Straniero spacciatore in Italia: si alla misura di sicurezza dell'esplulsione.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 settembre 2013 – 18 marzo 2014, n. 12741
Presidente Sirena – Relatore Ciampi
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 21 settembre 2012 la Corte d'Appello di Ancona confermava la sentenza in data 16 febbraio 2012 del Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, appellata dagli imputati.
Questi erano stati tratti a giudizio e condannati alla pena di giustizia per diverse violazioni degli artt. 110 c.p. e 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
2. Avverso tale decisione propongono congiuntamente ricorso a mezzo del proprio difensore entrambi gli imputati, deducendo la manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi di cui al V comma dell'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 ed in ordine alla applicazione della misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello Stato.
Considerato in diritto
3. I ricorsi sono infondati e come tali vanno rigettati.
Ed invero, quanto al primo motivo, la Corte territoriale ha adeguatamente e comunque non illogicamente motivato sul rilievo che le modalità della detenzione, la quantità detenuta e la diversa tipologia delle sostanze stupefacenti riportate impongono di ritenere non occasionale, ma stabilmente strutturata la composita attività illecita in contestazione in guisa tale da non potersene derivare il giudizio di una condotta complessivamente valutabile come lieve, avuto riguardo alla potenzialità criminosa dimostrata con la concreta possibilità di procurarsi quantità non modeste di sostanze stupefacenti di diverso tipo da destinare allo spaccio, essendo indifferente, ancorchè non stimabile, la circostanza che parte delle sostanze stupefacenti detenute potessero essere impiegate anche per consumo personale, forse proprio da supportare economicamente con la ridetta acquisizione di maggiori quantità da destinare anche allo spaccio.
4. E' consolidato orientamento giurisprudenziale, quello secondo cui la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta soltanto nell'ipotesi di minima offensività penale della condotta, da escludersi nel caso di specie in considerazione dei quantitativi non modici delle sostanze detenute. Il dato quantitativo assume valore preclusivo quando e' preponderante (cfr. Cass. S.U. 21 settembre 2000, Primavera, RV 216667, secondo cui la circostanza in esame può essere riconosciuta soltanto in ipotesi di minima offensivita' penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione - mezzi, modalità, circostanze dell'azione - con la conseguenza che ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l'eventuale presenza degli altri, e, più specificamente, Cass. 6, 2 aprile 2003, Armenti, RV 225414).
5. Parimenti infondato il motivo di gravame relativamente alla disposta espulsione. Come precisato da questa Corte (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 34438 del 12/06/2006, Mahboubi e altro, Rv. 23506), in tema di misure di sicurezza, qualora lo straniero sia condannato per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, il giudice di merito ha il dovere di accertare in concreto - non sussistendo a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1995 la presunzione assoluta di pericolosità - la sussistenza della pericolosità sociale del condannato per i suddetti reati ed alla stregua di tale accertamento, compiuto alla luce degli elementi indicati dall'art. 133 c.p., e congruamente motivato, deliberare l'applicabilità o meno dell'ordine di espulsione dello straniero dallo Stato (Cass., Sez. 4, 4 luglio 2002 n. 35953, ric. PG in proc. Saldiva e altro; Sez. 6, 6 maggio 2004 n. 26096, ric. P.G. in proc. Veizi). Nella specie la sentenza impugnata ha offerto congrua motivazione in ragione della indubbia pericolosità dei correi, i quali, nonostante la giovanissima età, hanno dimostrato di sfruttare la stanzialità in territorio estero massimamente per intessere trame criminose complesse, per intrecciare plurimi rapporti delittuosi e per gestire disinvoltamente traffici illeciti in materia di stupefacenti, sicché ogni altra considerazione (stato di incensuratezza e presenza di familiari in Italia, esclusa una qualche resipiscenza, invero neppure apparente) deve cedere di fronte ad un tale giudizio di ritenuta pericolosità sociale e condurre alla definitività del provvedimento di rimpatrio.
6. Al rigetto dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
20-03-2014 06:30
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