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Sentenza

Tentato omicidio di 2 carabinieri verso i quali venivano esplosi colpi di arma da fuoco che non raggiungevano il bersaglio. Porto e detenzione di armi. Resistenza a pubblico ufficiale.
Tentato omicidio di 2 carabinieri verso i quali venivano esplosi colpi di arma da fuoco che non raggiungevano il bersaglio. Porto e detenzione di armi. Resistenza a pubblico ufficiale.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    28/04/2014 ( ud. 28/04/2014 , dep.12/06/2014 ) 
Numero:
    24956

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIOTTO   Maria Cristina  -  Presidente   -                     
    Dott. NOVIK    Adet Toni       -  Consigliere  -                     
    Dott. CAVALLO  Aldo            -  Consigliere  -                     
    Dott. BONITO   F. M. S.   -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
         O.I. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  l'ordinanza  n.  1368/2013  TRIB.  LIBERTA'  di  BARI,   del 
    21/10/2013; 
    sentita  la  relazione  fatta dal Consigliere Dott.  FRANCESCO  MARIA 
    SILVIO BONITO; 
    sentite le conclusioni del PG Dott. SCARDACCIONE Eduardo il quale  ha 
    chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata; 
    Udito il difensore Avv. Vanzetti Cesare. 
    La Corte: 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Con ordinanza del 21 ottobre 2013 il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame, rigettava l'istanza proposta da O.I. (o O.I.), a mente dell'art. 309 c.p.p., avverso la misura cautelare in carcere in suo danno disposta dal GIP del Tribunale di Trani, il precedente 26 settembre, perchè gravemente indiziato del tentato omicidio, in concorso con D.R.D. e con altri non tutti identificati, dei carabinieri S.N. e G.M., verso i quali venivano esplosi colpi di arma da fuoco che non raggiungevano il bersaglio, nonchè dei collegati reati di porto e detenzione delle armi utilizzate per questo e di resistenza a pubblico ufficiale; nell'agro di (OMISSIS), intorno alle 5.30 del (OMISSIS).

    1.2 A sostegno della decisione, confermando analoga valutazione del giudice di prime cure, il tribunale richiamava: il rapporto dei due operatori di P.G. verso i quali sono stati esplosi i colpi, le dichiarazioni di D.R., indagato in concorso per lo stesso reato contestato al ricorrente, gli accertamenti di polizia eseguiti sul luogo ove i fatti si svolsero, le dichiarazioni testimoniali di G.D., gli atti di indagine raccolti dai CC. di Cittadella a carico dell'indagato e dei coindagati moldavi per una rapina avvenuta nel maggio 2012 in una abitazione dell'area patavina, tra cui, rilevante ai fini del presente procedimento, intercettazioni percepite in tempo reale grazie ad una micro-spia montata sull'autovettura usata dal D..

    Sulla base del sintetizzato quadro probatorio i giudici di merito ricostruivano la vicenda di causa come segue: verso le 5.30 del (OMISSIS), nei pressi di una importante arteria statale con svincolo per la città di Barletta, carabinieri in servizio decidevano di eseguire un controllo su persone notate ivi stazionare con atteggiamento sospetto; alla pronuncia identificativa dello stato di "carabinieri", gli sconosciuti rispondevano esplodendo colpi di arma da fuoco all'indirizzo dei militari, dandosi poi a fuga precipitosa a bordo di una autovettura BMW con la quale tentavano di investirli; i successivi accertamenti consentivano di notare ferme sui medesimi luoghi due autovetture risultate poi di proprietà di D.V. e del coindagato B.P.; nello stesso contesto di tempo, nascosto tra le piante, i militari identificavano D.R., figlio di V., il quale immediatamente collaborava;

    raccontava il D.: di aver concordato con B.P., dietro compenso di Euro 500,00, di prelevare con la sua autovettura alcuni cittadini stranieri per portarli a Barletta ove avrebbero caricato e scaricato copertoni, trasporto puntualmente eseguito unitamente ad altra autovettura guidata dal B. stesso;

    giunto sul luogo della sparatoria, il D., insieme al B., si erano fermati nei pressi di una autovettura BMW dove sostavano due persone sconosciute, uno dei quali, alto e robusto, imbracciava un fucile probabilmente "a pompa", mentre l'altro indossava un passamontagna; uno degli sconosciuti ricevette una telefonata che commentò con la frase: "il camion sta arrivando";

    dopo poco erano stati esplosi colpi di arma da fuoco, in seguito ai quali lo stesso D., il B. e gli altri erano fuggiti per i campi; sulla base delle dichiarazioni del D. venivano eseguiti gli accertamenti presso il luogo dove gli stranieri erano stati prelevati, veniva escusso il titolare del bed and breakfast ove i medesimi avevano alloggiato a spese del B., venivano individuati Bu.Io., M.V. ed O.I.. A carico di costoro inoltre venivano acquisite intercettazioni telefoniche indizianti di un loro coinvolgimento in una rapina in abitazione consumata in precedenza nella provincia di Padova, anche in quella occasione con il B. nel ruolo di basista. Il tribunale, criticamente valutando le anzidette acquisizioni, riteneva sostenuta da gravita indiziaria l'ipotesi accusatoria limitatamente alla contestazione omicidiaria ed altresì sussistenti, per tale incolpazione, gravi esigenze cautelari soddisfabili con la misura della detenzione carceraria, mentre sottolineava l'impossibilità, allo stato, di individuare l'attività illecita che il gruppo era incaricato di svolgere, di guisa che in relazione alla contestazione di rapina aggravata si imponeva l'accoglimento della impugnazione difensiva.

    2. Ricorre per cassazione chiedendo l'annullamento dell'impugnata ordinanza l'indagato, assistito dal difensore di fiducia, che nel suo interesse sviluppa ed articola un unico motivo di impugnazione, con il quale denuncia difetto di motivazione e violazione dell'art. 110 c.p., in particolare deducendo: non v'è contestazione sul quadro cautelare e neppure sulla ricostruzione dei fatti fino alla fuga a piedi degli indagati; su tali fasi si appuntano le contrarie tesi difensive; i quattro stranieri (dei quali identificati in tre) non possono essere accusati di concorso nelle azioni commesse da coloro che sono fuggiti con la BMW affrontando i CC, avendo scelto altra via di fuga, per i campi ed a piedi; altro punto controverso è se la fuga a piedi degli stranieri sia iniziata prima o dopo l'esplosione dei colpi; la tesi del Tribunale che i colpi abbiano preceduto la fuga è errata e si fonda su una carente lettura della intercettazione utilizzata a sostegno della tesi accusatoria; sia l'intercettazione che le dichiarazioni del D. confermano la tesi difensiva e smentiscono quella del Tribunale; l'intercettazione consente di determinare in 24 secondi il tempo intercorso tra l'allarme e la fuga della BMW e degli altri a piedi e l'esplosione dei colpi; in 24 secondi a piedi e di corsa si percorrono oltre cento metri; il Tribunale afferma che anche gli stranieri erano armati e questo sulla base di una pura affermazione apodittica, secondo cui, poichè i colpi furono di pistola e non di fucile, questo induce a ritenere che anche i moldavi fossero armati; la pistola ben poteva essere posseduta dagli occupanti della BMW che armati erano di sicuro, mentre il D. non ha riferito di armamenti in dotazione degli stranieri che egli trasportò, circostanza confermata dalle successive perquisizioni a carico degli indagati stranieri; i CC non hanno affatto notato la fuga a piedi in senso contrario a quello dove essi si trovavano ad operare, e questo è incompatibile con gli spari verso i militi; anche la contestazione di concorso nella detenzione delle armi e nel loro uso, data la fattispecie accertata, contrasta con i principi in tema di concorso; si afferma che il reato non accertato al quale il gruppo si preparava necessitasse dell'uso delle armi, ma di questo non c'è prova alcuna, nè è provato che anche gli indagati stranieri, al pari del D., abbiano notato il fucile a pompa; d'altra parte è la stessa ordinanza impugnata ad evidenziare che non v'è possibilità alcuna di indicare il reato in preparazione; tanto anche per affermare che l'esplosione dei colpi all'indirizzo dei CC. non sia stato nè voluto, nè previsto dagli indagati stranieri; di qui anche la legittima invocazione del concorso anomalo ex art. 116 c.p.; in assenza della determinazione del reato da consumare non si può affermare la prevedibilità dell'uso di armi, tanto meno in danno di CC. quale conseguenza di una progressione criminale, ovvero di una volontà diretta verso un reato più grave (e, si ribadisce, sconosciuto allo stato).

