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Sentenza

Ricorso per cassazione inammissibile, ma la Cassazione annulla con rinvio la decisione impugnata, perchè l’apparato sanzionatorio applicato dal giudice nelle more del giudizio era mutato in senso più favorevole al reo.
Ricorso per cassazione inammissibile, ma la Cassazione annulla con rinvio la decisione impugnata, perchè l’apparato sanzionatorio applicato dal giudice nelle more del giudizio era mutato in senso più favorevole al reo.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 marzo – 15 aprile 2016, n. 15864
Presidente Peruzzellis – Relatore Tronci

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 24.01.2014 la Corte d'appello di Perugia, nel confermare la declaratoria di colpevolezza emessa dal giudice monocratico del Tribunale dei capoluogo nei confronti di M.C., per aver ceduto poco più di un grammo di marijuana a tale B.C. per il corrispettivo di euro 20,00, dichiarava prevalente rispetto alla contestata recidiva la già concessa attenuante di cui all'art. 73 co. 5 D.P.R. 309/90 (nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal d.l. 146/2013, in quanto disposizione più favorevole) e, per l'effetto, rideterminava la pena a suo carico in anni uno di reclusione ed € 3.000,00 di multa.
2. Avverso detta sentenza propone tempestivo ricorso l'imputato personalmente, il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate dal giudice d'appello sulla scorta di una pretesa professionalità nell'attività di spaccio, che il ricorrente reputa frutto di deduzioni congetturali, senza un'adeguata ponderazione dei dati oggettivi in atti e perciò in contrasto con il dettato dell'art. 192 cpv. cod. proc. pen.; nonché in forza di una motivazione apparente, perché priva di valutazione degli elementi discordanti rispetto alla tesi privilegiata, e comunque contraddittoria, atteso che il riconoscimento dell'attenuante della peculiare tenuità del fatto e la stessa misura della pena irrogata risultano asseritamente incompatibili con la pretesa gravità del fatto, pure evocata per negare il beneficio di cui all'art. 62 bis cod. pen.
Inoltre, nel corpo dei primo motivo, si sollecita anche la riduzione della pena, alla luce delle implicazioni discendenti dalla sopravvenuta sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale.

Considerato in diritto

1. II proposto ricorso è privo di consistenza, pur dovendosi comunque pervenire all'annullamento con rinvio della sentenza, per le ragioni di seguito esposte.
Premesso che il giudice distrettuale ha dato atto con argomentazioni del tutto congrue e logiche della statuizione adottata in tema di attenuanti generiche, di talché non è consentito in questa sede sostituire con altra la decisione avente siffatte caratteristiche, rileva la Corte che il ragionamento difensivo è comunque inficiato, innanzi tutto, dall'aver preso le mosse dall'attribuzione all'imputato di una veste di spacciatore professionale che non trova riscontro nella sentenza impugnata, ove si parla semplicemente - ma diversamente - di "non occasionalità" dell'attività di spaccio; in secondo luogo, ma non certo in ordine d'importanza, dall'aver del tutto pretermesso ogni riferimento ai precedenti giudiziari, la cui valutazione ha concorso nella formazione dei giudizio negativo sulla personalità dell'imputato, che costituisce l'effettiva ed esplicitata causale della deliberazione qui contestata e non già la gravità dei fatto, come si assume nel ricorso. Onde non sussiste alcun profilo di contraddittorietà della motivazione, neppure desumibile dall'entità della pena, in quanto pari al minimo edittale, giusta la previsione normativa dei tempo (lo sviluppo dei calcolo contenuto in parte motiva è palesemente erroneo, dovendo comunque attribuirsi prevalenza all'indicazione risultante dal dispositivo).
Quanto precede vale inoltre a significare la palese inconsistenza dei riferimento alla nota sentenza n. 32/2014 del giudice delle leggi, posto che - anche a volervi riconoscere la dignità di uno specifico motivo di censura - la relativa declaratoria di incostituzionalità ha riguardato una disposizione diversa da quella qui applicata, nella sua misura minima del tempo e perciò non suscettibile di attenuazioni di sorta.
2. Fermo quanto sopra, è notorio che, successivamente alla pronuncia della cui impugnazione si tratta, la norma incriminatrice è stata ulteriormente modificata, in senso favorevole all'imputato, ai sensi del d.l. 20.03.2014 n. 36, convertito in legge 16.05.2014 n. 79: discende da ciò, in conformità all'insegnamento delle Sezioni Unite, "Il diritto dell'imputato, desumibile dall'art. 2, comma quarto, cod. pen., di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la "lex mitior" anche nel caso in cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedentemente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati dal legislatore in termini di minore gravità" (così la sent. n. 46653 del 26.06.2015, Della Fazia, Rv. 265110, relativa giusto ad un'ipotesi di reato ex art 73 co. 5 D.P.R. 309/90).
Inoltre, con la medesima sentenza testé citata, le Sezioni Unite hanno puntualizzato, alla luce della (legittima) erosione dei principio dell'intangibilità del giudicato ogniqualvolta esso entra in rotta di collisione con l'esigenza di tutela di un diritto fondamentale della persona - a tale riguardo venendo in considerazione i parametri costituzionali di cui agli artt. 2, 24 e 27 della Carta Fondamentale, evocati anche con la massima che precede, e, correlativamente, l'ampliamento dei poteri del giudice dell'esecuzione - che "In tema di successione di leggi nel tempo, la Corte di cassazione può, anche d'ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per l'imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile..." - da intendersi con esclusione dei soli casi di inammissibilità per tardività, in tal caso essendosi in presenza di un già perfezionato giudicato formale - "... disponendo, ai sensi dell'art. 609 cod. proc. pen., l'annullamento sul punto della sentenza impugnata pronunciata prima delle modifiche normative 'in melius"' (cfr. sent. cit., Rv. 265111).
In applicazione di tali principi la sentenza va dunque annullata e rimessa ad altro giudice per la determinazione del quantum di pena.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, e rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte di appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.
Avv. Antonino Sugamele

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