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Sentenza

Rapina a mano armata: tutti i compartecipi, sia gli autori materiali sia coloro che prestano l’assistenza necessaria, rispondono anche del porto illegale di armi.
Rapina a mano armata: tutti i compartecipi, sia gli autori materiali sia coloro che prestano l’assistenza necessaria, rispondono anche del porto illegale di armi.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 maggio – 12 settembre 2014, n. 37530
Presidente Prestipino – Relatore Cervadoro

Svolgimento del processo

Con sentenza del 16.4.2013, la Corte d'Appello di Bologna confermava la decisione di primo grado che aveva condannato D.M. alla pena di anni tre mesi dieci giorni venti di reclusione e € 1000 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 628, 3° co. n.1 c.p. in relazione ad alcuni episodi di rapina.
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputata, deducendo: 1) erronea applicazione degli artt. 628, co. 3 c.p. 59 co. 2 c.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. b) ed e) c.p.p. in relazione all'aggravante contestata. L'imputata è stata condannata per cinque episodi di rapina aggravata e una tentata rapina aggravata in concorso con P.F. oltre che per la contravvenzione di cui all'art. 4 1. 110/75. L'imputata che non ha mai attivamente partecipato all'azione criminale, rimanendo sempre nell'autovettura o nei pressi degli Istituti di credito, non era a conoscenza del possesso del cutter da parte del correo, né dalla sentenza emergono elementi tali da far ritenere il contrario; 2) erronea applicazione dell'art. 4 1. 110/75 e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. b) ed e) c.p.p. in relazione alla ritenuta responsabilità anche per la contravvenzione.
Chiede pertanto l'annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

In appello, il difensore dell' imputata ha dedotto motivi unicamente in ordine alla determinazione della pena lamentandone l'eccessività, ed affermando che i fatti materiali erano tutti ascrivibili al P.; in questa sede, deduce l'erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità per la contravvenzione di cui all'art. 4 l. 110/75, e all'aggravante di aver fatto uso di arma (cutter).
Entrambi i motivi oltre che nuovi sono del tutto generici, prospettando poi una semplice rilettura del compendio probatorio, secondo un iter tipicamente inammissibile nel giudizio di legittimità.
Il ricorso, sussistendo il divieto di "novum" in Cassazione e stante la genericità dei motivi, è pertanto inammissibile.
L'art. 59 c.p. prevede, poi, la valutazione a carico dell'agente delle circostanze aggravanti, se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. Orbene, secondo le stesse dichiarazioni dell'imputata al GUP, la sua presenza fisica nei pressi delle banche era assistita dalla consapevolezza su ciò che il compagno avrebbe realizzato all'interno del singolo Istituto bancario; e quindi - nella fattispecie - le aggravanti sono state correttamente ritenute, secondo un giudizio di prevedibilità alla stregua del minimo di diligenza. E' infatti evidente che non sarebbe stato possibile portare a termine alcuna rapina se non dietro seria minaccia effettuata con oggetto che come il cutter, utilizzato dal P., fosse idoneo all'offesa alla persona.
Nell'ipotesi di consumazione di una rapina a mano armata, tutti i compartecipi, e cioè sia gli autori materiali che coloro i quali - come l'imputata - abbiano prestato la necessaria assistenza, rispondono anche del reato di porto illegale di armi, atteso che l'ideazione dell'impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo del loro impiego e, quindi, del porto abusivo delle stesse per realizzare la necessaria minaccia o violenza, essenziali a tale tipo di reato (cfr. Cass. Sez. II, Sent. n. 49389/2012 Rv. 253915).
Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa (v. Corte Cost. sent. n. 186/2000), nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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