Tribunale di Trapani: Condannato Sindaco ad 1 anno e due mesi di reclusione, pena sospesa, per avere nominato un esperto, a 3.000 euro al mese, in violazione di norme di legge. E' abuso di ufficio.
Tribunale Trapani Data:10/06/2013 ( ud. 11/03/2013 , dep.10/06/2013 )
REPUBBLICA ITALIANA
IL TRIBUNALE DI TRAPANI
SEZIONE PENALE
composto dai signori magistrati
1. dott. Angelo PELLINO - Presidente
2. dott. Antonio GENNA - Giudice
3. dott.ssa Caterina BRIGNONE - Giudice
con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Sostituto
Procuratore della Repubblica dott. Franco BELVISI e con l'assistenza
del Cancelliere dott.ssa Loredana MARANZANO
all'udienza dell'11 marzo 2013 ha pronunciato e pubblicato mediante
lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
1) S.G., nato ad Alcamo (TP) il ..., ivi residente nella Via G.M. n.
10 ed ivi elettivamente domiciliato nella Via Madonna dell'Alto n.
39 presso i difensori di fiducia
LIBERO, ASSENTE
difeso di fiducia dagli avvocati Vincenzo CATANZARO e Francesco
GALATI del Foro di Trapani - entrambi presenti
2) R.C., nato a Partinico (PA) il ..., residente a Trappeto (PA) in
Contrada Piano Inferno ed elettivamente domiciliato a Terrasini (PA)
nella Piazzetta Titì Consiglio n. 7 presso il difensore di fiducia
LIBERO, PRESENTE
difeso di fiducia dall'avvocato Carlo VENTIMIGLIA del Foro di
Palermo - presente
IMPUTATI
S.G.
per il reato di cui all'art. 323 c.p. in quanto, agendo nella
qualità di Sindaco del Comune di A. e, quindi, di pubblico
ufficiale, procedeva, nell'esercizio delle sue funzioni, alla
nomina, con determina del 31/08/2007 prot.llo ..., di C.L. quale suo
esperto ex art. 14 L.R. 7/1992 (ora art. 154 Testo coordinato
dell'Ordinamento Enti Locali della Regione Siciliana) con l'incarico
specifico di curare l'innovazione e l'implementazione delle
procedure interne di verifica e controllo delle relazioni
istituzionali e di supporto agli organi politici, provvedimento
emesso in violazione di norme di legge e segnatamente delle
disposizioni:
di cui allo stesso art. 14 L.R. cit. che limita la nomina di esperti
per l'esercizio di attività connesse materie rientranti nella sfera
delle attribuzioni sindacali e non in quelle riservate alla
competenza di altri organi del Comune, tra cui - nel Comune di
A. - il Direttore generale, il Segretario generale ed i Settori
e Servizi in cui si struttura l'organizzazione degli Uffici
dell'ente;
di cui all'art. 4 L.R. 19/1997 in relazione all'art. 1 L.R. 22/1995
a tenore delle quali il possesso dei requisiti del soggetto da
designarsi e ad adibirsi ad organi / anche di consultazione, quale è
l'esperto ex art. 14 L.R. 7/1992, deve risultare da una
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà dell'interessato
attestante il possesso dei requisiti richiesti e l'insussistenza
delle condizioni ostative previste (tra cui eventuali sentenze di
condanna o di applicazione pena per determinate ipotesi di reato);
delle disposizioni di cui all'art. 7 c. 6 e 6 bis D.L.vo 165/2001
che prescrive che le Pubbliche Amministrazioni possano conferire
incarichi individuali a consulenti esterni esclusivamente per
esigenze cui non possono far fronte con personale di servizio e
comunque pubblicizzandoli mediante apposite procedure comparative;
di cui all'art. 81 del Regolamento comunale degli Uffici e dei
Servizi che ribadisce la prescrizione che le Pubbliche
Amministrazioni possono conferire incarichi individuali a consulenti
esterni solo per esigenze cui non possono far fronte con personale
di servizio;
con ciò intenzionalmente procurando al C. - soggetto con precedenti
penali, e per questo, non richiesto dal presentare la predetta
dichiarazione - il profìtto economico consistente nel compenso
mensile previsto ammontante ad euro 3.000,00, da definirsi ingiusto
non essendo iure datur la nomina nell'incarico conferito, con
corrispondente danno per le casse del Comune di A. ed a sé un
vantaggio in termini di tornaconto per la propria carriera politica
poiché l'assegnazione dell'incarico al C. veniva disposto a
compensazione di debiti politici sia personali, per l'attività
svolta dal nominato in sede di campagna elettorale, che partitici,
risultando tale nomina effettuata anche a garanzia di equilibri
interni alla formazione politica di appartenenza ed in particolare a
cagione dei legami personali e politici del nominato che gli
consentiva di consolidare e coltivare, a fini appunto di personale
affermazione, una rete di appoggi ed alleanze.
Fatto commesso in A. il 31/08/2007.
OMISSIS
OMISSIS
S.G. e R.C.
D) per il reato di cui agli arti. 81 cpv., 110 e 323 c.p. in quanto,
agendo con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso
in concorso fra di loro quali pubblici ufficiali ed in particolare
nella qualità, rispettivamente, lo S. di Sindaco del Comune di
A. ed in tale veste di determinatore ed autore diretto di talune
delle condotte di seguito indicate ed il R. di Segretario generale
dell'Ente ed in tale veste quale co-ideatore e comunque esecutore
materiale delle condotte di seguito descritte, mediante l'emissione
dei provvedimenti indicati nel capo che precede con i quali venivano
conferiti incarichi di consulenza a professionista esterno alla
citata Amministrazione ex art. 14 L.R. 7/1992 e segnatamente al dr.
A.F. nominato esperto in "Comunicazione Pubblica ed Istituzionale"
oppure quale "Portavoce e personale Addetto stampa ", provvedimenti
emessi in violazione di norme di legge e regolamento e
specificamente delle disposizioni:
di cui all'art. 7 commi 6 e 6 bis D.L.vo 165/2001 che prescrive che
le Pubbliche Amministrazioni possono conferire incarichi individuali
a consulenti esterni esclusivamente:
per esigenze cui non possono far fronte con personale di servizio;
pubblicizzandoli mediante apposite procedure comparative;
di cui all'art. 81 del Regolamento comunale degli Uffici e dei
Servizi che ribadisce la prescrizione che le Pubbliche
Amministrazioni possono conferire incarichi individuali a consulenti
esterni solo per esigenze cui non possono far fronte con personale
di servizio;
di cui - in relazione alla sola determina di nomina n. 82 del
21/07/2008 - all'art. 76 c. 7 D.L.vo 25/06/2008 n. 112 conv. con
modif. e sost. nella L. 06/08/2008 n. 133 a tenore del quale, sino
all'emanazione di apposito decreto previsto dall'art. 76 c. 6 D.L.
cit. a cura del Presidente del Consiglio dei Ministri, "è fatto
divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è
pari o superiore al 50% delle spese correnti -condizione esistente
presso il Comune di A. ove al 21/07/2008 l'incidenza delle spese
per il personale comunque retribuito era pari al 51,83% - procedere
ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia
tipologia contrattuale";
intenzionalmente procuravano al F. un ingiusto vantaggio non iure
datur costituito dai diritti, facoltà e spettanze derivanti dai
rapporti di lavoro determinato così costituiti (la cui retribuzione
ammontava mensilmente ad euro 1.700,00) con corrispondente danno per
le casse del Comune di A. (consistente, in particolare, in euro
36.890,00 in riferimento alla determina n. 100/2003, in euro
5.335,00 in relazione alla determina n. 165/2007, in euro 38.250,00
in conseguenza della determina n. 82/2008) nonché un vantaggio per
lo S. quale privato tornaconto politico in termini di privata
carriera poiché l'assegnazione dell'incarico al F. veniva disposta a
compensazione di debiti politici, sia personali per l'attività
svolta dal F. in sede dì campagna elettorale che partitici
risultando tale nomina effettuata anche a garanzia di equilibri
interni alla formazione politica di appartenenza in particolare a
cagione dei legami personali e politici del nominato che gli
consentiva di consolidare e coltivare, a fini appunto di personale
affermazione, una rete di appoggi ed alleanze. Fatti commessi in
Alcamo il 1/10/2003 il 20/12/2007 ed il 21/12/2008.
E) per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 - 479 c.p. per avere,
agendo con più condotte esecutive di un medesimo disegno criminoso
in concorso fra di loro nelle rispettive qualità lo S. di sindaco
del Comune di A., ed in tale veste di determinatore e
(co-)autore delle condotte di seguito indicate, ed il R. di
Segretario generale dell'Ente come tale co-ideatore e comunque
co-esecutore materiale delle condotte di seguito descritte,
falsamente attestato in atti pubblici destinati a provare la verità
dei fatti in essi affermati e segnatamente nei disciplinari
costituenti parte integrante e sostanziale dei provvedimenti di
determina ex art. 14 L.R. 7/1992:
n. 100/2003 (in cui il disciplinare porta la firma, per la P.A., del
medesimo S.) di nomina di F. A. quale "Portavoce e personale Addetto
stampa" nonché n. 165/2007 ed in quello 82/2008 (con disciplinari a
firma del R.) di nomina dello stesso soggetto quale esperto in
"Comunicazione pubblica ed istituzionale";
n. 146 del 22/10/2007 e n. 92 del 27/08/2008 (con disciplinari
formati e sottoscritti dal R.) di nomina del geom. G.P. quale
esperto in materia di Pianificazione e Sviluppo del Territorio";
che alle esigenze sottostanti agli incarichi conferiti a tali
soggetti e determinanti la loro nomina non era possibile "far fronte
con il personale dell'Ente ", mentre, contrariamente a quanto non
veridicamente certificato in tali atti:
o non venne mai condotta alcuna previa verifica né dell'effettiva
attualità di tali esigenze né della possibilità di ricorrere alle
risorse umane e professionali già a disposizione dell'Ente;
o soggetti professionalmente qualificati destinagli agli incarichi
indicati erano, comunque, presenti nella dotazione organica dei
dipendenti del Comune di A. nonché tra i professionisti ad esso
già legati da previo rapporto di lavoro.
Fatti commessi in A. il 1/10/2003, il 22/10/2007, il 21/07/2008
ed il 27/08/2008.
Nel presente procedimento si è costituito PARTE CIVILE:
COMUNE di A., in persona del Vice Sindaco pro tempore Sig. M.
F., rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanna MISTRETTA del Foro
di Trapani con studio ad Alcamo (TP) nella Via T.V.M. n. 5.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Il Pubblico Ministero ha chiesto affermarsi la penale responsabilità
di entrambi gli imputati e, previa unificazione di tutti i reati
contestati sotto il vincolo della continuazione con il più grave
reato di cui al capo E), previo riconoscimento ad entrambi delle
circostanze attenuanti generiche, condannare S.G. alla pena di anni
1 e mesi 4 di reclusione e R.C. alla pena di anni 1 e mesi 1 di
reclusione.
La parte civile ha concluso come in comparsa e nota spese depositate.
L'avvocato Galati ha chiesto l'assoluzione di S.G. perché i fatti
non sussistono; anche l'altro difensore dello S., avvocato
Catanzaro, ha chiesto l'assoluzione.
L'avvocato Ventimiglia ha chiesto l'assoluzione di R.C. da tutti i
reati ascrittigli perché i fatti non sussistono.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 9 aprile 2010, il G.U.P. in sede disponeva il rinvio a giudizio innanzi a questo Tribunale di G.S. e C.R. per rispondere dei reati di cui in epigrafe.
All'udienza del 12 maggio 2010, si dichiarava la contumacia dell'imputato S., regolarmente citato e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento.
All'udienza del giorno 8 novembre 2010, revocata l'ordinanza dichiarativa della contumacia dello S., venivano espunti dal fascicolo per il dibattimento gli atti, analiticamente indicati a verbale, che non avevano titolo per farne parte; su richiesta dei Difensori degli imputati, erano altresì espunti gli atti relativi alla costituzione di parte civile di L. C., intervenuta con riguardo ai capi b) e c) dell'imputazione, già interessati da declaratoria di non luogo a procedere; era acquisita la trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali espletata innanzi al G.U.P. Dichiarato aperto il dibattimento e data per letta l'imputazione, le parti avanzavano le rispettive richieste di prova e sollevavano eccezioni di inammissibilità come da verbale; il Tribunale si pronunciava come da ordinanza dettata a verbale.
All'udienza del 7 febbraio 2011, erano concordemente acquisiti i verbali delle sommarie informazioni rese da L. C., i verbali di interrogatorio di M.C., la querela ed il verbale di sommarie informazioni di G.B.; era, quindi, revocata l'ordinanza ammissiva delle prove relativamente all'audizione del B., mentre si procedeva all'esame del Cascio e del C.; erano acquisiti la richiesta di archiviazione ed il conforme provvedimento adottato dal GIP nei confronti del Cascio.
All'udienza del 9 maggio 2011, venivano sentiti A.F. e P.L..
All'udienza del successivo 30 maggio, si procedeva all'escussione dei testi P. e F. ed era acquisita la documentazione prodotta dall'Accusa.
All'udienza del 27 giugno 2011, venivano concordemente acquisiti al fascicolo per il dibattimento i verbali delle sommarie informazioni rese da A.S., A.P. e G.I., con conseguente revoca dell'ordinanza ammissiva della prova orale coi predetti testi.
All'udienza del successivo 10 ottobre, erano escussi S.L. e A.P.; era acquista la nota a firma del L. del giorno 11 febbraio 2010.
All'udienza del 23 gennaio 2012, era escusso l'Ispettore C..
All'udienza del successivo 6 febbraio, era esaminato il consulente del Pubblico Ministero dott. Elio Collovà; l'imputato R. rendeva dichiarazioni spontanee e produceva la documentazione indicata a verbale ed acquisita dal Tribunale.
All'udienza del 26 marzo 2012, erano acquisiti i verbali di interrogatorio di entrambi gli imputati, con riserva della Difesa dello S. di esprimere consenso anche con riguardo ai verbali richiamati in quello del 6 dicembre 2008; veniva, quindi, sentito il consulente della Difesa dott. Stabile e, all'esito, si acquisiva la relazione a firma dello stesso; il R. rendeva dichiarazioni spontanee.
All'udienza del 16 aprile 2012, era escusso B.G.T., veniva revocata l'ordinanza ammissiva delle prove con riguardo all'esame del teste Piraino ed erano acquisite le dichiarazioni allegate al verbale di interrogatorio del 6 dicembre 2008.
All'udienza del 14 maggio 2012, acquisita la documentazione concordemente prodotta dalle parti, era revocata l'ordinanza ammissiva delle prove relativamente all'esame della dott. D.; veniva sentito il dott. L. ed acquisito il documento prodotto dalla Difesa del R.; era, infine, revocata l'ordinanza ammissiva delle prove dei residui testi della lista della Difesa del R..
All'udienza del 28 maggio 2012, era acquisito il documento indicato a verbale e gli imputati rendevano dichiarazioni spontanee.
All'udienza del 18 giugno 2012, si acquisiva l'ulteriore documentazione prodotta dall'Avv. Ventimiglia.
All'udienza del giorno 8 ottobre 2012, acquisita l'ulteriore documentazione prodotta dall'Accusa, veniva chiuso il dibattimento con indicazione degli atti utilizzabili; il Pubblico Ministero dava, quindi, inizio alla requisitoria.
All'udienza del 12 novembre 2012, il rappresentante dell'Accusa concludeva la requisitoria e la Difesa della parte civile formulava ed illustrava le proprie conclusioni.
All'udienza del 17 dicembre 2012, i Difensori degli imputati illustravano le rispettive conclusioni.
All'udienza del giorno 11 marzo 2013, il Pubblico Ministero ed i Difensori degli imputati svolgevano le rispettive repliche; dopodiché, il Tribunale si ritirava in camera di consiglio e, all'esito, decideva come da dispositivo.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Premessa
G.S. e C.R. - rispettivamente nella qualità si Sindaco e Segretario generale del Comune di A. - sono stati tratti a giudizio per rispondere, il primo, del reato di abuso di ufficio commesso con delibera del 31 agosto 2007 e, entrambi, in concorso tra loro, dei reati di abuso di ufficio continuato, commesso in data 1 ottobre 2003, 20 dicembre 2007 e 21 dicembre 2008, e falsità ideologica continuata del pubblico ufficiale in atti pubblici.
Più in dettaglio, lo S. è accusato di aver nominato L. C. esperto ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992, in violazione di norme di legge, così intenzionalmente procurando al predetto C. l'ingiusto profitto rappresentato dal compenso mensile di euro 3.000,00, con corrispondente danno per le casse del Comune di A., ed a sé stesso vantaggi per la carriera politica.
Entrambi gli imputati sono, poi, accusati, in concorso tra loro, di aver conferito incarichi di esperto ad A.F. in violazione di norme di legge e regolamento, così procurando allo S. un tornaconto politico ed al professionista nominato un ingiusto vantaggio patrimoniale, con pari danno per il Comune.
Infine, sia lo S. che il R. sono chiamati a rispondere, in concorso, del delitto continuato di cui all'art. 479 c.p. per aver falsamente attestato, in atti pubblici destinati a provare la verità dei fatti in essi affermati, che i professionisti esterni F. e P. venivano nominati per esigenze cui non era possibile "far fronte con il personale dell'Ente".
La tesi accusatoria sottesa alle imputazioni sopra compendiate è stata efficacemente esplicitata dal Pubblico Ministero, in sede di requisitoria, dicendo che "trovare un posto di lavoro al C. ed al F. a spese delle pubbliche finanze" aveva rappresentato per lo Scala, che aveva trovato la complicità del R., "il prezzo da pagare per far fronte a debiti personali e politici in precedenza contratti" (p. 1 della requisitoria scritta). La piattaforma probatoria offerta dall'Accusa procede, quindi, a partire dalle vicende della campagna elettorale del 2007, conclusasi con l'elezione a Sindaco del Comune di A. di G.S. , ed è da qui che conviene prendere le mosse nell'illustrare il compendio probatorio, anche se - come si vedrà - il fulcro del processo non è ruotato attorno alla acquisizione degli elementi di fatto, la maggior parte dei quali documentalmente provati, quanto piuttosto alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, operata in modo assai diverso dall'Accusa e dalla Difesa.
2. Esposizione del compendio probatorio
Ebbene, volendo dar conto del materiale probatorio secondo un ordine cronologico e logico, può dirsi accertato, anzitutto, che L. C. ed A. F. - poi investiti dell'incarico di esperti - siano stati, nella campagna elettorale del 2007, quantomeno attivi sostenitori del candidato Sindaco G.S. .
