Un cittadino contesta la professionalità e corretteza di un Giudice di Pace portando in aula cartelloni di protesta. E' reato: interruzione di pubblico servizio.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 ottobre – 21 novembre 2013, n. 46461
Presidente Serpico – Relatore Capozzi
Considerato in fatto e ritenuto in diritto
1. Con sentenza in data 8.6.2012 la Corte di appello di Ancona - a seguito di gravame interposto dall'imputato G.O. avverso la sentenza del 3.10.2010 emessa dal Tribunale di Ancona - ha confermato detta sentenza con la quale è stata riconosciuta la penale responsabilità dell'imputato, condannato a pena di giustizia sospensivamente condizionata, in ordine al reato di cui agli artt. 340-81 cpv. c.p. perché, in più giorni dal 25 gennaio 2007 al 24 gennaio 2008, sostando nei locali antistanti la sala delle udienze del Giudice di pace di Bologna e quindi entrando ed uscendo dalla stessa, esibendo un cartello contenente lamentele varie nei confronti degli organi giudiziari ostentatamente richiamando l'attenzione dei presenti in udienza, non allontanandosi all'invito delle forze di polizia e così determinando varie interruzioni delle udienze, turbato la regolarità del servizio.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore deducendo con unico motivo errata applicazione dell'art. 21 Cost. e 51 c.p. in relazione all'art. 10 CEDU e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte di merito avrebbe illogicamente eluso il pur affermato diritto di critica sulla base della prevalenza di altro diritto - nella specie dell'ordinato svolgimento delle udienze - non leso dall'imputato che aveva inteso manifestare la propria protesta nei corridoi del palazzo di giustizia, senza comportamenti attivi o passivi volti a disturbare l'udienza, turbamento solo soggettivamente presunto dalla d.ssa M. .
3. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
4. Integra il reato di interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di pubblica necessità anche la condotta che causi una temporanea alterazione, purché oggetti va mente apprezzabile, della regolarità dell'ufficio o del servizio.(Sez. 5, Sentenza n. 27919 del 06/05/2009 Rv. 244337 Imputato: De Angelis.); ancora, il reato previsto dall'art. 340 cod. pen. tutela non solo l'effettivo funzionamento di un servizio pubblico, ma anche l'ordinato svolgimento di esso, sicché ai fini della sussistenza dell'elemento oggettivo non ha rilievo che la interruzione sia stata temporanea o che si sia trattato di un mero turbamento nel regolare svolgimento del servizio stesso. (Sez. 6, Sentenza n. 44845 del 26/10/2007 Rv. 238096 Imputato: Stante).
5. L'esercizio dei diritti di riunione e di manifestazione del pensiero, garantiti dagli artt. 17 e 21, primo comma, Cost., cessa di essere legittimo quando travalichi nella lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, come quando si concreti in un comportamento integrante la fattispecie di cui all'art. 340 cod. pen. con modalità di condotta che esorbitino dal fisiologico esercizio di quei diritti. Sez. 6, Sentenza n. 7822 del 27/11/1998 Rv. 214755 Imputato: Magnanelli M e altri).
6. Ritiene il Collegio che la sentenza impugnata si sia correttamente posta nell'alveo di legittimità richiamato.
7. Invero, con insindacabile valutazione in fatto, la sentenza ha osservato che del tutto pacifiche sono le circostanze dei fatti consistiti nella reiterata condotta dell'imputato in relazione allo svolgimento della attività giudiziaria da parte del Giudice di Pace di XXXXXXX, d.ssa N..M. , estrinsecatasi nella puntuale esposizione di cartelloni di protesta - tesi a contestare la professionalità del predetto magistrato e la correttezza del suo comportamento e a screditarne quindi sia professionalmente che umanamente la figura agli occhi dell'utenza (v. sentenza di primo grado pg. 3) - in occasione di tutte le dodici udienze di cui all'imputazione, tenute dal medesimo magistrato. Ha ritenuto dimostrato il clamore ed il conseguente turbamento provocato da quella protesta all'utenza presente all'interno dell'aula di udienza, tanto che il Giudice predetto si era visto costretto a richiami all'ordine e, in qualche occasione, anche a sospendere l'udienza ed a richiedere l'intervento della forza pubblica per ripristinare l'ordine nei locali e, quindi, riprendere la regolare attività giudiziaria; ha rilevato, inoltre, la reiterazione e la sistematicità della condotta volte a provocare, con specifico riferimento alla professionalità della d.ssa M. , fastidio all'attività giudiziaria della predetta con il rischio, in più occasioni concretamente verificatosi, di una sospensione.
8. In particolare, la sentenza ha correttamente negato valenza scriminante alla manifestazione del diritto di critica da parte dello stesso imputato in ragione delle circostanze di fatto nell'ambito delle quali esso si è manifestato, deliberatamente comprimendo quello primario di buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Ritiene questo Collegio che correttamente è stata negata una irrilevante condotta “passiva” e “silente” all'imputato nel manifestare la sua critica, non potendosi qualificarsi tale, ed esulando dal fisiologico esercizio del diritto, la intromissione dell'imputato nell'aula giudiziaria durante la celebrazione della udienza ponendo in essere una pubblica contestazione volta al discredito professionale e personale del Magistrato che la conduce.
9. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
23-11-2013 23:31
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