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Sentenza

Tribunale di Trapani:   Il giudice che rileva la diversità del fatto rispetto a quello contestato, deve soltanto trasmettere gli atti al pubblico ministero senza pronunciare sentenza assolutoria in ordine al reato originariamente configurata.
Tribunale di Trapani: Il giudice che rileva la diversità del fatto rispetto a quello contestato, deve soltanto trasmettere gli atti al pubblico ministero senza pronunciare sentenza assolutoria in ordine al reato originariamente configurata.
Cassazione penale  sez. fer.   Data:    05/09/2013 ( ud. 05/09/2013 , dep.08/10/2013 ) Numero:    41657
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE FERIALE PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIOTTO    Maria Cristina -  Presidente   -                     
    Dott. DUBOLINO  Pietro    -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. BARBARISI Maurizio       -  Consigliere  -                     
    Dott. ANDREAZZA Gastone        -  Consigliere  -                     
    Dott. DI SALVO  Emanuele       -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
             L.A. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza  n.  4160/2011 CORTE APPELLO  di  PALERMO,  del 
    15/10/2012; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 05/09/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO; 
    udito  il  P.G.  in persona del Dott. Viola che ha concluso  come  da 
    verbale. 
                     


    Fatto
    RILEVATO IN FATTO

    - che con l'impugnata sentenza la corte d'appello di Palermo, provvedendo su gravame proposto da L.A. avverso la condanna, inflittagli all'esito del giudizio di primo grado, per i reati, uniti per continuazione, di minaccia grave e porto illegale di coltello, confermò il giudizio di penale responsabilità dell'imputato soltanto in ordine all'ultimo di detti reati, rideterminando la relativa pena in mesi sei di arresto ed Euro 150 di ammenda, mentre, quanto al residuo addebito di minaccia, ritenuto che il fatto fosse diverso da quello contestato, in quanto costituito da un tentativo aggravato di lesioni, dispose la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica presso il tribunale di Trapani;

    - che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, denunciando vizio di motivazione sull'assunto, in sintesi e nell'essenziale, che:

    1) la corte d'appello, avendo inteso "annullare", secondo quanto si legge nella motivazione dell'impugnata sentenza, la sentenza di primo grado relativamente al ritenuto reato di minaccia, avrebbe dovuto, prima di disporre la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica, pronunciare assoluzione in ordine al suddetto reato;

    2) avrebbe dovuto essere esaminata (cosa non avvenuta) la doglianza esposta nei motivi di appello a proposito della ritenuta sussistenza, quanto al reato di minaccia, dell'aggravante di cui all'art. 339 c.p.;

    3) indebitamente non sarebbe stato tenuto in considerazione, nel confermare il giudizio di penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato di porto ingiustificato di coltello, il fatto che l'imputato svolgeva l'attività di pescivendolo e che il coltello, da lui prelevato dai l'interno del furgone con il quale si era recato a prendere il pesce, costituiva per lui uno strumento di lavoro.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    - che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:

    a) con riguardo al primo motivo, esso ignora totalmente il noto e consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, qualora il giudice rilevai, come nel caso in esame, la diversità del fatto rispetto a quello contestato, deve soltanto trasmette gli atti al pubblico ministero senza pronunciare sentenza assolutoria in ordine al reato originariamente configurata (in tal senso, fra le altre:

    Cass. 5, 22 aprile - 23 settembre 2010 n. 34555, Colazzo, RV 248161;

    Cass. 1, 15 giugno - 14 luglio 2010 n. 27212, PG in proc. Kane, RV 247714);

    b) con riguardo al secondo motivo, lo stesso appare manifestamente pretestuoso, non vedendosi (nè spiegandosi) per quale ragione la corte di merito, una volta ritenuta la diversità del fatto originariamente contestato come minaccia aggravata rispetto a quello per il quale, a suo avviso, doveva procedersi per tentate lesioni, si sarebbe dovuta preoccupare di rispondere alle doglianze difensive concernenti un'aggravante relativa a quello stesso reato di minaccia di cui era stata, in radice, esclusa la sussistenza;

    c) con riguardo al terzo motivo, appare evidente la sua totale infondatezza, atteso che, anche ad ammettere che il ricorrente potesse legittimamente portare il coltello all'interno del furgone con il quale si era recato (o si stava recando) a prendere il pesce, non si vede (nè si spiega) come potesse considerarsi giustificato il fatto che egli, dopo aver appositamente prelevato (come si riconosce nello stesso atto di ricorso) il medesimo coltello dal suddetto furgone, lo aveva portato con sè, secondo la non contestata (sul punto,) ricostruzione accusatoria, per raggiungere il locale (aperto al pubblico) nel quale aveva poi posto in essere l'aggressione in danno della persona offesa;

    - che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all'art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che appaiano idonei ad escludere ogni profilo di colpa, anche l'applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro mille;

    -che la stessa, rilevata inammissibilità impedisce, ai sensi dell'art. 130 c.p.p., comma 1, ultima parte, che questa stessa Corte possa provvedere alla correzione dell'errore materiale che, come segnalalo dal procuratore generale, appare ravvisabile nell'impugnata sentenza, non essendosi con la stessa provveduto, come previsto dall'art. 604 c.p.p., comma 1, all'annullamento della sentenza di primo grado nel capo relativo al reato di minaccia; annullamento di cui, peraltro, nella stessa motivazione dell'impugnata sentenza, si attesta, come si è visto, la necessità.
    PQM
    P.Q.M.

    La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende. Dispone trasmettersi copia della presente sentenza alla corte d'appello di Palermo perchè provveda alla correzione dell'errore materiale costituito dal mancato annullamento, ai sensi dell'art. 604 c.p.p., comma 1, della sentenza di primo grado, limitatamente alla condanna del L. per il reato di minaccia a lui contestato al capo b).

    Così deciso in Roma, il 5 settembre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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