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Sentenza

Un soggetto è accusato di aver diretto ed organizzato un'associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, coordinando altresì l'attività dei membri dell'associazione e garantendo i collegamenti con altri esponenti del terrorismo islamico tutti già condannati in via definitiva per reati della stessa indole nonchè di aver istigato all'odio e alla violenza nei confronti degli ebrei contro i quali giustificava la commissione di atti di terrorismo e violenza.
Un soggetto è accusato di aver diretto ed organizzato un'associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, coordinando altresì l'attività dei membri dell'associazione e garantendo i collegamenti con altri esponenti del terrorismo islamico tutti già condannati in via definitiva per reati della stessa indole nonchè di aver istigato all'odio e alla violenza nei confronti degli ebrei contro i quali giustificava la commissione di atti di terrorismo e violenza.
Cassazione penale  sez. II  Data:06/02/2014 ( ud. 06/02/2014 , dep.06/03/2014 ) 
Numero:10864
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. PETTI      Ciro          -  Presidente   -                     
    Dott. IANNELLI   Enzo          -  Consigliere  -                     
    Dott. LOMBARDO   Luigi         -  Consigliere  -                     
    Dott. VERGA      Giovanna      -  Consigliere  -                     
    Dott. PELLEGRINO Andrea   -  est. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto nell'interesse di: 
                   H.H.B.H., n. in (OMISSIS); 
    avverso l'ordinanza n. 683/2013 del Tribunale di Bari, in funzione di 
    giudice  del  riesame,  in data 20.06.2013 con  la  quale  era  stata 
    rigettata  l'istanza ex art. 309 cod. proc. pen. avverso  l'ordinanza 
    del  giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di  Bari 
    in  data  06.02.2013 impositiva della misura cautelare della custodia 
    in carcere; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    rilevata la regolarità degli avvisi di rito; 
    sentita  la relazione della causa fatta dal consigliere dott.  Andrea 
    Pellegrino; 
    udita  la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott. Paolo 
    Canevelli che ha chiesto il rigetto del ricorso; 
    sentito il difensore avv. Corbucci Carlo in sostituzione dell'avv. De 
    Pascalis  Giangregorio  che ha chiesto l'annullamento  dell'ordinanza 
    impugnata con l'adozione di ogni provvedimento ex lege. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con ordinanza in data 06.02.2013, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari, su conforme richiesta del Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, applicava nei confronti di H.H.B.H. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui all'art. 270-bis cod. pen. (capo A), alla L. 13 ottobre 1975, n. 654, art. 3, comma 3, lett. b) (capo B).

    H. è accusato di aver diretto ed organizzato, nell'ambito di una cellula operante in (OMISSIS) ed in altre zone del territorio italiano, un'associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, coordinando altresì l'attività dei membri dell'associazione e garantendo i collegamenti con altri esponenti del terrorismo islamico tutti già condannati in via definitiva per reati della stessa indole (capo A) . (capo B).

    2. A seguito di ricorso nell'interesse di H.H.B.H., il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, con l'ordinanza impugnata, rigettava l'istanza ex art. 309 cod. proc. pen..

    3. Avverso tale provvedimento, nell'interesse di H.H.B. H. veniva proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

    - violazione della legge penale, mancanza e/o contraddittorietà della motivazione;

    - mancanza dei gravi indizi di colpevolezza;

    - mancanza delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p., lett. a), b) e c) e mancato rispetto del principio di adeguatezza e proporzionalità in ordine alla scelta della misura cautelare disposta.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    4. Il ricorso è infondato e, come tale, va respinto.

    5. E' anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

    Secondo l'orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio condivide e reputa attuale anche all'esito delle modifiche normative che hanno interessato l'art. 606 cod. proc. pen. (cui l'art. 311 cod. proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali indicati nell'art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all'art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza (Cass., Sez. un., n. 11 del 22/03/2000, Audino, rv.

    215828; conforme, dopo la novella dell'art. 606 cod. proc. pen., Cass., Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, rv. 237012).

    Si è inoltre osservato, sempre in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5, n. 46124 dell'08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; Cass., Sez. 6, n. 11194 dell'08/03/2012, Lupo, rv. 252178).

    L'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc. pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo "all'interno" del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti e sono inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice.

