Circolazione stradale (nuovo codice) - Norme di comportamento - Circolazione - Guida in stato di ebbrezza - Da alcool - Accertamento del tasso alcolemico presso una struttura sanitaria su richiesta della polizia giudiziaria - Assenza di motivi terapeutici - Consenso ulteriore rispetto a quello richiesto per la natura delle operazioni sanitarie - Necessità - Esclusione.
Corte di Cassazione, Sezione 4, Penale, Sentenza, 7 dicembre 2017, n. 54977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. TANGA Antonio - Rel. Consigliere
Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n° 21/2017 del giorno 11/01/2017, della Corte di Appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Tanga Antonio Leonardo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Viola Pompeo Alfredo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 798/2015, del 13/07/2015, il Tribunale di Pordenone assolveva (OMISSIS) dal reato (p. e p. dall'articolo 186 C.d.S., comma 2, lettera c), comma 2-bis e comma 2-sexies, perche' guidava il motoveicolo PEUGEOT targato (OMISSIS) in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, accertato con accertamento medico su prelievo ematico che ha evidenziato un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/I. Con l'aggravante di aver provocato un incidente stradale e di aver commesso il fatto dopo le ore 22:00 e prima delle ore 7:00. In (OMISSIS)) a lui ascritto perche' il fatto non sussiste.
2. Con la sentenza n. 21/2017 del giorno 11/01/2017, la Corte di Appello di Trieste, adita dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Trieste, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l'imputato colpevole del reato lui ha ascritto e lo condannava alla pena -sospesa- di un anno di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda, disponendo altresi' la revoca della patente di guida.
2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1):
I) nullita' del decreto penale emesso dal G.I.P. del Tribunale di Pordenone per omessa notifica dello stesso all'imputato. Deduce che la notifica del decreto penale effettuata al difensore di ufficio, difensore che nel caso di specie non e' stato nominato nemmeno domiciliatario in fase preprocessuale, non puo' ritenersi di per se' idonea a dimostrare l'effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell'imputato che e' venuto a conoscenza del processo solo dopo l'emissione della sentenza da parte della Corte di appello di Trieste. Afferma che l'omessa notifica al difensore o all'imputato del decreto penale di condanna, sono causa di nullita' assoluta dello stesso decreto, come tale deducibile in ogni stato e grado del giudizio;
II) vizi motivazionali in relazione alla pronuncia di condanna emessa in grado di appello. Deduce che e' stata contestata allo (OMISSIS) la guida in stato di ebbrezza, quindi oltre a provare l'eventuale stato di alterazione in cui il medesimo si trovava, doveva esserci assoluta certezza sul fatto che egli fosse alla guida della motocicletta. Sostiene che tale certezza nel caso di specie non vi e', in quanto al momento dei fatti non era presente alcun soggetto che abbia potuto assistere all'incidente e descrivere quindi compiutamente agli agenti, successivamente intervenuti, quanto realmente accaduto allo (OMISSIS). Afferma che nel caso in esame gli operanti in data (OMISSIS) non hanno dato all'imputato l'avviso di legge; tale avvertimento e' stato dato il (OMISSIS) come risulta dal verbale di accertamenti urgenti recante tale data. Rimarca che in caso di prelievo ematico effettuato nell'ambito di un protocollo sanitario non per terapie di pronto soccorso, ma a seguito di espressa richiesta da parte degli organi accertatori, oltre ad essere rilevante il consenso dell'interessato che deve essere informato in merito all'uso dell'accertamento che deve eseguirsi, si versa in tema di atto urgente di P.G. che necessita dell'avviso della facolta' di farsi assistere da un difensore, in base al combinato disposto degli articoli 354 e 356 c.p.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e' manifestamente infondato e impone la declaratoria di inammissibilita'.
3.1. La Corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
3.2. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimita' sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
3.3. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicita' della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioe' di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimita' al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purche' -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
3.4. Piu' di recente e' stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo di legittimita' sulla motivazione non attiene ne' alla ricostruzione dei fatti ne' all'apprezzamento del giudice di merito, ma e' circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorieta' della motivazione o di illogicita' evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
3.5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'e', in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilita' di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimita' non puo' procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
3.6. In realta' il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimita' un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita', dalla sua contraddittorieta' (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasivita', l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita', cosi' come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilita', della credibilita', dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
4. Cio' posto, in replica alla censura sub I), bastera' evidenziare che (OMISSIS) risulta aver eletto domicilio ex articolo 161 c.p.p., in (OMISSIS). L'omessa notifica del decreto penale eccepita dalla difesa e' meramente assertiva e non tiene conto che, in ipotesi di decreto penale di condanna, se manca l'opposizione o se questa viene dichiarata inammissibile, esso diventa esecutivo, altrimenti il giudice lo revoca e procede nelle forme del rito richiesto (v. articolo 460 c.p.p., comma 1, lettera f). Si rammenti che, a norma dell'articolo 461 c.p.p., comma 1, "Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, possono proporre opposizione" e il successivo articolo 461 c.p.p., comma 5 dispone che "Se non e' proposta opposizione o se questa e' dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l'esecuzione".
4.1. Ebbene nella specie il Giudice di primo grado ha proceduto con rito ordinario e cio' non puo' che presupporre che l'opposizione sia stata proposta o dall'imputato o dal suo difensore: ne deriva, quale presupposto logico, che allo (OMISSIS) fu regolarmente notificato il decreto penale in parola, non essendo stata allegata la prova che la detta opposizione fu proposta dal solo difensore d'Ufficio motu proprio.
5. La censura sub II), nella parte in cui contesta la ricostruzione del fatto e' inammissibile alla stregua dei principi enunciati in premessa. Quanto alla inutilizzabilita' dell'accertamento etilometrico, deve osservarsi che i Giudici del merito hanno fatto buon uso dei principi affermati da questa stessa Sezione in tema di prelievo ematico effettuato presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria nei confronti di un soggetto ivi ricoverato a seguito di incidente stradale.
5.1. Nel caso che occupa, infatti, emerge che l'accertamento del tasso alcolemico derivo' dal solo fatto dell'esser stato lo (OMISSIS) coinvolto in un sinistro stradale. In merito alla evocazione del tema del consenso al prelievo ematico occorre muovere dal testo dell'articolo 186 C.d.S., comma 5. La disposizione menziona i "conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche", delineando una oggettiva condizione di affidamento della persona di cui trattasi al personale medico per l'apprestamento di cure. Questa sola condizione e' sufficiente perche' la p.g. possa avanzare la richiesta dell'accertamento del tasso alcolemico. Non e' senza significato che la norma si riferisca all'accertamento (ovvero al complesso di operazioni necessarie alla conoscenza del dato ricercato) e non ad un particolare tipo di operazione -in tesi, il prelievo ematico- (ma l'evoluzione tecnico-scientifica lascia ipotizzare che in futuro potranno aversi nuove metodiche). Si vuol dire che non assume rilevanza che le operazioni utili all'accertamento siano o meno gia' state poste in campo per ragioni sanitarie; quindi, che il prelievo sia stato gia' eseguito per rilevare parametri sulla base dei quali assumere decisioni terapeutiche o che venga eseguito unicamente per le necessita' di accertamento del tasso alcolemico a fini di prova giudiziaria. La previsione normativa ha infatti lo scopo di garantire che un accertamento che puo' richiedere atti invasivi, come puo' essere il prelievo ematico, venga eseguito da personale attrezzato della necessaria competenza e in un contesto idoneo a fronteggiare ogni conseguente evenienza (v. Sez. 4, n. 37395 del 29/05/2014).
5.1.1. Il secondo dato che e' bene mettere a fuoco e' l'assenza di ogni riferimento al consenso dell'interessato nel testo dell'articolo 186 C.d.S., comma 5. Proprio perche' espressamente presa in considerazione dal legislatore, qualora la richiesta della p.g. avesse bisogno di essere seguita dal consenso dell'interessato per poter condurre all'acquisizione dei dati concernenti il tasso alcolemico, la norma lo avrebbe previsto in modo esplicito. Al contrario, la sola condizione posta dall'articolo 186 C.d.S., comma 5 (e dall'articolo 187 C.d.S, comma 3), e' quella sopra ricordata, dell'essere in presenza di "conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche". Sicche', come questa Corte ha gia' ampiamente argomentato (Sez. 4, n. 15708 del 18/12/2012), ai fini dell'applicazione dell'articolo 186 C.d.S., comma 5, la richiesta della p.g. di accertamento del tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche puo' legittimamente essere l'unica causa di tale accertamento e non richiede uno specifico consenso dell'interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento (Sez. 4, n. 37395 del 29/05/2014): nel caso in esame, lo (OMISSIS) era rimasto coinvolto in incidente stradale ed era stato sottoposto alle cure dei sanitari. Quale considerazione tranciante -alla luce di quanto in precedenza argomentatova da ultimo sottolineato che non risulta manifestato alcun dissenso da parte dell'avente diritto.
5.2. Va, infine, rammentato che lo stesso Giudice delle Leggi ha individuato quali sono i trattamenti sanitari, c.d. invasivi, consentiti, tra cui il prelievo ematico e ha ritenuto che le modalita' previste dall'articolo 186 C.d.S., comma 5, trovano il loro fondamento nell'articolo 32 Cost., comma 2, ferma pero' restando la possibilita' di rifiutare il controllo ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilita' (Corte Costituzionale, sentenze n. 54 del 1986 e poi n. 194 e n. 238 del 1996).
5.3. Ne segue la manifesta infondatezza della doglianza in esame.
6. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonche' -non ravvisandosi cause di esclusione (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
10-07-2025 21:51
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