Cominciando con l'illustrare le vicende relative al C., pare opportuno prendere le mosse dalla versione del diretto interessato.
Invero, L. C. ha detto di conoscere lo S. dal 1998, di aver avuto con lui un rapporto "particolarmente stretto" e di essere stato, proprio per tale motivo, addirittura responsabile - peraltro a titolo gratuito - delle campagne elettorali dell'imputato sia nel 2001 che nel 2007, coadiuvato, in entrambe le occasioni e sempre gratuitamente, da G.S. ed A.F. (cfr.: esame del teste C. all'udienza del 7 febbraio 2011, p. 30 e ss. della trascrizione; verbali delle sommarie informazioni testimoniali rese dal C. il 27 novembre ed il 2 dicembre 2008).
Divenuto lo S. Primo cittadino, lo S. era stato nominato Assessore, con diritto agli emolumenti previsti dalla legge; il F. era stato nominato addetto stampa; il C. era stato nominato esperto del Sindaco ed aveva prestato la sua attività a titolo gratuito per i primi 2 mesi - giusta determinazione sindacale n. 91 del 15 giugno 2007 - e, successivamente, a seguito di provvedimento del 31 agosto 2007, a titolo oneroso, con un compenso di euro 3.000,00 lordi al mese (cfr.: determine sindacali n. 91/2007 e n. 121/2007; determina di liquidazione compensi al C. n. 2883 del 5 dicembre 2007).
Nonostante l'oggetto dell'incarico fosse sostanzialmente lo stesso in entrambe le occasioni, la determina sindacale del giugno 2007 era stata adottata ai sensi dell'art. 84 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi, che, però, non pare opportunamente richiamato, facendo esso riferimento agli incarichi professionali esterni conferiti dai dirigenti - quindi non direttamente dal Sindaco - previa autorizzazione dell'Amministrazione comunale. La successiva determina dell'agosto 2007, invece, era stata adottata "ai sensi e per gli effetti di cui alla L.R. 7/92, art. 14".
A detta dell'interessato - che riferisce di averlo saputo dallo S. -, la sua nomina ad esperto non era stata imposta al Sindaco da altri esponenti della stessa formazione politica né era stata conseguenza di equilibri politici o partitici da salvaguardare, ma era stata, comunque, discussa nelle riunioni dei vertici del Partito Democratico e condivisa dallo Scala.
Nell'illustrare il proprio curriculum professionale, il C. ha detto di aver conseguito il diploma di scuola media secondaria in enologia, ma di essersi, poi, cimentato in settori del tutto diversi, essendo entrato, nel 1980, nei ranghi della Banca di Credito Cooperativo Don Rizzo, dove aveva fatto carriera, fino a diventare, nel 1994, direttore di filiale. L'impiego in banca, però, aveva avuto termine a seguito della sentenza definitiva di applicazione della pena, concordata dal teste per delitti di appropriazione indebita e falso, commessi nell'esercizio delle sue funzioni. Dopodiché, il dichiarante si era cimentato in altre esperienze di direzione amministrativa.
Il teste ha avuto cura di precisare che il Sindaco S. - prima ed al fine di conferirgli l'incarico, a titolo gratuito, di esperto ex lege regionale n. 7/1992 - gli aveva richiesto il curriculum vitae, effettivamente consegnato dal C. al Segretario generale R. per i necessari adempimenti burocratici.
Non era mai stato richiesto, invece, né il certificato del casellario giudiziale né alcuna autocertificazione relativa all'esistenza di precedenti penali o carichi pendenti. Del resto, la sentenza di applicazione della pena di un anno ed un mese di reclusione emessa nei suoi confronti costituiva ad Alcamo fatto notorio, che, in quanto tale, non poteva essere stato ignorato dallo S..
Ad ogni modo, nell'ottobre 2007, essendo diventate sempre più insistenti le polemiche che ruotavano attorno a quel precedente penale in relazione alla nomina ad esperto, il C. aveva chiesto ed ottenuto l'estinzione del reato ex art. 445, comma 2, c.p.p.
Il teste ha altresì ammesso che la sua nomina ad esperto non era stata preceduta dall'attivazione di procedure comparative.
Le circostanze riferite dal C. in ordine alla nomina ad esperto risultano, invero, documentalmente provate, atteso che sono in atti le delibere di nomina e liquidazione dei compensi.
Quanto all'oggetto specifico dell'incarico ricevuto, il C. ha detto si essere stato incaricato di "curare l'innovazione e l'implementazione delle procedure interne di verifica e controllo delle relazioni istituzionali nonché di supportare gli organi politici (Sindaco, Ufficio di Gabinetto del Sindaco, Giunta Municipale)" e ha specificato di avere, in concreto, assicurato "un'azione di raccordo tra i vertici istituzionali dell'Ente e cioè tra il Sindaco e gli assessori componenti la Giunta" e di avere espletato una funzione consultiva per "snellire ed ottimizzare l'azione amministrativa del Comune nei vari settori e (...) renderla più economica e meno dispendiosa (cfr. verbale di s.i.t. del 27 novembre 2008, cit., p. 1 e s.).
In tal modo si è realizzata - nella prospettazione accusatoria - una vera e propria coincidenza tra le competenze assegnate all'esperto e quelle spettanti, per previsione dello statuto comunale, al Direttore generale. Ed infatti, l'art. 17 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi comunali stabilisce che il Direttore generale svolga, tra l'altro, "compiti di coordinamento, funzioni di supporto nei confronti degli organi di governo" ed assicuri "le condizioni organizzative ed i processi funzionali e decisionali affinché le strategie ed i piani dell'Amministrazione comunale (...) si attuino nei tempi e modi stabiliti". Il C., quindi, sarebbe stato chiamato a svolgere compiti che si sovrapponevano a quelli del Direttore generale - figura già presente nell'organigramma dell'Ente - e non rientranti nelle competenze del Sindaco.
Iniziate le indagini che hanno portato all'instaurazione del presente procedimento, lo S. ha provveduto, con determina n. 133 del giorno 11 dicembre 2008, a revocare il C. dall'incarico di esperto, fatto questo che ha determinato l'incrinarsi dei rapporti tra i due e che il C. ha spiegato con la motivazione che il Sindaco aveva avvertito l'azione amministrativa dell'esperto "come invasiva nei suoi confronti", tanto da averlo progressivamente "allontanato" dal luglio 2008 (cfr.: verbale di s.i.t. del 27 novembre 2008, cit., p. 3; determina n. 133 del giorno 11 dicembre 2008).
Effettivamente, è in atti la comunicazione del 18 novembre 2008 di avvio del procedimento di revoca della nomina di esperto, in cui si dà atto dell'iscrizione dello S. "nel registro degli indagati in relazione a presunte illegittimità connesse al conferimento di incarico di esperto in questione" e della conseguente necessità, nella fase delle indagini preliminari, "di revocare l'incarico fiduciario conferito, e ciò anche al fine di fugare qualsiasi dubbio circa la natura dell'incarico stesso e di permettere alla Magistratura e agli Organi inquirenti tutti gli accertamenti del caso diretti ad accertare i fatti" (cfr. comunicazione in atti). La revoca della nomina del C. quale esperto del Sindaco era, quindi, intervenuta con determinazione n. 133 del giorno 11 dicembre 2008 (cfr. determinazione in atti).
A quel punto, il C. aveva dismesso anche la tessera del Partito Democratico, in quanto deluso per il fatto di non essere stato difeso da nessun esponente di quella formazione con riguardo ai contrasti maturati con lo S..
Sul ruolo del C. in campagna elettorale, ha avuto modo di riferire anche G.M.M. B., che - nella tornata elettorale del 2007 - era stato lo sfidante dello S. per l'elezione a Primo cittadino (cfr.: querela del 7 marzo 2008; verbale delle sommarie informazioni testimoniali rese dal B. il 30 gennaio 2008).
Il teste ha ricordato che il C. - uomo di fiducia del Senatore P., a sua volta sponsor politico dello S. - era solito accompagnare quest'ultimo in tutte le manifestazioni politiche ed occuparsi delle attività connesse. Su queste basi, il B. ha definito il C. come "il punto di riferimento, a livello organizzativo, della campagna elettorale dello S." (cfr. verbale di s.i.t., cit., p. 2).
È stato, quindi, sentito il citato Senatore A. P., che, in argomento, ha "pesato le parole", per usare un eufemismo. Infatti, il politico - pur essendo legato allo S. da un rapporto di profonda vicinanza umana e politica e conoscendo il C. da una quindicina d'anni - si è espresso in termini probabilistici sullo spendersi di quest'ultimo in favore dello S., arrivando a negare persino l'esistenza di ruoli organizzativi nelle campagne elettorali (cfr. esame del teste P. all'udienza del 10 ottobre 2011, p. 49 e ss. della trascrizione, spec. p. 52: "è probabile che sia stato presente in qualche incontro, non so se alle televisioni o in qualche altro incontro, ma insomma non mi pare di potergli attribuire ruoli particolari (...) Non esistono ruoli organizzativi in campagna elettorale").
Per il resto, il teste ha detto di non aver mai caldeggiato allo S. la nomina del C. quale esperto, anche se il nome di questi era stato fatto, insieme a tanti altri, in una riunione politica. La ragione della designazione del C., però, non era da riscontrare - a parere del Senatore - nella salvaguardia di equilibrio politici, non essendo il predetto neppure iscritto al partito della Margherita, nell'ambito del quale, all'epoca, militavano sia lo S. che il P..
Sul conferimento dell'incarico al C., è stato sentito anche M.C. - dirigente presso il Comune di Alcamo dal 1998 e Segretario generale fino all'agosto 2007 -, il quale ha riferito di aver predisposto il provvedimento di nomina del C. ad esperto del Sindaco (cfr.: esame del teste Cascio all'udienza del 7 febbraio 2011, p. 7 e ss. della trascrizione; verbali di interrogatorio del 23 ottobre e del 4 dicembre 2008).
In dettaglio, il neoeletto Sindaco S. aveva esibito e consegnato al C. il precedente provvedimento di nomina del C. ad esperto a titolo gratuito, che era stato predisposto dall'amministrazione prima dell'approvazione del bilancio, ed aveva chiesto al Segretario di redigere un atto analogo quanto alle materie oggetto di incarico, ma con la previsione di un compenso mensile per l'esperto pari ad euro 3.000,00.
Il C. non aveva avuto motivo di stupirsi, perché, nella sua pregressa esperienza, era capitato che altri Sindaci - sia ad Alcamo che altrove - si fossero avvalsi di esperti, nominati ora a titolo gratuito, ora a titolo oneroso. In quest'ultimo caso, l'esperto ha diritto - sempre in base alle previsioni della legge regionale 7/1992 - ad un compenso equivalente a quello previsto per la seconda fascia dirigenziale, pari, quindi, ad euro 5.000,00 lordi al mese per 13 mensilità.
Al teste, però, non era stato consegnato il fascicolo personale dell'esperto nominando, con la motivazione che detto fascicolo era custodito dal R., il quale si era sempre occupato personalmente delle nomine degli esperti del Sindaco.
Per adempiere al compito assegnatogli, il C. aveva, quindi, convocato il C. nel proprio ufficio e ne aveva visionato il curriculum, da cui risultava che lo stesso non aveva mai conseguito la laurea, ma aveva maturato esperienza come preposto in agenzie periferiche della banca presso la quale aveva lavorato ed aveva svolto attività di gestione di finanziamenti comunitari o regionali. Il teste non aveva ravvisato nella mancanza di laurea un ostacolo alla nomina ad esperto, atteso che tale requisito - per previsione di legge - risultava derogabile sulla base di adeguata motivazione.
Predisposta e siglata la minuta del provvedimento, il C. l'aveva consegnata personalmente al Sindaco - come richiestogli - e, in quel frangente, gli aveva fatto presente l'assenza dei certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale o, in alternativa, della relativa autocertificazione. Lo S. aveva risposto al C. di non preoccuparsi, perché quegli adempimenti erano stati curati dal R. (p. 2 del verbale di interrogatorio del 23 ottobre 2008: "Di questo non si preoccupi, perché di questo si è già occupato il dott. R.").
Dopodiché, il C. non aveva controfirmato la determina sindacale di nomina del C., adempimento curato dal R. - persona di fiducia del Sindaco - né aveva avuto modo di constatare se l'esperto avesse svolto i compiti per i quali era stato nominato, poiché era stato assegnato al diverso incarico di dirigere i servizi demografici.
Sulla base del contenuto di tali dichiarazioni - già rese in sede di indagini - era stata chiesta ed ottenuta l'archiviazione del procedimento avviato nei confronti del C. per concorso con lo S. nel delitto di abuso di ufficio, asseritamente commesso con riguardo alla nomina del C. (cfr. richiesta di archiviazione del 10 maggio 2010 e pedissequo provvedimento di archiviazione, emesso dal G.I.P. in sede il 28 settembre 2010).
Anche per la vicenda relativa alla nomina ad esperto di A.F., è stato sentito il diretto interessato, il quale, in dibattimento, ha mostrato sicurezza solo nello sciorinare l'impressionante curriculum di laureato in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo, in Scienze Giuridiche presso l'Università di Roma e ad honorem in Scienza della Comunicazione negli USA nonché tre volte dottore di ricerca ed autore di numerosissime pubblicazioni, mostrandosi, invece, tutt'altro che perentorio nelle risposte alle altre domande, rispetto alle quali si è mosso in termini "sfumati", per non dire evasivi (cfr. esame del teste F. all'udienza del 9 maggio 2011, p. 3 e ss. della trascrizione).
Così, il F. ha provato a sminuire la rilevanza della figura del C. in campagna elettorale, dichiarando di non sapere quale fosse esattamente il ruolo di costui, ma non potendo negare di averlo visto sovente in compagnia dello S..
Il teste, invero ha cercato di ridimensionare anche il ruolo da lui stesso svolto nella campagna elettorale del 2007, dovendo, comunque, ammettere di essere stato vicino allo S. per amicizia, di aver aperto o chiuso qualche comizio e di avere scritto alcuni discorsi e comunicati elettorali.
Ad ogni modo, lo spendersi del F. per la campagna elettorale dello S. risulta anche aliunde. Il teste B., ad esempio, si è detto a conoscenza del fatto che il F. "partecipava attivamente alla campagna elettorale dello S. curando prevalentemente i comunicati stampa, la pianificazione degli eventi pubblici e sostanzialmente l'immagine pubblica ed i rapporti con i media" (cfr. verbale di s.i.t. del B., cit.).
Quanto agli incarichi ricevuti, il F. ha detto di essere stato nominato - nell'ottobre 2003, nel dicembre 2007 e nel luglio 2008, previa esibizione della documentazione necessaria, tra cui curriculum e certificato del casellario giudiziale - portavoce e addetto stampa del Sindaco S., con il compito, quindi, di curare l'immagine del Primo cittadino ed i rapporti dell'amministrazione comunale con l'esterno (cfr.: determinazioni sindacali n. 59 del 20 settembre 2002, n. 100 del giorno 1 ottobre 2003, tutte di conferimento di incarico a titolo oneroso ex art. 14 della Legge regionale n. 7/1992, con allegato disciplinare in cui si dà atto che la nomina di esperto risponde a esigenze cui il Sindaco non può far fronte con personale dell'Ente; determinazioni n. 102 del 3 luglio 2007 e n. 24 del giorno 11 marzo 2008, entrambe di conferimento di incarico di consulenza a titolo gratuito, sempre per lo svolgimento del medesimo tipo di attività nel ramo della comunicazione del Comune verso la cittadinanza; determinazione n. 2103 del 19 settembre 2007, di impegno di spesa; determinazione n. 165 del 20 dicembre 2007 e n. 82 del 21 luglio 2008, di conferimento di incarico, la prima senza espresso richiamo all'art. 14 della Legge regionale n. 7/1992, con allegato disciplinare di incarico, in cui si dà atto che la nomina di esperto risponde a esigenze cui il Sindaco non può far fronte con personale dell'Ente). Per tale funzione, la somma corrisposta a titolo di compenso, in base all'ultima determinazione di conferimento incarico - la n. 82/2008 -, era di euro 1.700,00 mensili.
Con riguardo alle nomine di esperti, il F. aveva manifestato all'amico S. le perplessità che nutriva con riguardo all'opportunità di conferire incarico al C., del quale era noto a tutti in città il precedente penale per fatti legati alla posizione ricoperta all'interno della Banca Don Rizzo di Alcamo.
Ciononostante, il C. era stato nominato esperto, fatto questo che aveva amareggiato il teste, il quale aveva ritenuto che quella scelta fosse stata dettata non solo dall'esperienza professionale del C., ma anche dal ruolo che questi aveva svolto nel corso della campagna elettorale.
Il conferimento dell'incarico al C. - cui era seguito un certo allontanamento del F. dal Sindaco - aveva fatto sì che il teste prendesse seriamente in considerazione l'ipotesi di dimettersi, rispetto alla quale s'era pure consigliato con l'amico Senatore A. P., cui aveva scritto una lettera. Il politico, però, aveva lasciato la missiva senza risposta, evitando così di prendere posizione.
Alla fine, comunque, le dimissioni - "sollecitate" dallo S. e decise dal F. anche per il timore di possibili azioni penali nei propri confronti - erano state rassegnate il 24 dicembre 2008, quando era già in corso la presente vicenda giudiziaria.
Invero, a dispetto della deposizione dibattimentale, le intercettazioni rivelano come il F., almeno fino al giorno 11 dicembre 2008, non avesse affatto maturato l'intenzione di dimettersi né per lo sdegno, asseritamente provocato in lui dalla nomina ad esperto del C., né per andare incontro alle esigenze di opportunità, paventate dallo S.. Piuttosto, v'è la prova di come il teste non avesse alcuna intenzione di lasciare un posto, che riteneva gli spettasse. Al riguardo, vale la pena di riportare integralmente i passaggi interesse della conversazione intervenuta con tale Aurelio, alle ore 16,45 del giorno 11 dicembre 2008 (p. 175 e ss.):
(Omissis)
Di analogo tenore, invero, la conversazione con tale Alessandro, intercettata alle ore 17,25 di quello stesso 11 dicembre, dalla quale, peraltro, sembra che il Senatore P. avesse dato una qualche risposta - seppur non gradita dal F. - alle questioni ed agli interrogativi da questi prospettati sul tema delle sue eventuali dimissioni:
(Omissis)
Cominciando a trarre un primo bilancio di quanto fin qui esposto, può dirsi certo - al di là dell'eventuale sopravvalutazione o sottovalutazione dei rispettivi ruoli - che il C. ed il F. abbiano collaborato, in qualche modo, alla campagna elettorale per l'elezione a Sindaco dello S. nel 2007, come riferito, nel modo più impersonale, dal C., che li ha qualificati soggetti notoriamente facenti parte dell'entourage dell'ormai ex Sindaco di A.
