Detenzione e porto illegali di una mitraglietta, costituente arma da guerra. Detenzione e porto di undici munizioni cal. 9 x 19, ritenute munizioni per arma da guerra. Intimidazione per mezzo di spari e danneggiamento di un esercizio pubblico, aggravato dai futili motivi.
Cassazione penale sez. I 16/01/2015 ( ud. 16/01/2015 , dep.12/02/2015 )
Numero: 6273
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. CAIAZZO Luigi - Consigliere -
Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere -
Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.P.B. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2261/2009 CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA,
del 28/11/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pinelli M.S. che
ha concluso per l'inammissibilità del ricorso e, in subordine, per
il suo rigetto;
udito, per la parte civile, l'avv. Polimeni Natale che si è
riportato alle conclusioni scritte;
udito il difensore avv. Quattrone Francesco che ha insistito per
l'accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28 novembre 2013 la Corte di Appello di Reggio Calabria riformava parzialmente la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria, che in data 23 ottobre 2007, all'esito del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, aveva affermato la responsabilità dell'imputato D.P.B. in ordine ai delitti, tra loro unificati per continuazione, di concorso in detenzione e porto illegali di una mitraglietta, costituente arma da guerra, di detenzione e porto di almeno undici munizioni cal. 9 x 19, ritenute munizioni per arma da guerra, nell'intimidazione per mezzo di spari e nel danneggiamento di un esercizio pubblico, aggravato dai futili motivi.
Per l'effetto, la Corte d'Appello applicava anche al reato ritenuto più grave fra quelli unificati per continuazione le già concesse circostanze attenuanti generiche, dichiarate equivalenti alla contestata aggravante e rideterminava la pena inflitta all'imputato in anni tre di reclusione, confermando nel resto l'impugnata sentenza.
2. Entrambe le sentenze di merito avevano fondato il giudizio di responsabilità a carico dell'imputato sulle informazioni fornite da B.P., titolare del pub-ristorante "(OMISSIS)", che alle ore 02.45 dell'(OMISSIS) era stato oggetto di danneggiamento nel soffitto e nella vetrata mediante lo sparo di più colpi di arma da fuoco, esplosi da una mitraglietta, imbracciata da soggetto riconosciuto in F.A.; costui era stato indicato quale l'individuo che, allontanato dal locale nel corso di quella serata unitamente ad altri giovani perchè non invitati alla festa privata in corso di svolgimento, vi aveva fatto ritorno a bordo di un'autovettura, il cui numero di targa era stato annotato da un dipendente del B. e che era risultata intestata a D. P.C., padre di B., quindi aveva sparato per ritorsione contro il locale per esservi stato respinto all'ingresso.
Le successive indagini avevano consentito di individuare il veicolo, di controllarlo alle ore 03.35 della stessa nottata con a bordo due giovani dal fare sospetto, identificati in D.P.B. ed F.A. e di rinvenirvi all'interno tre bossoli cal. 9 simili a quelli trovati nel locale danneggiato, risultati poi identici a questi all'esito di accertamento balistico.
Il F., sottoposto a custodia cautelare, aveva ammesso le proprie responsabilità e chiamato in correità il D.P. e gli accertamenti per il rinvenimento di tracce di polvere da sparo, eseguiti sui due soggetti, erano risultati positivi.
2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore, il quale ne ha chiesto l'annullamento, deducendo con un unico motivo l'inosservanza e l'erronea applicazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e l'insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi in ordine alla valutazione della prova indiziaria, in quanto le dichiarazioni del coimputato non costituiscono piena ed autonoma prova di responsabilità, mentre gli accertamenti balistici hanno dimostrato che fu soltanto costui a sparare, il che lascia dedurre che soltanto il F. avesse avuto la disponibilità dell'arma; pertanto, il ricorrente avrebbe dovuto essere mandato assolto dal delitto di cui al capo a).
L'assenza di accertamenti balistici sull'arma ed il numero esiguo di colpi esplosi, nonostante l'elevata potenza di fuoco propria delle armi automatiche, avrebbe dovuto indurre ad escludere si fosse trattato di una mitraglietta, avendo il F. riferito di avere piuttosto utilizzato una pistola; nulla poi dimostra che il D. P. fosse stato a conoscenza sia del possesso dell'arma, sia dell'intenzione del F. di utilizzarla contro il locale. La Corte di merito ha ignorato anche una circostanza fondamentale, ossia che i proiettili cal. 9 x 19 possono essere esplosi anche da armi cal. 9 x 21, che sono considerate armi comuni da sparo, e non da guerra e sono oggetto di libero commercio. Inoltre, il D.Lgs. n. 204 del 2010, art. 5 ha integrato la L. n. 110 del 1975 e previsto che nel territorio dello Stato non è consentita la fabbricazione, l'introduzione e la vendita, tranne che se destinate alle Forze Armate o ai Corpi armati dello Stato, delle armi da fuoco corte semiautomatiche o a ripetizione, che sono camerate con il munizionamento cal. 9x 19 parabellum. Pertanto, le pistole cal. 9 x 19 costituiscono arma comune da sparo, detenibili, ma non vendibili;
da ciò la conseguente abolizione del delitto avente ad oggetto quel tipo di arma ai sensi dell'art. 2 cod. pen. ed il necessario proscioglimento dell'imputato.
