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Sentenza

2 carabinieri con la scusa di effettuare una perquisizione avente ad oggetto in apparenza la ricerca di armi addosso all'imputato, sequestrano una telecamera ed un registratore. L'imputato reagisce all'atto arbitrario dei pubblici ufficiali.
2 carabinieri con la scusa di effettuare una perquisizione avente ad oggetto in apparenza la ricerca di armi addosso all'imputato, sequestrano una telecamera ed un registratore. L'imputato reagisce all'atto arbitrario dei pubblici ufficiali.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 – 27 marzo 2014, n. 14567
Presidente Agrò – Relatore Bassi

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza pronunciata in data 29 novembre 2011, la Corte d'Appello di Milano confermava la sentenza del 18 marzo 2011, con la quale il Tribunale di Corno aveva condannato T.G. in ordine ai reati di cui agli artt. 81 cpv., 337, 582, 585 relazione all'art. 576 n. 1 cod. pen., per avere, in (…) in data (omissis) , usato violenza contro i militari dell'Arma dei Carabinieri di Erba G.L., C.A. e V.A. , per opporsi alla perquisizione personale volta ad accertare l'eventuale possesso di armi, e per avere così cagionato a G. e C. lesioni personali guaribili in giorni quattro.
Rilevava, in particolare, il giudice di seconde cure che i Carabinieri erano intervenuti del tutto legittimamente presso la filiale di Erba della Banca Popolare di Milano (che funge da Tesoreria del Comune di Erba) ove l'imputato T.G. si era presentato - unitamente al fratello T.A. e al legale avv. A. - per riscuotere dei mandati di pagamento del Comune di Erba, instaurando poi un'accesa discussione con il direttore dell'istituto che gli aveva opposto trattarsi di titoli inesigibili. Altrettanto legittima doveva ritenersi - a giudizio della Corte territoriale - la perquisizione personale effettuata dai militari all'esterno dell'istituto nei confronti di T.G. (che portava al sequestro nei suoi confronti di una telecamera e di un registrazione), dal momento che, alla luce delle risultanze degli atti, risultava plausibile che egli potesse essere in possesso di un'arma. Evidenziava difatti la Corte che la perquisizione era giustificata sia dall'art. 41 T.U.L.P.S. - essendo per essa sufficiente la "notizia", anche per indizio, della presenza di armi -, sia dall'art. 4 L. n. 152/1975 - che legittima, in casi eccezionali di necessità ed urgenza tali da non consentire un tempestivo provvedimento dell'A.G., l'identificazione e l'immediata perquisizione personale sul posto al fine di accertare l'eventuale possesso di armi -.
Per altro verso, il giudice a quo rimarcava come la ricostruzione dei fatti compiuta sulla base delle dichiarazioni degli operanti non potesse ritenersi inficiata dalle dichiarazioni rese da T.A. e M.T. - rispettivamente fratello e madre dell'imputato -, in quanto prive di riscontri di natura oggettiva, atteso che né T.G. , né la M. avevano riportato alcuna lesione o segno riconducibile all'attività violenta - a loro dire - posta in essere nei loro confronti dai militari. D'altronde, neanche l'Avv. A. - legale di T.G. presente sul posto - aveva riferito che M.T. fosse stata colpita dai Carabinieri. In ultimo, in merito all'attività oggetto di rinnovazione dibattimentale, la Corte d'appello metteva in evidenza come la registrazione audio video indicata dal difensore non avesse modificato il quadro probatorio sulla dinamica dei fatti, in quanto assai confusa e connotata da elementi non pertinenti ai fatti.
2. Avverso la sentenza di seconde cure ha presentato ricorso l'Avv. Marco Rigamonti, difensore di T.G. , chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, per avere la Corte d'Appello omesso di applicare il disposto degli artt. 59 e 393 bis cod. pen..
2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale omesso di considerare come dalle registrazioni audio video oggetto di rinnovazione dibattimentale - stimate confuse dal giudice di secondo grado solo per mancanza di apparecchiatura idonea alla riproduzione -, e da altri elementi probatori - quali le dichiarazioni di C. ed il verbale di sequestro - emergesse chiaramente che l'operante G. procedeva alla perquisizione non per ricercare armi, bensì per sequestrare telecamera e registratore che sapeva essere addosso a T. .
2.3. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto ai fini dell'applicazione della legge penale, per avere il giudice di secondo grado omesso di tenere conto del disposto dell'articolo 192 cod. proc. pen. in sede di valutazione della testimonianza resa dall'operante G.L. , alla luce delle evidenti contraddizioni interne e del contrasto rispetto alle dichiarazioni rese dall'operante C. (segnatamente in merito alla ragione della disposta perquisizione personale) ed al contenuto dei verbali prodotti dalla difesa.
