Avvisa telefonicamente il soggetto che doveva consegnare una partita di preziosi di provenienza delittuosa della presenza di personale della Guardia di Finanza appostato sotto l'abitazione dove doveva avvenire la consegna, per evitare la perquisizione.
Cassazione penale, sez. II, 16/03/2016, (ud. 16/03/2016, dep.23/03/2016), n. 12341
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco - Presidente -
Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere -
Dott. ALMA Marco M - rel. Consigliere -
Dott. TUTINELLI Vincenzo - Consigliere -
Dott. RECCHIONE Sandra - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F.E., nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza n. 1213/15 in data 15/10/2015 del Tribunale di
Palermo in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PINELLI Mario Maria Stefano, che ha concluso chiedendo
l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata;
udito il difensore dell'indagato, Avv. FRATTAGLI Danilo, che ha
concluso associandosi alla richiesta del Procuratore Generale e
chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 15/10/2015, a seguito di giudizio di appello ex art. 310 c.p.p., il Tribunale di Palermo, in accoglimento del gravame proposto dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza di rigetto di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trapani in data 21/8/2015, ha applicato a F.E. la misura cautelare personale dell'obbligo di dimora presso il luogo di residenza in relazione al reato di favoreggiamento personale (art. 378 c.p.).
In estrema sintesi si contesta al F. - dopo che i coindagati M.S. e M.M. avevano commesso i delitti di riciclaggio e ricettazione - di avere avvisato telefonicamente M.S., che si trovava presso l'abitazione del fratello Maurizio al fine di consegnargli una partita di preziosi di provenienza delittuosa, della presenza di personale della Guardia di Finanza appostato nei pressi del luogo ed intimandogli di non uscire dalla medesima abitazione, così evitando che l'indagato potesse essere sottoposto a perquisizione e, in tal modo, di avere aiutato i due predetti indagati ad eludere le investigazioni della P.G. anche vanificando la successiva attività di perquisizione presso l'abitazione. All'indagato è contestata anche la circostanza aggravante di avere commesso il fatto con recidiva specifica ed infraquinquennale ex art. 99 c.p., comma 3.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell'indagato, deducendo:
1. Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per vizi di motivazione, nonchè insussistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p., lett. c), e violazione dell'art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c).
Sulla premessa che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trapani aveva rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di avviamento del trattamento cautelare, non solo nei confronti del F. ma anche degli altri indagati, ritenendo la non particolare gravità del fatto e la risalenza nel tempo delle condotte tale da non rendere sussistente l'attualità del pericolo di recidiva, rileva la difesa del ricorrente che sarebbe carente la motivazione del Tribunale del riesame proprio sotto il profilo della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari in ragione del notevole lasso di tempo trascorso dai fatti risalenti al (OMISSIS).
Il Tribunale del riesame ha sostanzialmente ritenuto di rinvenire le esigenze cautelari nel fatto che il F. sarebbe un soggetto pericoloso a causa dei suoi precedenti penali e che lo stesso è "inserito in un contesto criminoso che egli agevola nella sua qualità", ma non ha tenuto conto del fatto che l'indagato ha subito due condanne penali a seguito di patteggiamento per una vicenda sostanzialmente unica ed ha per intero scontato la pena subita senza usufruire di alcun beneficio di legge il che conferma la sopravvenuta consapevolezza dell'indagato delle proprie responsabilità.
A ciò si aggiunge che il F. non fa più parte della Guardia di Finanza essendovi stato destituito per rimozione il che fa venire meno la possibilità che egli possa agevolare altri indagati attraverso la qualità che rivestiva.
In tale ottica non sono stati presi in considerazione nella motivazione della ordinanza impugnata il tempo trascorso dal fatto e la circostanza che dal momento della asserita consumazione del reato contestatogli il F. non ha commesso alcun altro reato, il che fa escludere l'attualità del pericolo di reiterazione della condotta delittuosa.
Ciò determina la presenza di vizi motivazionali dell'ordinanza impugnata che ne impongono l'annullamento.
2. Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per vizi di motivazione, nonchè violazione dell'art. 273 c.p.p. per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Evidenzia, al riguardo, la difesa del ricorrente che il Tribunale del riesame con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza a carico del F. si è limitato a richiamare le argomentazioni esposte sul punto dal Giudice per le indagini preliminari il quale aveva a sua volta richiamato per relationem quelle esposte dal Pubblico Ministero nella richiesta di avviamento del trattamento cautelare, il che determinerebbe una carenza motivazionale dell'ordinanza impugnata.
In sostanza, secondo la difesa del ricorrente, il F. finirebbe per subire l'applicazione di una misura cautelare senza che neppure un Giudice abbia spiegato perchè una telefonata di contenuto semantico sostanzialmente neutro possa essere assunta a fondamento di una accusa di favoreggiamento.
In data 18/2/2016 la difesa dell'indagato ha depositato nella Cancelleria di questa Corte Suprema una serie di documenti inerente ad atti di compravendita, di esercizio di attività lavorativa nonchè documentazione fiscale.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ai fini di una corretta ricostruzione logica dei motivi di ricorso appare doveroso prendere le mosse dal secondo di essi nel quale sostanzialmente si contesta la sussistenza della gravità indiziaria nei confronti dell'odierno ricorrente. Ciò perchè, all'evidenza, l'eventuale esclusione della gravità indiziaria in relazione al reato in contestazione renderebbe superflua qualsiasi questione riguardante le esigenze cautelari.