Infine, la Corte di merito ha trascurato altra circostanza di fatto, ossia che a bordo dell'autovettura giunta nei pressi del locale vi era un terzo soggetto, e che il F. aveva agito in preda all'alcol in modo inaspettato per entrambi gli altri occupanti l'autovettura. Pertanto, egli avrebbe dovuto essere mandato assolto e, in subordine, avrebbe dovuto escludersi qualsiasi aggravante e considerare soltanto le attenuanti generiche; in via ulteriormente subordinata, i reati di cui ai capi a), b), c) e d) avrebbero dovuto essere derubricati in quello di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 7 e quello sub e) nella contravvenzione di cui all'art. 703 cod. pen. con la conseguente rideterminazione in senso più favorevole della pena.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
1. Il primo motivo di gravame ripropone tematiche riguardanti il giudizio di responsabilità, già esaminate e disattese dalla Corte distrettuale con ricchezza di argomentazioni puntuali, coerenti e fedeli alle risultanze probatorie. Si è dunque evidenziato che la chiamata in correità operata a carico del ricorrente dal F. - al cui giudizio di attendibilità la difesa non ha mosso alcun rilievo critico -, aveva ricevuto riscontro in una pluralità di elementi oggettivi, costituiti:
-dalla sua presenza in compagnia del F. a distanza di meno di un'ora dalla sparatoria in piena notte e senza una ragione plausibile per quel vagabondare;
-dall'avvistamento nei pressi del locale preso di mira di autovettura il cui numero di targa corrisponde a quella dell'autovettura marca Peugeot di proprietà del padre C.;
-dal rinvenimento all'interno di tale veicolo di tre bossoli, risultati essere identici a quelli rinvenuti sul luogo della sparatoria ed esplosi dalla stessa arma;
-dagli esiti delle prove per il rinvenimento di tracce di polvere da sparo, risultati positivi anche per il ricorrente, non soltanto per il F..
1.1 La Corte di merito ha quindi respinto anche le doglianze riguardanti il mancato riconoscimento della persona del D.P. da parte dei testi oculari, presenti alla sparatoria, in quanto circostanza non in grado di privare di affidabilità la chiamata in correità del F., anche perchè i predetti testi non avevano operato alcun riconoscimento in persona diversa dal D.P. del conducente del veicolo a bordo del quale il predetto sparatore era giunto nei pressi del locale. Ha ritenuto del tutto inverosimile la possibilità che il ricorrente si fosse limitato a prestare l'auto del padre al F. senza avere preso parte all'attentato, sia perchè non riscontrata da altri elementi e contraddetta dal predetto correo, sia perchè incoerente con la accertata presenza dei due giovani cinquanta minuti dopo la sparatoria in un frangente nel quale la vettura Peugeot si era trovata nei pressi dell'abitazione del proprietario.
1.2 Per contro, non assume alcun valore quale elemento a discarico la circostanza che le indagini di natura tecnica abbiano confermato che a sparare era stato il F., dal momento che l'avere condotto l'autovettura con a bordo quest'ultimo e l'arma utilizzata confermano la narrazione del coimputato e dimostrano la piena condivisione dello stesso proposito e l'apporto materiale e morale offerto dal ricorrente all'azione del complice; nè del resto si è prospettata col ricorso una qualunque valida ragione, diversa dall'attuazione dell'azione ritorsiva descritta dal F., per la quale alle ore 02.20 l'autovettura del genitore del D.P. avesse fatto ritorno nei pressi del pub-ristorante, se ne fosse allontanata e per poi ripresentarsi nella circostanza della compiuta sparatoria.
Pertanto, anche l'assunto che pretende di addebitare l'azione ad improvvisa ed imprevedibile iniziativa del F. resta affidata ad una mera illazione difensiva, sfornita di qualsiasi riscontro probatorio e di supporto logico.
2. Va disatteso anche il motivo, secondo il quale l'arma impiegata nella sparatoria sarebbe una pistola, costituente arma comune da sparo.
