Il silenzio dell'imputato non può essere utilizzato dal Giudice, ai fini della decisione, se è manifestazione di diritti soggettivi e facoltà processuali.
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17/09/2015) 23-12-2015, n. 50436
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRANCO Amedeo - Presidente -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere -
Dott. ANDRONIO Alessandro Mari - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4240/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 25/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione;
Udito il difensore Avv. Adamo De Rinaldis, che insiste per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 18 febbraio 2011 il Tribunale di Corno, in composizione monocratica, riconosceva R.A. colpevole del reato previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 1 e 3, perchè nella qualità di titolare della omonima ditta individuale, al fine di evadere l'imposta sui redditi e sul valore aggiunto, indicava, nelle relazioni annuali relative a dette imposte per gli anni 2004 e 2005, fatture per operazioni inesistenti, più specificatamente indicate nel capo di imputazione e, concesse le circostanze attenuanti generiche e riconosciuta la continuazione, lo condannava alla pena di sei mesi di reclusione; fatto commesso a Corno, in data 25 ottobre 2005 ed in data 23 ottobre 2006.
2. Con sentenza del 25 febbraio 2014, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato per le violazioni riferibili al 2004 perchè estinto il reato per prescrizione e, per l'effetto, ha rideterminato la pena in quattro mesi di reclusione, confermando nel resto.
3. Avverso la sentenza, l'imputato ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione per i seguenti motivi:
1) Illogicità e contraddittorietà della motivazione, poichè la Corte territoriale non avrebbe fornito una puntuale risposta alle censure proposte circa le modalità di assunzione della prova testimoniale. In particolare, in sede di gravame, era stata contestata dalla difesa del ricorrente l'importanza attribuita alle dichiarazioni rese dal funzionario dell'Agenzia dell'Entrate circa la genuinità delle fatture contestate: infatti il funzionario aveva testimoniato su quanto riferitogli dai soggetti apparenti emittenti delle fatture. Sul punto sarebbe mancante una motivazione adeguata.
Inoltre, entrambi i giudici di merito hanno dato atto della effettiva esistenza dei fornitori indicati sulle fatture contestate, salvo poi considerarli ignari rispetto alla compilazione ed al rilascio delle stesse;
2) Erronea applicazione della legge penale con riferimento al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2: la sentenza d'appello ha dichiarato prescritto il reato con riferimento alle violazioni dell'anno 2004, con conseguente eliminazione dal computo della pena degli aumenti per la continuazione, ma non ha offerto adeguata risposta alle lacune evidenziate con l'atto di gravame. Infatti, il percorso motivazionale seguito dai giudici non ha indicato quale tipo di falso avrebbe caratterizzato le fatture contestate, lasciando intendere tuttavia di considerarle materialmente false. Poichè la ditta di cui è titolare l'imputato è obbligata a tenere le scritture contabili, i giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che la condotta contestata all'imputato configurasse la previsione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, e non quella di cui al successivo art. 3, del medesimo decreto. Proprio in considerazione della sussistenza di tale ultima fattispecie incriminatrice, l'imputato avrebbe meritato di essere assolto per mancato raggiungimento delle soglie previste per la punibilità.
Motivi della decisione
1. Va anzitutto affermata la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso, dal momento che la relativa censura prospettata dalla difesa circa la riconducibilità della condotta dell'imputato al paradigma del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, non è stata sottoposta all'attenzione del giudice del gravame. Di conseguenza, il relativo motivo di ricorso non è ammissibile perchè presentato per la prima volta in questa sede.
2. Di contro, è fondato il primo motivo di ricorso. Già con il motivo di appello la difesa aveva censurato la decisione del giudice di prime cure, che aveva fondato il giudizio di responsabilità dell'imputato sulle dichiarazioni de relato rese dalla teste Toscano:
in particolare, tali dichiarazioni si erano basate sui questionari inviati agli amministratori di due società, che figuravano quali emittenti delle fatture, e su indagini svolte dai funzionar dell'ufficio delle Agenzie delle Entrate di Desio, senza che le persone interpellate fossero state ascoltate nel processo in qualità di testimoni. Sul punto, la sentenza di appello ha ritenuto che la censura fosse infondata sul rilievo che l'imputato, rimasto contumace in primo grado, non aveva fornito alcun chiarimento sulle fatture passive utilizzate, nè in sede amministrativa, nè in sede penale e non si era curato di sollecitare l'esame dei terzi come testimoni, mentre gli accertamenti del funzionario dell'Agenzia delle Entrate avevano acquisito il pieno valore di prova attraverso l'esame testimoniale.
3. L'argomento motivazionale contenuto nella sentenza impugnata è erroneo. Giova infatti ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di valutazione della prova, non è consentito al giudice valorizzare, ai fini della decisione, comportamenti - commissivi od omissivi - dell'imputato che siano manifestazione di diritti soggettivi e facoltà processuali, che l'ordinamento gli attribuisce quali espressione del diritto di difesa e di libera scelta della strategia processuale ritenuta più opportuna; strategia che ben può porsi in atto anche attraverso il silenzio (cfr. Sez. 5, n. 2337 del 22/12/1998, Sica, Rv. 212618). In particolare, non è consentito al giudice desumere, dalla rinuncia dell'imputato a rendere l'interrogatorio, elementi o indizi di prova a suo carico, atteso che allo stesso è riconosciuto il diritto al silenzio e che l'onere della prova grava sull'accusa (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 9239 del 19/1/2010, B., Rv. 246233, Sez. 6, Sentenza n. 8958 del 27/1/2015, Scarpa, Rv. 262499).
4. Orbene, nel caso di specie, anche se l'imputato è rimasto contumace nel corso del processo, dall'esercizio di tale opzione, la Corte territoriale non poteva dedurre, neppure indirettamente, un elemento o un indizio di prova a carico dello stesso. Quindi la decisione impugnata è erronea nella parte in cui ha ritenuto infondato il rilievo difensivo circa l'utilizzabilità delle dichiarazioni de relato, attribuendo rilevanza esclusiva al silenzio dell'imputato che, rimasto contumace, non "ha mai fornito alcun chiarimento sulle fatture passive di cui si è giovato" nè "si era curato di sollecitare l'esame di quei terzi come testimoni", dal momento che, nel nostro ordinamento, l'imputato ha il diritto di non parlare, mentre l'onere della prova è a carico dell'accusa.
4. Cionondimeno, il Collegio rileva che, tenuto conto del momento consumativo del reato residuo ascritto al R. (indicazione nella dichiarazione dei redditi relativi al 2005 fatture per operazioni inesistenti) individuato in quello della presentazione della dichiarazione fiscale (25 ottobre 2006), il delitto contestato all'imputato risulta prescritto per decorrenza dei termini lunghi di prescrizione Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il residuo reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il residuo reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2015
15-01-2016 18:35
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