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Sentenza

Nello spazio Schengen, affinché operi il principio del ne bis in idem è richiesto che la pena inflitta in uno Stato membro sia stata eseguita o sia attualmente in corso di esecuzione: secondo la Corte di Giustizia, tale regola non è contraria alla Carta dei diritti fondamentali.
Nello spazio Schengen, affinché operi il principio del ne bis in idem è richiesto che la pena inflitta in uno Stato membro sia stata eseguita o sia attualmente in corso di esecuzione: secondo la Corte di Giustizia, tale regola non è contraria alla Carta dei diritti fondamentali.
Il signor Zoran Spasic, cittadino serbo, è stato oggetto, rispettivamente, di un mandato d'arresto europeo (MAE) "spiccato" dall'Austria, di un mandato d'arresto nazionale emesso dalla Germania per una truffa commessa a Milano, di una sentenza di condanna del Tribunale di Milano mentre era già in carcere in Austria, e successivamente, di detenzione in Germania.

Esaminiamo più in dettaglio tali fatti. Nel 2009 Spasic compie una truffa a Milano, riuscendo a farsi consegnare dal sig. Wolfgang Soller -di nazionalità tedesca- la somma di € 40.000 in banconote di piccolo taglio, in cambio di banconote da € 500 euro, che si sono, poi, rivelate false. Per questa truffa, viene sottoposto a procedimento penale in Germania, mentre il Tribunale ordinario di Milano lo ha condannato in contumacia -per questo stesso reato- alla pena detentiva di un anno e al pagamento di una multa di € 800 (sulla base di una confessione scritta e ai sensi dell'art. 640 (truffa), comma 1, c.p. e l'art. 444, comma 1, c.p.p.

Nel frattempo, però, Spasic era stato arrestato in Ungheria -sempre per crimini commessi secondo lo stesso modus operandi- e poi consegnato alle autorità austriache che lo hanno condannato a una pena detentiva di sette anni e sei mesi: quindi, Spasic ha pagato la multa irrogata dal Tribunale di Milano, ma non ha scontato la pena detentiva da questo comminata.

A questo punto, la Germania ha emesso un Mandato di arresto europeo (MAE) a seguito del quale le autorità austriache hanno consegnato alle autorità tedesche il sig. Spasic, che da allora (fine 2013) è in detenzione provvisoria in Germania, in attesa di essere giudicato anche qui per il reato di truffa commesso in Italia: peraltro, essendo stato consegnato alle autorità tedesche, l'esecuzione della pena inflittagli in Austria è stata temporaneamente sospesa.

Spasic, però, sostiene che, in base al principio del "ne bis in idem", non si può procedere penalmente nei suoi confronti per gli stessi fatti, dato che è stata già pronunciata nei suoi confronti, in Italia, una sentenza definitiva ed esecutiva.

Secondo le autorità tedesche, in base alla Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen (CAAS) del 14 giugno 1985, il principio del "ne bis in idem" non opererebbe, non essendo stata ancora eseguita in Italia la pena detentiva. Dal canto suo, Spasic ha replicato sostenendo che la condizione dell'esecuzione prevista nella CAAS non potrebbe validamente limitare la portata della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue: a suo dire, quindi, dovrebbe essere rimesso in libertà perché ha pagato la multa di € 800 (e, quindi, ha eseguito la pena che gli è stata inflitta).
Avv. Antonino Sugamele

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