Uccide il cognato, in concorso con il padre. Questioni interessantissime sulla proponibilità di domanda di revisione avverso il giudicato progressivo.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 settembre – 3 ottobre 2013, n. 40941
Presidente Ferrua – Relatore Fumo
Ritenuto in fatto
1. A.M.G. è stato condannato per l'omicidio del cognato I.G. , omicidio che si assume consumato in concorso con il padre, Ar.Ma.Gi. , con A.G. , A.A. e altri.
La sentenza di condanna è definitiva per quel che riguarda l'accertamento della responsabilità, mentre, all'epoca in cui fu proposto il presente ricorso, pendeva ricorso per cassazione a seguito di annullamento con rinvio (e nuovo giudizio di appello) con riferimento al solo trattamento sanzionatorio.
2. Nell'interesse di A.M.G. fu proposta richiesta di revisione in data 22 dicembre 2011. La corte d'appello di Messina, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha dichiarato inammissibile la predetta richiesta.
3. Ricorre per cassazione il difensore dell'interessato e deduce violazione di legge e carenza dell'apparato motivazionale, atteso che il provvedimento della corte d'appello siciliana appare apodittico e privo di una reale giustificazione argomentativa.
La domanda di revisione era fondata su nuove prove, quali le dichiarazioni di A.M.S. (zio del richiedente e fratello di Ar.Ma.Gi. ) e di I.V. , figlia della vittima; era anche fondata su di una consulenza psicodiagnostica espletata sulla persona del ricorrente e su di uno scritto proveniente da Ar.Ma.Gi. , con il quale il predetto ha affermato di essere l'unico mandante dell'omicidio, scagionando completamente il figlio.
3.1. Ebbene, la corte d'appello di Messina ritiene non credibili e poco significanti le dichiarazioni dello zio del ricorrente e della figlia della vittima, in quanto entrambi avrebbero appreso i fatti che hanno riferito da Ar.Ma.Gi. , persona ultraottantenne e, come tale, certa di non subire carcerazione.
Quanto alle dichiarazioni scritte provenienti da quest'ultimo, nel provvedimento impugnato se ne fa solo generica menzione, utilizzando una frase sibillina (“anche in tal senso si deve inquadrare l'ultimo fatto nuovo... cioè la confessione dell'Ar.Ma.Gi. , che ribadisca quanto sopra riferito”). Invero, tutto chiarisce la corte decidente tranne quale sia, appunto "il senso" in cui deve essere valutata la nuova prova.
Quanto al fatto che il più anziano degli imputati ha ormai raggiunto gli 80 anni, si tratta di circostanza irrilevante, atteso che lo stesso, quando il processo ebbe inizio, di anni ne aveva già 78.
3.2. La ragione per la quale Ar.Ma.Gi. non scagionò immediatamente il figlio è stata adeguatamente spiegata nella richiesta di revisione: egli seguì il consiglio dei suoi difensori, i quali avevano assicurato la piena assoluzione, sua e del figlio, in quanto non vi erano prove sufficienti, a loro dire, per la condanna.
In sintesi, la corte d'appello di Messina non ha operato quella valutazione in astratto che la legge preliminarmente prevede, considerando unitariamente le nuove prove e quelle già valutate dai precedenti giudici, valutazione volta al vaglio della mera ammissibilità della richiesta di revisione.
La corte messinese è indebitamente scesa nel merito, peraltro trascurando di considerare che le dichiarazioni dei due collaboranti (gli A. ), già all'epoca, apparvero confuse, contraddittorie, e non riscontrate da alcun elemento esterno. A maggior ragione, dopo l'emergere di nuove prove, la corte, investita del giudizio di ammissibilità della revisione avrebbe dovuto determinarsi diversamente.
4. In data 30 luglio 2013 è stata depositata dal difensore del ricorrente memoria di replica alle conclusioni del procuratore generale; con essa si sostiene che è certamente sottoponibile al procedimento di revisione la sentenza che abbia il carattere della definitività solo in ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputato, pur essendo ancora da determinare la misura della pena, oggetto, come nel caso di specie, di annullamento con rinvio da parte della corte di cassazione.
Considerato in diritto
1. Occorre innanzitutto determinarsi sulla possibilità di instaurate procedimento per revisione in presenza di sentenza che risulti definitiva, solo con riferimento all'an della colpevolezza e non anche al quantum della pena.
1.1. Il procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, sostiene che co non sia possibile e conclude, come premesso, per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Al proposito è stato chiarito che presupposto indefettibile della revisione è la mera irrevocabilità delle sentenze di condanna o dei decreti penali di condanna (ASN 199300388 - RV 193835).
1.2. Orbene, poiché ai sensi dell'articolo 631 del codice di rito, gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato avrebbe dovuto essere prosciolto, sembrerebbe, a una prima considerazione, che del tutto irrilevante sia la misura della pena, in quanto oggetto del giudizio di revisione non è certamente il quantum sanzionatorio, ma unicamente fan in relazione alla colpevolezza.
2. Re melius perpensa, tuttavia, l'assunto non appare corretto.
Invero, l'art. 629 cpp recita, come è noto, "È ammessa...la revisione delle sentenze di condanna ... o dei decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguite".
2.1. Orbene: è certamente vero, come si legge nel ricorso, che il nostro sistema conosce il giudicato progressivo, nel senso che ben può darsi l'ipotesi (come nel caso in esame) in cui una parte della sentenza assuma il carattere della definitività, mentre pende ancora il giudizio su di un'altra parte, ma è fuori dubbio che irrevocabili sono solo le sentenze interamente passate in giudicato. Fintanto che l'intera decisione non sia divenuta definitiva, la sentenza non più ritenersi irrevocabile, con la conseguenza che, se, ad esempio, sopravvenisse una abrogatio delicti, la sentenza, sia pure non irrevocabile unicamente quoad poenam, non potrebbe – ovviamente - può trovare esecuzione.
2.2. Né vale replicare, con riferimento al caso in scrutinio, che certamente l'omicidio non potrebbe mai essere depenalizzato. È ovvio, infatti, che quando si tratta di "estrarre" principi dal sistema normativo, si deve ragionare per categorie generali.
3. Tanto premesso, è evidente che la soluzione cui il giudice di merito è pervenuto (inammissibilità della richiesta di revisione) è, in s, oggettivamente corretta, anche se il percorso motivazionale non è condivisibile.
3.1. Non vi è dunque ragione di aderire alla richiesta del procuratore generale, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata. Si tratterebbe di un provvedimento del tutto inutiliter emesso, dovendosi, viceversa - e per le ragioni sopra specificate-giungere al rigetto del ricorso proposto contro un provvedimento che, con motivazione non pertinente, ha fornito soluzione esatta alla questione giuridica proposta.
4. Consegue condanna alle spese dei grado.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
05-10-2013 10:24
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