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Sentenza

Detenzione per la vendita di supporti magnetici privi del marchio SIAE e ricettazione. L'art. 648 c.p., c. 2, non è fattispecie autonoma di reato, ma solo una attenuante ad effetto speciale.
Detenzione per la vendita di supporti magnetici privi del marchio SIAE e ricettazione. L'art. 648 c.p., c. 2, non è fattispecie autonoma di reato, ma solo una attenuante ad effetto speciale.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    16/10/2014 ( ud. 16/10/2014 , dep.05/11/2014 ) 
Numero:
    45653

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GENTILE    Mario         -  Presidente   -                     
    Dott. BELTRANI   Sergio        -  Consigliere  -                     
    Dott. LOMBARDO   Luigi         -  Consigliere  -                     
    Dott. PELLEGRINO Andrea        -  Consigliere  -                     
    Dott. RECCHIONE  Sandra   -  rel. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
            D.V.O. nato a (OMISSIS); 
    per  i  reati di cui all'art. 81, L. n. 633 del 1941, art.  171  ter, 
    comma 1, lett. b) e art. 648 c.p.; 
    sul  ricorso  proposto dal Procuratore generale presso  la  Corte  di 
    appello di Napoli; 
    avverso la sentenza n. 291/2008 del 24 gennaio 2013 dal Tribunale di 
    Santa Maria Capua Vetere sez. distaccata di Caserta; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. RECCHIONE Sandra; 
    udita  la  requisitoria del Sostituto Procuratore  Generale,  che  ha 
    concluso per l'annullamento con rinvio; 
    all'esito dell'udienza pubblica del 16 ottobre 2014. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza del 24 11 2013 il Tribunale di Santa Maria Vetere dichiarava non doversi procedere per decorso del termine di prescrizione nei confronti dell'imputato accusato di detenzione per la vendita di supporti magnetici privi del marchio SIAE e della relativa ricettazione. Il calcolo del tempo necessario a prescrivere veniva effettuato tenendo in considerazione il limite di pena applicabile in seguito alla concessione dell'attenuante di cui all'art. 648 c.p., comma 2.

    2. Avverso la sentenza ricorreva il Procuratore Generale di Napoli deducendo violazione di legge in riferimento all'art. 161 c.p..

    In particolare si rimarcava come la diminuzione di pena conseguente alla concessione di attenuanti speciali non avesse alcun effetto sul limite edittale da prendere in considerazione per il calcolo della prescrizione.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è fondato.

    2. Il giudicante effettuava un illegittimo inquadramento dell'art. 648 c.p., comma 2 come fattispecie autonoma di reato, laddove la norma descrive solo una attenuante ad effetto speciale. All'errato inquadramento conseguiva la erronea riqualifica del fatto "nel delitto punito dall'art. 646 c.p., comma 2" e, dunque, la individuazione del termine massimo di prescrizione, con riferimento alla pena edittale conseguente al relativo abbattimento di pena.

    Il reato veniva pertanto dichiarato prescritto sulla base della illegittima individuazione della pena edittale.

    3. Si evidenzia infine che, se non emergesse una sospensione di otto mesi (a causa del rinvio dovuto alla astensione dei difensori) il termine di prescrizione sarebbe maturato l'8 maggio 2014. Considerata la sospensione, il termine deve invece intendersi prolungato fino al 13 gennaio 2015.

    4. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in ossequio alla regola indicata nell'art. 569 c.p.p., comma 4 in materia di annullamento con rinvio in seguito a ricorso "per saltum" nei confronti della sentenza di primo grado.

    Si ribadisce infatti che la sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, resa in udienza pubblica, dopo il controllo della costituzione delle parti e prima dell'apertura del dibattimento, non è qualificabile come sentenza predibattimentale, ed è pertanto appellabile dal P.M. e, ove ricorrano le condizioni di cui all'art. 593 c.p.p., anche dall'imputato; ne deriva che, in caso di appellabilità della sentenza, il ricorso immediato in cassazione per violazione di legge costituisce ricorso "per saltum", con la conseguenza che, se il suo accoglimento comporti l'annullamento con rinvio, il giudice di rinvio è individuato in quello che sarebbe stato competente per l'appello (Cass. Sez. 4, Cass. n. 48310 del 28/11/2008, Rv. 242394).

    Nel caso che ci occupa la sentenza impugnata non è stata emessa ai sensi dell'art. 469 c.p.p., che, in tal caso, sarebbe stata inappellabile per come espressamente precisato in tale articolo.

    Ed invero, l'art. 469 c.p.p. stabilisce che, salvo quanto previsto dall'art. 129 c.p.p., comma 2, nel caso in cui l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, ovvero se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario il dibattimento, il giudice pronuncia sentenza inappellabile in camera di consiglio sentiti il pubblico ministero e l'imputato. Dunque, ai fini della pronuncia della sentenza ex art. 469 c.p.p., è necessaria un'udienza camerale "ad hoc", con le forme stabilite dall'art. 127 c.p.p., ed è altresì necessaria la presenza non solo del pubblico ministero ma anche dell'imputato. Nella concreta fattispecie, si era in pubblica udienza, solo dopo le formalità relative al controllo della regolare costituzione delle parti - e dopo diversi rinvii per assenza dei testimoni del pubblico ministero. Non si verte pertanto nel caso dall'art. 469 c.p.p., ovvero nel caso di pronuncia predibattimentale. "Ad abundantiam", giova ricordare il principio di diritto così enunciato in materia (con riferimento a fattispecie relativa ad improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela): "La sentenza che dichiara l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela, quantunque resa su conformi conclusioni del P.M. e della difesa, se pronunciata in pubblica udienza dopo la costituzione delle parti e la declaratoria di contumacia dell'imputato, va comunque considerata come sentenza dibattimentale ed è, pertanto, soggetta all'appello, qualunque sia il "nomen iuris" attribuitole dal giudice." (Sez. 2, Sentenza n. 48340 del 17/11/2004 Cc. - dep. 15/12/2004 - P.G. in proc Carducci ed altro, Rv. 230535).
    PQM
    P.Q.M.

    Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli per il giudizio di secondo grado.

    Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2014.

    Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2014
Avv. Antonino Sugamele

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