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Sentenza

La prescrizione maturata dopo il raggiungimento dell’accordo sulla pena ex art.444 c.p.p. tra le parti costituisce una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile? Questione alle Sezioni Unite.
La prescrizione maturata dopo il raggiungimento dell’accordo sulla pena ex art.444 c.p.p. tra le parti costituisce una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile? Questione alle Sezioni Unite.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 1 – 10 dicembre 2015, n. 48711
Presidente Esposito – Relatore Carrelli Palombi di Montrone

Ritenuto in fatto

1. P.L. ricorre avverso la sentenza, in data 4/3/2015, del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Velletri, con la quale, le è stata applicata la pena, concordata tra le parti, ex art. 444 cod. proc. pen., di anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81 640 comma 1 cod. pen., chiedendone l'annullamento per il seguente motivo: mancanza di motivazione in ordine all'insussistenza delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen., evidenziando che, in relazione ad alcuni episodi di truffa contestati, il termine di prescrizione era decorso già alla data di emissione della richiesta di rinvio a giudizio.
2. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile, facendo rilevare che la prescrizione, ancorché maturata antecedentemente alla sentenza di patteggiamento non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l'adesione all'accordo fra le parti rappresenta una forma di rinuncia espressa e non più revocabile alla causa estintiva.

Considerato in diritto

3. Deve in via preliminare evidenziarsi che effettivamente, sulla base della formulazione del caso di imputazione, per alcuni degli episodi contestati, alla data di emissione della sentenza impugnata, era già decorso il termine massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e ss cod. proc. pen, facendosi riferimento a condotte commesse dal 20 novembre 2007 fino al mese di aprile 2012, sia pure avvinte dal vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81 cod. pen.
Detto ciò, sulla questione posta dal Procuratore Generale alla base della richiesta di inammissibilità del ricorso si registra un contrasto di giurisprudenza finora mai risolto. Difatti da un lato la quarta sezione, con decisione assunta recentemente (Sez. 4, n. 51792 del 30/9/2014, Rv. 261570) e richiamata adesivamente dal Procuratore Generale, ha affermato che la prescrizione, ancorché maturata antecedentemente alla sentenza di patteggiamento, non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l'adesione all'accordo tra le parti rappresenta una forma di rinuncia espressa e non più revocabile alla causa estintiva. La sentenza si inscrive nell'ambito delle conformi decisioni secondo le quali, con la richiesta di patteggiamento e con il consenso del pubblico ministero, si realizza un accordo che non è più revocabile dalle parti, implicando necessariamente la rinuncia alla prescrizione, che è insita nell'intesa sul computo della pena da comminare (sez. 5 n. 1409 del 28/10/1999, Rv. 215799; sez. 2 n. 2900 del 20/11/2003, Rv. 227887; sez. 5 n. 7021 del 25/11/2009, Rv. 246151; sez. 2 n. 47940 del 6/12/2011, Rv. 252052; sez. 3 n. 207 del 5/7/2012, Rv. 254144). Si è ritenuto, in sostanza, nell'ambito delle citate decisioni che il perfezionamento dei procedimento speciale consensuale, volto all'applicazione della pena, costituisce una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla causa estintiva del reato, evidenziandosi anche che la possibilità di consentire alla parte richiedente di porre nel nulla l'accordo raggiunto con il pubblico ministero e ratificato dal giudice, attraverso il meccanismo impugnatorio, equivarrebbe a riconoscere un potere di revoca della proposta (ovvero del consenso), che è escluso dal vigente sistema processuale.
Ma nella giurisprudenza della Corte esiste anche una diversa posizione, secondo la quale il giudice, a norma dell'art. 129 c.p.p., deve dichiarare d'ufficio anche l'intervenuta causa estintiva della prescrizione. In questo senso si è espressa la terza sezione (Sez. 3 n. 14331 del 4/3/2010, Rv. 246608), che ha negato che la richiesta di applicazione della pena possa costituire rinuncia alla prescrizione, presupponendo, quest'ultima, una dichiarazione di volontà espressa e specifica, che non ammette equipollenti. Alle medesime conclusioni è pervenuta anche la quinta sezione (Sez. 5 n. 45023 del 12/10/2010, Rv. 249077), la quale ha ribadito che la richiesta di applicazione concordata della pena non costituisce una ipotesi di rinuncia alla prescrizione non più revocabile. Ed ancora la quinta e la prima Sezione (Sez. 5 n. 3548 del 26/11/2009, Rv. 245841 e Sez. 1 n. 18391 del 13/3/2007, Rv. 236576) hanno giustificato tale diverso orientamento con la peculiare disciplina della rinuncia alla prescrizione, prevista dall'art. 157 c.p., introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che richiede una volontà espressa e specifica, che non ammette equipollenti. Pertanto, alla richiesta di applicazione di pena concordata non potrebbe attribuirsi contenuto ed effetto della rinuncia alla prescrizione già maturata, in quanto difetterebbe il requisito di legge della forma espressa. Ed ancora recentemente si è affermato che la rinuncia alla prescrizione costituisce un diritto personalissimo riservato all'imputato che non rientra nel novero degli atti processuali che possono essere compiuti dal difensore a norma dell'art. 99 cod. proc. pen. (sez. 1 n. 21666 del 14/12/2012, Rv. 256076).
Deve poi rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte, affrontando il tema della impugnazione proponibile avverso sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di decreto penale di condanna (Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Rv. 248379) al punto 5 della motivazione hanno affermato che la rinuncia alla prescrizione, secondo il testuale dettato dell'art. 157 comma 7 cod. pen., così come novellato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, richiede una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti, per cui, essa non si può desumere implicitamente dalla mera proposizione del ricorso per cassazione.
Da ultimo rileva il Collegio che la medesima questione è stata già sottoposta al vaglio delle sezioni unite (sez. F ordinanza n. 25 del 6/8/2013), ma nell'occasione il Supremo Collegio rilevava l'irrilevanza della stessa, in quanto per nessuno reato la prescrizione era maturata alla data della sentenza di patteggiamento.
5. Alla stregua delle considerazioni fin qui esposte, rilevato che la tematica esaminata ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, appare necessario rimettere alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, a norma dell'art. 618 c.p.p., la seguente questione: "Se la presentazione della richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato o il consenso a quella proposta dal pubblico ministero

P.Q.M.

rimette il ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte.
Avv. Antonino Sugamele

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