A ciò si aggiunga che sia il C. che il F. risultano legati al Senatore P., indubbio referente politico dello S.. La conoscenza di vecchia data col C., infatti, è stata ammessa dallo stesso P., espressamente interrogato sul punto. Il legame col F., invece, emerge dall'intercettazione telefonica delle ore 17,11 del 24 novembre 2008, nel corso della quale il F., nell'affrontare questioni "politiche" - o meglio di conteggio dei voti "segnalati" e di spartizione delle cariche - con C.V., spende più volte il nome del Senatore, dicendo di avergli riferito determinate questioni e di averne ricevuto certe informazioni ed indicazioni (cfr. intercettazione telefonica, cit.).
È, quindi, comprensibile che la "vicinanza" del C. e del F. allo S. ed al suo principale referente politico abbia rappresentato per l'Accusa un primo elemento di sospetto nel valutare le successive nomine ad esperto dei predetti soggetti.
In effetti, L. C., con determina n. 91 del 15 giugno 2007, era stato nominato consulente di alta specializzazione e, con determina n. 121 del 31 agosto 2007, era stato confermato nell'incarico in qualità di esperto ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992, al fine di curare l'innovazione e l'implementazione delle procedure interne di verifica e controllo, di curare le relazioni istituzionale e di supportare gli organi politici dell'ente.
Il F., già esperto per l'Ufficio stampa comunale nel 2002-2003 e portavoce ed addetto stampa del Sindaco nel 2003, era stato nominato - con determine sindacali n. 102 del 3 luglio 2007, n. 165 del 20 dicembre 2007, n. 24 del giorno 11 marzo 2008 e n. 82 del 21 luglio 2008 - esperto in comunicazione pubblica ed istituzionale. Peraltro, alle determine n. 165/2007 e 82/2008 era stato accluso un disciplinare di incarico a firma del Segretario generale del Comune dott. C.R..
Va rimarcato, quanto ai compiti disimpegnati dai predetti esperti, che il Direttore generale M.C. ha dichiarato come le competenze attribuite a costoro rientravano tra quelle istituzionalmente spettanti, per Regolamento comunale, a settori già esistenti dell'amministrazione comunale.
Sul punto, è stato sostanzialmente d'accordo il teste B., il quale si è premurato di aggiungere che, in campagna elettorale, sia lui che il suo avversario si erano detti contrari - per evidenti esigenze di contenimento della spesa - alla nomina di esperti, ragion per cui egli era rimasto assai sorpreso nell'apprendere delle nomine di soggetti, che, in concreto, sarebbero andati "a svolgere un lavoro che poteva essere portato a termine dagli impiegati già in servizio presso il Comune di A., alcuni dei quali con qualifiche assolutamente sufficienti all'abbisogna" (p. 3 del verbale di s.i.t. del B., cit.).
Si è parlato, fin qui, delle nomine di due esperti, ma, invero, con determine n. 146 del 22 ottobre 2007 e n. 92 del 22 agosto 2008, il geometra G. P. era stato nominato dal Sindaco S. consulente ex art. 7, comma 6, D.Lgs. 165/2001 ed esperto, ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992, in materia di pianificazione urbanistica. In questo caso, la seconda determina era accompagnata da disciplinare di incarico a firma del Segretario R..
È da segnalare che, in tutti casi di cui s'è detto, la nomina dell'esperto non era stata preceduta dall'attivazione di una procedura comparativa, onde verificare se le esigenze da fronteggiare potessero essere soddisfatte attingendo a personale dipendente o comunque legato al Comune da un qualche contratto di lavoro.
Sull'argomento, sono stati espliciti gli stessi imputati, i quali hanno ammesso di non aver verificato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane già a disposizione dell'amministrazione e di non aver espletato procedure comparative, nella sincera convinzione che non fosse necessario (cfr. verbale di interrogatorio del R. del 6 dicembre 2008 e verbale di interrogatorio dello S. del 4 aprile 2009).
Oltre a ciò, con particolare riguardo alla nomina del F., è stata chiara P.L., dipendente del Comune di A. dal 1992, deputata a svolgere attività giornalistica in quell'Ente dal 1995, iscritta nell'albo dei giornalisti e pubblicisti dal 2001, laureata in lettere moderne nel 2004 e responsabile - a partire dall'amministrazione guidata dal Sindaco F. - della pubblicazione del giornale, poi divenuto mensile, "Alcamo informa" (cfr. esame della teste Lombardo all'udienza del 9 maggio 2011, p. 48 e ss. della trascrizione).
Il Sindaco S. le aveva, poi, proposto, seppur informalmente, di svolgere il ruolo - perfettamente rispondente alle sue qualifiche professionali - di addetto stampa ed esperto in comunicazione del Comune.
Nonostante la teste si fosse subito dichiarata interessata e disponibile, quell'incarico era stato conferito al F., senza la previa pubblicazione di un bando o l'attivazione di altra procedura comparativa.
La L. aveva, quindi, chiesto chiarimenti al Sindaco, che, però, aveva glissato, limitandosi ad osservare che la nomina del F. era ormai un dato di fatto.
Successivamente, lo S. aveva prospettato alla teste l'eventualità di una divisione dei ruoli tra lei ed il F., ma la cosa non aveva avuto seguito.
Per di più, in una discussione intervenuta con la L. nel dicembre 2008 - in occasione della chiusura di un numero di "Alcamo informa" -, il Primo cittadino aveva addebitato alla donna ed al predetto giornale il suo coinvolgimento nella presente vicenda giudiziaria. L'ingiusta accusa era stata, ovviamente, rispedita al mittente dalla teste, che aveva sottolineato come gli sviluppi della situazione non fossero da ascrivere a lei, bensì a scelte poco avvedute dello stesso S..
Anche G. P. - geometra oggi in quiescenza ed ex dipendente del Comune di A. - ha dichiarato che la sua designazione ad esperto non era stata preceduta dall'attivazione di procedure di gara (cfr. esame del teste P. all'udienza del 30 maggio 2011, p. 4 e ss. della trascrizione).
Egli, infatti, aveva lavorato dal 1994 al 2006 al settore pianificazione e sviluppo del territorio del Comune ed era stato tanto apprezzato per il lavoro svolto che, dopo il pensionamento, il Sindaco S., l'Assessore P. ed il dirigente dell'ufficio tecnico I. gli avevano prospettato, più volte, la volontà di conferirgli un incarico professionale da esperto per aiutare gli altri addetti al settore. I tecnici in servizio, infatti, non erano insufficienti nel numero, ma avevano difficoltà a riuscire a svolgere tutti i compiti dell'ufficio, avendo molti di loro contratti di lavoro part-time.
Alle parole erano seguiti i fatti, perché il P. - previa presentazione al Segretario generale R. della documentazione necessaria, tra cui curriculum e certificato del casellario giudiziale - era stato nominato esperto, prima a titolo gratuito, per circa 3 mesi, e poi a titolo oneroso (cfr.: determinazione n. 146 del 22 ottobre 2007, di conferimento di incarico a titolo gratuito; determinazione n. 92 del 27 agosto 2008, di conferimento di incarico ex art. 14 della Legge regionale n. 7/1992 a titolo oneroso, con allegato disciplinare in cui si dà atto della finalizzazione dell'incarico ad esigenze cui il Sindaco non può far fronte con personale dell'ente).
Il cuore dei suoi compiti era attinente alla branca dell'amministrazione in cui il P. aveva lavorato per tanti anni ed implicava pur sempre il raccordo col dirigente dell'ufficio tecnico. Con la nomina ad esperto, però, non si chiedeva più al P. - in base a quanto da lui stesso precisato - di curare singole pratiche, bensì di muoversi, in campo edilizio ed urbanistico, in sinergia con Sindaco, magari individuando gli strumenti tecnici per mettere in pratica le idee di questi. In tale contesto, il P. aveva incontri giornalieri col Primo cittadino - cui relazionava periodicamente anche per iscritto le proprie attività - e dava indicazioni ai tecnici in servizio, segnatamente l'architetto L. G. ed il geometra A. E..
Specificamente interrogato sui rapporti con lo S. e col R., il P. ha detto di non aver fatto attività per sostenere la campagna elettorale del primo e di aver conosciuto il secondo solo in occasione della propria nomina ad esperto, visto che il R. aveva iniziato a lavorare per il Comune di A.dopo che il teste era andato in pensione.
Ed invero, non emerge neppure aliunde che la nomina del P. abbia risposto a logiche politiche o spartitorie, mentre risulta - nonostante le precisazioni di segno contrario del geometra - che i compiti a lui assegnati avrebbero potuto essere svolti da altri soggetti già in forza all'amministrazione.
Infatti, il Dirigente dell'Ufficio Tecnico Comunale, Ing. G. I., ha ammesso che, nei 4 mesi di durata dell'incarico, il P. si era occupato, fondamentalmente, dello stesso tipo di attività che curava quando era dipendente comunale (cfr.: verbali delle sommarie informazioni testimoniali rese dall'I. il 2 dicembre 2008, il 13 febbraio 2009 ed il 3 aprile 2009).
Lo stesso I. ha riconosciuto che le mansioni assegnate al P. avrebbero potuto essere svolte da altro architetto o geometra dell'ufficio da lui diretto. Al contempo, però, il dichiarante - pur essendo in rotta con lo S. dopo che questi lo aveva rimosso dalla carica di Dirigente del VII Settore per assegnarlo all'Ufficio di staff del Sindaco - non ha esitato ad ammettere di aver caldeggiato egli stesso il ritorno in servizio del P., in considerazione della professionalità di questi, del fatto che lo stesso si era occupato del settore per molto tempo e perché l'utilizzo di altro soggetto avrebbe comportato dispendio di tempo, con ritardi ed aggravi procedurali (cfr. verbale di sit del 13 febbraio 2009, cit., p 2: "sebbene sulla carta l'assegnazione di tale mansione poteva essere operata in favore di qualunque architetto o geometra in servizio al settore, ciò, attesa la mole del lavoro svolto e da riprendere nel procedimento di revisione, avrebbe comportato un enorme dispendio di tempo con aggravi e ritardi procedurali che potevano e possono sfociare anche in contenziosi giuridici molto complessi. Infatti, la revisione del P.R.G. dovrà necessariamente partire dalle attività svolte dal 1995 al 2001 e essere completata da tutte le ulteriori analisi e studi che si sono susseguiti negli anni a seguire alla data di approvazione. Solo il geometra P. ebbe a seguire personalmente tale procedimento poiché addetto, in questo decennio, a queste attività. Posso affermare che qualora non vi fosse stato l'obbligo della revisione del P.R.G. nei tempi imposti dalla Regione, diversamente avrei potuto, e senza nessuna preoccupazione, assegnare tale compito a qualsiasi dipendente qualificato a disposizione del mio settore").
Per questi stessi motivi, il conferimento dell'incarico al P. non era stato preceduto da formale verifica delle risorse umane e professionali già a disposizione dell'Ente.
Su questa stessa linea, il Direttore generale S.L. ha dato atto della presenza, nella struttura amministrativa dell'Ente, di uno specifico Ufficio di Urbanistica incardinato nel VII Settore "Pianificazione e sviluppo del territorio" ed ha confermato che l'attività del P. quale esperto si era posta in continuità con le mansioni precedentemente ricoperte, non riferibili, a parere del Pubblico Ministero, nella sfera delle attribuzioni sindacali neppure in via residuale.
È, allora, verosimile che lo S., ad un certo punto, si fosse preoccupato delle problematiche - anche penali - insorte in relazione alla nomina ad esperto del P., come risulta dalla conversazione telefonica intercettata del 28 novembre 2008, nel corso della quale il Sindaco chiedeva al dirigente comunale A. R. quale attività svolgesse il dipendente F. e se la stessa fosse stata regolata con provvedimento formale (cfr. intercettazione del 28 novembre 2008, alle ore 18,16: S.: "ti volevo chiedere ma R. F. cosa sta facendo? - R.: "pi ora fa la direzione dei lavori di Castello Ventimiglia, drà 'ncapo" - (...) - S.: "ma la nomina io l'ho fatta?" - (...) - R.: "ma non mi ricordo, credo di sì, credo di sì").
Le stesse preoccupazioni, del resto, avevano animato il R. che, nella conversazione del 3 dicembre 2008, aveva chiesto all'interlocutrice - la Dirigente del personale F.C. - di fare una ricognizione delle assenze per malattia del F., evidentemente per trarne motivi atti a giustificare il sotto utilizzo di quel dipendente (cfr. intercettazione del 3 dicembre, alle ore 9,23: Francesca: "ieri sera mi avevi chiamato, io ero al cinema" - (...) - Cristoforo: "non ti preoccupare, e allora mi serviva avere una copia, eh, un certificato di quello, come si chiama, l'architetto F. (...) quanto è stato in malattia, ecco" - Francesca: "sì, va bene" - C.: "oh, praticamente l'anno scorso, tutto questo periodo che è stato in malattia" - (...) - Francesca: "cure, malattie, fissarie, tutte" - C.: "sì, tutto, tutto, tutto").
Il F. di cui si discute di identifica con l'architetto Stelio R. F., vice-dirigente di ruolo presso il Comune di A., in servizio dal 1985 (cfr. esame del teste F. all'udienza del 30 maggio 2011, p. 36 e ss.).
Il F. - specialista del settore per gli studi universitari svolti - si era già ampiamente occupato di pianificazione urbanistica per l'Amministrazione comunale, essendo stato coinvolto nei lavori per la predisposizione del piano regolatore generale nonché incaricato di occuparsi di ben 12 piani di recupero urbano, del piano particolareggiato e del piano parcheggi. In virtù di ciò, quindi, il F. poteva essere in grado di predisporre piani costruttivi di edilizia residenziale. Per converso, tra l'agosto ed il dicembre 2008, il teste era stato chiamato ad occuparsi delle stradine cimiteriali e non erano state accolte le sue richieste di tornare a ricoprire un incarico dirigenziale nel settore urbanistica e ambiente del Comune.
Nella prospettazione accusatoria, i compiti assegnati al P. in qualità di esperto avrebbero potuto essere disimpegnati anche dall'architetto A.P., dipendente del Comune di A.dal 1986 (cfr. verbale delle sommarie informazioni testimoniali rese dal P. il 6 marzo 2009).
Nel corso della sua carriera, il P. aveva lungamente prestato servizio nel Settore Urbanistica ed era stato assegnato - nel 2004, sotto l'amministrazione S. - all'ufficio di staff del Sindaco, precisamente al costituendo S.U.A.P. (sportello unico per le attività produttive), poi incorporato nel Settore Urbanistica. Fino al 2008, l'Architetto P. era stato lasciato nei locali del S.U.A.P., senza ordini di servizio né incarichi di lavoro, trovandosi solo a fornire consulenza urbanistica in relazione alle pratiche di insediamento di attività commerciali. Poi, il 4 novembre 2008 - con provvedimento predisposto dal Direttore generale L., previa individuazione nominativa da parte del Sindaco S. - il P. era stato nuovamente trasferito al Settore Urbanistica, nell'ambito del quale l'Assessore P. gli aveva prospettato la possibilità di ricoprire incarichi di prestigio, evenienza questa mai realizzatasi.
Ciò vuol dire che la riassegnazione del P. al settore Urbanistica - il più congeniale alle sue competenze ed esperienze - è avvenuta quando erano già state avviate le indagini che hanno portato all'instaurazione del presente procedimento e ciò nonostante il fatto che il predetto P. si dolesse da tempo del proprio sotto-utilizzo nonché del non essere stato chiamato a rivestire i compiti assegnati al P. in qualità di esperto (cfr. verbale delle sommarie informazioni rese dal P. il 6 marzo 2009).
Ed infatti, l'Architetto - visionata la determina di nomina del P. e presa visione dei compiti a questi assegnati - non ha esitato ad affermare che sarebbe stato perfettamente in grado di assolvere il medesimo incarico, sia per l'attinenza al suo titolo di studio, sia per l'esperienza professionale maturata nell'Ente, sia perché il carico di lavoro di cui era investito non era tale da impedirglielo. Eppure, la proposta di essere lui ad occuparsi dei compiti attributi al P. non gli era mai stata fatta.
Anche A.S. - dipendente del Comune di A. fino al giugno 2006, assegnato, per un certo periodo, all'Ufficio Tecnico ed oggi in quiescenza - ha dichiarato che, in base alla propria esperienza, "le funzioni svolte quale esperto dal P. G. potevano sicuramente essere svolte dall'Arch. R. F., vice Dirigente, dall'Arch. A.P., dal geometra A.P. e da diversi geometri in servizio presso lo stesso ufficio" (verbale delle sommarie informazioni testimoniali rese dallo S. il 6 marzo 2009).
Invero, il peso delle asserzioni dello S. è davvero limitato e sarebbe addirittura inconsistente, se non si ponesse in linea col narrato di altri testi. Deve considerarsi, infatti, che lo S. - assunto come bidello e poi divenuto coadiutore amministrativo - non ha le competenze per valutare e ponderare comparativamente le professionalità ed i compiti dei suoi superiori. D'altro canto, il dichiarante non ha fatto mistero delle tensioni col Sindaco S., asseritamente dovute a ragioni di contrapposizione politica e partitica.
Sulla nomina e sulle funzioni degli esperti, è stato sentito anche S.L., dirigente del Comune di Alcamo dal 2000, direttore generale dal luglio 2007 al 31 dicembre 2010 e, dal primo gennaio 2011, nuovamente dirigente dei servizi finanziari (cfr. esame del teste L. all'udienza del 10 ottobre 2011, p. 3 e ss. della trascrizione).
Il teste ha spiegato che il suo principale compito di direttore generale era quello di "definire un piano esecutivo di gestione", "di curare la programmazione dell'ente e di coordinare l'attività dei colleghi dirigenti" (p. 4). L'attività richiesta implicava, quindi, una stretta collaborazione col Sindaco e con tutta l'amministrazione per il raccordo gestionale coi dirigenti dei vari settori. Tra le funzioni del direttore generale, allora, vi sono anche quelle di verificare il raggiungimento degli obiettivi prescelti in sede politica e la congruità delle risorse all'uopo adottate nonché di supportare gli organi di governo. Ciò da ragione del motivo per cui l'incarico al direttore generale - figura oggi non più prevista dalla normativa nazionale e regionale per i Comuni con popolazione inferiore a 100.000 abitanti - è di tipo fiduciario da parte del Sindaco, il quale, conseguentemente, è anche titolare del potere di revoca.
