Le Sezioni Unite penali dovranno risolvere un dilemma: si possono concedere i benefici penitenziari al condannato nei confronti del quale sia stata disposta la revoca di misura alternativa?
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 ottobre 2014 – 12 febbraio 2015, n. 6287
Presidente Giordano – Relatore Casa
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 4.12.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Catania dichiarava inammissibile l'istanza di ammissione all'affidamento terapeutico ex art. 94 D.P.R. n. 309/90, avanzata da S.S., in quanto era stata precedentemente revocata, nei confronti dell'istante, la misura alternativa della semilibertà.
2. Ricorre per cassazione S.S. per il tramite del difensore di fiducia, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 58-quater, comma 2, O.P. e 94 D.P.R. n. 309/90.
Richiamando giurisprudenza costituzionale e di legittimità a supporto, il difensore ricorrente sostiene la tesi secondo la quale il divieto di concessione dei benefici stabilito dall'art. 58-quater, comma 2, O.P. (in caso di revoca di una misura alternativa ai sensi dell'art. 47, comma 11, dell'art. 47-ter, comma 6, o dell'art. 51, primo comma) non opera per l'affidamento ex art. 94 D.P.R. n. 309/90, non essendo tale misura espressamente menzionata nelle disposizioni ostative della norma stessa; opinare diversamente significava porsi in contrasto sia con il principio della funzione risocializzante della pena (art. 27, comma 1, Cost.) che con il diritto fondamentale alla tutela della salute (art. 32 Cost.).
3. II Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, con trasmissione degli atti al Giudice a quo per l'ulteriore corso, condividendo le motivazioni del ricorrente.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1. Sulla questione oggetto del ricorso - se il divieto previsto dall'art. 58-quater, comma 2, l. n. 354 dei 1975 e successive modifiche, di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa, operi o meno anche per l'affidamento in prova in casi particolari (art. 94 D.P.R. n. 309 dei 1990) - si registra un contrasto interpretativo.
Secondo il più recente e maggioritario indirizzo, detta misura alternativa alla detenzione non è espressamente menzionata tra quelle per cui si applica la previsione ostativa di cui al citato art. 58-quater, che, per il suo carattere restrittivo, non è suscettibile di interpretazione analogica (Sez. 1, 25/11/2009, Bonillo; Sez. 1, 3/3/2010, Silva, Rv. 246833; Sez. 1, 27/5/2010, Senato, Rv. 247580; Sez. 1, 10/12/2010, dep. 12/1/2011, Ferrante, Rv. 249441). Di contro, in alcune precedenti decisioni (Sez. 1, 10/3/2009, Rv. 243497; Sez. 1, 6/7/2007, Rv. 237332) si è affermato che il divieto di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione ai sensi degli artt. 47, comma 11, e 58 quater, comma 2, legge 26 luglio 1975, n. 354, opera anche nell'ipotesi di affidamento in prova in casi particolari di cui all'art. 94 D.P.R. 309/90, in forza del rinvio effettuato dal comma sesto di tale norma alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario.
2. Tale secondo orientamento esegetico non pare condivisibile per una molteplicità di ragioni.
Innanzitutto occorre sottolineare che dall'interpretazione letterale e logico sistematica dell'art. 94 citato si evince che in esso è contenuta, al sesto comma, una clausola di chiusura che opera un generico rinvio, "per quanto non diversamente stabilito", alla disciplina prevista dalla legge 26 luglio 1975 n. 354 e successive modifiche. Tale clausola di salvezza non può intendersi limitata a norme particolari contenute nel D.P.R. n. 309 del 1990 e deve intendersi estesa ad ogni disposizione dello stesso ordinamento penitenziario che faccia specifico riferimento a singoli e diversi istituti in coerenza con il principio che la legge speciale deroga a quella generale, laddove il contrario non sia espressamente stabilito. Ne consegue che l'affidamento terapeutico ex art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, per quanto non espressamente previsto dal citato testo unico in materia di stupefacenti, trova la sua fonte di disciplina nell'art. 47 I. n. 354 del 1975 e successive modifiche.
Tale conclusione, peraltro, non consente di affermare che, in virtù del rinvio operato dal sesto comma dell'art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990 alle norme di ordinamento penitenziario "per quanto non diversamente stabilito", comprenda anche l'estensione degli effetti impeditivi derivanti dalla revoca di altra misura alternativa previsti dall'art. 58-quater, comma 2, legge n. 354 dei 1975.
Tali effetti sono, infatti, espressamente limitati, ai sensi del comB. disposto del secondo e del primo comma del citato art. 58-quater, all'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47), alla detenzione domiciliare (art. 47-ter) e alla semilibertà (art. 51).