    6. Nella fattispecie, il Tribunale del riesame ha valorizzato, ad integrazione del necessario quadro di gravità indiziaria legittimante l'emissione della impugnata misura coercitiva, una articolata serie di elementi, dai quali - con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come tale esente da vizi rilevabili in questa sede, oltre che in difetto delle ipotizzate violazioni di legge - è stata nel complesso desunta la sussistenza del necessario quadro di gravità indiziaria in relazione ai reati ipotizzati, nella specie senz'altro configurabili nei loro elementi costitutivi essenziali. In particolare, ha evidenziato il giudice di seconde cure come la corposa piattaforma indiziaria posta alla base della misura cautelare genetica traesse origine dall'articolata attività d'indagine svolta dai R.O.S. dei Carabinieri di Bari avente ad oggetto il contrasto dell'eversione internazionale nell'ambito del terrorismo islamista; l'interesse investigativo trovava il suo fondamento nel fatto che l'area barese e foggiana fosse notoriamente popolata da folte comunità di immigrati e, dunque, tra le più sensibili al rischio di diffusione di fenomeni terroristici.

    L'indagine prende le mosse dalla presenza in (OMISSIS) di un gruppo religioso, capeggiato da H.H.B.H., imam della locale moschea, gruppo assolutamente aderente alla causa promossa da Al Qaeda del quale facevano parte militanti jihadisti i quali, da contesti di emarginazione sociale, era stati condotti sino alla prassi terroristica: il jihad diventa l'unico argomento di conversazione e tutto è riferito o ricondotto alla necessità dell'impegno combattentistico per l'affermazione del puro Islam.

    Il Tribunale ha rilevato come l'associazione a delinquere in cui risulta inserito l'indagato è dedita ad una scrupolosa attività di proselitismo radicalista, volta a rafforzare, con estrema cautela e discrezione, una più ampia struttura organizzata pronta a colpire il mondo occidentale. Fondamentali per ricostruire assetto, modalità di comunicazione, attività concretamente svolte ed "obiettivi" del gruppo sono le intercettazioni telefoniche i cui contenuti sono stati riscontrati dagli esiti dell'attività investigativa di osservazione ed appostamento e da quella di video-sorveglianza all'esterno del cali center denominato " H.E." frequentato dagli indagati, sia per il loro contenuto che per la natura della relazione tra gli interlocutori che consentono di chiarire. L'organizzazione, composta da un esiguo numero di sodali avvinti da un solido legame associativo basato sul comune credo di matrice estremista e pronti alla realizzazione di un programma criminale stragista duraturo con obiettivi di immediato interesse di natura sia ideologica che logistica, vede al suo vertice l' H.H.B.H. - stabile reclutatore e deputato ai collegamenti diretti con la "organizzazione madre" - che si avvale dell'ausilio dei coindagati (militanti e fiancheggiatori) per diffondere l'ideologia radicalista e per coinvolgere potenziali nuovi adepti. L'attività preparatoria di realizzava, per lo più, attraverso la visione ed il commento in comune, di messaggi, proclami, filmati e documenti scaricati da siti internet: in particolare, i files scaricati contenevano sia messaggi propagandistici e scene di esecuzione di massa, sia precise e concrete indicazioni per la realizzazione di atti di terrorismo, per la preparazione e per l'uso di armi o materiale esplodenti, istruzioni dirette all'aspirante mujihaidin per raggiungere le zone di conflitto in modo sicuro, per inviare messaggi criptati in sede.

    Sintomatici sono apparsi, altresì, i continui spostamenti sul territorio italiano effettuati da gran parte degli indagati, che, di fatto, sono spesso risultati funzionali al mantenimento di stretti contatti con altre cellule della stessa natura secondo il vecchio modello di Al Qaeda, preso a riferimento dall' H., espressione - evidentemente non ancora isolata - di ciò che rimane dell'apparato capillarmente organizzato da O.B.L. e dai suoi luogotenenti prima dell'11 settembre; sono emersi inoltre collegamenti con gli ambienti del terrorismo islamico radicati in altre zone del territorio italiano e concrete attività di raccolta fondi e di finanziamento di terroristi. Elementi che, unitariamente valutati dal Tribunale, si pongono al di là quelle che possono essere considerate come mere manifestazioni di adesione ideologica al radicalismo fondamentalista e, pertanto, nel quadro di una coordinata ed organica lettura delle emergenze investigative, sono stati ragionevolmente ritenuti dimostrativi dell'inserimento degli indagati nella cellula terroristica de qua. In relazione al capo B), dopo aver correttamente evidenziato che trattasi di reato di mera condotta che non richiede la realizzazione di alcun evento, essendo evidente dallo stesso tenore letterale della norma che è punita la propaganda di idee fondate non solo sulla superiorità ma anche sul semplice odio razziale, il Tribunale ha tratto il giudizio sulla gravità indiziaria dal tenore di numerose intercettazioni telefoniche:

