure indicate dagli artt. 408 e 411, cod.proc.pen., ove si consideri che l'istituto della "irrilevanza" per particolare tenuità presuppone un fatto tipico e, pertanto, costitutivo di reato, che tuttavia si ritiene non punibile in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale. Proprio la necessaria esistenza di un fatto tipico tra i requisiti necessari alla configurazione dell'ipotesi di "esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto", importa che la richiesta di archiviazione ex art. 131 bis, cod.pen. implica per il G.i.p. l'esame preliminare della fondatezza della notizia di reato, che si presenta come il presupposto ineludibile del successivo apprezzamento vòlto a stabilire se il fatto (pur sussistente) sia tuttavia non punibile per la particolare tenuità. Tanto porta a osservare che il G.i.p., nel rilevare l'infondatezza della notitia criminis perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, ha fatto legittimo esercizio del suo potere di controllo, essendo tenuto a verificare l'esistenza di tutti i requisiti richiesti per l'esame della richiesta di archiviazione che gli è stata affidata dal Pm e ove si consideri che una richiesta siffatta -proprio per la peculiarità che la connota- suppone che l'organo d'accusa ritenga che l'accusa sia astrattamente sostenibile in dibattimento, che il fatto sia previsto dalla legge come reato, che vi sia la condizione di procedibilità eventualmente richiesta e che il reato non si sia estinto. La verifica della fondatezza della notizia di reato, quindi, si inserisce nella progressione delle questioni che il G.i.p. è tenuto a sciogliere prima di addivenire all'esame della particolare tenuità. Nel rigettare la richiesta per l'infondatezza della notizia di reato, peraltro, il G.i.p. ha correttamente richiamato la necessità di soddisfare ragioni di economia processuale, in quanto tali ragioni sono sottese sia alla stessa richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (per come già evidenziato), sia dell'archiviazione in generale, il cui precipuo compito «sta nell'evitare il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorietà» nel senso che «limite implicito alla stessa obbligatorietà [dell'azione penale n.d.e.], razionalmente intesa, è che il processo non debba essere instaurato quando si appalesi oggettivamente superfluo» (Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 1991). 1.3. Rimane da rilevare come sia infondata l'osservazione del Pm, secondo il quale il provvedimento in esame sarebbe lesivo delle prerogative della persona offesa. Tale lesione non si verifica in quanto le enunciate prerogative trovano piena tutela ove si considerino le formalità previste dall'art. 411, comma 1 bis, cod.proc.pen., che stabiliscono l'instaurazione obbligatoria di un preliminare contraddittorio (cartolare) nell'interesse delle parti private e, quindi, anche della persona offesa, che viene avvisata della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto, che può prendere visione degli atti e che può presentare opposizione con cui indicare le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. 2. Da quanto esposto discende l'infondatezza del ricorso e il suo conseguente rigetto. p.q.m. Rigetta il ricorso. Roma, 13 settembre 2019 Il Consigliere estensore Antonio Saraco Il Presidente Domenico Gallo
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza