Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Tribunale di Marsala: partecipazione ad associazione di stampo mafioso intesa cosa nostra, segnatamente alle famiglie mafiose di Mazara del Vallo e di Marsala. La Cassazione annulla limitatamente alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 conv. con modifiche dalla L. n. 203 del 1991.
Tribunale di Marsala: partecipazione ad associazione di stampo mafioso intesa cosa nostra, segnatamente alle famiglie mafiose di Mazara del Vallo e di Marsala. La Cassazione annulla limitatamente alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 conv. con modifiche dalla L. n. 203 del 1991.
Cassazione penale  sez. V   
Data:
    24/09/2013 ( ud. 24/09/2013 , dep.25/10/2013 ) 
Numero:
    43844
                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE QUINTA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. DUBOLINO    Pietro       -  Presidente   -                     
    Dott. BEVERE      Antonio      -  Consigliere  -                     
    Dott. BRUNO       P. A.   -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. ZAZA        Carlo        -  Consigliere  -                     
    Dott. PISTORELLI  Luca         -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
            L.C., nato a (OMISSIS); 
    avverso la sentenza della Corte di Assise di Palermo del 02/04/2012; 
    visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi; 
    udita la relazione del consigliere Dott. Paolo Antonio BRUNO; 
    udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore 
    Generale FODARONI Maria Giuseppina che ha chiesto l'annullamento  con 
    rinvio  limitatamente all'aggravante di cui alla L. n. 205 del  1991, 
    art. 7; 
    sentito,  inoltre,  l'avv. Barbiera Antonino, difensore  della  parte 
    civile Provincia Regionale di Trapani; 
    sentito,   infine,   l'avv.   Bonsignore  Raffaele,   difensore   del 
    ricorrente, che si è associato alle conclusioni del P.G.. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. L.C. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Marsala, dei reati di seguito specificati:

    A) ai sensi dell'art. 416 bis c.p., commi 1, 3, 4, 5 e 6 per partecipazione ad associazione di stampo mafioso intesa cosa nostra, segnatamente alle famiglie mafiose di Mazara del Vallo e di Marsala;

    F)) ai sensi della L. n. 67, artt. 2, 4 e 7 e succ. mod., per avere illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico una pistola semiautomatica e relativo munizionamento con l'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui all'art. 416 bis e comunque al fine di agevolare l'attività dell'associazione mafiosa;

    G) ai sensi della L. n. 865 del 1967, artt. 2, 4 e 7 e succ. mod. per illegale detenzione porto in luogo pubblico di una pistola di marca Beretta mod. 70, cal. 7,65 Browing, matr. (OMISSIS), con l'aggravante di cui al menzionato art. 7;

    H) ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 2, art. 648 cod. pen. e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per ricettazione della pistola Beretta;

    O) ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 5, art. 635 c.p., comma 2, n. 3 (in relazione all'art. 625, n. 7) e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per la distruzione di un'autovettura.

    Con sentenza del 19.9.2008, l'imputato era condannato per il delitto di cui all'art. 378 cod. pen. e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 così qualificato il reato di partecipazione mafiosa di cui al capo A) nonchè per reati di cui al capo G), esclusa l'aggravante di cui all'art. 7, in esso assorbito il reato di cui al capo F) ed H); e, per l'effetto, lo condannava alla pena di anni cinque e mesi due di reclusione; lo assolveva, invece, dai reati di cui al capo al capo A), ai sensi dell'art. 416 bis cod. pen., ed O) con formula per non aver commesso il fatto. Lo condannava, infine, al risarcimento dei danni subiti dalla Provincia di Trapani, dal Comune di Marsala, dal Comune di Mazara del Vallo e dall'Associazione Antiracket di Marsala onlus, quantificati nella misura di Euro 20.000,00 ciascuno in favore degli enti pubblici anzidetti e di Euro 10.000,00 in favore dell'associazione antiracket.

    Pronunciando sui gravami proposti dall'imputato e dal PM, la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 25.3.2010, riformava in parte la pronuncia impugnata e, per l'effetto, dichiarava il L. colpevole dei reati di cui ai capi A), G) ed H) del decreto dispositivo del giudizio e, per l'effetto, aumentava la pena nella misura di anni otto e mesi sei di reclusione, escludendo la dichiarazione di estinzione della pena per indulto in relazione al capo H), oltre consequenziali statuizioni.

    Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione e questa Corte Suprema, Sezione Prima, con sentenza del 17 maggio 2011, annullava la pronuncia impugnata.

    Pronunciando in sede di rinvio, la Corte d'appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Marsala del 19/09/2008, appellata dal PM nei confronti di L.C., nonchè dallo stesso L. riduceva la pena inflitta all'imputato nella misura di anni quattro e mesi sei di reclusione.

