Tribunale di Trapani. Richiesta di sostituzione dell'ergastolo. Estradizione. Rigettata. Accettazione della giurisdizione italiana.
Cassazione penale sez. I
Data:
18/02/2014 ( ud. 18/02/2014 , dep.07/03/2014 )
Numero:
11139
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo - Presidente -
Dott. BARBARISI Maurizio - rel. Consigliere -
Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere -
Dott. LA POSTA Lucia - Consigliere -
Dott. MAGI Raffaello - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
B.P.A. n. il (OMISSIS);
avverso l'ordinanza 20 settembre 2012 - Tribunale di Trapani;
sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico
Ministero, sostituto Procuratore Generale della Corte di Cassazione,
che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento di una somma alla Cassa delle Ammende.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza deliberata in data 20 settembre 2012, depositata in cancelleria il 12 novembre 2012, depositata in cancelleria in pari data, il Tribunale di Trapani rigettava l'istanza avanzata nell'interesse di B.P.A. volta a ottenere la sostituzione della pena dell'ergastolo, attualmente in esecuzione, irrogata con la sentenza della Corte di Appello di Palermo 28 luglio 2003 (irrevocabile l'8 luglio 2004) per i reati di omicidio aggravato e altro.
Il giudice rilevava che, nella fattispecie, il giudice federale argentino aveva concesso l'estradizione poichè risultavano ricorrenti i requisiti previsto dalla Convenzione di estradizione con l'Italia ai sensi della L. 23 luglio 1919 e la L. 14 luglio 1967, art. 52. Inoltre, il giudice federale non aveva subordinato la concessione dell'estradizione alla non esecuzione nello Stato richiedente di una pena diversa da quella prevista in Argentina (che appunto non prevede l'ergastolo) mentre l'estradando aveva prestato il proprio consenso all'estradizione medesima non prospettando elementi ostativi. Veniva infine rilevato che la Costituzione argentina ripudia solo la pena di morte, ma non anche l'ergastolo previsto per alcuni reati militari e per il reato di desaparaticion forzata di persone.
2. - Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione B.P. A. chiedendone l'annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
Con l'unico motivo di gravame il ricorrente ha rilevato la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato non avendo il giudice inteso che la doglianza avanzata era relativa al fatto che l'Argentina non consente l'estradizione per reati speciali, gli unici per i quali tale medesimo Paese prevede l'ergastolo, mentre il reato per il quale è stato concessa l'estradizione è punito in Argentina con pena temporanea; inoltre nella Convenzione regolante i rapporti tra i due Paesi in questa materia è stato inserito l'espresso rifiuto delle parti a trattamenti sanzionatori contrari ai principi umanitari, tenuto contro altresì che l'Italia ha previsto, nella propria Carta Costituzionale, di volersi adeguare a detti principi internazionali. Inoltre, il provvedimento impugnato è carente di motivazione anche in punto di violazione del principio di uguaglianza atteso che se il B. fosse rimasto in Argentina avrebbe scontato la pena temporanea. La motivazione è altresì illogica per la violazione del principio della doppia incriminazione stante il fatto che in Argentina non è prevista la pena perpetua per il reato per il quale vi è stata estradizione.
Diritto
OSSERVA IN DIRITTO
3. - Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1 - La problematica se l'ergastolo sia o meno un trattamento contrario ai principi umanitari esula i limiti angusti del giudizio che ci occupa. Certamente, tuttavia, non può non tenersi conto del fatto che l'Argentina, non ha ritenuto che l'ergastolo previsto in Italia, per il reato per cui si procede violasse tali principi se ha data esecuzione, così come ha concretamente fatto, l'estradizione, e se l'ordinamento giuridico di tale Paese straniero prevede detta pena per alcuni determinati reati. Non è rilevante, per contro, che per il reato per cui è stata concessa l'estradizione l'Argentina preveda la pena temporanea, posto che ciò che è necessario perchè l'estradizione sia concessa è che il delitto per cui viene chiesta l'estradizione sia punito nel Paese richiesto (da qui la non violazione del principio della doppia incriminazione) e che nel paese richiedente non vi siano pene ripudiate come la pena di morte, la tortura e le punizioni corporali. Non importa cioè che la pena sia nello specifico diversa nei due Paesi, in quanto ciò attiene alla diversa rilevanza che nell'ordinamento di ciascun Stato viene assegnata a ciascun illecito a seconda della preminenza dell'interessi giuridici da tutelare, bensì che il reato sia punito con sanzione penale.
Sotto questo ultimo profilo nulla è previsto nella Convenzione applicata nella fattispecie (tra i due Paesi) che vieti concretamente l'estradizione, atteso peraltro che il B. ha prestato il proprio consenso alla medesima estradizione senza nulla obiettare.
Del tutto irrilevante è poi la doglianza difensiva che attiene alla supposta violazione del principio di uguaglianza atteso che, si sostiene se il B. fosse rimasto in Argentina avrebbe scontato la pena temporanea. A parte la considerazione che il principio di uguaglianza opera tra condannati sottoposti alla medesima legge sicchè non si può invocare tale principio in relazione a due ordinamenti giuridici distinti e autonomi, vi è da ribadire che l'odierno ricorrente ha prestato esplicito consenso alla sua estradizione (nè ha impugnato il provvedimento argentino che disponeva l'estradizione), sicchè anche a voler in via ipotetica ritenere sussistente la sperequazione trattamentale (ma così non è, come dianzi argomentato) trattasi di disparità liberamente accettata dal soggetto, libero di rifiutarsi di sottoporvisi. Una volta accettata la giurisdizione italiana (nella sua interezza), abbandonando di conserva quella straniera, il condannato non può introdurre dei distinguo applicativi propri dell'uno o dell'altro sistema giuridico solo perchè a lui più favorevoli (electa una via non datur recursus ad alteram).
4. - Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2014
06-04-2014 08:49
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