    3. Il ricorso è infondato.

    Giova rammentare che, ai fini dell'emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza" ex art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell'indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (principio ampiamente consolidato; tra le tante:

    Cass., Sez. 6, 06/07/2004, n. 35671). Orbene, ciò posto ritiene la Corte che legittimamente siano stati considerati gravemente indizianti dei reati imputati al ricorrente, attesa la fase processuale in atto, i fatti acquisiti al processo in termini sostanzialmente non contestati, giacchè la circostanza se la fuga del ricorrente (e di altri complici) sia avvenuta prima o dopo gli spari all'indirizzo degli operatori di p.g. non è decisiva ai fini della valutazione complessiva della vicenda e della sua interpretazione giuridica.

    E' pur vero che non è stata accertata la condotta delittuosa in preparazione e per la quale era stato assoldato l'indagato unitamente ai suoi connazionali, ma è certo comunque, al di là di ogni ragionevole dubbio, che essa aveva rilevanza criminale apprezzabile, posto che necessitava di una pluralità notevole di persone e che è stata organizzata con l'impiego di persone armate di fucile (visto dal D.) e di pistola (i colpi plurimi provano la presenza di almeno una di esse), armi il cui utilizzo non potè che essere contemplato nel piano delittuoso, inserito in contesti di tempo e di luogo comunque particolarmente significativi della portata delittuosa del piano.

    Su tali premesse non è pertanto sostenibile la tesi secondo la quale gli indagati moldavi non conoscessero l'incarico per il quale erano stati assoldati e trasportati da Padova in Puglia, con dispiego anticipato di mezzi e denaro, in contesti di luogo e di tempo particolari, di guisa che ben possono trovare applicazione nella fattispecie in esame le regole sul concorso di persone nel reato e la lezione giurisprudenziale sulla responsabilità a titolo di concorso del concorrente quando l'ideazione dell'impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo dell'impiego delle armi e, quindi, del porto abusivo delle stesse per realizzare la necessaria minaccia o violenza, essenziali od anche soltanto utili a tale tipo di reato (Cass., Sez. 2, 04/12/2012, n. 49389; Cass., Sez. Unite Sent., 18/12/2008, n. 337, rv. 241574). In questa ipotesi poco rileva, sul piano della responsabilità penale, che il concorrente non armato sia fuggito prima che il complice armato abbia fatto uso dell'arma contro le forze dell'ordine sopravvenute.

    Di più; ai fini della rilevabilità della ipotesi del concorso nel reato, quello in materia di armi ed il tentato omicidio, la consapevolezza della presenza delle armi in capo ai complici stranieri ben può essere stata acquisita anche soltanto al momento in cui arrivarono sul posto, così come avvenne per il D. e come è del tutto verosimile sia accaduto per quanti, presenti, non poterono non notare il complice con il fucile a pompa. Ed è comune insegnamento, non soltanto giurisprudenziale dappoichè solida regola teorica dottrinariamente elaborata, che integra concorso nel reato qualsivoglia aiuto fornito all'autore materiale comunque finalizzato a tradursi in sostegno della condotta criminosa (Cass., Sez. 5, 05/11/2010, n. 4919), aiuto partecipativo - morale o materiale - purchè caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla coscienza e volontà di arrecare un contributo concorsuale alla realizzazione dell'evento illecito.

    Di qui, anche, la regola ermeneutica di costante riproposizione da parte di questa corte di legittimità, secondo cui, anche la semplice presenza, purchè non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato è sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, quante volte sia essa servita a fornire all'autore del fatto stimolo all'azione o un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta, palesando chiara adesione all'azione delittuosa (Cass., Sez. 2, 08/10/2008, n. 40420; Cass., Sez. 5, 08/04/2009, n. 26542; Cass.,Sez. 2 Sent, 08/10/2008, n. 40420; Cass., Sez. 6, 15/04/1993, n. 7957).

    Annota infine il Collegio che anche a voler considerare il concorso di cui all'art. 116 c.p. nel tentato omicidio dei due CC, circostanza fattuale della quale si occuperà il giudice della cognizione ordinaria, i fatti valutabili ai fini del complessivo quadro giuridico di riferimento conducono in ogni caso a ritenere la legittimità della misura impugnata.

    Il ricorso va, in conclusione rigettato con le conseguenze di legge imposte dall'art. 616 c.p.p..
    PQM
    P.Q.M.

    la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

    Così deciso in Roma, il 28 aprile 2014.

    Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2014
Avv. Antonino Sugamele

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