2.1 I giudici di merito hanno dedotto l'opposta conclusione, avversata col ricorso, sulla scorta di una pluralità di elementi: da un lato le dichiarazioni rese dai testi I. e C., quest'ultimo assistente della Polizia di Stato e quindi in possesso di nozioni ed esperienze specifiche in materia di armi, i quali avevano fatto riferimento all'utilizzo da parte dello sparatore di una mitraglietta compatta, simile a quelle in dotazione alle forze di polizia; dall'altro l'elevato numero di bossoli e proiettili, rinvenuti sul luogo dell'azione in numero pari a 15 ed il brevissimo lasso di tempo, pari a pochi secondi, nel quale l'esplosione dei colpi si era esaurita. Da tali dati fattuali si è dedotto che l'azione delittuosa era stata compiuta mediante l'esplosione di un numero elevato di colpi in rapida successione da parte di arma dotata di potenzialità offensiva così elevata da poter essere annoverata tra le armi da guerra o tipo guerra, in quanto predisposta per il funzionamento automatico per l'esecuzione del tiro a raffica.
2.2 Il ricorso non si confronta con tale ragionamento probatorio e si basa su disquisizioni incentrate sulla qualificazione giuridica delle munizioni cal. 9 x 19, con le quali era stata caricata l'arma, ma senza censurare in modo esaustivo ed efficace la valutazione operata dalla Corte di Appello dei dati probatori ed in specie delle informazioni fornite dai testi oculari, la cui descrizione della morfologia e dell'aspetto dell'arma come una "mitraglietta", - pur in assenza di affidabile accertamento tecnico, non esperito per il mancato reperimento dell'oggetto -, è stata apprezzata come di qualificata attendibilità e tale da smentire sul punto il racconto del F., evidentemente volto ad attenuare le conseguenze pregiudizievoli dell'azione commessa.
Nè i rilievi difensivi sulla possibilità di utilizzare i proiettili cal. 9 x 19 per armare anche dispositivi comuni da sparo induce a ritenere automaticamente che quella impiegata nella sparatoria contro il locale del B. appartenesse a tale categoria.
2.3 Al riguardo, va qui richiamata la lezione interpretativa di questa Corte (Cass. sez. 1, n. 14617 del 09/12/1999, Genovese, rv.
216108) che in conformità ad un precedente significativo arresto (sez. 1, n. 3159 del 27/05/1988, Campanella, rv. 180651), ha da tempo evidenziato come "il criterio adottato dal legislatore per stabilire se determinate cartucce siano da considerarsi munizioni da guerra o da arma comune da sparo è quello indicato dal complesso delle disposizioni della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 1, comma 3, secondo cui sono munizioni da guerra le cartucce destinate al caricamento delle armi da guerra, nonchè dall'art. 2, comma 4, della stessa legge, in virtù del quale non possono essere munizioni per armi comuni da sparo quelle costituite con pallottole a nucleo perforante o aventi le altre caratteristiche di particolare capacità offensiva indicate nel predetto art.".
In altri termini, come chiarito nella citata decisione 3159 del 1988, l'unico criterio valido per stabilire se munizioni, utilizzabili indifferentemente sia per armi da guerra, che per armi catalogate armi comuni da sparo siano qualificabili come munizioni da guerra consiste nel "far riferimento, non esistendo alcun tipo di munizioni legislativamente riservato per calibro od altro, (blindatura del proiettile), alle sole armi da guerra, integrandole fra loro, alla definizione che di munizioni da guerra dalla L. n. 110 del 1975, art. 2 e la disposizione di cui al quarto comma del successivo art. 2 per il quale "le munizioni a palla destinate alle armi comuni non possono comunque essere costituite con pallottole a nucleo perforante, traccianti, incendiarie, a carica esplosiva, autopropellenti". Se, pertanto, le munizioni hanno caratteristiche vietate per il munizionamento civile resta provato che esse sono destinate all'armamento bellico".
2.4 Nel caso in esame non risulta che i proiettili presentino tali caratteri, ma la loro considerazione giuridica deriva dal fatto di avere costituito il munizionamento di arma da guerra, da ritenersi tale per le autonome ragioni sopra rimarcate.
3. Infine, risultano del tutto generici, privi dell'illustrazione dei profili fattuali e giuridici sui quali si basano, le richieste di esclusione delle circostanze aggravanti e di riqualificazione dei reati contestati ai capi da a) ad e) della rubrica, che quindi incorrono nella sanzione dell'inammissibilità.
Ne discende la declaratoria d'inammissibilità del ricorso e la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali ed, in relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che reputasi equo determinare in Euro 1.000,00 ed alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, liquidate come in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili B.P. e B. P., che liquida in complessivi Euro 4.000,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2015.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2015
12-04-2015 21:04
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