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Sentenza

Per la Cassazione la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla
Per la Cassazione la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla "messa a disposizione" del sodalizio stesso, per il perseguimento dei comuni fini criminosi».
Cassazione Penale Sent. Sez. 2 Num. 13592 Anno 2024
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: PELLEGRINO ANDREA
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
M.V., nato a T.  il ......
rappresentato ed assistito dall'avv. G.S.  e dall'avv. A.C. , di fiducia
avverso la ordinanza in data 14/11/2023 del Tribunale di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli
artt. 611, comma 1 - bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.
137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato
in forza dell'art. 5 - duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17 del
d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto
2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con
contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere Andrea Pellegrino;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif.,
con la quale il Sostituto procuratore generale, con la quale il Sostituto procuratore
generale, Raffaele Gargiulo, ha concluso chiedendo di dichiararsi l'inammissibilità
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 14/11/2023, il Tribunale di Palermo rigettava la
richiesta di riesame avanzata nell'interesse di V. M. avverso l'ordinanza del
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo che, in data
17/10/2023, aveva applicato nei confronti del sunnominato la misura cautelare
della custodia in carcere in relazione al reato di cui all'art. 416-bis, primo, terzo,
quarto, quinto e sesto comma, cod. pen. (capo 1). Al M. è attribuito di aver
fatto parte della famiglia mafiosa di Valderice e mantenuto, attraverso incontri
riservati ed il continuo scambio di comunicazioni, un costante collegamento con
gli associati anche di altre articolazioni territoriali finalizzato, tra l'altro,
all'acquisizione in modo diretto o indiretto di attività economiche e al controllo del
territorio.
2. Avverso la predetta ordinanza, nell'interesse di V. M., è stato
proposto ricorso per cassazione, il cui formale unico motivo viene di seguito
enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.
att. cod. proc. pen.: violazione di legge in relazione agli artt. 416-bis cod. pen. e
273 cod. proc. pen.
Gli elementi indiziari a carico del M. sarebbero costituiti, oltre che dalla
condanna irrevocabile dello stesso per il reato di associazione mafiosa per fatti
commessi sino al luglio 2020, in alcuni nuovi elementi, costituiti:
- dallo stretto rapporto fiduciario con altri esponenti della famiglia mafiosa;
- dall'avvenuto incontro in una grotta con il latitante Matteo Messina Denaro;
- dal contenuto dell'intercettazione del 15/08/2021;
- dalla vendita di un gregge di pecore ai C.;
-dall'intervento nella compravendita di terreni agricoli nella controversia tra l'O. ed il G. ;
-dall'intervento in favore di G.M. per impedire la vendita di un
terreno.
Elementi privi di quella concludenza probatoria richiesta ai fini della
punibilità della condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso in
relazione alla quale la mera "contiguità compiacente", così come la "vicinanza" o
"disponibilità" nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, non
costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare il "tipo", ove non sia
dimostrato che l'asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e
proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o
del rafforzamento della consorteria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Ritiene il Collegio, a fronte di deduzioni che invocano principi estranei
alla fase cautelare, di dover chiarire in premessa i limiti di sindacabilità da parte
di questa Suprema Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale. Invero, secondo l'orientamento consolidato
di questa Suprema Corte, che il Collegio condivide, l'ordinamento non conferisce
al giudice di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso
l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del
giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonchè del
Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo
di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo,
la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità: a) - l'esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) - l'assenza
di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento (cfr., Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, Tontoli, Rv.
201840 - 01; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760 -
01).
Inoltre, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, è diretto a verificare,
da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell'apparato argomentativo
che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell'indagato e, dall'altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l'attendibilità
delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio,
quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell'ordinanza del riesame in
ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato
dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del
provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza
e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 1, n. 1700 del
20/03/1998, Barbaro, Rv. 210566 - 01), nè possono essere dedotte come motivo
di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal Tribunale del
riesame pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento,
rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun
modo dimostrata l'avvenuta rappresentazione al suddetto Tribunale, come si
verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell'impugnata ordinanza e non
ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita
da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie
scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell'essenziale, delle
ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell'udienza tenutasi a
norma dell'art. 309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003,
dep. 2004, Marchese, Rv. 227110 - 01).
In ogni caso, la nullità che la legge pone a presidio del corretto
adempimento del dovere di valutazione critica non può essere infatti relegata in
una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta
facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione
che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni
del vizio. La parte interessata deve, invece, indicare gli aspetti della motivazione
in relazione ai quali l'asserita accettazione acritica avrebbe impedito
apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni
diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, Esposito,
Rv. 274760 - 01).
3. Nella fattispecie, il Tribunale avrebbe individuato tra i gravi indizi di
colpevolezza, oltre alla condanna irrevocabile riportata dal M. per il reato di
associazione mafiosa per i fatti commessi sino al 20 luglio 2000, sei nuovi
elementi, sintomatici della sussistenza del grave quadro indiziario. Al riguardo, il
difensore rileva che tali indizi non sarebbero idonei a sostenere l'impianto
accusatorio, non bastando per ritenere configurabile il reato, la mera contiguità
compiacente, così come la vicinanza o disponibilità nei riguardi di singoli esponenti
anche di spicco del sodalizio.
3.1. Come correttamente rilevato dalla Procura generale, la decisione
impugnata ha esaminato partitamente tutti gli elementi indiziari a carico del
M., evidenziando che essi dimostravano la sua partecipazione al sodalizio
mafioso. In tale prospettiva, si è ritenuto che assumessero un rilievo particolare
le intercettazioni ambientali e telefoniche, tra l'indagato e altri individui, alcuni dei
quali di comprovata appartenenza al citato sodalizio mafioso. In particolare, il
Tribunale, nell'attribuire al contenuto delle predette conversazioni una specifica
valenza probatoria a livello di gravità indiziaria a carico del ricorrente per il delitto
di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, ha fatto corretta applicazione
dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, fornendo una
congrua ed esaustiva motivazione. In questa prospettiva, si è precisato che i
contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all'associazione mafiosa,
frutto di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all'interno
del sodalizio di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli
associati - quale indubbiamente sono i temi affrontati dai soggetti intercettati in
quanto direttamente attinenti a settori vitali della cosca di Valderice - sono
utilizzabili in modo diretto, e non come mere dichiarazioni de relato soggette a
verifica di attendibilità della fonte primaria qualora siano, come nel caso di specie,
gravi, precise e concordanti (cfr., Sez. 2, n. 10366 del 06/03/202, Mujà, Rv.
278590 - 02; Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, Acampa, Rv. 278611 - 02, Sez. U,
n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714 - 01).
Il tenore dei diversi colloqui, oggetto di captazione, conferma solidità del
vincolo che è valso a legare il M., non soltanto con altri sodali di un rango
elevato, quali il T., ma anche con esponenti di vertice della famiglia, come ad
esempio il V.. Le attività di indagine hanno, inoltre, consentito di disvelare il
variegato contributo associativo di carattere strategico informativo ed esecutivo,
stabilmente assicurato dal M. alla famiglia mafiosa di Valderice, evincibile dallo
stretto rapporto fiduciario che "l'avvinceva" tanto ai componenti delle famiglia
mafiosa di appartenenza (T. F. , M. G.), quando ad
esponenti apicali, storici e attuale del potente mandamento mafioso trapanese
(V.P., V.B.A., M.M.D. ), con cui si
relazionava nella soluzione di comuni questioni di interesse strategico per
l'articolazione mafiosa.
3.2. L'ampia conoscenza di dinamiche e vicende storiche ed attuali, interne
al potente mandamento mafioso trapanese, acquisisce rilievo anche perché di
esse, l'indagato, per sua stessa ammissione, risulta avere percezione diretta. Tali
esperienze e conoscenze mafiose venivano condivise dal M. con altri sodali
della famiglia di appartenenza, come risulta dai numerosi colloqui captati.
3.3. L'ordinanza impugnata evidenzia come l'indagato, già condannato in
via definitiva in relazione al delitto di cui all'art. 416-bis cod. pen., unitamente al
M. per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Valderice almeno fino al luglio
2000 - avuto riguardo allo stretto rapporto fiduciario con V.F., che
aveva commissionato al M. l'esecuzione di azioni estorsive, mettendolo a
conoscenza anche di interessi e cointeressenze occulte su attività economiche
della sua zona di competenza - dopo la scarcerazione per fine pena (30 maggio
2003), lungi dal recidere in via definitiva, il conclamato vincolo associativo, aveva
nel tempo nuovamente riallacciato relazioni e contatti illeciti con associati mafiosi
storici (T.F., M.G.) ed attuali (B.), soggetti con cui
l'indagato era solito relazionarsi, con assiduità, dando così inequivoca conferma
della piena e persistente conoscenza e condivisione tanto delle regole associative
quanto delle dinamiche interne e delle iniziative illecite dell'articolazione mafiosa.
Si evidenzia, inoltre, come il M. abbia stabilmente coadiuvato, in posizione
direttamente subordinata il vertice della famiglia mafiosa di Valderice, T.F., nei cui confronti però il M. non lesinava critiche in ordine all'esercizio di compiti di direzione affidati al predetto, come risulta dal contenuto
delle captazioni ambientali intercettate indicate nell'ordinanza: tali critiche, seppur
non consentite ai sodali, disvelano la piena condivisione da parte del M. degli
scopi illeciti perseguiti dall'associazione mafiosa e che, pertanto, non trovano
alcuna spiegazione alternativa al suo stabile e pieno inserimento nella famiglia
mafiosa di Valderice.
3.4. La pronuncia impugnata non si è soffermata solo su una visione
atomistica dei singoli episodi, ma li ha anche esaminati in modo globale e
complessivo, pervenendo alla conclusione che dagli elementi raccolti a carico del
M. si ricava il ruolo attivo che lo stesso ha assunto all'interno del gruppo
criminale di Valderice: valutazione compiuta in piena aderenza ai principi contenuti
nella sentenza delle Sezioni Unite n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889
- 01, secondo cui «la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si
sostanzia nello stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa della
associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristiche
assunte nel caso concreto, a dare luogo alla "messa a disposizione" del sodalizio
stesso, per il perseguimento dei comuni fini criminosi».
3.5. A fronte di dette conclusioni, il ricorrente si è sostanzialmente limitato
a sollecitare questa Suprema Corte ad effettuare una diversa e inammissibile
ricostruzione dei fatti, offrendo una lettura alternativa degli elementi probatori e
ponendosi in contrasto con il principio, consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, secondo cui l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
intercettati costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di
merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate,
non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta
illogicità e irragionevolezza della motivazione (nella specie, del tutto inesistente)
con cui esse sono recepite (cfr., Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv.
263715 - 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01; Sez. 2,
n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389 - 01; Sez. 3, n. 35593 del
17/05/2016, Folino, Rv. 267650 - 01).
4. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma
di euro tremila in favore della cassa delle ammende, così determinata in
considerazione dei profili di colpa emergenti dal ricorso. Manda alla Cancelleria per
gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 - ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1 - ter disp. att.
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 13/03/2024
Avv. Antonino Sugamele

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