Il L. ha ricordato di essere stato interpellato dallo S. in vista del conferimento al C. di un qualche incarico di collaborazione, non meglio precisato. Sentito ciò, egli aveva suggerito la soluzione tecnica della nomina ad esperto, che risultava la più funzionale allo scopo, non necessitando di preventiva programmazione.
Divenuto esperto del Sindaco, il C. era andato a svolgere una serie di funzioni, alcune delle quali si sovrapponevano a quelle di competenza del L., motivo per cui, tra i due, c'erano stati dei momenti di collaborazione. Il C., però, si muoveva in più stretta sinergia col Sindaco, andando a supportare l'attività di questi e non dell'ente in generale.
Deve darsi atto che, in argomento, il teste ha voluto salvaguardare la posizione del Sindaco e, di riflesso, la propria, cercando di tratteggiare un discrimen tra le proprie funzioni e quelle del C., invero ben difficile da cogliere, specie se si considera che anche la nomina del Direttore generale avviene su base fiduciaria. Basti segnalare che il L. ha parlato di momenti di collaborazione con l'esperto, ma non anche delle tensioni venutesi a creare con questi e comprovate, ad esempio, dalla missiva del 16 ottobre 2007, in cui il C. scriveva al Direttore generale ed al Segretario generale del Comune per lamentare di non essere stato portato a conoscenza dell'avvenuta costituzione di un gruppo di lavoro che intercettava le sue stesse competenze, segnatamente di "gruppo di lavoro inter-settoriale, al fine di predisporre gli strumenti tecnici di supporto agli organi politici, con particolare riguardo alla programmazione ed al controllo" (cfr. missiva in atti).
Quanto al P., il teste ha confermato che questi - nominato esperto - aveva continuato a dare al Comune di Alcamo il suo apporto di professionalità e di esperienza nel settore dell'urbanistica e della pianificazione del territorio, presso il quale aveva lavorato per tanti anni.
Sempre con riferimento al predetto settore, il L. ha altresì ricordato di avere rimosso il geometra A.P., assegnato al settore ambiente e, poi, riportato all'urbanistica nel settembre 2008.
Il teste aveva avuto modo di conoscere anche il F., esperto dello S. in comunicazione pubblica ed istituzionale e, quindi, chiamato ad occuparsi dei rapporti con la stampa e della comunicazione con l'esterno.
In prima battuta, il teste ha negato la sovrapposizione tra le competenze del F. e quello dell'ufficio per le relazioni con il pubblico - incardinato nel terzo servizio -, cui l'allegato B del regolamento del Comune di Alcamo assegna proprio la funzione, tra le altre, di curare la comunicazione alla cittadinanza delle attività istituzionali. A fronte della lettura da parte del Pubblico Ministero delle previsioni regolamentari, però, il L. ha corretto il tiro, sostenendo la formale sovrapposizione di competenze, ma segnalando che era il personale effettivo a fare la differenza in concreto. In ultimo, il teste ha rilevato che il F. non era inquadrato in un preciso settore e curava, in particolare, le comunicazioni del Sindaco. Sta di fatto, però, che i vari provvedimenti di nomina incaricano sostanzialmente il F. di curare la comunicazione dell'Amministrazione verso la cittadinanza.
Su diversi aspetti, il teste è stato evidentemente sulla difensiva, tendendo a trincerarsi dietro una serie di "non ricordo".
Così è stato, ad esempio, quando gli è stato chiesto se lo S. lo avesse invitato - durante le indagini relative al presente procedimento - a prendere contatto col C., recalcitrante a presentare le dimissioni. Sul punto, peraltro, l'asserito difetto di memoria non è venuto meno neppure a seguito della lettura da parte del Pubblico Ministero di un brano della conversazione intercorsa tra il L. e lo S. alle ore 18,13 del 25 novembre 2008, brano da cui si desume che il primo avesse parlato al C. proprio su richiesta del secondo (cfr. intercettazione, cit., p. 45: "Scusami G., io mi sono permesso. Picchì si era un discorso, se tu non mi avessi detto di parlargli (...) io possibilmente mancu l'avissi chiamato quannu niscì, diversamente).
Parimenti, il L. ha detto di non ricordare con esattezza il contenuto delle conversazioni avute col C. ed ha detto di non sapere se il Sindaco fosse a conoscenza dei precedenti penali di questi, per poi correggere il tiro - dopo la lettura di una conversazione intercettata (cfr. intercettazione del 25 novembre 2008, alle ore 18,13, cit., p. 46 e s.: "Il problema è tutto qua S., io non ho commesso reati, la nomina è legittima, inopportuna, tanto per essere chiari, ma legittima, inopportuna picchì iddu è un pezzu di merda scritto e certificato, cu na sentenza peraltro") -, ma specificando non sapere se lo S. avesse avuto consapevolezza di quell'aspetto già nel momento in cui aveva nominato il C. esperto.
Poiché, con riferimento alla determina di nomina del F. del 21 luglio 2008, è stata contestata anche la violazione dell'art. 76, comma 7, decreto legge n. 112 del 15 giugno 2008, conv. con mod. e sost. nella legge n. 133 del 6 agosto 2008, per il quale è fatto divieto agli Enti, nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, è stato chiamato a deporre il consulente del Pubblico Ministero, dott. E.C. (cfr.: esame del consulente C. all'udienza del 6 febbraio 2012, p. 3 e ss. della trascrizione; relazione di consulenza tecnica e nota interlocutoria).
Sul tema, il dott. C. ha spiegato di aver condotto la propria analisi visionando la documentazione contabile del Comune di A. e soffermandosi, in particolar modo, sul rendiconto 2007, atteso che la normativa di riferimento era entrata in vigore il 26 giugno 2008.
In base alle risultanze contabili, il totale delle spese correnti era pari ad euro 30.693.596,91, mentre le spese per il personale ammontavano ad euro 15.907.131,73, con la conseguenza che il loro rapporto era del 51,83%, quindi superiore dell'1,83% alla soglia limite prevista dalla legge 133/2008.
Nel delucidare il metodo seguito, il consulente ha chiarito di non aver tenuto conto - contrariamente a quanto gli si chiedeva di fare nella nota del 10 febbraio 2010, a firma del dott. S.L. - dei trasferimenti regionali finalizzati ad assunzioni di personale e pari ad oltre 4 milioni di Euro. Tale scelta è stata consapevole e giustificata dal tecnico con la motivazione che i trasferimenti regionali sostengono la spesa corrente e quella in conto capitale del Comune e che, comunque, non era dato di sapere in che misura quei trasferimenti fossero stati effettivamente utilizzati per assunzioni o stabilizzazioni di personale né se le assunzioni del 2008 fossero antecedenti o successive alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 112/2008. Del resto, lo stesso metodo di calcolo era stato seguito dal Comune nella propria relazione tecnica al rendiconto 2007 nonché dai revisori dei conti.
Su tale aspetto si sono, invero, impuntate le censure tecniche del consulente della Difesa, dott. M.S., e dell'imputato R..
Il primo - dottore commercialista iscritto all'Ordine dei commercialisti di Trapani, revisore contabile iscritto nell'apposito registro e più volte incaricato in diversi Comuni - ha ritenuto, dopo aver esaminato gli stessi documentati presi in considerazione dal C., che nei calcoli, andasse tenuto conto di quanto previsto dall'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 16/2006, secondo cui "ai fini del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2006-2008 ai sensi dell'art. 1 c. 198 della L. 25/12/2005 n. 266, gli Enti locali calcolano il complesso delle spese per il personale al netto di quelle previste al c. 199 del suddetto art. 1 ed al netto delle spese per i lavoratori socialmente utili stabilizzati dopo il 01/01/2004" (cfr.: esame del consulente S. all'udienza del 26 marzo 2012, p. 4 e ss. della trascrizione; relazione di consulenza del dott. S.).
Su questa base, il consulente della Difesa - evidenziato che l'art. 76, comma 7, della legge n. 133/2008, si basa sulla nozione di incidenza delle spese per il personale - ha voluto chiarire che la nozione di incidenza deve intendersi riferita al costo effettivo a carico dell'amministrazione considerata, da stimare al netto dei trasferimenti regionali, che devono, quindi, essere detratti dalle spese per il personale (per maggiori dettagli, cfr. relazione di consulenza del dott. S., cit.). In tal modo, l'incidenza del costo del personale, per l'anno 2007, è stata calcolata nella misura del 48,77%.
Il R., per corroborare detta impostazione, ha prodotto la sentenza della Corte dei Conti siciliana n. 14 del giorno 11 febbraio 2009 -a mente della quale gli Enti locali calcolano il complesso delle spese per il personale al netto delle spese per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili a condizione che tale stabilizzazione sia stata effettuata dopo il primo gennaio 2004 - ed ha, comunque, rilevato che gli incarichi ad esperti non costituiscono rapporto di impiego (cfr. dichiarazioni spontanee del R. alle udienze del 6 febbraio 2012, p. 12 e s., e del 26 marzo 2012, p. 19).
Per il resto, la Difesa ha cercato di confutare l'esistenza di violazioni di legge nella nomina degli esperti anche dando prova delle prassi invalse, a questo proposito, in altri Comuni della Regione Sicilia.
Così, il dott. G. T. - nei ranghi della pubblica amministrazione dal 1995, più volte esperto di nomina sindacale ed oggi Segretario generale del Comune di Marsala - ha riferito, attingendo all'esperienza maturata nel settore, che, di regola, la nomina dell'esperto avviene su designazione del Sindaco, che ne richiede la collaborazione, e presuppone l'acquisizione del curriculum, da cui risultino i requisiti di professionalità del soggetto prescelto (cfr. esame del teste T. all'udienza del 16 aprile 2012, p. 3 e ss. della trascrizione).
Sempre nell'esperienza del teste, la nomina dell'esperto ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992 - avendo natura eminentemente fiduciaria - non è preceduta dalla previa verifica dell'esistenza, nell'organigramma dell'Ente, di figure professionali idonee a collaborare il Sindaco né l'espletamento di procedure comparative di selezione.
Una volta nominato, poi, l'esperto supporta il Primo cittadino nell'attuazione del programma.
Il dott. P. L. - dirigente del Comune di A. fino ad agosto 2010, assegnato al settore politiche comunitarie e, per un periodo, preposto anche al gabinetto del Sindaco - ha detto di essersi occupato della proroga dell'incarico di esperto ex lege regionale n. 7/1992 al prof. P., noto costituzionalista, ed ha spiegato che, in quell'occasione, aveva fatto ricorso alla bozza di disciplinare di incarico predisposta dal suo predecessore (cfr.: esame del teste L. all'udienza del 14 maggio 2012, p. 4 e ss. della trascrizione; determinazione sindacale n. 142 del 30 dicembre 2005 e disciplinare di incarico, nel quale ultimo si dà atto che l'incarico è conferito al Prof. Avv. G.P. da parte del Sindaco di Alcamo "per esigenze cui non può far fronte con il solo Avvocato dell'Ente").
Nel Comune di Alcamo, la nomina di esperti non era mai stata preceduta da procedura comparativa.
Rispetto agli addebiti elevati nei loro confronti, gli imputati hanno ritenuto di spiegare le proprie difese rispondendo all'interrogatorio e rendendo dichiarazioni in dibattimento.
In particolare, G.S. ha dichiarato di aver agito al solo scopo di predisporre uno staff di collaboratori, che lo coadiuvasse adeguatamente nel perseguire l'obiettivo di realizzare il programma elettorale (cfr.: dichiarazioni spontanee dello S. all'udienza del 28 maggio 2012, p. 5 e ss. della trascrizione; verbale di interrogatorio del 4 aprile 2009).
In quest'ottica, egli aveva operato previo raccordo con le forze politiche e, prima di procedere alle nomine degli esperti, aveva chiesto lumi al R. ed al L., i quali gli avevano indicato come norma di riferimento l'art. 14 della legge regionale n. 7/1992.
L'imputato ha, quindi, sostenuto di aver nominato gli esperti nelle materie di competenza sindacale - con esclusione, quindi, dei compiti gestionali - e di aver prima acquisito curricula, certificati penali e certificati dei carichi pendenti. L'avvenuta acquisizione della documentazione, peraltro, gli era stata confermata dal C., della cui parola il Sindaco si era fidato.
Quanto al C., lo S. era consapevole dei noti trascorsi giudiziari di questi, ma era convinto - visti i numerosi incarichi già ricoperti da costui - che quei precedenti non fossero osativi alla nomina.
Il prevenuto, inoltre, ha voluto segnalare di aver attribuito complessivamente ai 3 esperti nominati la remunerazione prevista per legge per uno solo, in maniera tale da contenere i costi sostenuti dall'amministrazione.
Quanto alle accuse di falso, lo S. si è difeso, dicendo che non avrebbe potuto sostituire l'esperto con dipendente comunale, in parte, per la natura fiduciaria del rapporto con l'esperto e, in parte, perché non poteva distogliere i dipendenti dai compiti gestionali cui erano preposti per destinarli ad attività di collaborazione del Sindaco, ossia dell'organo politico dell'Ente. Sul punto, l'imputato ha altresì riconosciuto di non aver verificato la possibilità di avvalersi di personale dell'Ente in luogo di soggetti esterni e di non aver attivato procedure comparative, sostenendo di essersi così comportato sulla base delle informazioni ricevute non solo dal Segretario generale, ma anche da altri amministratori comunali siciliani, che si erano regolati nello stesso modo.
Lo S. ha dichiarato di aver manifestato il proprio "disagio" ai collaboratori, una volta ricevuto il primo avviso di garanzia, e di essersi, quindi, aspettato le loro dimissioni per rimuovere quelle che gli venivano addebitate come nomine illegittime. Pur convinto della correttezza del proprio operato, quindi, l'imputato temeva - se gli esperti non fossero cessati dall'incarico - che potesse essergli contestato "di persistere in una situazione valutata dalla A.G. come illegale" e "incrementare quello che l'A.G. stessa riteneva essere un ingiusto danno patrimoniale alle casse comunali". Lo S. ha così ammesso di aver pressato gli esperti a dimettersi "solo per una valutazione di opportunità a tutela del danaro pubblico".
C.R. - Segretario generale del Comune di Alcamo dal primo agosto 2006 - ha riferito, quanto alla nomina del C., che, nel luglio 2007, su direttiva del Sindaco S., aveva provveduto a richiedere, presso l'ufficio del casellario giudiziale del Tribunale di Trapani i certificati del casellario e dei carichi pendenti relativi ad alcuni consulenti, nominati a titolo gratuito, segnatamente L.C., G.S., A.F. e L. C. (cfr.: verbali delle sommarie informazioni testimoniali rese dal R. il 3 aprile ed il 5 agosto 2008 e verbale di interrogatorio del 6 dicembre 2008, che li richiama integralmente; verbale di interrogatorio del 20 aprile 2009).
Il prevenuto era, poi, andato in ferie il 20 agosto 2007, per tornare in servizio il successivo 7 settembre, periodo nel corso del quale le sue funzioni erano state svolte dal vice segretario M.C..
L'incarico di esperto al C. era stato conferito con determina n. 121 del 31 agosto 2007, quindi nel periodo di assenza per ferie dall'ufficio del R..
Il prevenuto, invero, aveva rimesso mani al fascicolo inerente alla nomina del C. dopo circa un mese dal rientro dalle ferie e non si era accorto della mancanza della prevista autocertificazione dell'interessato sull'esistenza di procedimenti penali pendenti o condanna definitive. Egli aveva, però, notato che l'ufficio del casellario aveva trasmesso i certificati dei carichi pendenti e non quelli relativi ai provvedimenti definitivi di condanna o applicazione pena. Di conseguenza, il 17 ottobre 2007, il R. aveva fatto istanza per ottenere tutta la documentazione inizialmente richiesta e, ottenutala, aveva verificato che il C. aveva riportato una sentenza di applicazione della pena per fatti di appropriazione indebita e falso (cfr. certificato del casellario giudiziale del C.).
Il R. aveva, quindi, informato di ciò il Sindaco S., che lo aveva incaricato di accertare se quei pregiudizi costituissero causa ostativa alla nomina. La risposta del Segretario era stata di segno positivo, ma, poco dopo, il C. aveva prodotto l'ordinanza di questo Tribunale n. 119/2007, emessa il 26 ottobre 2007, e la questione era stata accantonata, sul presupposto che il provvedimento del Tribunale producesse i suoi effetti a decorrere dalla scadenza del termine indicato dall'art. 445, comma 2, c.p.p. e che, pertanto, la situazione fosse stata sanata.
Interrogato sul motivo per cui l'autocertificazione delle condanne e delle pendenze giudiziarie fosse stata richiesta al F. ed al P., ma non al C., il R. ha risposto di aver curato interamente le istruttorie per la nomina dei primi 2 soggetti, ma non anche per il terzo, in relazione al quale si era limitato a richiedere i certificati all'ufficio del casellario, previa disposizione del sindaco.
In merito alle funzioni disimpegnate dagli esperti, il R. si è limitato a richiamare il contenuto dei provvedimenti di nomina.
Lo stesso ha, però, precisato, quanto al ruolo del F., che il Comune di A. non era dotato di ufficio stampa - formalmente istituito ai sensi della legge n. 150/2000, come recepita dalla legge regionale n. 2/2002 - e che l'Ufficio relazioni col pubblico, alle dipendenze del Segretario generale, aveva funzione diversa, occupandosi, tra l'altro, della comunicazione istituzionale nei confronti del pubblico e della cittadinanza, ma non della stampa.
Richiesto di offrire chiarimenti sul motivo per cui - ferma restando l'identità delle funzioni o mansioni attribuite - gli incarichi a titolo gratuito fossero stati conferiti ex art. 7 D.Lgs. n. 165/2001 e quelli a titolo oneroso ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992, l'imputato non ha saputo rispondere, sottolineando che spettava al Sindaco e non a lui individuare la tipologia degli incarichi.
Il R. ha riferito che la nomina degli esperti non era stata preceduta da procedure comparative né da pubblicità né dalla ricognizione delle risorse umane già disponibili nell'amministrazione. D'altro canto, sul punto, sarebbe stato impossibile mentire, essendo inequivoco, tra l'altro, il contenuto di alcune intercettazioni. Si può citare, ad esempio, quella del 3 dicembre 2008, nel corso della quale il R. - quando erano già iniziate le indagini relative al presente procedimento - chiedeva a F.C. quali fossero esattamente le mansioni di P.L., dispregiativamente appellata "quella ragazzina", con ciò mostrando che quell'accertamento non era stato curato prima della nomina ad esperto del F. (cfr. intercettazione del 3 dicembre 2008, alle ore 9,23, p. 111: C.: "la signora L. quella ragazzina lì, come cazzo si chiama P.L.?" - Francesca: "eh" - C.: "uh, mi serviva di questa qua, la copia del contratto, quello che cavolo fa praticamente" - F.: "sì, giornalista pubblicista, la ragazzina" - C.: "chiddra, chiddra nostra, diciamo, e se, per quale motivo è stata assunta, ecco, nel contratto quale menzione gli abbiamo dato, va bene?" - F.: "sì" - C.: "il suo contratto individuale (...) e me le fai avere entro oggi queste cose, va bene").
