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Sentenza

Tribunale di Trapani. Condannato legale rappresentante di una società che aveva posto in essere uno scarico non autorizzato di acque meteoriche contaminate da agente chimico pericoloso (il tanalith) presente nei pali di legno dismessi e depositati nel piazzale scoperto dell'azienda. La Cassazione conferma la condanna.
Tribunale di Trapani. Condannato legale rappresentante di una società che aveva posto in essere uno scarico non autorizzato di acque meteoriche contaminate da agente chimico pericoloso (il tanalith) presente nei pali di legno dismessi e depositati nel piazzale scoperto dell'azienda. La Cassazione conferma la condanna.
Cassazione penale  sez. III  17/01/2014 ( ud. 17/01/2014 , dep.27/02/2014 ) 
Numero:  9620
                       LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE TERZA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. TERESI    Alfredo       -  Presidente   -                      
    Dott. GENTILE   Mario    -  rel. Consigliere  -                      
    Dott. DI NICOLA Vito          -  Consigliere  -                      
    Dott. RAMACCI   Luca          -  Consigliere  -                      
    Dott. PEZZELLA  Vincenzo      -  Consigliere  -                      
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
             T.A., nato il (OMISSIS); 
    avverso la sentenza l'01/02/2013 del Tribunale di Trapani. 
    visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile; 
    Udito  il Procuratore Generale, in persona del dott. Mario Fraticelli 
    che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; 
    Udito  l'avv.  Gulisano Orazio, difensore di fiducia del  ricorrente, 
    che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Il Tribunale di Trapani, con sentenza emessa il 01/02/2013, dichiarava T.A., colpevole dei reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 9 come contestato in atti e lo condannava alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda; pena sospesa.

    2. L'interessato proponeva Appello - qualificato ricorso per Cassazione, ex art. 568 c.p.p., comma 5 - deducendo censure varie.

    2.1. In particolare il ricorrente, mediante articolate argomentazioni, esponeva:

    a) che nella fattispecie era stata rilasciata procura speciale da parte del rappresentante legale della SIELTI Spa nei confronti di A.G., anche in ordine alla disciplina relativa all'inquinamento delle acque, con conseguente esclusione della responsabilità penale di T.A. (Presidente del consiglio di Amministrazione della SIELTE Spa, all'epoca dei fatti);

    b) che non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato contestato perchè i pali di legno, depositati nel piazzale dello stabilimento dell'azienda, erano ricoperti da teli per cui non vi era inquinamento delle acque reflue, mancando il contatto tra le acque meteoriche ed i pali dismessi;

    c) che nella fattispecie non si trattava di scarico di acque reflue industriali, ma di scarico al suolo di acque meteoriche, D.Lgs. n. 156 del 2006, ex art. 103;

    d) che l'imputazione contestata al T. era priva dei requisiti di chiarezza e precisione richiesti dall'art. 552 c.p.p., lett. c), sia quanto al fatto addebitato, sia quanto all'indicazione degli articoli di legge relativi al reato contestato.

    Tanto dedotto, il ricorrenti chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è infondato.

    1.1.1 giudici di merito, mediante un esame analitico, esaustivo ed immune da errori di diritto delle risultanze processuali, hanno accertato che T.A., quale rappresentante legale della SIELTE Spa - nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti - aveva posto in essere uno scarico non autorizzato di acque meteoriche contaminate da agente chimico pericoloso (il tanalith) presente nei pali di legno dismessi e depositati nel piazzale scoperto dell'azienda; acque che non venivano coinvolte in impianti di depurazione, ma si disperdevano nell'ambiente circostante (vedi sentenza impugnata pagg. 1, 3 - 5).

    Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi costitutivi del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1.

    2. Le censure dedotte nel ricorso sono sostanzialmente ripetitive di quanto già esposto in sede di giudizio di merito. Sono altresì infondate per le seguenti ragioni principali:

    2.1. A.G. - ossia il responsabile tecnico dell'azienda - non aveva ricevuto apposita delega scritta in ordine alla gestione e controllo dell'attività svolta dall'azienda in materia di inquinamento delle acque; il tutto come congruamente motivato dal Tribunale di Trapani; con conseguente sussistenza di responsabilità penale a carico di T.A., quale rappresentante legale della SIELTE Spa (vedi sentenza impugnata pagg. 2 - 3).

    2.2. L'assunto difensivo - secondo cui i pali dismessi, depositati nel piazzale dell'azienda, erano coperti da teli che ne impedivano il contatto con le acque meteoriche - costituiscono eccezioni in punto di fatto non consentite in sede di legittimità Giurisprudenza consolidata: Sez. U, n. 6402 del 02/07/1997, rv 207944; Sez. U, n. 930 del 29/01/1996, rv 203428; Sez. 1, n. 5285 del 06/05/1998, rv 210543; Sez. 5, n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Sez. 5, n. 13648 del 14/04/2006, rv 233381.

    2.3. Il decreto di citazione a giudizio - diversamente da quanto sostenuto nell'impugnazione de qua (vedi pagg. 10 - 11 dell'Appello/ricorso) conteneva l'indicazione chiara, precisa e determinata del fatto contestato (ed ossia: lo scarico non autorizzato di acque reflue industriali, derivanti dalla contaminazione di acque meteoriche con i pali dimessi) che si disperdevano nell'ambiente circostante senza essere coinvolte in un impianto di depurazione. L'erronea indicazione nella imputazione - quale norma violata - del D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 137, comma 9, anzichè di quelli di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1, costituisce mero errore materiale grafico. Detto errore materiale era agevolmente superato - ai fini della precisione e determinatezza dell'addebito - della chiara e puntuale indicazione del fatto materiale contestato, in ordine al quale il T. è stato posto in grado di esercitare nella sua interezza il diritto di difesa. Non sussiste, perciò, nella fattispecie alcuna violazione dell'art. 552 cod. proc. pen..

    3. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da T.A., con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2014.

    Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2014
Avv. Antonino Sugamele

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