Deve però essere immediatamente evidenziato che il motivo di ricorso presentato al riguardo è inammissibile per assoluta genericità nella parte in cui si limita ad affermare - dopo una sterile elencazione di massime giurisprudenziali di questa Corte Suprema -
che i Giudici non avrebbero "spiegato perchè una telefonata di contenuto semantico sostanzialmente neutro possa essere assunta a fondamento di una accusa di favoreggiamento" (sic).
Nessun riferimento fa il ricorrente al contenuto concreto di detta telefonata, non ne allega la eventuale trascrizione, nè allega gli atti procedimentali nei quali si tratta di essa, non documenta di avere contestato in precedenza la valenza e la portata contenutistica della stessa, non asserisce che i Giudici del merito siano caduti in un travisamento della prova. In sostanza il motivo di ricorso sul punto si limita ad una affermazione apodittica non altrimenti valutabile in questa sede di legittimità.
Del resto una telefonata con la quale si avverte qualcuno che è in corso un appostamento della Guardia di Finanza e lo si invita a non uscire di casa per evitare di essere perquisito lascia francamente pochi dubbi in ordine alla non configurabilità del reato di cui all'art. 378 c.p. così come contestato nell'imputazione preliminare elevata al F..
Per altro verso va detto che il Tribunale del riesame in assenza di contestazioni sul punto - che parte ricorrente non ha documentato di aver avanzato quantomeno in sede di udienza camerale - si è legittimamente limitato a richiamare per relationem con riguardo alla gravità indiziaria gli elementi contenuti nell'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari e bene ha fatto a non motivare ulteriormente sul punto.
In ogni caso deve essere solo ricordato che è consolidato orientamento di questa Corte che la motivazione per relationem sia legittima "quando: 1) - faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all'esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) - fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l'atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l'esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell'impugnazione". (Cass. Sez. U, sent. n. 17 del 21.6.2000, dep. 21.09.2000, Rv. 216664).
2. Doverosamente premesso, quindi, che nessuna questione può porsi con riguardo al profilo della gravità indiziaria nei confronti dell'odierno ricorrente e dato atto che nessuna censura risulta proposta con riguardo alla adeguatezza e proporzionalità della applicanda misura cautelare nei confronti dell'indagato, si può ora passare all'esame del primo motivo di ricorso.
Va detto subito che lo stesso è manifestamente infondato.
Il Tribunale del riesame nell'ordinanza impugnata risulta avere adeguatamente valutato la concretezza e l'attualità delle esigenze cautelari sussistenti a carico del F..
L'art. 274 c.p.p., lett. c), anche nel testo novellato dalla L. n. 47 del 2015 prevede, infatti, espressamente che il concreto ed attuale pericolo di reiterazione della condotta delittuosa possa essere desunto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità della persona sottoposta alle indagini desunta da comportamenti o da atti concreti o dai suoi precedenti penali.
In tale ottica e prescindendo da una valutazione di merito della gravità del fatto che non è sindacabile in sede di legittimità, va detto che il Tribunale ha legittimamente desunto la concretezza della esigenza cautelare de qua dalla negativa personalità dell'indagato gravato da numerosi precedenti specifici riconosciuti con sentenze di condanna tra il 2009 ed il 2013 riguardanti un ampio spettro di reati: collusione continuata in concorso, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, uso illegittimo di notizie d'ufficio, concussione, violenza privata, favoreggiamento reale, corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, violazione di sigilli, sottrazione di cose sottoposte a sequestro, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concussione, evasione ed ancora collusione.
In sostanza il Tribunale ha ben delineato una personalità dell'indagato come quella di soggetto proclive alla consumazione di reati oltretutto posti in essere in un arco temporale molto limitato e che afferiscono quasi sempre alla medesima sfera di delitti.
Ancora il Tribunale ha sottolineato il fatto che ci si trova in presenza di un soggetto che è stato un uomo delle istituzioni che ha mostrato di strumentalizzare ai fini propri ed anche di altri elementi malavitosi e che, come documentato anche dalla condanna per evasione, ha evidenziato di essere in grado di agire in totale spregio di qualsivoglia prescrizione di tipo ordinamentale. In un simile quadro, il fatto che il F. abbia patteggiato la condanna per precedenti reati commessi ed abbia scontato la relativa pena appare francamente inconferente a ritenere viziata (nell'ottica dei limiti di sindacabilità della stessa da parte di questa Corte di legittimità) la motivazione adottata dal Tribunale del riesame in ordine alla concretezza delle esigenze cautelari, concretezza che diviene anche attualità nel momento in cui ci si trova in presenza di un soggetto dalle caratteristiche descritte e che, come ha evidenziato il Tribunale del riesame, anche alla luce dell'ultimo reato per il quale si procede rimane inserito in un contesto criminoso e le cui condotte fanno presagire la stabilità dei rapporti con detto contesto.
In una simile situazione il fatto che, come evidenziato dalla difesa del ricorrente, il F. sia stato medio tempore espulso dalla Guardia di Finanza non appare assumere una rilevanza decisiva ad escludere l'attualità delle esigenze cautelari nonostante il tempo trascorso dal fatto.
Per il resto va solo detto che la documentazione prodotta dalla difesa appare inconferente ai fini del decidere atteso che questa Corte Suprema è giudice del provvedimento impugnato e non può certo sostituire la propria valutazione circa la sussistenza delle esigenze cautelari anche alla luce di elementi eventualmente sopravvenuti a quella di merito operata dal Tribunale del riesame.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell'art. 28 Reg. Esec. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2016
10-04-2016 22:15
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