L'imputato ha, poi sostenuto la tesi del distinguo tra la figura dell'esperto nominato ai sensi dell'art. 14 della legge regionale n. 7/992 e quella del consulente ex art. 7 della legge regionale n. 165/2001, sul rilievo che "l'incarico di esperto non costituisce rapporto di impiego ma un rapporto di lavoro autonomo assimilabile al contratto di opera professionale ed intellettuale, e che la nomina di esperto è un atto di esclusiva competenza del Sindaco, data la natura fiduciaria dell'incarico".
Inoltre, sempre nella prospettazione del R., "ai sensi dell'art. 14 della legge sopra richiamata, la nomina degli esperti prescinde dal fatto che determinati compiti possano essere svolti dagli uffici pubblici", valutazione a sostegno della quale sono state citate talune pronunce della Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana della Corte dei Conti, segnatamente le numero 27/2001 e 1649/2007 (verbale di interrogatorio del 6 dicembre 2008).
Ancora, il R. ha escluso l'applicabilità della previsione dell'art. 81 del Regolamento comunale agli esperti nominati dal Sindaco ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992, sul presupposto che la disposizione regolamentare andasse, invece, riferita ad altre figure di collaboratori, in particolare ai consulenti di cui all'art. 51 della legge n. 142/1990, recepito nell'ordinamento siciliano dall'art. 2 della legge regionale n. 23/1988, ossia ai consulenti chiamati a ricoprire posti di responsabilità nei servizi o negli uffici o ad incarichi dirigenziali o di alta specializzazione o ancora a collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.
Pertanto, in relazione alla contestazione di essere stato ideatore e, comunque, esecutore materiale del reato di abuso di ufficio, il R. ha voluto precisare di non avere "mai consigliato o stimolato il Sindaco S.G. a nominare i tre esperti in questione, mentre, per quanto attiene alla contestazione di falso", ha sostenuto che "il disciplinare d'incarico, avente natura di scrittura privata stipulata con il professionista, non ha natura di atto pubblico ricevuto e rogato in forma pubblica amministrativa, come si evince dallo stesso in quanto non reca la dicitura prevista "... innanzi a me ufficiale rogante..." e, in ogni caso, l'inciso per "...esigenze ci non può far fronte con personale dell'ente..." è irrilevante ai fini della scelta e della nomina degli esperti da parte del Sindaco ai sensi della legge regionale sopra richiamata che, appunto, prescinde dal fatto che gli stessi compiti possano essere svolti dagli uffici comunali" (cfr. verbale di interrogatorio del 6 dicembre 2008, cit.).
L'imputato ha, quindi, cercato di spiegare quanto emerge dalla conversazione col Sindaco S. del giorno 11 dicembre 2008, ossia la sua piena consapevolezza della lacuna della procedura di nomina costituita dalla omessa instaurazione ed attivazione di procedure comparative. In proposito, il R. ha rilevato che, "all'epoca della formalizzazione della determina di nomina del F. n. 165/2007, la L. 248/2006 (c.d. "Decreto Bersani") introdusse all'art. 32 il c. 6ter che prescriveva ai regolamenti comunali di cui all'art. 110 D.Lvo. 267/2000 di adeguarsi alle disposizioni di cui al comma 6 e non di cui al comma 6bis del citato art. 32. Il comma 6bis è proprio quello che impone l'attivazione ed ufficializzazione di procedure comparative" (verbale di interrogatorio del 20 aprile 2009, cit.). Poiché questa era stata l'interpretazione data all'epoca dall'odierno imputato, egli, nella conversazione, si doleva del fatto che sarebbe stato riscontrato un "neo" nella procedura seguita, ove fosse stato sposato un diverso indirizzo ermeneutico.
Sempre a detta del R., gli artt. 81 e ss. del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di A.non venivano in considerazione per le nomine degli esperti da parte del Sindaco - interessate, invece, dagli artt. 39 e 91 del medesimo Regolamento -, rilevando solo per quelle effettuate dai dirigenti sindacali.
3. Ricostruzione storica dei fatti
A fronte dell'esposizione che precede, non vi sono difficoltà nella ricostruzione storica della vicenda, almeno nei suoi tratti fondamentali.
Infatti, risulta che, all'indomani della sua rielezione a Sindaco di A., G.S. aveva ritenuto di avvalersi dell'opera di collaboratori per potare avanti il suo programma politico ed istituzionale.
A tale scopo, egli non aveva interesse ad attivare asettici meccanismi di verifica delle disponibilità di personale astrattamente idoneo in seno all'amministrazione né a mettere in moto procedure di selezione comparativa dei potenziali aspiranti alla carica. Piuttosto, lo S. aveva interesse a contare su persone che riscuotessero la fiducia sua e/o dell'entourage polito e partitico che lo aveva sostenuto in campagna elettorale. Su questa base, erano stati individuati sia il C. che il F., mentre un discorso a parte va fatto per il P., tecnico prescelto per la sua pregressa esperienza nel settore urbanistico dello stesso Comune di Alcamo.
Tutte le nomine erano, quindi, intervenute senza previo accertamento delle risorse umane già in forza all'amministrazione e senza fare ricorso a procedure comparative di selezione.
Detto questo, il nodo decisivo da sciogliere ai fini della decisione del presente giudizio attiene all'esatta individuazione della normativa applicabile, aspetto sul quale Accusa e Difesa si sono trovate in disaccordo.
4. Quadro normativo di riferimento e qualificazione giuridica dei fatti: capo a)
Nel dar conto delle diverse esegesi delle parti, si reputa opportuno seguire l'ordine tracciato dalle contestazioni.
Ebbene, al capo a), con riferimento alla nomina del C., si addebita, anzitutto, allo S. la violazione dell'art. 14 della legge regionale n. 7/1992, ai sensi del quale "il Sindaco, per l'espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza, può conferire incarichi a tempo determinato che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all'amministrazione" (comma 1); il numero degli incarichi attribuiti non può essere superiore a 3 nei Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 250.000 abitanti, fascia in cui si colloca il Comune di Alcamo (comma 2); gli esperti "devono essere dotati di documentata professionalità" e, in caso di nomina di soggetto non provvisto di laurea, "il provvedimento deve essere ampiamente motivato" (comma 3); "il Sindaco annualmente trasmette al consiglio comunale una dettagliata relazione sull'attività degli esperti da lui nominati" (comma 4); "agli esperti è corrisposto un compenso pari a quello globale, previsto per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale" (comma 5) e "nessuno può avere conferiti più di due incarichi contemporaneamente" (comma 6).
Nel caso di specie, il Pubblico Ministero ha ravvisato la violazione del comma 1, per essere stati gli incarichi conferiti in materie non di competenza del Sindaco, ed ha citato, a conforto di tale impostazione, la sentenza della Corte dei Conti della Sicilia n. 122/2008, nella parte in cui sottolinea che gli incarichi conferiti agli esperti "devono avere ad oggetto attività in funzione dell'esercizio delle specifiche attribuzioni del Sindaco e non attività gestorie destinate ex lege agli uffici amministrativi" (Corte dei Conti Sicilia, Sez. giurisd., sent. 2 aprile 2008, n. 122).
In realtà, proprio la citata pronuncia merita una lettura più attenta, che non si limiti alla considerazione della sola massima.
In dettaglio, quella decisione concerne un caso in cui il Sindaco aveva conferito al soggetto nominato ex art. 14 della legge regionale n. 7/1992 un incarico di collaborazione e consulenza "in ordine all'organizzazione, direzione ed attuazione di tutte le manifestazioni artistiche" nonché, con ulteriore determina, l'incarico di "esperto esterno per l'ambito turistico-culturale". In esito al suo argomentare, la Corte ha affermato la responsabilità contabile del Sindaco con riferimento al primo tipo di incarico, sul presupposto che i compiti assegnati avessero natura gestoria, comportando "una partecipazione diretta dell'esperto all'attività amministrativa dell'ente", senza "alcuna attinenza teorica e concreta con le funzioni di direzione politica attribuite e svolte dal Sindaco nella particolare materia". Valutazione diversa è stata fatta, invece, per l'incarico di "esperto esterno per l'ambito turistico-culturale", sul presupposto che, in tal caso, i compiti assegnati all'esperto fossero "astrattamente riferibili alle funzioni politico amministrative intestate al Sindaco".
Per comprendere le ragioni di un tale distinguo, l'apprezzamento delle competenze dei Sindaci nella Regione Sicilia non può essere condotto - a differenza di come prospettato dal Pubblico Ministero - nei limiti angusti della previsione dell'art. 13 della Legge regionale n. 7/1992, ma deve tenere conto di un quadro normativo decisamente più ampio. In quest'ottica, del resto, s'è mossa la Corte dei Conti nella pronuncia in esame, laddove ha dato enfasi al fatto che "la distribuzione delle competenze tra gli organi politici e amministrativi del Comune (consiglio, giunta, sindaco e dirigenti) non è effettuata dall'ordinamento soltanto per materia, ma anche per funzione" e tiene conto delle "novità introdotte dalle recenti leggi di riforma dell'ordinamento degli enti locali e del sistema di elezione del sindaco". Infatti, è stato rilevato che "il sindaco, dopo tali leggi, ha sostanzialmente mantenuto le sue principali e tradizionali competenze (quelle delegate dallo Stato e dalla Regione; la qualità di ufficiale di governo e di rappresentante dell'ente; i poteri di impulso, direzione ed esecuzione nei confronti dei due organi collegiali dell'ente locale - esplicati soprattutto attraverso la potestà di proposta e di parere nelle materie di competenza del consiglio comunale e della giunta comunale, ma che possono anche concretarsi in forme di collaborazione attiva, di tipo informativo e istruttorio, ed esterna esercitate nell'ambito dei processi decisionali rientranti nella competenza degli organi collegiali; il potere di convocare e presiedere la giunta - partecipando in tal modo al governo dell'amministrazione locale con ulteriori compiti di natura organizzatoria e amministrativa anche di natura residuale, non essendo state ancora recepite nell'ordinamento regionale siciliano le modificazioni organizzative introdotte dal D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni; il potere di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti, di nominare i responsabili degli uffici e dei servizi, di vigilare sull'andamento dei servizi - intervenendo ogniqualvolta ciò sia necessario per garantire da parte degli uffici comunali il rispetto della legge e delle regole di buon andamento, ecc...), acquistandone poche altre, quali il potere residuale di compiere tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano specificamente attribuiti alla competenza degli altri organi del comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti, di nominare, designare o revocare i rappresentanti del comune presso enti e aziende, o di concludere contratti a trattativa privata fino ad un determinato importo, e così via. Un siffatto limitato aumento di competenze di per sé solo non può di certo essere ritenuto sufficiente a giustificare il diverso trattamento riservatogli dall'art. 14 della l.r. n. 2 del 1997 rispetto agli altri organi di vertice dell'amministrazione comunale (consiglio e giunta), che pure svolgono compiti di non minore impegno e rilevanza: questi ultimi non hanno la possibilità di ricorrere agli esperti esterni, se non nei limiti dei presupposti e delle condizioni delineate in linea generale dalla giurisprudenza per la nomina di consulenti esterni. Ciò che giustifica una tale diversità è, dunque, soltanto il fatto che il Sindaco è ora eletto direttamente dai cittadini sulla base del programma che si è impegnato a realizzare, con l'ausilio di una giunta designata già all'atto della sua candidatura e senza che sussista più, necessariamente, un rapporto fiduciario con il consiglio comunale. L'attuale sistema di elezione, in sostanza, pone il sindaco in una posizione di diretta responsabilità politica verso i cittadini e, conseguentemente, lo impegna ad assumere un ruolo maggiormente attivo nell'ambito dell'amministrazione comunale; ruolo, in qualche misura funzionalmente autonomo, che viene esercitato non solo attraverso lo svolgimento dei compiti specificamente attribuiti al sindaco dall'ordinamento, ma anche, soprattutto, con l'accentuazione dei compiti generali di direzione, di indirizzo, di impulso, di stimolo, di proposta, di coordinamento e di controllo, che spettano al primo cittadino, distintamente, nei confronti degli organi collegiali e degli uffici comunali e che sono diretti al perseguimento degli interessi pubblici che fanno complessivamente capo all'ente locale. L'art. 14 della l.r. n. 2 del 1997, dunque, proprio per consentire al sindaco la possibilità di espletare al meglio tutti i molteplici e complessi compiti (gran parte dei quali ad altissimo contenuto specialistico) assegnatigli dall'ordinamento, gli ha attribuito il potere di avvalersi, in via generale e non soltanto per specifiche esigenze, come è dimostrato dal fatto che il numero degli esperti è commisurato al numero di abitanti, dell'apporto, personale e diretto, di esperti estranei all'amministrazione comunale, indipendentemente dal fatto che determinati compiti possano essere svolti anche da altri organi o uffici comunali, attraverso il conferimento di incarichi temporanei, anche continuativi, ma che comunque non possono eccedere la durata del suo mandato" (conf. Corte dei Conti, Sezioni Riunite per la Regione Siciliana in sede consultiva, deliberazione n. 29/2008, ove si segnala che "l'attuale sistema elettorale pone il Sindaco in una posizione di diretta responsabilità politica verso i cittadini e lo induce, pertanto, ad assumere un ruolo sempre più attivo e funzionalmente autonomo nell'ambito della gestione politico amministrativa dell'ente locale, ruolo che si esplica non solo mediante lo svolgimento dei compiti specificamente assegnatigli dall'ordinamento giuridico, ma anche con l'esercizio di funzioni generali d'indirizzo, d'impulso, di proposta, di direzione, di coordinamento e di controllo nei confronti sia degli organi collegiali che degli uffici burocratici, e ciò al fine del miglior perseguimento delle finalità indicate nel programma elettorale e, più in generale, della tutela degli interessi pubblici dell'Ente-Comunità").
Operati questi chiarimenti, si osserva che, nel caso di specie, compiti di natura evidentemente ed inequivocabilmente gestoria - implicanti diretta partecipazione all'attività amministrativa del Comune - sono stati assegnati al solo P., la cui nomina ad esperto, però, non ha formato oggetto di addebiti nell'ambito del presente giudizio, evidentemente perché ritenuta comunque rispondente al pubblico interesse.
Per converso, il C. è stato chiamato a svolgere funzioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle del Direttore generale dell'Ente, ma ciò non è di ostacolo, in virtù di quanto s'è detto supra, alla nomina di esperto, atteso che il Sindaco - per meglio esplicare i suoi compiti generali di direzione, indirizzo, impulso, stimolo, proposta, coordinamento e controllo, nei confronti degli organi collegiali e degli uffici comunali - può fare ricorso ad esperti estranei all'amministrazione comunale, indipendentemente dal fatto che i compiti cui questi sono chiamati possano essere svolti anche da altri organi o uffici comunali.
Quanto alla nomina del F., vale - in ordine alla finalizzazione dell'incarico all'espletamento di attività connesse con le materie rientranti nella sfera delle attribuzioni sindacali - un argomentare del tutto analogo a quello sviluppato per il C..
Alla stregua del percorso esegetico illustrato, deve, quindi, escludersi che ricorra la contestata violazione del comma 1, dell'art. 14 della legge regionale n. 7/1992.
Proseguendo, va detto che, nella prospettazione accusatoria, il citato art. 14 deve ritenersi integrato dal D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, c.d. Testo Unico dell'impiego nelle amministrazioni pubbliche, con la conseguenza che il conferimento di incarico a consulente esterno può avvenire solo per esigenze cui non sia possibile far fronte con personale di servizio (art. 7, comma 6) e, comunque, previa pubblicizzazione di procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione (art. 7, comma 6bis).
A sostegno di tale asserzione, è stato rilevato che, nella nozione di amministrazione pubblica rientrano anche le Regioni, senza esclusione di quelle a statuto speciale (art. 1, comma 3), e che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 189 del 14 giugno 2007, "ha riconosciuto che le norme fondamentali contenute nei testi di legge di riforma economico-sociale si pongono quale limite alla potestà legislativa esclusiva che lo statuto di autonomia speciale attribuisce alla Regione Sicilia in materia di regolamentazione degli enti locali" ed ha incluso il D.Lgs. n. 165/2001 tra tali norme fondamentali di riforma economico-sociale (p. 4 della requisitoria scritta). Il Pubblico Ministero ha, quindi, argomentato che, "per esplicito dictum del Giudice costituzionale le disposizioni del D.Lgs. 165/2001, hanno diretto ed immediato vigore nell'ordinamento siciliano senza necessità di un recepimento mediato da apposita legge regionale".
Proprio questo assunto - perentoriamente affermato dall'Accusa - è stato sottoposto a serrata ed argomentata critica dalla Difesa, per la quale la citata sentenza della Corte costituzionale non ha affatto inteso attribuire la patente di norma fondamentale di riforma economico-sociale all'intero D.Lgs. 165/2001, avendo, invece, portata ben più selettiva.
Ed effettivamente, la lettura della sentenza depone proprio in questo senso, perché, in quell'occasione, il Giudice rimettente aveva sollecitato una presa di posizione circa il contrasto di una serie di disposizioni regionali "con la norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica espressa dall'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e dall'art. 2, comma 1, lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), secondo cui la regolazione mediante contratti individuali e collettivi costituisce il metodo di disciplina dei rapporti di lavoro nel settore pubblico". Nel decidere, la Corte ha affermato l'illegittimità costituzionale delle norme regionali censurate, sul rilievo che i principi fissati dalle leggi statali in materia di c.d. "pubblico impiego privatizzato" costituiscano "tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale".
Del resto, non rientra nel modus operandi della Consulta attribuire in modo generico patente di "norme fondamentali di riforma economico-sociale" a provvedimenti legislativi nella loro interezza, bensì, nell'ambito di "leggi effettivamente dotate di contenuto riformatore", solo a "quelle norme che contengono le opzioni di fondo (o che sono a queste legate da un rapporto di coessenzialità o di necessaria integrazione)" (Corte cost., n. 477/2000. Nello stesso senso, Corte cost., n. 482/1995, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione degli artt. 117 Cost., 4 n. 9 l. cost. n. 1 del 1963 (Statuto speciale Friuli-Venezia Giulia), 3 lett. e) l. cost. n. 3 del 1948 (Statuto speciale Sardegna), 2 lett. f) l. cost. n. 4 del 1948 (Statuto speciale Valle d'Aosta), 8 n. 17 d.P.R. n. 670 del 1972 (Statuto speciale Trentino-Alto Adige) - dell'art. 1, comma 2, della Legge11 febbraio 1994 n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici), nella parte in cui dispone che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale e principi della legislazione dello Stato "le disposizioni della presente legge", anziché solo "i principi desumibili dalle disposizioni della presente legge", in quanto non tutte le disposizioni della legge meritano l'autoqualificazione loro attribuita dal legislatore, ma solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che le disposizioni stesse esprimono, per i principi enunciati o da esse desumibili").
