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Sentenza

Un uomo ed una donna vengono condannati dalla Corte d’appello di Caltanissetta per il reato di concorso in sottrazione della figlia minore di lei, ma la Cassazione annulla. Processo da rifare.
Un uomo ed una donna vengono condannati dalla Corte d’appello di Caltanissetta per il reato di concorso in sottrazione della figlia minore di lei, ma la Cassazione annulla. Processo da rifare.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 maggio – 7 luglio 2014, n. 29507
Presidente Agrò – Relatore Villoni

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte d'Appello di Caltanissetta, in parziale riforma di quella emessa in data 07/07/2009 dal Tribunale di Enna in composizione monocratica, confermava la condanna di P.S. e N.E. per i reati di concorso in sottrazione della figlia minore di costei, F. (artt. 110, 574 cod. pen.) ed il solo P. anche per quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare (artt. 81 cpv., 570 cpv. n.2 cod. pen.), assolvendo invece quest'ultimo dall'ulteriore reato di minaccia aggravata (art. 612 cpv. cod. pen.) per insussistenza del fatto ed eliminando conseguentemente la pena di tre mesi di reclusione infintagli a detto titolo in primo grado.
La Corte respingeva l'eccezione preliminare di improcedibilità del reato di cui all'art. 574 cod. pen. fondata sull'assenza di sottoscrizione in calce alla querela sporta da P.G. , presente invece solo sul separato verbale di ratifica; respingeva la dedotta insussistenza del dolo del medesimo reato; accoglieva l'appello del P. in relazione al delitto di minaccia aggravata, la cui condanna riteneva indebitamente fondata sulle interessate ed astiose dichiarazioni del denunziante; rigettava, infine, l'impugnazione dello stesso P. in ordine al reato di cui all'art. 570 cod. pen. basata sull'asserito adempimento degli obblighi alimentari verso i figli minori e sull'agiata posizione economica della madre.
2. Avverso la sentenza ricorrono personalmente gli imputati, riproponendo con unico atto d'impugnazione la predetta eccezione d'improcedibilità e deducendo l'insussistenza dell'elemento psicologico del reato di sottrazione d'incapace, poiché la N. si sarebbe indotta a sottrarla al padre al solo scopo di tutelare la minore, in quanto costretta a vivere - come da relazioni redatte dai competenti assistenti sociali - in ambiente socialmente degradato e in condizioni igieniche ed economiche precarie; deducono, inoltre, la mancata acquisizione di una prova decisiva con riferimento all'omessa rinnovazione dell'istruttoria richiesta per esaminare in qualità di testimoni, il Sovr. P.S. G. sulle indagini condotte in merito alla contestata sottrazione di incapace ed i figli ultraquattordicenni del P. , in ordine all'effettiva contribuzione del padre al loro mantenimento.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione.
3.1 Va, tuttavia, preliminarmente ribadita l'infondatezza dell'eccezione concernente l'improce-dibilità del reato di cui all'art. 574 cod. pen. fondata sulla dedotta assenza di sottoscrizione in calce alla querela sporta da P.G. , presente invece solo sul separato verbale di ratifica.
La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, più volte affermato il principio secondo cui la presentazione alla polizia giudiziaria dell'atto di querela privo di sottoscrizione deve ritenersi equivalente alla presentazione orale della querela stessa, ammessa dall'art. 337, comma primo, cod. proc. pen., e la sua ratifica equivale a una conferma della narrazione dei fatti contenuta nell'atto scritto, sicché la sottoscrizione del verbale di ratifica è equipollente alla sottoscrizione della querela orale prevista dal comma secondo dello stesso articolo (Cass. Sez. 5, sent. n. 17681 del 13/01/2010, PM in proc. Mastroiaco, Rv. 247221; Sez. 6, sent. n. 4897 del 24/10/ 2003, Ceglie, Rv. 227915; Sez. 7, ord. n. 31646 del 28/05/2002, Capristo, Rv. 222839).
3.2 Deve essere, inoltre, dichiarata infondata la doglianza formulata dal P. relativa alla pretesa mancata acquisizione di prova decisiva, rappresentata dalla mancata escussione testimoniale dei figli minori destinatari dell'obbligo di mantenimento, la cui violazione gli è stata contestata con il reato di cui all'art. 570 cod. pen..
Il vizio di genericità discende dal fatto che, come si ricava dalla decisione impugnata (pagg.2-3 motivazione), la doglianza non è stata punto articolata con i motivi d'appello, con l'ovvia conseguenza che la Corte territoriale non aveva alcun obbligo di prenderla in considerazione.
La riproposizione della stessa nei motivi di ricorso costituisce, pertanto, motivo di inammissibilità per vizio di aspecificità, attesa la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione (Cass. Sez. 2, sent. n. 36406 del 27/06/2012, Livrieri, Rv. 253893).
3.3 Risulta, invece, fondato il comune motivo articolato dai ricorrenti con riferimento alla precarie condizioni di vita, materiali e morali, in cui la N. era costretta a vivere dal convivente e padre naturale della minore, P.G. , quali attestate anche da una relazione del Servizio di Assistenza Sociale del Comune di (OMISSIS) , occupatosi della vicenda e prodotta dalla difesa in giudizio.
Sebbene, infatti, l'incidenza della doglianza - basata sulle acclarate condizioni di degrado sociale ed ambientale, rilevate dal predetto servizio, in cui la N. e la minore F. erano costrette a vivere da P.G. , nonché sulle condizioni soggettive di costui, indicato come alcolista, affetto da patologia psichiatrica e successivamente convivente con persona minorenne con cui aveva generato un'altra figlia - venga riferita all'elemento soggettivo, reputa il collegio che essa concerna più propriamente l'eventuale sussistenza dell'esimente di cui all'art. 54 cod. pen. sotto lo specifico profilo della necessità di salvare la minore da pericolo attuale di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, in merito alla quale difetta ogni tipo di considerazione da parte della Corte territoriale.
Né valeva ad esimere la Corte da specifica argomentazione il richiamo alla pacifica giurisprudenza sul tema dell'elemento psicologico del reato di cui all'art. 574 cod. pen. o l'argomento, speso anche dal PG, dell'anteriorità cronologica del fatto contestato (4 febbraio 2007) rispetto all'epoca di redazione della relazione di servizio (maggio 2008) dell'Assistente Sociale incaricata delle verifiche in loco.
La famiglia P. - intesa quella all'epoca formata dalla N. e da P.G. - era infatti già nota ai servizi sociali e sanitari per una lunga storia di degrado sociale ed ambientale, con ciò rimarcandosi il dato di una situazione familiare da tempo compromessa quanto ai presupposti minimi di vivibilità, che in quanto tale dovrà formare oggetto di specifica valutazione da parte del giudice del rinvio per apprezzare la sussistenza o meno dei requisiti di applicabilità dell'art. 54 cod. pen..
4. S'impone, per quanto ora sopra esposto, l'annullamento dell'impugnata decisione limitatamente al reato di cui all'art. 574 cod. pen.; s'intende assorbito l'ulteriore motivo di ricorso concernente lo stesso reato e rigettata l'impugnazione del ricorrente del P.S. in ordine al concorrente di cui all'art. 570 cod. pen..

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 574 cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta; rigetta nel resto il ricorso del P. .
Avv. Antonino Sugamele

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