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Sentenza

Tribunale di Trapani: aggravamento della misura della sorveglianza speciale applicata nella misura di un ulteriore anno.
Tribunale di Trapani: aggravamento della misura della sorveglianza speciale applicata nella misura di un ulteriore anno.
Cassazione penale  sez. VI   
Data:
    17/07/2013 ( ud. 17/07/2013 , dep.08/10/2013 ) 
Numero:
    41627

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE SESTA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GARRIBBA   Tito          -  Presidente   -                     
    Dott. GRAMENDOLA Francesco     -  Consigliere  -                     
    Dott. LANZA      Luigi         -  Consigliere  -                     
    Dott. ROTUNDO    Vincenzo      -  Consigliere  -                     
    Dott. CAPOZZI    Angelo        -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto nell'interesse di: 
                      C.P.G., nato a (OMISSIS); 
    avverso il decreto in data 23-1-13 della Corte di Appello di Palermo, 
    sezione penale; 
    Visti gli atti, il decreto impugnato ed il ricorso; 
    Udita la relazione fatta dal Consigliere, Dott. ROTUNDO Vincenzo. 
    Lette  le  richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto 
    Procuratore  Generale, Dott. IZZO Gioacchino,  che  ha  concluso  per 
    l'inammissibilità del ricorso. 
                     


    Fatto
    FATTO E DIRITTO

    1. Il difensore di C.P.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto indicato in epigrafe, con il quale la Corte di Appello di Palermo, in data 23-1-13, ha confermato il provvedimento del Tribunale di Trapani del 17-6-2011 di aggravamento della misura della sorveglianza speciale al predetto applicata nella misura di un ulteriore anno.

    Il ricorrente deduce in primo luogo violazione di legge, sostenendo che nel caso di specie non sussisterebbero i presupposti legittimanti l'aggravamento della misura e cioè l'attualità e la perduranza della pericolosità sociale del C., per altro ininterrottamente detenuto dal 5-7-2008. In ogni caso nel provvedimento impugnato ci si sarebbe limitati a ritenere cristallizzata la pericolosità sociale del C., richiamando i precedenti penali del medesimo e aderendo agli argomenti usati dai Giudici di prime cure.

    2. Il Collegio osserva che il ricorso è inammissibile, perchè basato su motivi non consentiti dalla legge nel giudizio di legittimità in materia di misure di prevenzione (della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, che consente il ricorso solo per "violazione di legge").

    Con sentenza depositata in data 5.11.2004 la Corte Costituzionale, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale del cit. L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, sollevata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., per l'assorbente motivo che non può parlarsi di disparità di trattamento tra settori direttamente non comparabili, posto che il procedimento di prevenzione, il processo penale e il procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza sono dotati di proprie peculiarità, sia sul terreno processuale che nei presupposti sostanziali. Le censure sollevate dal ricorrente si risolvono in realtà tutte nel dedotto vizio di motivazione in ordine alla attualità della pericolosità del C. e sono, pertanto, escluse dal sindacato di legittimità, trattandosi di provvedimento in materia di prevenzione.

    Non può, infatti, in alcun modo sostenersi (come sembra fare il ricorrente) che la motivazione del provvedimento impugnato sia apparente (e perciò sia ravvisabile una violazione di legge), in quanto la Corte di Appello di Palermo ha effettuato una accurata valutazione critica degli elementi acquisiti, valorizzando la accresciuta pericolosità sociale del proposto.

    3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di mille Euro in favore della cassa delle ammende.

    Così deciso in Roma, il 17 luglio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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