Posto, quindi, che la sentenza n. 189/2007 non ha espressamente ravvisato nell'intero D.Lgs. 165/2001 un limite all'esplicarsi della potestà legislativa regionale, corre l'obbligo di valutare se la natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale debba essere attribuita - alla stregua dei principi generali - alle disposizioni puntualmente richiamate dal Pubblico Ministero, ossia ai commi 6 e 6bis dell'art. 7.
Ed allora, deve considerarsi che "la qualificazione delle disposizioni di una legge quali norme fondamentali di riforma economico-sociale non può discendere soltanto dalla definizione adottata dal legislatore, ma deve trovare puntuale rispondenza nella natura effettiva delle disposizioni interessate, quale si desume dal loro contenuto normativo, dal loro oggetto, dal loro scopo o dalla loro incidenza nei confronti di altre norme dell'ordinamento o dei rapporti sociali disciplinati" (Corte cost. n. 349/1991). Per agevolare l'opera dell'interprete, è stato, quindi, specificato che i criteri per la qualificazione delle norme fondamentali di riforma economico-sociale devono avere "riguardo: a) alla profonda innovatività del contenuto normativo, tenuto conto anche delle motivazioni e delle finalità perseguite dal legislatore; b) all'incidenza su settori di essenziale importanza per la vita della comunità intera; c) alla caratterizzazione come norme-principio o disciplina di istituti giuridici che rispondano ad un interesse unitario" (Corte cos., n. 406/1995).
Invero, in questa cornice, è fondato - alla stregua dei criteri indicati dalla Corte costituzionale - qualificare norme fondamentali di riforma economico-sociale le disposizioni contenute nei commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001.
A sostegno di tale opzione ermeneutica, infatti, si possono citare: l'innovatività - al tempo in cui sono state introdotte - delle previsioni procedurali limitative dell'arbitrio dell'amministrazione; l'incidenza sul settore dell'amministrazione pubblica, che è fondamentale per la vita della comunità, sia in termini di servizi erogati sia in termini di risorse impiegate; la finalizzazione agli obiettivi - necessariamente generali ed efficacemente perseguibili solo nell'ambio di un disegno generale - del contenimento della spesa e della razionalizzazione delle scelte della pubblica amministrazione, nel segno dell'imparzialità, della correttezza e della trasparenza.
Detta interpretazione, invero, trova indirettamente conforto nella deliberazione n. 95/2012 delle Sezioni Riunite per la Regione Siciliana della Corte dei Conti in sede consultiva.
In quel caso, la Corte - chiamata ad esprimersi sulla compatibilità tra l'art. 6, comma 7, del d.l. n. 78/2010, conv. in Legge n. 122/2010 (a mente del quale, a decorrere dell'anno 2011, la spesa annua sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per studi ed incarichi di consulenza non può superare il limite del 20% rispetto a quella sostenuta nell'anno 2009) e l'art. 14 della Legge regionale n. 7/1992 - ha osservato che, "come si desume dalla rubrica dell'art. 6 del d.l. 78/2010, denominata "Riduzione dei costi degli apparati amministrativi", l'intento del legislatore è palesemente rivolto a tale finalità, in un più generale disegno di coordinamento della finanza pubblica, con conseguente necessità di riduzione di tutte le possibili forme di compenso corrisposte dalle amministrazioni ai componenti degli organi "comunque denominati" come specificato nel testo dell'articolo citato". In tale quadro, si esclude che "la questione attenga alla materia dell'organizzazione regionale, ovvero alla libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa, tematiche per le quali vanno ribadite le riserve di competenza propria della Regione siciliana in base allo Statuto di autonomia speciale ed ulteriormente specificate dalla giurisprudenza costituzionale, quanto alle caratteristiche necessarie delle leggi statali che fissano limiti alla spesa pubblica affinché possano applicarsi anche alle autonomie speciali, in considerazione dell'obbligo generale di tutte le componenti della Repubblica di contribuire all'azione di risanamento della finanza pubblica".
Ciò vuol dire che la previsione di cui all'art. 14 della legge regionale n. 7/1992 non costituisce una monade, sottratta all'applicazione della legislazione statale, ma va inserita in un più ampio contesto, nell'ambito del quale sono preminenti ed innegabili gli obiettivi risanamento della finanza pubblica.
Si pone nello stesso solco la sentenza della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, n. 899 del 10 dicembre 2009, resa nel giudizio di responsabilità contabile istaurato contro il Presidente pro tempore della Provincia di Trapani, con riguardo alle irregolarità denunciate nel conferimento di incarichi ad esperti.
Ed infatti, le vicende scrutinate in quella sede - invero assai simili a quelle oggetto del presente giudizio, visto che tra i profili di illegittimità considerati v'erano anche l'omessa verifica delle risorse umane già in forza all'amministrazione e la mancata attivazione di procedure comparative di selezione - hanno costituito l'occasione per una ricognizione della normativa vigente e, quindi, dei limiti e criteri che vincolano l'operato delle amministrazioni, anche nella Regione Sicilia.
Così, la Corte dei Conti - premesso che i principi di economicità e di efficacia, contenuti nell'art. 1 della legge n. 241/1990, hanno funzione di limiti alla discrezionalità e costituiscono regole di legittimità dell'azione amministrativa, la cui inosservanza può essere oggetto di sindacato giurisdizionale - ha riconosciuto che "le Amministrazioni possono certamente far ricorso a soggetti estranei all'apparato istituzionale per l'espletamento dei propri compiti nel rispetto delle condizioni stabilite dalla legge, o anche, necessitate cogente, quando non sia possibile provvedere altrimenti per evenienze sopraggiunte ed impreviste".
Poi, effettuata la ricognizione della normativa e focalizzato l'obiettivo soprattutto sui commi 6 e 6bis dell'art 7 del D.Lgs. 165/2001, è stato sostenuto che "le amministrazioni e gli enti pubblici devono di norma svolgere i compiti istituzionali avvalendosi di proprio personale", con la conseguenza che "il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. si pone come eccezione in presenza di speciali condizioni che si possono così riassumere: assenza di una apposita struttura organizzativa della P.A. ovvero una carenza organica che impedisca o renda oggettivamente difficoltoso l'esercizio di una determinata funzione pubblica, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; complessità dei problemi da risolvere che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale della P.A. o dell'ente pubblico; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell'incarico; indicazione della durata dell'incarico, svolgimento da parte del consulente privato di un'attività non continuativa; proporzione fra il compenso corrisposto all'incaricato e l'utilità conseguita dall'amministrazione".
In questo modo, i limiti e le prescrizioni procedurali di cui ai commi 6 e 6bis dell'art 7 del D.Lgs. 165/2001 vengono ad assumere natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale, perché "posti a garanzia del preminente interesse alla corretta ed oculata allocazione delle risorse, nonché a presidio degli equilibri di finanza pubblica. La preservazione di tali valori ha luogo, oltre che attraverso la fissazione di tetti quantitativi alla spesa, anche mediante l'imposizione di vincoli di carattere modale che definiscono condizioni e procedure che legittimano l'esborso".
Ed infatti - ribadisce questo Collegio - sarebbero vulnerate la coerenza, la razionalità e l'efficienza complessive del sistema ammettendo, sia pure nel solo ambito della Regione siciliana, che la nomina di esperti del Sindaco possa essere ancorata esclusivamente alla fiducia dell'organo politico, senza altro limite, senza neppure quella verifica di indisponibilità di personale idoneo nell'ente, che, ad esempio, costituisce condizione necessaria per il conferimento di incarico a dirigenti esterni (art. 19, comma 6, D.Lgs. 165/2001). Per converso, le previsioni dei commi 6 e 6bis, sulle quali ci si è ampiamente soffermati, intendono porre fine alla prassi del conferimento di incarichi ad personam, in spregio dei principi di pubblicità, trasparenza e obiettività dei meccanismi di reclutamento, che - ancorché evocati dall'art. 35 D.L.vo n. 165/2001 con riguardo all'assunzione mediante concorso, in diretta applicazione del disposto dell'art. 97 Cost. - "debbono ritenersi generalmente riferibili a tutti i sistemi di attribuzione di incarico o di reclutamento, trattandosi di elementari ed indefettibili canoni di legalità che impongono alla pubblica amministrazione, allorquando essa si determini a ricercare sul libero mercato, regolato dal diritto privato, le forniture di cui ha bisogno per il suo funzionamento (siano esse forniture di servizi, di beni, di lavori, oppure di mano d'opera e di collaborazione professionale), di agire in modo imparziale e trasparente, predefinendo criteri di selezione e assicurando un minimo di pubblicità della propria intenzione negoziale e un minimo di concorso dei soggetti in astratto interessati e titolati a conseguire l'incarico" (Corte dei Conti, 20 ottobre 2009, n. 642).
La Difesa, invero, ha voluto evidenziare come ciò si ponga in contrasto con quanto affermato dalla stessa Corte dei Conti nel parere n. 29/2008, laddove si configurava "la nomina dell'esperto da parte del Sindaco come una prerogativa speciale a lui riservata, caratterizzata dall'instaurarsi di un immediato e pregnante rapporto di natura fiduciaria, subordinata a specifiche condizioni indicate nella medesima legge e, comunque, diversa dalla comune potestà di avvalersi di consulenti" e, su questa base, si escludeva che l'affidamento di incarico di esperto del Sindaco soggiacesse alla disciplina restrittiva fissata dalla legge finanziaria per il 2008 per l'affidamento di incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenze (Corte dei Conti, Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva, parere n. 29/2008, cit. Conf. Corte dei Conti, parere n. 50/2011).
Evidenzia, però, il Collegio che le stesse Sezioni Riunite sono tornate altre volte sull'argomento, finendo per smentire quell'indirizzo, allo scopo di non vanificare l'obiettivo primario del legislatore di ridurre i costi degli apparati amministrativi, in un più generale disegno di coordinamento della finanza pubblica (cfr. Corte dei Conti, Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede consultiva, pareri n. 72/2011 e n. 95/2012, cit.).
Chiarito così il quadro normativo di riferimento, cade nel nulla l'autodifesa spiegata dallo S., quando ha sostenuto che non avrebbe potuto distogliere il personale dell'ente dai compiti gestori per far svolgere allo stesso funzioni di collaborazione col Sindaco. L'argomento non può essere condiviso, perché - come s'è visto - è proprio la legge ad imporre di attingere, nei limiti del possibile, al personale interno all'Ente, ciò che contribuisce a realizzare il principio costituzionale di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) non solo in termini di risparmio di spesa, ma anche di trasparenza, razionalità e controllabilità delle scelte operate dagli organi politici, in maniera tale da porre un freno ad eventuali abusi ed evitare la strumentalizzazione dell'apparato pubblico a logiche particolaristiche o clientelari.
Si deve, allora, concludere che il potere del Sindaco di nominare degli esperti - previsto dall'art. 14 della legge regionale n. 7/1992 - sia assoggettato immancabilmente anche al rispetto delle disposizioni di cui ai commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001.
La componente fiduciaria tanto valorizzata dalla Difesa, quindi, non può valere a sconfessare l'assetto normativo fin qui ricostruito, ma trova spazio solo in ultima analisi, quando il Sindaco - accertato di non poter far fronte a determinate esigenze col personale in servizio ed attivate le opportune procedure comparative di selezione - si trovi a dover scegliere tra più candidati, in possesso di requisiti sostanzialmente equivalenti.
Nel caso di specie, invece, il conferimento dell'incarico di esperto al C., al F. ed al P. è avvenuto senza previa verifica della disponibilità di professionalità adeguate nei ranghi dell'amministrazione - peraltro nella piena consapevolezza che dette professionalità erano presenti - e senza attivazione di procedure comparative di selezione.
Ad abundantiam, per comprendere il contesto generale, non è privo di importanza evidenziare come gli elementi acquisiti portino a dubitare persino del fatto che la nomina del C. sia stata effettivamente dettata dell'esistenza di un autentico rapporto fiduciario, specie considerato che la fiducia - per dirla con le parole del Consiglio di Stato - "non deve essere intesa come affinità di idee personale o politica, o generica compatibilità o simpatia, ma deve consistere nella ricerca di dati obiettivi, con riferimento alla probabilità di svolgimento ottimale di mansioni pubbliche per un periodo di tempo indipendente dalle mansioni governative" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 aprile 1993, n. 393).
Ed infatti, se - nella conversazione col L. del 25 novembre 2008 - lo S. non difendeva il suo esperto, ma arrivava a definirlo "un pezzu di merda scritto e certificato" ed a qualificarne la nomina come "inopportuna", verosimilmente, già ab origine, egli si era visto "costretto" ad affiancarsi la figura del C., magari sulla scorta di logiche partitiche o clientelari che, in questa sede, non possono essere ricostruite in termini precisi, pur apparendo tutt'altro che peregrina la tesi del Pubblico Ministero che il conferimento dell'incarico sia stato strumentale a consentire allo S. di "sdebitarsi" col C. o coi referenti del C. per il contributo dato alla campagna elettorale. Non si spiegherebbe altrimenti, infatti, il "rischio" politico e giudiziario corso dal Sindaco nel nominare suo esperto un soggetto privo di laurea e di esperienza specifica nonché gravato da precedenti penali, peraltro ben noti pressoché a tutti nel piccolo centro da lui amministrato.
Ulteriore addebito mosso allo S. con riferimento all'incarico di esperto conferito al C. attiene alla violazione dell'art. 81 del Regolamento comunale degli Uffici e Servizi, in base al quale "l'Ente può conferire, per esigenze cui non può fare fronte con il personale in servizio, incarichi individuali ad esperti di provata competenza, ai sensi di quanto previsto dall'art. 7, sesto comma, del D.Lgs. 165/2001".
Sul punto, l'argomento difensivo è stato quello di negare l'applicabilità della citata disposizione regolamentare al Sindaco, in riferimento al quale, invece, vale la disciplina posta dall'art. 17 dello Statuto del Comune, che gli attribuisce il potere, "per l'espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza, (di) conferire incarichi a tempo determinato che non costituiscono rapporti di pubblico impiego, ad esperti estranei all'Amministrazione". Sempre la citata norma statutaria, aggiunge che "il numero degli incarichi è regolato dall'art.14 della L.R. 26/8/92 n.7" (comma 2), che gli esperti "devono essere in possesso del titolo di laurea" (comma 3) e che "il Sindaco annualmente trasmette al Consiglio comunale una dettagliata relazione sull'attività degli esperti nominati".
La tesi, invero, è incentrata sulla prevalenza, nella gerarchia delle fonti, dello statuto sul regolamento, nonché sulla lettera delle norme, essendo l'art. 17 dello Statuto espressamente riferito al Sindaco e l'art. 81 del Regolamento riferito all'Ente.
Tale impostazione, per quanto suggestiva, non può essere condivisa.
Quanto al primo punto, corre l'obbligo di precisare che, se si vuol percorrere il binario della gerarchia delle fonti, occorre inserire coordinate complete, dovendosi tenere conto, in primis, del rapporto tra legge statale e statuto dell'ente locale.
La questione, a onor del vero, è delle più controverse sia in dottrina che in giurisprudenza, atteso che - nell'interpretazione dell'art. 114, comma 2, Cost. ("i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione") - si contrappongono due indirizzi fondamentali: l'uno imposta in termini gerarchici il rapporto tra legge - sia essa statale o regionale - e statuto; l'altro fa leva su un criterio di diversa competenza, pur declinato secondo criteri nient'affatto omogenei.
Specie dopo la legge n. 131/2003 - chiamata a dare una prima attuazione alla riforma del Titolo V della Costituzione -, la giurisprudenza delle sezioni civili della Corte di Cassazione si è, comunque, solidamente orientata nel senso di qualificare lo statuto come "atto formalmente amministrativo ma sostanzialmente normativo atipico (...) di rango paraprimario o sub primario", collocato nel sistema delle fonti "in posizione di primazia rispetto alle fonti secondarie dei regolamenti e al di sotto delle leggi di principio, in quanto diretto a fissare le norme fondamentali di organizzazione dell'ente ed a porre i criteri generali per il suo funzionamento" (Cass., S.U., 16 giugno 2005, n. 12868. Conf.: Cass., Sez. Trib., 6 novembre 2009, n. 23562; Cass., Sez. II, 20 ottobre 2009, n. 22229).
Nella giurisprudenza amministrativa, invece, sembra affermarsi una ricostruzione dei rapporti tra legge e statuto tendenzialmente ancorata al paradigma gerarchico, ora limitato ai contenuti di cui all'art. 117, comma 2, lett. p), Cost., come tradotti oggi nell'ordinamento del vigente TU.E.L. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2872), ora esteso sbrigativamente all'intera legislazione statale e regionale (Cons. Stato, Sez. V, 3 marzo 2005, n. 832).
Al di là delle divergenze tra i diversi orientamenti, si registra comunque convergenza su un aspetto, ossia sulla subordinazione dello statuto alla legge statale almeno per quel che concerne i principi generali in tema di organizzazione e funzioni fondamentali dell'ente. Né potrebbe essere diversamente, senza compromettere la coerenza interna e funzionalità dell'intero ordinamento.
Ed ecco, quindi, che - anche a voler condividere la qualificazione, sposata dalla Difesa, dello statuto quale norma "sub-primaria" - resta fermo il vincolo, per l'organizzazione ed il funzionamento degli organi del Comune, delle norme di principio dettate dalle leggi statali, tra le quali ovviamente quelle fondamentali di riforma economica e sociale, nel cui novero si ascrivono - come s'è detto - i commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. 165/2001. Del resto, l'art. 4, comma 4, della citata legge n. 131/2003 è esplicito nell'affermare che "la disciplina dell'organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell'ente locale, nell'ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione".
Né si addiviene ad un risultato più favorevole per l'imputato a voler concentrare l'attenzione solo sul rapporto tra l'art. 17 dello Statuto e l'art. 81 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di Alcamo, atteso che il Collegio non ravvisa tra le predette norme il contrasto o la diversità di ambito applicativo, di cui ha parlato la Difesa.
