La badante porta con se un coltello da frutta, trovato dalla sicurezza mentre doveva entrare in Tribunale per testimoniare in una causa. Il Giudice di I° grado la condanna non ritenendo che il coltello da cucina era nella borsa della badante per tagliare la frutta ad un soggetto a cui prestava assistenza che era ricoverato. .
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre – 27 febbraio 2014, n. 9662
Presidente Vecchio – Relatore Magi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 30.4.2012 il Tribunale di Bergamo, in composizione monocratica, affermava la penale responsabilità di D.V. in relazione al reato di cui all'art. 4 comma 2 legge n.110 del 1975, con condanna della predetta alla pena - condizionalmente sospesa - di Euro 60,00 di ammenda (previo riconoscimento dell'ipotesi di cui al comma 3 dell'art. 4 citato e delle circostanze attenuanti generiche).
Il fatto, come ricostruito in sentenza, risulta rappresentato dal porto – senza giustificato motivo - al di fuori della propria abitazione, di un coltello con manico in plastica e lama di circa 7 cm., rinvenuto sulla persona dell'imputata in sede di perquisizione personale il 24 febbraio 2010 mentre la D. si apprestava ad entrare nel palazzo di giustizia di Bergamo.
A fronte del dato obiettivo del rinvenimento, l'imputata - che si era recata presso gli uffici giudiziari dovendo essere escussa in una causa civile - ha affermato che il coltello - da cucina - era nella sua borsa perché le serviva per tagliare la frutta alla persona cui prestava assistenza, temporaneamente ricoverata.
Ad avviso del giudice di merito tale circostanza non rappresentava “giustificato motivo” e pertanto veniva affermata la penale responsabilità della D. .
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputata - qualificato ai sensi degli artt. 593 comma 3 e 568 comma 5 cod.proc.pen. in ricorso per cassazione con provvedimento emesso dalla Corte d'Appello in data 2.10.2012 - deducendo violazione della regola di giudizio di cui all'art. 530 cod.proc.pen. ed errata applicazione della disciplina incriminatrice.
Le doglianze difensive si incentrano sull'omesso riconoscimento del giustificato motivo, nei termini dedotti dall'imputata.
Risulta incontestato, in particolare, il fatto che la D. svolgeva l'attività di badante alle dipendenze di una persona anziana, in quel periodo ricoverata in ospedale, essendo stata acquisita prova testimoniale sul punto.
Pertanto, non appare ragionevole - ad avviso dell'impugnante - escludere il rilievo del motivo addotto, posto che dopo l'udienza civile la D. avrebbe dovuto recarsi presso l'ospedale, luogo ove notoriamente i pasti ai degenti sono forniti con ausilio di posate in plastica (circostanza anch'essa asseverata mediante prova dichiarativa a conferma).
Da qui la necessità di portare con sé un coltello per tagliare la frutta, attività ricollegabile alle mansioni svolte in quel periodo dall'imputata.
La giustificazione addotta esclude pertanto, data la sua fondatezza, il rilievo penale della condotta.
Considerato in diritto
1. il ricorso è fondato e va accolto.
Va premesso, in termini generali, che il giustificato motivo di cui all'art. 4 comma 2 legge 110 del 1975 ricorre quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto (ex multis, Sez. I n.4498 del 14.1.2008, rv 238946).
Sul punto, a fronte della allegazione di circostanze di obiettivo rilievo dimostrativo, da parte dell'interessato, il giudice del merito è tenuto a compiere una esaustiva verifica al fine di escludere la ricorrenza del dato in questione, posto che l'assenza di giustificato motivo risulta essere prevista come elemento di tipicità del fatto di reato, punibile solo lì dove risulti ingiustificato il porto (trattasi di elemento costitutivo della fattispecie, come precisato da Sez. Un. n. 7739 del 9.7.1997).
Il dubbio circa l'esistenza del giustificato motivo non può che giovare all'imputato, risolvendosi in un dubbio sulla integrazione del fatto tipico descritto dal legislatore come punibile.
Ciò posto, va affermato che nel caso in esame le circostanze dedotte da D.V. - e in larga misura asseverate - appaiono idonee a determinare la ricorrenza del giustificato motivo, a differenza di quanto ritenuto nella decisione impugnata.
Non vi è, infatti, adeguata motivazione sul punto, atteso che il giudice di merito non compie alcun effettivo “apprezzamento” delle circostanze medesime, limitandosi ad evidenziare che il coltello venne reperito nella borsa dell'imputata mentre costei faceva ingresso negli uffici giudiziari.
Tuttavia è evidente che il coltello - per come dimostrato, anche con prova testimoniale acquisita - non era destinato certo ad essere utilizzato all'interno di detto luogo ma ineriva alle mansioni di badante svolte dalla D. nei confronti di persona temporaneamente ricoverata in un luogo di cura.
La destinazione indicata, peraltro, non presenta - ove apprezzata realmente - alcun connotato di pretestuosità, essendo notoria la necessità, per un soggetto sottoposto a ricovero ospedaliero, di servirsi di strumenti da taglio, di regola non forniti in tale condizione dagli enti sanitari.
Tale necessità, pertanto, ben può essere soddisfatta dalla badante o comunque dal soggetto che in tale periodo si prende cura della persona ricoverata e ciò corrisponde a regole relazionali lecite e ragionevoli.
Va pertanto disposto l'annullamento senza rinvio della decisione impugnata perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
02-03-2014 13:58
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