2.4. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte d'Appello, da un lato, escluso che la reale esigibilità dei crediti vantati dai signori T. nei confronti del Comune potesse rilevare ai fini della valutazione in punto di arbitrarietà della perquisizione; dall'altro lato, per avere la Corte, del tutto contraddittoriamente, valutato quella medesima circostanza ai fini dell'elemento soggettivo e quindi della commisurazione della pena.
2.5. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale richiamato il disposto dell'articolo 41 T.U.LP.S. che riguarda le perquisizioni locali, insuscettibile di interpretazione analogica.
2.6. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto ai fini dell'applicazione della legge penale, per avere il giudice di secondo grado ritenuto legittima la perquisizione ai sensi dell'art. 4 L. n. 152/1975 sulla base del mero sospetto che l'imputato detenesse armi.
2.7. Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, per avere la Corte tenuto conto ai fini della decisione della "rappresentazione teatrale" inscenata nel corso della deposizione dibattimentale dal teste G. , laddove aveva mimato le movenze dell'imputato nel mentre teneva in mano la telecamera sequestrata.
2.8. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte d'Appello omesso di spendere una parola in ordine al punto precedente, pur dedotto nell'atto d'appello.
2.9. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte territoriale non congruamente motivato in ordine all'incompatibilità degli orari indicati nei certificati di pronto soccorso con l'orario di redazione del verbale d'arresto ed alle possibili modalità alternative di causazione delle lesioni.
2.10. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, per avere il giudice di secondo cure ritenuto perseguibile d'ufficio il reato di lesioni sul presupposto che sussistesse l'aggravante ex articolo 576 n. 1 cod. proc. pen., pur in difetto di prova della volontà dell'agente.
3. All'udienza pubblica, il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.
Ritiene il Collegio che la Corte d'Appello di Milano non abbia dato conto, con motivazione logica e puntuale, della sussistenza nella specie delle condizioni per procedere alla perquisizione personale di T.G. e, di conseguenza, della insussistenza dei presupposti dell'esimente della condotta arbitraria invocata dall'appellante.
Ferme l'inapplicabilità a titolo putativo della causa di giustificazione prevista dall'art. 393 bis cod. pen. (che ha sostituito l'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 288 del 1944) - in quanto circostanza estranea alla disciplina dell'art. 59 cod. pen. (Cass. Sez. 6, n. 46743 del 06/11/2013, Rv. 257513) - e l'inapplicabilità del disposto dell'art. 41 T.U.L.P.S. - che si riferisce alla perquisizione in un qualsiasi locale pubblico o privato o abitazione, insuscettibile di applicazione analogica alla perquisizione personale -, la Corte d'appello avrebbe dovuto verificare, dandone conto con argomentazioni complete e coerenti alle risultanze processuali, la sussistenza delle condizioni perché l'operante G.L. potesse procedere alla perquisizione personale di T.G. .
Giova rammentare come, ai sensi dell'art. 4 della L. 152/75, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria, in casi eccezionali di necessità e di urgenza che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità giudiziaria, possano procedere, oltre che alla identificazione, all'immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, nei confronti di coloro il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo, non appaiano giustificabili.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, il presupposto della plausibile detenzione di armi può essere ravvisato soltanto in presenza di un dato oggettivo certo, anche solo a livello indiziario (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 18841 del 14/04/2011, Rv. 250095). La perquisizione personale, quale atto d'indagine invasivo della sfera personale dell'individuo e della sua libertà tutelata dall'art. 13 Cost., non può dunque basarsi sul mero sospetto che il soggetto sia, in quel momento, in possesso di armi, ma deve fondarsi sulla base di dati oggettivi certi, anche solo a livello indiziario, risultando altrimenti del tutto pretestuoso, perché effettuato in assenza di ragionevoli presupposti, e tale da integrare i presupposti, oggettivamente per offensività e soggettivamente per vessatorietà, dell'atto arbitrario del pubblico ufficiale (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 5564 del 19/04/1996, Rv. 205067). In altri termini, è configurabile l'esimente della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale qualora il privato opponga resistenza ad un pubblico ufficiale che pretende di eseguire una perquisizione finalizzata alla ricerca di armi e munizioni, fondandosi su meri sospetti e non sulla base di un dato oggettivo certo, anche solo a livello indiziario, circa la presenza delle suddette cose (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 48552 del 18/11/2009, Rv. 245341; Sez. 6, Sentenza n. 36162 del 10/06/2008 Ud. (dep. 19/09/2008) Rv. 241750).
2. Si è già sopra evidenziato in premessa come la Corte d'Appello di Milano abbia argomentato al riguardo che i militari erano intervenuti legittimamente presso la banca di Erba ove l'imputato T.G. aveva instaurato un'accesa discussione con il direttore dell'istituto e che, sempre del tutto legittimamente, l'operante G.L. aveva proceduto - all'esterno della banca - alla perquisizione personale nei confronti dell'imputato, risultando plausibile che quest'ultimo potesse essere in possesso di un'arma, perquisizione che in effetti portava al sequestro di una telecamera e di un registrazione.
A tale conclusione, la Corte è giunta senza procedere ad una valutazione complessiva delle risultanze probatorie già in atti e di quelle acquisibili mediante rinnovazione probatoria con modalità tecnicamente idonee. Infatti, dall'iter processuale ricostruito nella premessa del provvedimento impugnato e da quanto dato atto dal ricorrente, si evince che la Corte d'Appello non ha proceduto alla riproduzione delle registrazioni con modalità tecniche adeguate a conseguire un risultato probatorio utile, limitandosi ad ascoltare le registrazioni audio video oggetto di rinnovazione probatoria con le apparecchiature a disposizione dell'ufficio, possibilmente inidonee ad un'efficace riproduzione, anziché dotarsi di strumenti tecnici adeguati o disporre una perizia ad hoc. E ciò nonostante l'appellante, da un lato, avesse dato prova della riproducibilità della registrazione - se compiuta con dispositivi adeguati -, fornendone al giudice di seconde cure una trascrizione testuale, seppure informale; dall'altro lato, avesse evidenziato la rilevanza della registrazione de qua ai fini dell'esatta ricostruzione dei fatti, rimarcando come da essa emergesse che l'operante G.L. , prima di procedere alla perquisizione personale di T.G. , gli avesse chiesto di consegnargli la telecamera, con il che risulterebbe dimostrato per tabulas che il militare era ben conscio del fatto che l'imputato non era in possesso di alcuna arma.
3. A ciò si aggiunga che, sempre nell'argomentare in merito alla sussistenza dei presupposti per la perquisizione per la ricerca di armi, il giudice di seconde cure non ha dato conto di aver preso in considerazione quanto dedotto dall'appellante in merito alle dichiarazioni rese dall'operante C. , in sede di controesame condotto dalla difesa, laddove ha riferito che lui e l'operante G. non si erano avvicinati a T. con le pistole in mano, in quanto "se avessimo capito che fosse stata una pistola non ci saremmo presentati così" (cfr. stralcio di testimonianza riportata nel ricorso).
Ancora, la Corte territoriale, nel motivare sul medesimo profilo, non ha dato atto di avere valutato il contenuto del verbale di sequestro - pur evidenziato nell'atto d'appello - secondo cui "il sequestro si rendeva necessario in quanto la summenzionata persona (T.G. , n.d.e.), utilizzava le apparecchiature audio - video sopra meglio descritte, al fine di riprendere l'operato e quindi l'effigi di noi carabinieri, intervenuti poco prima nella via Plinio del Comune di Erba (CO) presso la filiale dell'Istituto di Credito denominato Banca Popolare di XXXXXX".
Si tratta all'evidenza di emergenze con le quali la Corte d'appello milanese avrebbe invece dovuto confrontarsi, in quanto suscettibili di condurre ad una diversa valutazione in ordine ai presupposti di legittimità del controllo posto in essere dal pubblico ufficiale e, quindi, in ordine alla possibile sussistenza della causa di giustificazione.
4. Insomma, la lettura della sentenza in esame, anche a fronte della - verosimile - non corretta assunzione della prova oggetto di rinnovazione dibattimentale, rende palese la fondatezza del dedotto vizio di motivazione sul punto concernente la possibile sussistenza nella specie dei presupposti della causa di giustificazione prevista dall'art. 393 bis cod. pen. invocata dal ricorrente, di tal che l'impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano per un nuovo esame sul punto.
Ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti della scriminante, la corte territoriale non potrà esimersi dal prendere in considerazione il contenuto dell'atto oggetto di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, segnatamente della registrazione che dovrà essere riprodotta mediante adeguata strumentazione di riproduzione video e fonografica.
La ritenuta fondatezza del dedotto vizio di motivazione, di carattere assorbente, esime la Corte dall'esame delle ulteriori doglianze mosse dal ricorrente.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.
Avv. Antonino Sugamele

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