Piuttosto, si osserva che - a dispetto della diversità dei soggetti sotto il profilo dell'analisi logica degli enunciati - l'art. 17 dello Statuto e l'art. 81 del Regolamento fanno, comunque, entrambi riferimento all'amministrazione comunale, della quale il Sindaco è legale rappresentante.
A conferma di ciò, si fa notare che - nello stesso capo IX del Regolamento, in cui si inserisce l'art. 81 e che è intitolato alle "Collaborazioni professionali esterne e collaborazioni professionali interne" - anche le altre disposizioni appaiono incentrate sull'"Amministrazione", ma poi, non a caso, assumono il mandato del Sindaco come parametro della durata degli incarichi ex art. 79 ed attribuiscono al Sindaco il potere di conferire detti incarichi ed eventualmente di modellarne ad personam il trattamento economico.
Infine, una volta riconosciuto che il rispetto delle previsioni dei commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. 165/2001 si impone anche per gli incarichi ex art. 14 della Legge regionale n. 7/1992, la differenza tra la norma statutaria e quella regolamentare è solo formale e non certo sostanziale.
Veniamo ora all'ultimo dei denunciati profili di illegittimità che resta da esaminare con riferimento alla nomina ad esperto del C., ossia alla dedotta violazione dell'art. 4 della Legge regionale n. 19/1997 in relazione all'art. 1 della Legge regionale n. 22/1997, per non essere stata richiesta al soggetto nominando la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà attestante il possesso dei requisiti richiesti e l'insussistenza delle condizioni ostative previste, tra le quali eventuali sentenze di condanna o di applicazione pena per determinate ipotesi di reato.
In effetti, la circostanza di fatto deve ritenersi provata, stanti le ammissioni dello stesso C. e le dichiarazioni del C., che ha detto di aver informato lo S. della necessità dei certificati del casellario e dei carichi pendenti del C. e di essere stato rassicurato dal Sindaco circa il fatto che quegli adempimenti erano stati curati dal R..
Del resto, il quadro non muta considerando la versione del R., che ha detto - lo si ricorda - di aver richiesto all'ufficio competente, nel luglio 2007 e su incarico del Sindaco S., i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti del C. e di altri soggetti; di non avere avuto risposta fino al 20 agosto 2007, quando era andato in ferie; di essersi accorto solo nell'ottobre di quell'anno - quindi dopo la nomina del C. - della mancanza del certificato del casellario giudiziale e di averlo nuovamente richiesto; di avere, quindi, verificato l'esistenza di un precedente per appropriazione indebita e falso, ma di non averlo ritenuto ostativo al mantenimento dell'incarico da parte dell'esperto, essendo intervenuto, il 26 ottobre di quello stesso anno, provvedimento dichiarativo dell'estinzione del reato ex art. 445, comma 2, c.p.p.
Come anticipato, anche a prendere per buone le puntualizzazioni del R., i termini della questione, nella sostanza, non mutano, perché colpisce che il C. non sia stato onerato neppure del deposito di una autocertificazione relativa ai suoi "trascorsi giudiziari", ciò che può spiegarsi solo in considerazione del fatto che non si voleva "mettere agli atti" del Comune il precedente penale dell'esperto, precedente che, ad Alcamo, era ben noto a tutti, ivi compresi il Sindaco S. ed il Segretario R.. Tanto più che le dichiarazioni sostitutive di certificazione erano state richieste agli altri esperti nominati, ossia al F. ed al P., entrambi incensurati e senza carichi pendenti.
Chiariti tali aspetti, però, non è il caso di soffermarsi ulteriormente sul tema, atteso che la disposizione legislativa di cui all'art. 4 della Legge regionale 19/1997 non è stata opportunamente richiamata nel caso di specie.
La disciplina invocata, infatti, concerne i "criteri per le nomine e designazioni di competenza regionale" (intitolazione della Legge regionale n. 19/1997) e completa il quadro normativo di razionalizzazione delle nomine e designazioni di competenza regionale, delineato con le precedenti leggi 28 marzo 1995, n. 22 e 10 agosto 1995, n. 57. Essa si applica "agli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo della Regione, nonché degli enti pubblici da essa dipendenti o comunque sottoposti a tutela, controllo o vigilanza, e delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, alla nomina dei cui organi concorrono la Regione o altri dei suddetti enti pubblici, fatta eccezione per gli organi elettivi della Regione, delle province, dei comuni e per gli organi per i quali la nomina di componenti è di competenza dell'Assemblea regionale siciliana" (art. 1, Legge regionale n. 22/1995).
Ciò non toglie che l'amministrazione comunale dello S. - desiderosa di dare di sé l'immagine dell'impegno per la legalità - abbia, condivisibilmente, ritenuto opportuno chiedere agli esperti di documentare l'inesistenza di precedenti penali e carichi pendenti, venendosi a trovare, però, in una situazione di forte disagio con riguardo alla posizione del C., il cui certificato penale non era certo immacolato.
Non ricorre, quindi, sotto questo profilo, la contestata violazione di legge, ma si coglie con evidenza ancor maggiore come la nomina del C. dovesse essere fatta ad ogni costo, evidentemente anche a costo di smentire o quantomeno turbare la parvenza di paladino della legalità che lo S. - come emerge dalla conversazione con l'Onorevole B.G. (cfr. infra, § 7) - ci teneva a dare di sé.
Ed allora, alla stregua delle argomentazioni svolte, deve ritenersi, quanto al capo a), che lo S. - nel nominare il C. esperto ex art. 14 della Legge regionale n. 7/1992, con determina del 31 agosto 2007 - abbia violato le previsioni di cui ai commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. 165/2001 nonché dell'art. 81 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di A.
Acclarate le predette violazioni di legge ed essendo superfluo immorare sull'evidente qualifica di pubblico ufficiale del Sindaco (sul tema, ex plurimis, cfr. Cass., 22 gennaio 2010, n. 10009, Lombardi ed altri, CED 246481), non si trascura che "il delitto di abuso d'ufficio è integrato dalla doppia e autonoma ingiustizia, sia della condotta, la quale deve essere connotata da violazione di legge, che dell'evento di vantaggio patrimoniale in quanto non spettante in base al diritto oggettivo, con la conseguente necessità di una duplice distinta valutazione in proposito" (Cass., 14 dicembre 2012, n. 1733, Amato, CED 254208). In questa cornice, laddove la condotta ingiusta sia sfociata - come nel caso di specie - nella stipula di un contratto sinallagmatico tra privato e pubblica amministrazione, il sostanziale equilibrio tra le prestazioni non esclude, di per sé, la configurabilità dell'abuso di ufficio con ingiusto danno patrimoniale, dovendosi pur sempre accertare se il contratto non sia stato proprio lo strumento prescelto dal pubblico ufficiale per procurare a sé o ad altri il vantaggio patrimoniale. L'ingiustizia del vantaggio, così, non è solo la proiezione della strumentalizzazione dell'ufficio da parte del soggetto attivo, ma connota il beneficio patrimoniale conseguito sine iure, ossia senza trovare fondamento e tutela nell'ordinamento giuridico.
Nel caso di specie, a differenza di quanto sostenuto dalla Difesa, ricorre sia l'ingiustizia della condotta - per i motivi di cui s'è detto - sia del vantaggio patrimoniale conseguito dall'esperto sia del danno patito dalla pubblica amministrazione.
Per effetto dell'indebita nomina, infatti, il C. ha ricoperto in incarico che non avrebbe dovuto essergli conferito e percepito compensi che - sebbene inferiori a quelli previsti dalla legge regionale n. 7/1992 - hanno comunque impoverito le casse del Comune di A. che ben avrebbe potuto giovarsi, per l'espletamento delle medesime incombenze assegnate all'esperto, dell'attività del Direttore generale. Tanto più che la sovrapposizione di competenze tra la figura dell'esperto e quella del Direttore generale - ben lungi dall'ingenerare una fruttuosa sinergia - era stata, in concreto, motivo del documentato attrito tra il C. ed il L., ciò che, di certo, non ha favorito il buon funzionamento della pubblica amministrazione. Si rammenti, in proposito, la missiva del 16 ottobre 2007, scritta dal C. al Direttore generale ed al Segretario generale del Comune per lamentare di non essere stato portato a conoscenza dell'avvenuta costituzione di un gruppo di lavoro che intercettava le sue stesse competenze.
Potrebbe obiettarsi che l'impostazione qui sposata vanifica il requisito della doppia ingiustizia, finendo per ritenerla sussistente ogniqualvolta un soggetto venga retribuito per l'attività svolta dopo una nomina, una assunzione od una assegnazione non iure data. Siffatta critica, però, può essere smentita con un banale esempio: si ponga mente al caso della stipula di un contratto di lavoro subordinato in violazione del divieto di nuove assunzioni, ma per coprire una grave e perdurante vacanza in organico, tale da paralizzare o rendere oltremodo difficoltoso il regolare funzionamento dell'attività amministrativa; in un'ipotesi di tal genere, non potrebbe sostenersi che lo stipendio, corrisposto al lavoratore per le mansioni espletate e conforme ai parametri della contrattazione collettiva, costituisca un vantaggio ingiusto per il lavoratore stesso o comporti un danno ingiusto per la P.A. Ben diversa, invece, è stata - come già evidenziato - la situazione venutasi a creare con la nomina ad esperto del C..
5. Segue: capo d)
Passando al capo d), non occorre soffermarsi nuovamente sulle questioni di diritto relative alla applicabilità dei commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 e dell'art. 81 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di A., valendo ovviamente in ragionamento già illustrato supra.
In punto di fatto, invece, merita di essere segnalata la circostanza che il Sindaco, prima di nominare il F. suo esperto, avesse interpellato, sia pure informalmente, P.L. - dipendente comunale dal 1995 - per sapere se la stessa avesse interesse a ricoprire il ruolo di addetto stampa ed esperto in comunicazione del Comune. Dopodiché, nonostante la disponibilità manifestata dalla L., era stato dato incarico di esperto al F., senza formale interpello del personale né previa pubblicazione di bando od attivazione di altra procedura comparativa e senza che la professionalità ed idoneità al ruolo della L. siano mai state messe in discussione.
In merito a quest'ultimo aspetto, poi, non è privo di importanza che lo S., ad un certo punto, avesse prospettato alla dipendente comunale l'eventualità di una divisione dei ruoli tra lei ed il F.. Vero è che la cosa non ha avuto seguito, ma la proposta in sé è già sintomo dell'apprezzamento del Sindaco per la professionalità della L..
Se ne deve desumere, allora, che la nomina dell'esperto non era stata preceduta da una formale ricognizione delle risorse interne all'Amministrazione proprio perché v'era la consapevolezza di poter attingere al personale in servizio. Il Sindaco, però, aveva preferito il F., perché, evidentemente, voleva, da una parte, "sdebitarsi" per il sostegno ricevuto in campagna elettorale e, dall'altra, avere accanto un soggetto che riteneva fidato sotto più profili e che era bene a conoscenza delle logiche politico-partitiche in cui lo S. si muoveva.
Sono state, quindi, consapevolmente e volutamente violate le prescrizioni procedurali dei commi 6 e 6bis dell'art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 ed è stato altresì violato l'art. 81 del Regolamento comunale degli Uffici e Servizi del Comune di Alcamo, che richiama espressamente l'art. 7, sesto comma, del D.Lgs. 165/2001.
L'ulteriore profilo di illegittimità denunciato dalla Pubblica Accusa, con riguardo alla sola determina di nomina del F. n. 82 del 21 luglio 2008, concerne l'asserita violazione dell'art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008, conv. con modifiche e sostituzioni nella Legge n. 133/2008, a tenore del quale, sino all'emanazione dell'apposito decreto previsto dallo stesso citato art. 76, "è fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale".
A sostegno della propria tesi, il Pubblico Ministero ha addotto le valutazioni del proprio consulente, per il quale, nel Comune di Alcamo, all'epoca dei fatti, la percentuale massima prevista dalla legge n. 133/2008 era superata dell'1,83%.
Di contro, il consulente della Difesa ha puntato sulla necessità di tener conto, nei calcoli, di quanto previsto dall'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 16/2006, secondo cui "ai fini del concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2006-2008 ai sensi dell'art. 1 c. 198 della L. 25/12/2005 n. 266, gli Enti locali calcolano il complesso delle spese per il personale al netto di quelle previste al c. 199 del suddetto art. 1 ed al netto delle spese per i lavoratori socialmente utili stabilizzati dopo il 01/01/2004". In base ai conteggi effettuati dal dott. S., quindi, all'epoca dei fatti, l'incidenza delle spese di personale, nel Comune di Alcamo, si assestava al di sotto della soglia del 50%.
In risposta a tali rilievi, la Pubblica Accusa ha sostenuto l'impossibilità di operare lo scorporo dei trasferimenti regionali, non potendosi determinare con esattezza, sulla scorta della documentazione contabile disponibile, a quanto ammontassero le spese per le stabilizzazioni dei lavoratori socialmente utili successive al primo gennaio 2004.
Ebbene, ritiene il Collegio di dovere, anzitutto sgombrare il campo da ogni possibile equivoco sulla applicabilità del citato art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008, conv. nella Legge n. 133/2008.
Vero è, infatti, che il tenore letterale della disposizione, esprimendosi in termini di "assunzioni di personale", potrebbe anche far pensare, in prima battuta, alla sola costituzione di rapporti di lavoro subordinato, siano essi a tempo determinato od indeterminato, ma il "raggio di azione" della previsione di legge è meglio chiarito, in senso estensivo, dalla successiva precisazione che può trattarsi di assunzioni "a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale". Inoltre, l'evidente ratio legis del contenimento della spesa degli enti pubblici - la stessa sottesa ai commi 6 e 6bis dell'art. 7, D.Lgs. 165/2001 - depone nel senso di ritenere che il limite posto dal citato art. 76, comma 7, valga anche per la nomina di esperti. Ad opinare diversamente, infatti, l'argine alle assunzioni di personale potrebbe essere facilmente scavalcato attraverso lo strumento del conferimento di incarico ad esperto, magari non preceduto - come nel caso che ci impegna - dalla verifica delle risorse dell'amministrazione e dall'attivazione di procedure comparative di selezione.
Detto questo, però, non è stata raggiunta la piena prova del superamento della soglia prevista dall'art. 76, comma 7, al momento del conferimento dell'incarico al F., nel luglio 2008.
Ed infatti, lo scostamento dalla soglia massima calcolato dal consulente del Pubblico Ministero è pari all'1,83%, quindi piuttosto contenuto, ma non tiene conto - come opportunamente rilevato dal consulente della Difesa - degli scorpori previsti dall'art. 3, comma 2, della legge regionale n. 16/2006 (cfr., in termini, Corte dei Conti per la Regione siciliana, Sezioni Riunite in sede consultiva, parere n. 14/2009). Coglie nel segno la Pubblica Accusa nell'evidenziare come la documentazione contabile disponibile non consenta di ricostruire con esattezza - e quindi detrarre - l'ammontare delle le spese per le stabilizzazioni dei lavoratori socialmente utili successive al primo gennaio 2004, ma la considerazione che spese di tal fatta comunque vi siano state e la circostanza che il superamento della soglia massima indicato dal consulente del Pubblico Ministero sia modesto legittimano quantomeno il dubbio che, al netto dei trasferimenti regionali, l'incidenza delle spese di personale nel Comune di Alcamo, nel periodo di riferimento, potesse essere inferiore, sia pure di poco, al 50% delle spese correnti.
Il criterio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" impone, quindi, di non addebitare agli imputati la contestata violazione dell'art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008, conv. con modifiche e sostituzioni nella Legge n. 133/2008.
Restano, invece, gli altri profili di violazione di legge già accertati.
Il requisito c.d. della doppia ingiustizia - sulla cui configurazione giuridica ci si è ampiamente soffermati nel paragrafo precedente - ricorre anche con riguardo al conferimento di incarico al F., per motivi analoghi a quelli di cui s'è detto per il C..
Ed infatti, per effetto di una nomina che non doveva avere luogo - visto che il Sindaco avrebbe potuto giovarsi del contributo di P.L., dipendente comunale da diversi anni - il F. ha percepito delle somme, che il Comune di A. avrebbe potuto risparmiare, anche perché, nel frattempo, continuava a pagare la L., che restava sottoutilizzata e, quindi, penalizzata sotto il profilo professionale.
Né può fondatamente sostenersi che la pretermissione della dipendente sia da imputare a sua incapacità, indegnità od indisponibilità, atteso che non risultano rilievi negativi nei suoi confronti ed anzi è emerso come lo stesso S. le avesse prospettato, prima della nomina del F., di svolgere il ruolo di addetto stampa ed esperto in comunicazione del Comune e, in un secondo momento, di collaborare con l'esperto, ricevendo sempre la positiva adesione della L. alle sue proposte.
Sotto il profilo dell'imputazione soggettiva, le accertate condotte vanno addebitate, in concorso tra loro, al Sindaco S. - al quale è ovviamente da ricondurre la designazione dell'esperto - ed al Segretario generale R., il cui contributo è consistito non solo nella materiale predisposizione dei provvedimenti incriminati, ma anche nel supporto tecnico-giuridico alla traduzione in atto delle scelte del Primo cittadino sulla nomina degli esperti (sulla qualifica di pubblico ufficiale del Segretario comunale, cfr, ex plurimis, Cass., 8 aprile 2009, n. 21163, Giacomelli, CED 244143).
6. Segue: capo e)
È stato contestato agli imputati, in concorso tra loro, il delitto di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici per avere - nei disciplinari relativi alle determine n. 100/2003, 165/2007 ed 82/2008 di nomina del F. e relativi alle determine n. 146/2007 e 92/2008 di nomina del P. - falsamente attestato che alle esigenze sottostanti il conferimento di incarico ai predetti esperti non era possibile "far fronte con il personale dell'Ente".
È bene, anzitutto, rilevare che la presenza della predetta attestazione risulta dalla documentazione in atti e mettere, ancora una volta, in evidenza che detta attestazione era falsa, perché non era stata preceduta dalla formale verifica delle risorse umane dell'Ente, verifica che avrebbe fatto emergere un dato già noto agli imputati, ossia che le funzioni attribuite agli esperti potevano essere disimpegnate da altri soggetti in servizio alle dipendenze del Comune di Alcamo.
Essendo incontestabili tali aspetti, la Difesa ha ritenuto, abilmente, di puntare sulla natura del disciplinare di incarico, negandone il carattere di atto pubblico.