    Avverso la pronunzia anzidetta, il difensore, avv. Bonsignore Raffaele, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Con unico motivo d'impugnazione il ricorrente denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 546 cod. proc. pen., art. 378 cod. pen. e D.L. n. 152 del 1991, art. 7 nonchè difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e), con riferimento alla confermata sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 in relazione al reato di favoreggiamento (così riqualificato il reato di cui all'art. 416 bis) contestato al capo A).

    2. Per meglio apprezzare la ritenuta fondatezza del ricorso, è certamente utile una sintetica puntualizzazione dei termini della vicenda processuale in oggetto, nei suoi profili essenziali, per quanto possa ancora rilevare nell'economia del presente giudizio.

    Orbene, il L. era stato chiamato a rispondere, tra l'altro, del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso e di illegale detenzione e porto di pistola, con l'aggregante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

    Il primo giudice ha riqualificato l'originaria imputazione, ex art. 416 bis cod. pen., nei termini del favoreggiamento aggravato e, quanto al reato di illegale detenzione e porto ingiustificato di arma - in esso assorbito il reato di ricettazione -ha escluso la contestata aggravante del menzionato art. 7.

    La Corte d'appello di Palermo, con la prima sentenza, ha ritenuto invece sussistenti nella fattispecie gli estremi dell'originaria contestazione, di cui al decreto dispositivo di giudizio, pronunciando conseguente condanna per il reato di associazione per delinquere, per i reati in tema di armi e per la ricettazione.

    A seguito di ricorso per cassazione, questa Corte Suprema ha annullato la pronuncia impugnata, ritenendo che la ribaltata prospettazione accusatoria, fatta propria dal giudice di appello - nel ripristinare l'originaria contestazione di cui all'art. 416 bis in luogo della meno grave ipotesi del favoreggiamento aggravato, ritenuta dal primo giudice - non fosse assistita da idoneo impianto giustificativo, apparendo la motivazione della Corte territoriale caratterizzata da argomentazione frammentaria ed inconferente, priva di organica valutazione alternativa. Ha conferito, dunque, al giudice del rinvio il compito di procedere alla rivalutazione della qualificazione giuridica del fatto (e delle relative circostanze), restando pacificamente accertato il coinvolgimento dell'imputato nell'attività di assistenza di latitanti, materialmente prestata da altra persona, ossia da A.R.. Ha ritenuto, infine, fondato anche il motivo di ricorso relativo all'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per reati concernenti l'arma, rilevando che si trattava di un'unica pistola di illecita provenienza, illegalmente detenuta e portata, e che l'aggravante, esclusa in primo grado, era stata ripristinata in appello in relazione al (ritenuto) ruolo di sostegno alla latitanza dei vertici dell'associazione criminale, che renderebbe "evidente" la destinazione dell'arma a difesa dei soggetti assistiti. L'annullamento sul punto si imponeva, però, non solo per il disposto rinvio in ordine all'imputazione associativa, ma anche per l'illogico collegamento con la protezione delle latitanze, che, per quanto risultava in atti, si era esplicata con attività di vigilanza e supporto logistico, non già di guardia armata.

    Pronunciando in sede di rinvio, la Corte d'appello palermitana ha ritenuto che nella fattispecie fossero ravvisabili i presupposti del reato di favoreggiamento personale.

    2. Lo sviluppo della vicenda processuale e l'individuazione della ratio decidendi della sentenza rescindente consentono di cogliere, appieno, la parziale elusione del dictum del Supremo Collegio.

    Se è indubbio, infatti, che il giudice del rinvio abbia ottemperato alla prima parte del dettame di legittimità, procedendo, motivatamente, all'individuazione del corretto nomen iuris del fatto in contestazione, non altrettanto può dirsi per la prescrizione - pur formulata in via parentetica quanto alla fattispecie (eventuale) del favoreggiamento, ma in modo espresso con riferimento al reato di illegale detenzione e porto di pistola - di riconsiderare la sussistenza della circostanza aggravante.

    L'inglobante ed indeterminata motivazione dello stesso giudice, che non si è curato di dar conto dell'anzidetta aggravante, ritualmente contestata, ed ha omesso anche di rispondere allo specifico interrogativo postogli in riferimento ai reati relativi alla pistola, indicando poi la pena complessiva senza alcuna doverosa specificazione in merito, non consente di ritenere adempiuto il computo a lui deferito.

    L'omessa giustificazione è di entità tale da invalidare, in parte qua, la motivazione in esame, che va, dunque, annullata nei termini di cui in dispositivo, affinchè il giudice del rinvio proceda a nuova valutazione sul punto.
    PQM
    P.Q.M.

    Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 conv. con modifiche dalla L. n. 203 del 1991, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte d'appello di Palermo.

    Così deciso in Roma, il 24 settembre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza