Per applicarsi la disciplina della continuazione fra diversi reati, omogenei e contigui, è pur sempre necessario il medesimo disegno criminoso. Essere omosessuale non determina un vizio di mente.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 23 gennaio 2014, n. 3111
Presidente Fiale – Relatore Amoresano
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 5.2.2013 la Corte di Appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone, con la quale P.G. era stato condannato per il reato di cui agli artt.609 bis co.1, 609 ter n.1 e ult. co. ovvero 609 quater, 81 c.p. in danno di C.S. all'epoca minore degli anni dieci (capo a) e per il reato di cui agli artt.609 bis co.1 ovvero 609 bis c.2 n.1 e 609 ter n.1 ovvero ancora 609 quater e 81 c.p. in danno di Ca.Fr. , all'epoca infraquattordicenne (capo b), riconosceva le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminando la pena, inflitta in primo grado, in anni 14 di reclusione e confermando nel resto anche in relazione alle statuizioni civili.
Dava atto, innanzitutto, la Corte territoriale che da parte della difesa vi era stata rinuncia ai motivi di appello relativi al reato commesso in danno di C.S. , esclusi quelli concernenti la pena.
Quanto al reato commesso in danno di Ca.Fr. , rilevava la Corte di merito che destituito di fondamento era il rilievo in ordine all'epoca di commissione dei fatti, in quanto dagli accertamenti tecnici di natura informatica era emerso che l'esecuzione delle foto pedofile, scattate al predetto e rinvenute nel ed sequestrato nell'abitazione dell'imputato, risalivano ad epoca in cui il Ca. era ancora dodicenne. Corretta inoltre era la qualificazione giuridica dei fatti, avendo l'imputato approfittato dell'immaturità della vittima.
Assumeva, poi, la Corte territoriale che non poteva riconoscersi il vincolo della continuazione tra i due reati contestati, dovendosi escludere una pur generica programmazione degli stessi e non potendo l'unicità del disegno criminoso essere desunta solo dalla omogeneità delle condotte e dalla parziale contiguità cronologica delle stesse.
Neppure poteva essere riconosciuto il vizio parziale di mente, avendo lo stesso consulente della difesa ritenuto che la capacità di volere dell'Imputato fosse all'epoca dei fatti solo "lievemente scemata". Peraltro non emergeva il prospettato disturbo della personalità, risultando dalla consulenza del dott. M. che l'imputato viveva la propria omosessualità in modo pieno.
Infine, andava confermata la misura della provvisionale stabilita in primo grado, tenuto conto della grave compromissione della vita di relazione e della sessualità delle vittime.
2. Ricorre per cassazione P.G. , a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, l'illogicità e incongruità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione.
La Corte territoriale, pur riconoscendo l'esistenza dell'omogeneità e la contiguità temporale delle condotte, ha ritenuto che non vi fosse la prova dell'unicità del disegno criminoso, nonostante che dalle stesse modalità di ideazione e commissione risultasse che i reati erano stati programmati fin dal primo momento, tanto che il P.G. di udienza aveva richiesto il riconoscimento della continuazione.
Con il secondo motivo denuncia il difetto ed illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del vizio parziale di mente. Il consulente di parte dr. M. , sentito in dibattimento, aveva confermato che la situazione complessiva dell'imputato (disturbi dell'identità con disturbi della preferenza sessuale, con episodi di autolesionismo ed anticonservativi) aveva comportato la perdita parziale della capacità di volere. La motivazione della Corte territoriale è completamente mancante, facendo riferimento a criteri non scientifici; peraltro in modo contraddittorio vengono riconosciute le circostanze attenuanti generiche proprio in considerazione dello stato psichiatrico dell'imputato.
Con il terzo motivo, infine, denuncia la carenza di motivazione in ordine alle statuizioni civili, non avendo la Corte territoriale tenuto conto dei rilievi svolti sul punto nei motivi di appello in ordine alla mancanza di prova del danno.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. È pacifico che, in tema di reato continuato, l'unicità del disegno criminoso presuppone l'anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (cfr. Cass.pen. Sez. n.16066 del 17.12.2008). Indici esteriori, apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo. Di per sé l'omogeneità delle violazioni, sebbene indicativa di una particolare attitudine del soggetto a commettere azioni criminose della stessa indole, non consente da sola di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un'unica deliberazione di fondo (cfr. Cass.pen. sez. 3 n.21496 del 2.5.2006; conf. Cass.pen.).
Anche perché l'unicità del disegno criminoso non può essere desunta da una "scelta delinquenziale". "Proprio la necessità di un'unica complessa deliberazione generica e preventiva, alla quale segue, per ogni singola azione, una deliberazione specifica, esclude che l'abitualità nel delitto, la mera ideazione di una serie di fatti delittuosi o il programma solo generico di attività delinquenziale espresso da "una scelta di vita" possano riportare sotto il vincolo della continuazione i diversi reati, perpetrati successivamente in un ampio lasso di tempo, qualora non venga a risultare, in qualche modo, che essi, tutti o in parte, siano ricompresi, effettivamente, in un piano criminoso già deciso" (cass. Sez. 1 n.1088 del 9.3.1992).
In tema di continuazione, quindi, l'analogia dei singoli reati, l'unitarietà del contesto, l'identità della spinta a delinquere, e la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, singolarmente considerate, non costituiscono indizi necessari di una programmazione e deliberazione unitaria e, però, ciascuno di questi fattori, aggiunto ad un altro, incrementa la possibilità dell'accertamento dell'esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all'aumento delle circostanze indiziarie favorevoli" (Cas. Pen. Sez. 1 n.12905 del 17.3.2010).
Conseguentemente l'identità del disegno criminoso deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio temporale ed il nesso funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece, l'occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello cronologicamente anteriore (Cass. Sez. 6 n.44214 del 24.10.2012; Cass. Sez. 1 n.35639 del 2.7.2013.
La valutazione, poi, circa la sussistenza dell'unicità del disegno criminoso costituisce questione di fatto rimessa all'apprezzamento del giudice di merito: essa è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretta da adeguata motivazione (cfr.Cass. pen. Sez. 6 n.49969 del 21.9.2012; Cass.pen. Sez. 4 n.25094 del 13.6.2007).
2.1. La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per riconoscere l'unicità del disegno criminoso tra i reati contestati all'imputato. Ha, infatti, evidenziato che il P. aveva approfittato, di volta in volta, delle occasioni fornitegli dai diversi e distinti rapporti di conoscenza con i padri delle vittime per porre in essere le condotte delittuose ("riusciva ad introdursi nelle case e nell'ambiente familiare degli stessi e ad instaurare con pretesti vari ed estemporanei gli illeciti approcci e contatti con i figli minorenni del Ca. e del c. "). Il riferimento alla circostanza (certamente irrilevante) che i due genitori "neppure si conoscevano" è utilizzato dalla Corte territoriale al solo scopo di rafforzare la tesi dell'occasionante dei fatti commessi in danno dei minori.
Non era, quindi, certamente ipotizzabile che, già al momento in cui venivano posti in essere i primi abusi sessuali in danno di C.S. (secondo l'imputazione a partire dal 2005), l'imputato avesse potuto ideare gli abusi sessuali in danno del Ca. , iniziati alcuni anni dopo (secondo l'imputazione nel 2007 ed in epoca di poco anteriore).
Ha rilevato, quindi la Corte che residuavano soltanto l'omogeneità delle condotte e la contiguità temporale di alcune di esse; ma tali elementi di per sé non erano dimostrativi della unicità del disegno criminoso, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.
3. Quanto al secondo motivo, non c'è alcun dubbio che, secondo la sentenza delle Sezioni Unite n. 9163 del 25.1.2005-Raso, “anche i disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possano rientrare nel concetto di infermità” purché, però, “siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato dia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale”.
Ha rilevato la Corte territoriale che dalla stessa consulenza di parte, redatta dal dott. M. , non risultava un disturbo della personalità connesso alle preferenze sessuali dell'imputato, emergendo piuttosto, dalla lettura della relazione, che il P. medesimo aveva riferito di essere riuscito a vivere la propria omosessualità nell'agosto 2003 in modo sereno e pieno. Per di più lo stesso consulente di parte aveva ritenuto che la capacità di volere dell'imputato fosse solo “lievemente scemata” (e non grandemente scemata, come richiesto dalla norma).
Non vi è poi alcuna contraddizione con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in ragione del quadro di instabilità psicologica (non idoneo, però, come si è visto, a configurare il vizio parziale di mente ex art. 89).
Anche perché sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volontà, e l'intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si manifesta e persegue l'obiettivo considerato” (cfr. Cass. pen. Sez. 1 18.1.1995 n. 3633, Mazzoni; Cass. pen. sez. 5, 27.10.1999 n. 14107).
4. Il terzo motivo è generico, non risultando censurata in modo specifico la motivazione, sul punto, della Corte territoriale, che, con diffuse e corrette argomentazioni, ha ritenuto assolutamente congrua la liquidazione e determinazione della provvisionale in considerazione della grave compromissione alla vita di relazione ed alla sessualità delle vittime.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado, in favore delle parti civili, che liquida complessivamente in Euro 3.500,00, oltre accessori di legge.
25-01-2014 12:37
Richiedi una Consulenza