    sintomatica è la conversazione del 30.12.2008 intercorsa tra l' H. e la madre nella quale i due, nel commentare le notizie provenienti da Gaza, concordano che i problemi dell'Islam sono stati originati dagli ebrei e che con l'aiuto di Allah, gli arabi riusciranno a vincere; il disprezzo verso gli ebrei viene manifestato anche attraverso la conversazione del 07.01.2009 nella quale H. dice alla madre di pregare contro gli ebrei, sollecitando così la donna a rispondere auspicando che Dio possa accettare le loro preghiere per Gaza e contro gli ebrei. Altra conversazione a connotazione antisionista è quella registrata in data 12.01.2009 intercorsa tra H. e tale A., nel corso della quale la donna fornisce ad H. la numerazione iniziale per consentirgli di comporre un numero corrispondente ad un'utenza fissa di Gaza e poter così apprendere, in tempo reale, notizie sul conflitto in corso; il contenuto di tale conversazione lascia comprendere con quanta partecipazione era vissuta la vicenda palestinese, proprio in quei giorni sotto il duro attacco delle forze armate israeliane. Nel corso del dialogo traspare con chiarezza, dalle parole di H., l'esaltazione del Jihad e del martirio per la causa islamica;

    inequivocabili poi le parole dell' H. quando in data 30.12.2008 parla con una donna di nome N. alla quale dice che i suoi figli devono odiare gli ebrei, perchè ciò è uno dei fondamenti dell'Islam.

    7. Fermo quanto precede, le doglianze del ricorrente inerenti all'adeguatezza del quadro indiziario valorizzato dal Tribunale del riesame si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, sollecitando un "controllo ed un sindacato" non appartenente al giudice di legittimità il cui compito - va ribadito - è solo quello di verificare che il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario ed a valutare la ricorrenza delle esigenze cautelari a carico dell'indagato offrendo motivazione congrua in ordine alla valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass., Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tiana, rv. 255460; nello stesso senso, Cass., Sez. 6, n. 32227 del 16/07/2010-23/08/2010, T., rv. 248037).

    Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere "all'interno" del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, l'ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, ivi compreso l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura, nonchè al tribunale del riesame.

    Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l'altro negativo, la cui presenza rende l'atto incensurabile in sede di legittimità:

    1) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

    2) l'assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

    Nella fattispecie, entrambi i requisiti ricorrono: sotto questo aspetto il ricorso, nella parte in cui ha contestato la valutazione della ritenuta gravità indiziaria, è infondato e, come tale, da rigettare.

    8. Pari infondatezza involge la censura in ordine alla dedotta inesistenza delle esigenze cautelari ed alla mancata osservanza del principio di adeguatezza e proporzionalità della misura applicata.

    Ampia e giustificata e, come tale, idonea a superare la proposta censura, è la motivazione del Tribunale sul punto laddove si afferma che:

    -in merito alle esigenze di cui all'art. 274 cod. proc. pen., lett. b), depone per l'esistenza del concreto pericolo di fuga la palesata intenzione dell'indagato di raggiungere i teatri operativi della "guerra santa"; se a ciò si aggiunge che si tratta di soggetto aderente ad un gruppo contiguo ad altri di stampo fondamentalista, appare altamente probabile l'immediato ritorno all'estero, in caso di scarcerazione, dove l' H. si era già trasferito;

    -in merito al pericolo di reiterazione criminosa specifica ex art. 274 c.p.p., lett. c), va sottolineata l'estrema gravità dei fatti in contestazione, l'elevata pericolosità della "cellula" monitorata dagli inquirenti, i collegamenti con altre cellule attive in Italia ed all'estero. Vale a rafforzare la fondatezza della prognosi negativa la constatazione della incondizionata e acritica adesione a logiche terroristiche di tutti i coindagati, dal senso di appartenenza a contesti omogenei e dalla persistenza dell'attività di proselitismo anche da parte del ricorrente.

    Su queste premesse, consequenziale appare la valutazione in ordine all'impossibilità di prevedere un trattamento sanzionatorio che non superi il limite del beneficio della sospensione condizionale della pena a cui aggiungere la considerazione che il prospettato pericolo di reiterazione criminosa appare di per sè, difficilmente compatibile con quella prognosi favorevole al reo, in termini di astensione dal delinquere che si pone come presupposto di legge per la concessione del beneficio de quo; ed altrettanto consequenziale è il giudizio in ordine alla proporzionalità della misura in essere rispetto al disvalore giuridico delle condotte con riferimento alla presumibile pena irroganda ed alla adeguatezza della stessa ad arginare le concrete esigenze cautelari.

    9. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

    Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 febbraio 2014.

    Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2014
Avv. Antonino Sugamele

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