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Sentenza

Falsa testimonianza resa inannanzi al Tribunale di Trapani. Confermata la sentenza di condanna.
Falsa testimonianza resa inannanzi al Tribunale di Trapani. Confermata la sentenza di condanna.
Corte appello Palermo, sez. I, 04/04/2016, (ud. 02/10/2012, dep.04/04/2016),  n. 533 

                     REPUBBLICA ITALIANA
                   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello del distretto di Palermo, 1a Sezione Penale
Composta dai Signori:
1. Presidente - Dott. GIANFRANCO GAROFALO
2. Consigliere - Dott. GABRIELLA DI MARCO
3. Consigliere - Dott. DONATELLA PULEO
il 04/02/2016 con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Sostituto
Procuratore Generale della Repubblica Dott. LUIGI PATRONAGGIO e con l'assistenza
del Cancelliere dott. Angelo Patti
Ha emesso e pubblicato la seguente:
                       SENTENZA
Nel procedimento penale contro:
 (omissis...) nato a (omissis...) il (omissis...) e residente ed elettivamente domiciliato
in (omissis...) (D.E.);
                                         LIBERO - CONTUMACE
Assistito e difeso dall'Avv. PAOLO GRILLO di ufficio del foro di PALERMO, prontamente
reperibile, in sostituzione dell'Avv. MICHELANGELO MARINO di fiducia del foro di
TRAPANI;
                       APPELLANTE
Avverso la sentenza emessa dal TRIBUNALE Monocratico di TRAPANI in data 18/06/2013
con la quale veniva dichiarato l'imputato colpevole del reato ascrittogli e, concesse
le circostanze attenuanti generiche, condannato alla pena di anno uno e mesi quattro
di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.
                       IMPUTATO
del reato di cui all'art. 372 c.p. (FALSA TESTIMONIANZA);
In Trapani, in data 07/10/2010.
Udita la relazione fatta dal Dott. Donatella Puleo
Nonche' la lettura degli atti del processo.


Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza resa il 18.06.2013 dal Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, l'imputato C.N., veniva ritenuto responsabile del delitto di falsa testimonianza, p. e p. dall'art. 372 c.p., come ascrittogli in atti.

Per l'effetto, a seguito del celebrato dibattimento, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, veniva condannato alla pena di anno uno, mesi quattro di reclusione, oltre condanna al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale sentenza ha proposto appello l'imputato che, a mezzo del proprio difensore, si lamenta:

1) del giudizio di colpevolezza espresso nei suoi confronti, chiedendo l'assoluzione dall'imputazione ascrittagli perché il fatto non sussiste o con altra formula liberatoria; a tal fine sostiene la difesa che il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato come di natura confessoria le dichiarazioni rese dall'imputato in sede di esame, proponendo una diversa lettura di quanto dallo stesso dichiarato; afferma poi che nel caso in esame dovrebbe operare "oggettivamente" la causa di esclusione della pena di cui all'art. 384 c.p.

All'udienza odierna, dopo che il Consigliere relatore ha esposto i fatti di causa, il Procuratore Generale ed il difensore hanno concluso come da verbale in atti, la Corte si è riunita in camera di consiglio ed ha deliberato la sentenza.

All'esito il Presidente ha letto, nella pubblica udienza, il dispositivo.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene la Corte che l'appello proposto nell'interesse dell'imputato sia infondato e non meriti, pertanto, accoglimento.

In ordine alle censure mosse alla sentenza di primo grado deve rilevarsi che, secondo la ricostruzione del fatto correttamente accertata dal primo decidente, come compiutamente rassegnata nella motivazione dell'impugnata sentenza, alla quale deve farsi in questa sede totale rinvio, può ritenersi raggiunta la prova piena della colpevolezza dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.

In estrema sintesi può dirsi che, nel corso del giudizio di primo grado, è stato provato con assoluta certezza che il C.N., deponendo quale teste innanzi al Tribunale di Trapani, nell'ambito del processo penale a carico di A.M. (fratello della propria convivente A.M.), imputato dei reati di violazione di domicilio, tentata rapina, minacce e danneggiamento, riferiva circostanze totalmente difformi da quelle esposte in sede di querela dallo stesso sporta in data 17 maggio 2007.

Dagli atti del processo a carico di A.M. si evince come l'odierno imputato ed i parenti del predetto A.M. ponevano in essere un maldestro tentativo di minimizzare i gravi fatti posti in essere da costui che risultavano invece evidenti dalle attendibili dichiarazioni rese dal B.A., soggetto disinteressato ed estraneo al suo nucleo familiare, risultate del tutto coincidenti con quelle originariamente rese in sede di querela sia dall'odierno appellante che dalla sua convivente.

A differenza di quanto pretestuosamente sostenuto dalla difesa nel proposto gravame, lo stesso imputato in sede di esame ha sicuramente ammesso di avere mentito in quel processo, peraltro fornendo una giustificazione alla falsità delle dichiarazioni rese, a suo dire finalizzate a salvaguardare la posizione dell'A.M., zio della figlia naturale avuta dalla sua convivente.

Quanto all'ulteriore tesi difensiva di cui al proposto appello, si osserva che, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 384 c.I e 307 c. IV c.p., certamente non rientra nella nozione di prossimo congiunto l'affine di fatto, con peculiare riferimento al fratello della convivente more uxorio.

Carattere ancora più pregnante riveste, poi, la considerazione che l'esimente di cui al citato art. 384 c.p. non è mai applicabile se, come nel caso di specie, l'azione penale sia stata esercitata a seguito di presentazione di denuncia-querela nei confronti del "prossimo congiunto" (in tal senso cfr. sez. 6 sent. n. 16156 del 20.03.2013 e succ. conformi).

Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata merita conferma.

Segue per legge la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Visto l'art. 544 c. III c.p.p. si valuta l'opportunità di indicare il termine di 70 giorni per il deposito della motivazione.
PQM
P.Q.M.

La Corte, visti gli artt. 592 e 605 c.p.p., conferma la sentenza resa in data 18.06.2013 dal Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, appellata dall'imputato (omissis...) che condanna al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Visto l'art. 544 c. III c.p.p.

Indica in giorni 70 il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso in Palermo, il 2 ottobre 2012.

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2016.
Avv. Antonino Sugamele

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