Taxi a disposizione dei rapinatori? Conducente accusato di rapina aggravata.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 febbraio – 4 marzo 2015, n. 9386
Presidente Petti – Relatore Rago
Fatto e diritto
1. Con ordinanza del 17/11/2014, il Tribunale del Riesame di Salerno confermava l'ordinanza con la quale, in data 25/10/2014, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Vallo della Lucania aveva applicato a R.L. la misura degli arresti domiciliari per il reato di rapina aggravata.
2. Avverso la suddetta ordinanza, l'indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo la manifesta illogicità della motivazione per avere il tribunale ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza laddove, invece, non vi era alcuna prova che egli avesse avuto contezza di partecipare all'attività delittuosa altrui: anzi, la circostanza che egli, nella sua qualità di tassista e con il proprio taxi, si era limitato a trasportare sul posto i rapinatori senza sapere che costoro avevano intenzione di effettuare una rapina, si desumeva dalla suddetta circostanza essendo «improbabile che un soggetto agisca consapevolmente, rendendosi responsabile del delitto di rapina utilizzando il proprio taxi [. ..]».
3. II ricorso, nei termini in cui è stata dedotta la doglianza è manifestamente infondato.
Il ricorrente in questa sede, ha riproposto, sic et simpliciter, la medesima problematica dedotta davanti al tribunale ma da questo disattesa con motivazione ampia, logica e coerente con gli evidenziati elementi fattuali.
Il tribunale, infatti, ha scritto: «Orbene, R., come si accennava, ha escluso di avere compreso l'intento delittuoso altrui. In realtà l'assunto non è solo è incredibile sotto un profilo logico, e già tanto basterebbe (perché davvero è irricevibile l'idea di coinvolgere in una rapina un ignaro tassista senza garantirsi la sua preventiva adesione all'impresa visto che costui avrebbe dovuto condurre l'auto in fuga dal luogo del delitto), quanto è stato puntualmente smentito sia dal comportamento pienamente adesivo all'impresa da costui tenuto in occasione della fuga quando, è bene ricordarlo, trovandosi alla guida dell'auto, aveva ignorato l'alt imposto dai carabinieri, che dalla chiamata in correità operata dal M. che ha chiarito non solo il proprio ruolo di palo ma anche la cosciente partecipazione all'unica impresa delittuosa sia del suddetto R., che addirittura lo aveva in essa coinvolto, che del C., oltre che dei due motociclisti».
Di conseguenza, il ricorso deve dichiararsi inammissibile non solo perché è meramente reiterativo (non essendo evidenziabile alcuna illogicità o violazione di legge nel ragionamento del tribunale) ma anche perché tace dei tutto su uno degli elementi più rilevanti evidenziati dal tribunale (comportamento tenuto subito dopo la fuga avendo ignorato l'alt imposto dai carabinieri).
Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
05-03-2015 14:52
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