In effetti, il rilievo difensivo coglie nel segno in termini generali ed astratti, nel senso che il disciplinare, concernendo la regolamentazione del rapporto privatistico di prestazione d'opera dell'esperto, non presenta di per sé i requisiti tipici dell'atto pubblico, che "è caratterizzato dalla produttività di effetti costitutivi, traslativi, modificativi o estintivi di situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica e, in via congiuntiva o anche alternativa, dalla documentazione di attività compiuta dal pubblico ufficiale o di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti" (Cass., S.U., 29 ottobre 1983, n. 544, CED 162200).
Nel caso di specie, però, i disciplinari oggetto di scrutinio hanno natura mista, perché, nella parte relativa alla attestazione di cui al capo e), documentano ed attestano l'esito di una attività ricognitiva e di verifica compiuta dal pubblico ufficiale, così rientrando, per tale aspetto, in quella nozione di atto pubblico che comprende "qualunque documento proveniente da un pubblico ufficiale, redatto nell'esercizio delle sue funzioni e destinato ad inserirsi con contributo di conoscenza o di determinazione in un procedimento della pubblica amministrazione" (Cass., 14 maggio 1997, n. 7295). Pro parte, quindi, il disciplinare deve considerarsi parte integrante della determina di nomina dell'esperto, perché ne illustra uno dei presupposti necessari per legge. La determina di nomina, a sua volta, "ha natura di atto pubblico, in quanto, pur se destinat(a) a regolare un rapporto privatistico di prestazione d'opera (...), costituisce il momento terminale di una sequenza procedimentale di diritto pubblico" (Cass., 22 aprile 2010, n. 35088, Altieri ed altro, CED 248338).
Invero, rispetto all'accusa di falso ideologico la Difesa ha percorso anche un'altra via, attribuendo all'espressione incriminata una componente valutativa, sganciata da una attestazione di avvenuto espletamento di procedure ricognitive. In altri termini, essa varrebbe solo a ribadire che le attività di collaborazione - quindi non gestionali - da attribuire agli esperti
non potevano essere assegnate al personale in servizio, cui non competevano. L'impostazione è suggestiva, ma viene smentita dall'attenta consultazione degli atti, perché lo stesso rilievo che l'incarico serviva a sopperire ad esigenze cui non era possibile "far fronte con il personale dell'Ente" si ritrova anche nei disciplinari di incarico al geometra P., soggetto che, di fatto, era stato chiamato a svolgere - per ammissione della stessa Difesa - compiti di natura gestoria, che, quindi, ben potevano essere espletati, anche nella prospettazione difensiva, dal personale in servizio.
Ricorre, quindi, in relazione a tutti i disciplinari indicati al capo e), il fatto tipico del reato contestato, essendo incontroverso che il pubblico ufficiale il quale, "nel documentare l'attività valutativa di cui è incaricato, dichiari di avere assunto dati diversi da quelli realmente acquisiti ovvero affermi di avere utilizzato elementi in realtà inesistenti, compie una falsa attestazione, idonea ad integrare il reato di cui all'art. 479 cod. pen." (Cass., 15 luglio 2011, n. 39360, Gulino, CED 251533, resa in fattispecie in cui il sindaco, nell'adottare un provvedimento di affidamento di un dipendente comunale ad un determinato settore, attestava la sussistenza di esigenze di servizio, in realtà inesistenti, a giustificazione della decisione assunta).
Il falso, poi, va ascritto ad entrambi gli imputati, a prescindere da chi di essi abbia firmato i disciplinari. S'è detto, infatti, come il contenuto dei predetti disciplinari - stilati e sottoscritti dal R., ad eccezione del n. 100/2003, che è a firma dello S. - vada a completare quello delle determine di nomina degli esperti del Sindaco, andando così a dare realizzazione un programma criminoso che deve giudicarsi condiviso dai prevenuti.
D'altra parte, si versa al di fuori dell'ipotesi aggravata di cui al comma 1 dell'art. 479 c.p., non potendosi far rientrare la determina sindacale di nomina di esperto tra i documenti dotati di fede privilegiata in quanto "emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall'ordinamento interno della P.A. ad attribuire all'atto pubblica fede" (Cass., 21 settembre 2011, n. 37097, CED 250832). Ne consegue che va dichiarata l'estinzione per prescrizione del reato commesso col disciplinare n. 100/2003.
7. Elemento psicologico
Sul versante dell'elemento psicologico, è bene ricordare, quanto all'abuso di ufficio, che il legislatore prescrive il dolo intenzionale con riferimento all'evento - quindi la volizione di tale evento come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente e obiettivo primario da costui perseguito - ed il dolo generico per gli altri elementi della fattispecie (cfr.: Cass., 20 aprile 2011, n. 34116, P.G. in proc. Cuffaro, CED 250833; Cass., 3 dicembre 2010, n. 3039, Marotta ed altri, CED 249706).
Il dolo intenzionale, poi, "non richiede l'accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire" (Cass., 25 agosto 2011, n. 38133, CED 251088), "non è escluso dalla finalità pubblica perseguita dall'agente, non sussiste quando il soddisfacimento degli interessi pubblici prevalga sugli interessi privati, mentre è integrato qualora il fine pubblico rappresenti una mera occasione o un pretesto per occultare la commissione della condotta illecita" (Cass., 26 febbraio 2013, n. 13735, CED 254856).
Tracciate queste coordinate, deve ritenersi, anzitutto, che gli imputati abbiano agito con la coscienza e la volontà di commettere le accertate violazioni di legge integranti la condotta di abuso di ufficio.
Per addivenire a detta conclusione, soccorre, in primo luogo, il richiamo alla scure dell'ignorantia legis non excusat (art. 5 c.p.). Non ricorrono, infatti, nel caso di specie, le condizioni di cui all'art. 47, comma 3, c.p., atteso che "l'errore scusabile ai fini dell'elemento intenzionale del reato, oltre che ad incidere sul fatto costituente reato, deve discendere dall'erronea interpretazione di una legge extrapenale e cioè deve cadere su una norma destinata esclusivamente a regolare rapporti giuridici di carattere non penale, né richiamati, esplicitamente o implicitamente, dalla norma penale, in quanto tale legge, inserendosi nel precetto ad integrazione della fattispecie criminosa, concorre a formare l'obiettività giuridica del reato, con la conseguenza che l'errore che ricade su di essa non può avere efficacia scusante al pari dell'errore sulla legge penale vera e propria" (Cass., 30 ottobre 2003, n. 14819, Tomassoni, CED 227875).
Ferme restando le suesposte considerazioni generali, i dati emersi nel corso del presente giudizio consentono di essere più specifici sulla dimensione concreta della colpevolezza dei prevenuti.
Si rammenti, infatti, che i profili di illegittimità riscontrati per la nomina sia del C. che del F. sono quelli di cui agli artt. 7, commi 6 e 6bis, D.Lgs. n. 165/2001 e 81 del Regolamento comunale degli Uffici e dei Servizi, il quale ultimo, a sua volta, non fa che rimandare all'art. 7, comma 6, cit.
Ed allora, anche a voler concedere che il Sindaco ed il Segretario comunale non avessero fatto propria la ricostruzione normativa - a onor del vero nient'affatto agevole - illustrata in questa sede e che porta a ritenere applicabili le citate disposizioni del D.Lgs. 165/2001 anche agli incarichi di esperto conferiti dal Sindaco ai sensi della Legge regionale n. 7/1992, non potrebbe, però, ammettersi in capo al Primo cittadino ed al suo Segretario generale la mancata conoscenza dell'art. 81 del Regolamento degli Uffici e dei Servizi del Comune.
Basta questo a destituire di fondamento le allegazioni difensive sulla buona fede dei prevenuti, fondate, tra l'altro, sulle prassi seguite in taluni Comuni della Sicilia (cfr., su tali prassi, produzione dell'Avv. Ventimiglia all'udienza del 28 maggio 2012). Ed infatti, a prescindere dall'ovvia considerazione che la conformità ad un uso contra legem non può valutarsi quale causa di esclusione della colpevolezza, sta di fatto che, nel Comune di A., doveva essere rispettata anche una specifica prescrizione regolamentare, prescrizione che non è dato di sapere se fosse presente, in termini analoghi, nei Comuni di cui sono stati prodotti i provvedimenti.
Va dato atto che la Difesa non ha mancato di prendere posizione su questo punto, sostenendo la non riferibilità del citato art. 81 del Regolamento alle nomine di esperto. Essendo stato già chiarito che le cose non stanno nei termini pur abilmente prospettati dalla Difesa, va ora rimarcato che gli imputati erano perfettamente consapevoli di essere tenuti al rispetto di quella disposizione. Lo si ricava, nel modo più chiaro e limpido, dalla mera lettura dei disciplinari di incarico relativi alle determinazioni di nomina del F. di cui al capo d) dell'imputazione. Si rileva, infatti, che le determine - ad eccezione della n. 165 del 20 dicembre 2007, il cui contenuto è, comunque, analogo a quello delle altre - conferiscono l'incarico di esperto ai sensi dell'art. 14 della Legge regionale n. 7/1992 e i disciplinari allegati danno puntualmente atto che la nomina risponde ad esigenze cui il Sindaco non può far fronte con personale dell'Ente. Tale ultima precisazione non avrebbe avuto alcuna ragion d'essere se gli autori dell'atto non avessero agito nella giusta convinzione di essere tenuti al rispetto dell'art. 81 del Regolamento comunale e, quindi, dell'art. 7 D.Lgs. 165/2001.
Ad ulteriore conforto di quanto esposto, si può citare la conversazione tra lo S. ed il R. del 6 dicembre 2008, allorquando il Segretario generale, nel riferire al Sindaco l'andamento della sua audizione innanzi agli inquirenti, segnalava come costoro non fossero affatto confusi in merito alla normativa da applicare, con ciò lasciando emergere la propria consapevolezza della correttezza di quell'ipotesi accusatoria, che pure stava cercando di "smontare" con una serie di argomenti e produzioni (cfr. intercettazione del 6 dicembre 2008, alle ore 20,41, p. 126 e s.: Sindaco: "chi avianu un po' di confusione, unn'avianu capito bene la cosa" - Segretario: "no la confusione, io credo che non l'avessero (...) confusione non ne ho percepito onestamente, l'unica mezza confusione che ho percepito è stato nella natura giuridica del disciplinare, quello sì. Però per il resto (...) confusione non ne avevano. Erano molto come direi afferrati su, sulla normazione, però").
D'altra parte - a differenza di quanto argomentato dalla Difesa -, non si può pretendere di escludere il dolo dello S. sulla base di quanto dallo stesso proclamato nella conversazione intervenuta con l'Onorevole B.G., il pomeriggio del 3 dicembre 2008 (cfr. intercettazione del 3 dicembre 2008, alle ore 17,41, p. 117 e ss.: G.: "io ho assicurato no la legalità, la iper legalità in questo Comune, che diciamo, cioè questo, che a me fa star male, nautru si ni futti, io no. Va bene, na vota u Segretario, na vota a mia, na vota a chiddru, na vota ah, cioè non va bene, che si occupino di mafia, di... poi dopodichè si ci sunnu, anche perché è sbagliato quello che stanno facendo, cioè sbagliato come diritto, come norma, è sbagliato, cioè, praticamente un'asistono soccu sta facennu iddu. Cioè sunnu autri cosi, autri leggi, un ci entra un cazzo, cioè io nomino un esperto, e dicinu che per esempio ehh, un nu putia nomunari picchì iè avia personale interno, ma cho cazzu c'entra u personale interno cu l'esperti, e su nautra cosa, l'esperti su esperti, e su nautra cosa, che esisto nella Regione Siciliana. Quindi se le norme non esistono, vogghiu sapiri si su abbrocati dalla Polizia di A., o su abbrocati dalla Regione Siciliana, picchì poi mi veni stu dubbiu a mia, ti dico la verità. Quindi a ghiri pu 'nfunnu, quindi a questo punto io, non, non mi interessa più G. (...) io ho fatto delle nomine, rispetto a una legge, chi è la legge sette (...) Io pretendo che nella mia attività di Sindaco, sia fatta una ispezione, su tutto, da quando sono Sindaco non da ora").
Vero è, infatti, che, in quel dialogo, l'imputato si presentava quale paladino della legalità, definiva assolutamente conforme alla legge tutto quel che aveva fatto ed arrivava persino ad auspicare un'ispezione ministeriale su tutta la propria attività di Sindaco di A., ma non si deve dimenticare che l'interlocutore era un autorevole esponente dello stesso partito, innanzi al quale lo S. aveva interesse a presentarsi nel migliore dei modi, non certo ad autodenunciare eventuali scorrettezze compiute.
Quanto, poi, all'intenzionalità del vantaggio patrimoniale attribuito all'esperto con conseguente danno per le casse comunali, questa si desume pianamente dall'operata ricostruzione dei fatti, essendo emerso che il C. ed il F. sono stati nominati esperti in spregio ai limiti ed alle condizioni di legge, per svolgere compiti che l'amministrazione comunale poteva fronteggiare col personale in servizio e, quindi, senza che ricorresse un interesse pubblico neppure concorrente. Tanto più che il C. non si presentava neppure sulla carta, ossia in base al curriculum, quale soggetto particolarmente qualificato per ricoprire l'incarico assegnatogli.
Valutazione diversa, invece, è stata condotta già dalla Pubblica Accusa con riferimento alla nomina del P., che, per quanto illegittima, è stata ritenuta rispondente all'interesse pubblico di dare continuità all'azione amministrativa dell'ufficio tecnico comunale col perdurante contributo di chi se ne era occupato per tanto tempo.
Per ciò che concerne il falso ideologico di cui al capo e), "è sufficiente il dolo generico che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del suo carattere inveritiero; sono, pertanto, irrilevanti le ragioni che hanno determinato l'agente ad operare l'attestazione e, quindi, qualsivoglia accertamento in ordine alla sua volontà di favorire sé o altri" (Cass., 24 gennaio 2005, n. 6820, CED 231427).
Sulla scorta di quanto già argomentato, l'esistenza del dolo del falso ideologico emerge pianamente in capo ad entrambi gli imputati. Deve, infatti, ritenersi che il R. abbia materialmente predisposto la falsa attestazione, con l'assenso e la complicità dello S., in vista del raggiungimento dell'obiettivo - che stava a cuore soprattutto al Sindaco - di addivenire alla nomina del C., del F. e del P. quali esperti.
8. Trattamento sanzionatorio e circostanze
Venendo alla quantificazione della risposta punitiva, la sanzione non può essere contenuta nel minimo edittale, considerato il ruolo apicale rivestito dagli imputati nell'amministrazione comunale a...
Tuttavia, si reputa di concedere le circostanze attenuanti generiche, in considerazione del comportamento processuale, avendo lo S. ed il R. compostamente presenziato a tutte le udienze ed avendo manifestato, per il tramite dei Difensori, un atteggiamento nient'affatto ostruzionistico, bensì collaborativo ai fini della ricerca della verità.
Pertanto, alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p. e delle finalità indicate dall'art. 27, comma 3, Cost., si stima congrua, per lo S., la pena di un anno e 2 mesi di reclusione e, per il R., la pena di un anno di reclusione, pene così determinate: esclusi l'episodio di abuso di ufficio di cui al capo d) commesso in data 1 ottobre 2003 ed il falso di cui al capo e) commesso in pari data - in quanto estinti per prescrizione -, concesse ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, unificati i fatti per continuazione e ritenuto più grave l'abuso di ufficio, un anno e 3 mesi di reclusione per ciascuno degli imputati quale pena base per il delitto di cui all'art. 323 c.p.; ridotta di un terzo per le generiche; aumentata per continuazione, per lo S., di 2 mesi di reclusione per ciascuno dei reati satellite - uno dei quali, il falso, parimenti continuato - e, per il R., di 2 mesi di reclusione per il capo e).
Ai sensi dell'art. 535 c.p.p., segue di diritto la condanna al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi degli artt. 163 e ss., c.p., si reputa di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, ricorrendone il presupposto oggettivo e potendosi presumere, sul versante soggettivo, che gli imputati - dopo essere stati attivamente partecipi a tutte le fasi del presente procedimento - sapranno trarre insegnamento dalla vicenda che li ha coinvolti per astenersi in futuro dal commettere ulteriori reati.
A norma degli artt. 538 e ss., c.p.p., gli imputati vanno condannati a risarcire il danno sofferto dalla parte civile costituita Comune di A., che ha subito un depauperamento economico - in considerazione degli emolumenti corrisposti agli esperti per attività che avrebbero potuto essere espletate da dipendenti dell'ente - ed un danno di immagine, legato alla pubblicità negativa ingenerata dai fatti delittuosi oggetto del presente giudizio. Non si ritiene, però, di poter liquidare in questa sede il quantum da risarcire, mancando gli elementi per procedere a quella compensatio lucri cum damno, che si rende necessaria in quanto l'amministrazione comunale di Alcamo - pur danneggiata dall'operato degli imputati - si è comunque avvalsa dell'opera professionale degli esperti nominati dal Sindaco.
Ancora, gli imputati vanno condannati al pagamento in favore della parte civile costituita delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.500,00, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ricorrendo i presupposti di cui all'art. 544, comma 3, c.p.p., si indica in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione della sentenza.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale,
visti gli articoli di legge in rubrica, 62bis e 81 cpv., c.p., 533 e 535, c.p.p.;
dichiara
G.S. e C.R. colpevoli dei reati a ciascuno rispettivamente ascritti - ad esclusione dell'episodio di abuso di ufficio di cui al capo d) commesso in data 1 ottobre 2003 e del falso di cui al capo e) commesso in pari data - e, per l'effetto, concesse a entrambi le circostanze attenuanti generiche ed unificati i fatti per continuazione al più grave delitto di cui al capo e), condanna lo S. alla pena di un anno e 2 mesi di reclusione ed il R. alla pena di un anno di reclusione, oltre che entrambi al pagamento delle spese processuali;
visti gli artt. 163 e ss., c.p.,
ordina
sospendersi, nei confronti di entrambi gli imputati, le pene come sopra inflitte per il termine di 5 anni, alle condizioni di legge;
visti gli artt. 157 e ss., c.p., e 531, comma 1, c.p.p.;
dichiara
non doversi procedere nei confronti degli imputati per estinzione del reato dovuta a prescrizione, con riferimento all'abuso di ufficio di cui al capo d) commesso in data 1 ottobre 2003 ed al falso di cui al capo e) commesso in pari data;
visti gli artt. 538 e ss., c.p.p.
condanna
gli imputati a risarcire il danno - da quantificarsi nella sede competente - sofferto dalla parte civile costituita Comune di A. nonché al pagamento in favore della predetta parte civile delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 2.500,00, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge;
visto l'art. 544, comma 3, c.p.p.,
indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione della sentenza.
Trapani, 11 marzo 2013
Il Giudice estensore
Presidente
Caterina Brignone
Angelo Pellino
06-01-2014 11:43
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