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Sentenza

Il diritto di intervenire e difendersi non deve essere subordinato a rigide forme imperative: se lo scopo dell’art. 96, comma 2 c.p.p. è quello di garantire la provenienza dell’atto di nomina, tale certezza può comunque derivare da elementi diversi rispetto alle forme indicate dal legislatore, potendo essere desunta da dati concludenti e situazioni sintomatiche della presenza di un rapporto fiduciario.
Il diritto di intervenire e difendersi non deve essere subordinato a rigide forme imperative: se lo scopo dell’art. 96, comma 2 c.p.p. è quello di garantire la provenienza dell’atto di nomina, tale certezza può comunque derivare da elementi diversi rispetto alle forme indicate dal legislatore, potendo essere desunta da dati concludenti e situazioni sintomatiche della presenza di un rapporto fiduciario.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 giugno – 5 agosto 2016, n. 34514
Presidente Izzo – Relatore Tanga

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza n. 471/14 del 25/09/2014, la Corte di Appello di Potenza dichiarava l'inammissibilità dell'appello proposto dall'avv. P.D. nell'interesse di S.B. avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Matera, Sez. Dist. di Pisticci, in data 24/01/2013.
1.1. L'avv. D. aveva interposto appello avverso la citata sentenza assumendo di essere a tanto legittimato in quanto difensore di fiducia del medesimo imputato in altro processo penale pendente a suo carico per gli stessi fatti dinanzi allo stesso Ufficio giudiziario e definito con sentenza del 24/01/2013 di n.d.p. ai sensi dell'art.469 c.p.p.. La Corte di appello di Potenza riteneva che nel presente processo l'avv. D. non aveva svolto alcun ruolo professionale in favore del prevenuto, né come difensore fiduciario, né come difensore di ufficio ex art.97, comma 3, c.p.p., né come difensore di ufficio immediatamente reperibile ex art.97, comma 4, c.p.p.. Conseguentemente, egli aveva proposto appello sebbene privo di ius postulandi, a nulla rilevando che nell'altro processo "parallelo" per gli stessi fatti "de quibus" egli risultasse difensore fiduciario, trattandosi di circostanza del tutto estrinseca, giuridicamente ininfluente sul presente processo che, peraltro, non risulta essere stato riunito all'altro.
2. Avverso tale sentenza di appello propone ricorso per cassazione l'avv. P.D., nell'interesse di S.B., lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) violazione di legge in relazione agli artt. 96 e 571 c.p.p., nonché degli 24 e 111 Cost. e 6 C.E.D.U.. Deduce che l'avvenuta nomina nel processo madre (avente il medesimo oggetto ed imputato con R.G.N.R. n. 2574/09) definito ex art. 469 c.p.p. (n.d.p. per bis in idem) dallo stesso giudice all'udienza del 24/01/2013, con sentenza N.34/13, rende evidente e nota la volontà del S. di nominare fiduciariamente l'avv. D. anche per il procedimento (avente il medesimo oggetto ed imputato con R.G.N.R. n. 2584/09).

Considerato in diritto

3. II ricorso è fondato.
4. Occorre premettere che il più recente orientamento della Corte regolatrice, a cui il Collegio aderisce, fa leva sia sulla nomina quale strumento per l'esercizio di un diritto costituzionalmente rilevante ex art. 24 Cost., comma 2, sia sul favor defensionis che ispira la normativa attinente la difesa. In tal senso, dunque, il diritto di intervenire e difendersi non deve essere subordinato a rigide forme imperative: se lo scopo dell'art. 96, comma 2, c.p.p. è quello di garantire la provenienza dell'atto di nomina, tale certezza può comunque derivare da elementi diversi rispetto alle forme indicate dal legislatore, potendo essere desunta da dati concludenti e situazioni sintomatiche della presenza di un rapporto fiduciario (cfr. sez. 3, n. 3235 del 29/10/2014).
4.1. Va, ancora, ribadito che il legislatore richiede una forma determinata per la nomina e la sostituzione del difensore per assicurare, in concreto, l'assistenza difensiva, indefettibile nel processo dialogico come corollario del principio del contraddittorio e espressione del più generale diritto costituzionale alla inviolabilità della difesa. La norma ha, invero, una duplice prospettazione, una pubblica ed una privata. Una relativa agli oneri ed obblighi che incidono sul giudice e sull'ufficio giudiziario e che sono strumentali alla determinazione del soggetto titolare dei diritto all'intervento nel processo attraverso gli avvisi e le notifiche. L'altra che attiene al patrocinio in sé, alla parte che ha diritto di intervenire e difendersi. Nella prima prospettazione, la forma è richiesta dalla norma "ad substantiam", nel senso che non sorge mai l'obbligo di notifica e di avviso nei confronti dei difensore nominato senza il rispetto delle forme prescritte. La parte, infatti, non potrà mai eccepire la nullità, per violazione del diritto di difesa, per il mancato avviso, propedeutico all'intervento dei difensore, a soggetto designato con forme diverse da quelle imposte dalla legge. Sotto tale profilo ed in tale ambito, l'atto prescritto non ammette equipollenti. Nella seconda prospettazione, invece, la forma è richiesta "ad probationem tantum" e l'atto di nomina e sostituzione può essere desunto, per "facta concludentia", in quanto viene in considerazione, non l'obbligo di notifica e di avviso gravante sull'ufficio, ma il diritto soggettivo alla difesa. In questo ambito, la sostanza prevale sulla forma per "il favor difensionis" che ispira tutta l'organica normativa relativa alla difesa sia dell'imputato sia delle altre parti private. In conseguenza, se è vero che la forma prescritta per la nomina del difensore e per la designazione del sostituto è volta a garantire la provenienza dell'atto dall'interessato, è anche vero che, per la finalità perseguita, la provenienza può essere desunta da dati concludenti che individuano il soggetto legittimato ad intervenire nel processo (cfr. sez. 5, n. 9429 del 17/05/1996 Rv. 205919)
5. Ciò detto, va rilevato che, nella specie, per mero errore materiale, si è verificata una duplicazione di procedimenti sulla base di una medesima notizia di reato.
5.1. Cosicché il procedimento n. 2584/09 R.G.N.R., si è concluso con sentenza -n. 34/13 del 24/01/2013- di condanna (oggetto dei ricorso in appello); mentre il procedimento n. 2574/09 R.G.N.R., nel quale l'avv. D. risultava formalmente difensore fiduciario, si è concluso con sentenza -n. 35/13 dei 24/01/2013- di non doversi procedere per bis in idem.
6. Orbene appare evidente che, nel caso che occupa, la nomina fiduciaria non poteva non ritenersi valida anche per il procedimento n. 2584/09 R.G.N.R. (erroneo duplicato dei n. 2574/09 R.G.N.R.) e ciò vieppiù se si considera che la stessa Corte territoriale, nell'intestazione della sentenza che oggi occupa, ha riportato che la notifica della citazione in appello dell'imputato irreperibile era stata effettuata, ex art. 159 c.p.p., proprio "all'avv. P.D.".
7. Ne deriva l'annullamento della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Salerno per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Salerno per l'ulteriore corso.
Avv. Antonino Sugamele

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