L'espresso rinvio all'affidamento in prova al servizio sociale "nei casi previsti dall'art. 47", presente nell'art. 58-quater, comma 1, sin dal testo originario introdotto con il d.l. n. 152 del 1991 è obiettivamente e univocamente indicativo della espressa esclusione dell'affidamento in prova terapeutico, già previsto nell'art. 47-bis e, successivamente, trasfuso nell'art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, atteso che l'ordinamento penitenziario non prevede ulteriori e diverse forme di affidamento in prova.
Depone in tal senso anche l'interpretazione letterale e logico sistematica del comma 7 bis (introdotto dalla i. n. 251 del 2005) dell'art. 58-quater che, analogamente a quanto previsto dal primo comma (riscritto dall'art. 7 della I. n. 251 del 2005), menziona espressamente solo l'affidamento in prova al servizio sociale "nei casi previsti dall'art. 47".
3. Significative del diverso trattamento riservato dal legislatore all'affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 ord. pen.) e all'affidamento terapeutico (art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990) sono anche le vicende legislative concernenti quest'ultima misura.
La legge 5 dicembre 2005 n. 251, nella versione originaria, introduceva nel D.P.R. n. 309 del 1990 l'art. 94-bis, contenente restrizioni - sempre in maniera diversa rispetto alla disciplina di ordinamento penitenziario - per l'accesso al beneficio per i condannati cui fosse stata applicata la recidiva ex art. 99, comma 4, c. p..
L'art. 94 bis ed i correlati inasprimenti del regime per i condannati tossicodipendenti venivano, peraltro, poco dopo soppressi ad opera del d.l. 30 dicembre 2005 n. 272 e l'abrogazione veniva mantenuta dalla legge n. 49 del 2006 che introduceva il divieto della sospensione dell'esecuzione della pena nei confronti dei recidivi cui fosse stata applicata la recidiva ex art. 99, comma 4, c.p. (art. 656, comma 9, lett. c), c.p.p.) e, contemporaneamente, escludeva l'operatività del divieto nei confronti di coloro che si trovavano agli arresti domiciliare disposti nell'ambito di un programma terapeutico ai sensi dell'art. 89 D.P.R. n. 309 del 1990.
Il complesso dei predetti interventi normativi è significativo dell'autonomia delle due misure alternative e del conseguente diverso trattamento che il legislatore ha voluto riservare per l'accesso a ciascuna di esse, con lo scopo finale di sottrarre l'affidamento terapeutico alla nuova e più severa disciplina, mantenendo nel contempo le generale regola limitativa di cui al quinto comma dell'art. 94 D.P.R. n. 309 dei 1990.
4. Tale approdo ermeneutico appare coerente con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale (ordinanza n. 367 del 1995 e sentenza n. 377 del 1997) secondo cui l'affidamento in prova in casi particolari, "pur inserendosi come species del genus dell'affidamento in prova già previsto dall'ordinamento penitenziario, rappresenta una risposta... differenziata dell'ordinamento penale" che trova la sua giustificazione nella "singolarità della situazione dei suoi destinatari", ossia le persone tossicodipendenti o alcooldipendenti. Nell'affidamento in prova terapeutico, fondato su presupposti specifici ed autonomi (accertato stato di tossicodipendenza ed idoneità del programma terapeutico ai tini del recupero del condannato) assume, quindi, un rilievo preminente la cura dello stato di tossicodipendenza ed il recupero da tale condizione.
5. In tale contesto ed avuto riguardo alla preminente finalità di recupero sottesa all'istituto disciplinato dall'art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990 si spiega la scelta legislativa di non attribuire rilievo all'esito negativo di un'altra misura che, a differenza dell'affidamento terapeutico, non sia modulata sullo stato di tossicodipendenza.
Assume, quindi, peculiare rilievo il divieto di disporre per più di due volte l'affidamento terapeutico, sancito dal sesto comma dell'art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990, a dimostrazione, ancora una volta, del fatto che il legislatore ha ritenuto necessario, con specifico riguardo a tale misura, un autonomo giudizio di bilanciamento ed ha attribuito preminente rilievo allo scopo terapeutico rispetto alla dimostrata inidoneità di un'altra misura analoga, volto a conseguire l'effetto di risocializzazione perseguito.
6. Conclusivamente, è possibile affermare che il divieto di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa, previsto dall'art. 58 quater, comma 2, I. n. 354 del 1975 e successive modifiche, non opera per l'affidamento in prova in casi particolari (art. 94 D.P.R. n. 309 del 1990), atteso che tale misura alternativa alla detenzione non è espressamente menzionata tra quelle per cui si applica la previsione ostativa di cui al citato art. 58-quater, che, per il suo carattere restrittivo, non è suscettibile di interpretazione analogica.
7. Per tutte queste ragioni, s'impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con conseguente rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Catania.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Catania.
14-02-2015 10:09
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