Un uomo, socio della vittima in una Snc, per impedire che quest’ultima prendesse visione della documentazione societaria contenuta all’interno di una borsa, afferrò e distorse il braccio della donna, che aveva appreso la borsa suddetta.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 maggio – 24 luglio 2014, n. 32967
Presidente Lombardi– Relatore Settembre
Ritenuto in fatto
1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 5/11/2012, a conferma di quella emessa dal locale Tribunale, sezione distaccata di Salò, ha condannato S.F. per lesioni personali e violenza privata in danno di Sabrina L., oltre al risarcimento del danno patito da quest'ultima, costituitasi parte civile.
Secondo l'accusa, condivisa dai giudicanti, il S., che era socio di L. nella Boat Service Snc, per impedire che quest'ultima prendesse visone della documentazione societaria contenuta all'interno di una borsa, afferrò e distorse il braccio della donna, che aveva appreso la borsa suddetta.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, l'avv. L.F., che contesta la logicità della motivazione con cui è stata esclusa la legittima difesa e deduce, per lo stesso motivo, violazione degli artt. 52 e 59, comma 4, cod. pen.. Lamenta che la Corte d'appello abbia disatteso, immotivatamente, la tesi difensiva, secondo cui S. agì solamente al fine di impedire che venisse sottratta documentazione societaria e che, sempre immotivatamente, abbia escluso la legittima difesa putativa, ovvero l'eccesso colposo. Inoltre, lamenta l'errore di diritto in cui la Corte di merito è incorsa, in quanto ha escluso la legittima difesa putativa sulla base della "inescusabilità dell'errore".
Considerato in diritto
Le doglianze dell'imputato, che si concentrano sul disconoscimento della legittima difesa, sono infondate.
1. L'accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa, reale o putativa, e dell'eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio "ex ante" calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità dei singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all'azione che possano aver avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati d'animo e i timori personali (Cass. n. 13370 del 5/3/2013).
2. Nel caso di specie la legittima difesa è stata esclusa in considerazione della sicura esistenza, in capo alla persona offesa, del diritto di prendere cognizione della documentazione societaria, essendo la L. socia della Boat Service Snc, e quindi, indipendentemente dalla titolarità della rappresentanza (su cui la Corte d'appello non ha ritenuto di avere elementi per pronunciarsi), anche soggetto personalmente e illimitatamente responsabile. Nessun diritto aveva, pertanto, l'imputato di impedire alla socia l'apprensione della documentazione suddetta, sita in un locale occupato dalla società, al fine di esaminarla e valutarla. Di conseguenza, la reazione posta in essere dall'imputato, allorché si accorse che la donna aveva appreso la borsa contenente la documentazione, era ingiustificata, oltre che, come si dirà, sproporzionata.
3. La Corte d'appello ha escluso l'eccesso colposo di legittima difesa per l'inesistenza di un diritto esclusivo - in capo all'imputato - sulla documentazione societaria; inoltre, perché la reazione è stata volontariamente sproporzionata rispetto alla necessità di difendere un supposto diritto. Tale motivazione non soffre - contrariamente all'assunto difensivo - né di illogicità né di illegittimità, giacché la colpa nella reazione difensiva è effettivamente subordinata all'esistenza di due condizioni: l'esistenza di un diritto (esclusivo) che si assume minacciato; la sproporzione, per colpa, nella reazione. Nella specie - è stato rilevato - non sussisteva il diritto (per quanto è stato detto al punto precedente) e la reazione è stata consapevolmente decisa e violenta, perché diretta ad impedire che la socia prendesse autonomamente cognizione delle vicende societarie. La sproporzione - quindi - non è dipesa da colpa ma dalla volontà di attuare un ius excludendi sulla documentazione della società: volontà logicamente incompatibile con l'erronea valutazione del pericolo e della adeguatezza dei mezzi usati.
4. Gli argomenti sopra sviluppati spiegano anche perché è stata esclusa la legittima difesa putativa. Questa, se non richiede l'esistenza di un pericolo vero ed effettivo, non si affida tuttavia a semplici timori e vaghe supposizioni, ma postula sempre la presenza di un complesso di circostanze obbiettive, atte a creare nella mente dell'agente la fondata convinzione di essere sul punto di subire un attacco e di doversi difendere. Ciò in quanto l' erroneo convincimento dell'agente deve derivare dalla ragionevole persuasione di versare in una situazione di pericolo che determini la necessità di un'azione difensiva; e tale ragionevolezza non può non essere valutata in rapporto alla situazione obbiettiva o di fatto, che valga a spiegare e giustificare l'errore dell'agente. L'erronea supposizione dell'agente circa la situazione di pericolo deve trovare causa, cioè, in un fatto accertato che abbia in sé l'idoneità a far sorgere tale supposizione. Tale "fatto" è stato ragionevolmente escluso dal giudice della sentenza impugnata, giacché non poteva essere la sola apprensione della borsa (contenente i documenti) a ingenerare il dubbio o la convinzione che la socia volesse appropriarsi del contenuto della stessa; e soprattutto non poteva la donna, nella circostanza sopradetta, rappresentare un pericolo reale per l'integrità della documentazione societaria, visto che poteva essere agevolmente fermata, anche senza ricorrere a forme di coazione diretta sulla persona (l'imputato poteva limitarsi ad impedire la fuoriuscita della socia dai locali della società, ove questa avesse inteso allontanarsi con i documenti che non le appartenevano). Sono questi i motivi - diffusi nella sentenza d'appello - che hanno indotto il giudicante ad escludere la legittima difesa putativa, per cui non costituisce motivo di annullamento l'affermazione, certamente errata, contenuta a pag. 8 della sentenza impugnata, secondo cui la scriminante putativa è da escludere - nella specie - per la non scusabilità dell'errore in cui S. è incorso (infatti, l'errore scusabile elide l'antigiuridicità, mentre è proprio l'errore non scusabile che introduce la scriminante putativa). Trattasi di argomento errato che non incrina, comunque, il solido apparato argomentativo della decisione, fondato su una esaustiva valutazione della prova e un corretto inquadramento delle fattispecie, che conducono - per vie comunque praticabili - alla esclusione della scriminante in parola.
5. In definitiva, mette conto sottolineare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa, reale o putativa, e dell' eccesso colposo nella stessa costituiscono un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità quando - come nella specie - gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito (Cass., n. 3148 del 19/2/2013)
6. L'infondatezza delle doglianze comporta che il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, oltre a quelle di rappresentanza e difesa della parte civile, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in € 1.500, oltre accessori di legge.
26-07-2014 00:30
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